A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1218 DEL 27 APRILE 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















VARIE NAZIONALI PROVINCIALI
Alzi la mano chi ha compreso qualcosa dei risultati della videoconferenza tra i capi di governo Ue dell’altro giorno  quando hanno discusso dei provvedimenti per il rilancio dei paesi  a fronte della pandemia in corso. Per adesso l’unica certezza è che la Bce ha lanciato un piano di acquisto di titoli (di stato e di aziende anche di quelle malmesse…) per 750 miliardi (non sarà l’ultimo). La quarta videoconferenza dei leader Ue dall’inizio dell’epidemia di coronavirus si chiude con il via libera al pacchetto di misure dell’Eurogruppo – piano Bei, Sure e Mes – i 540 miliardi dei tre strumenti a cui ieri è stato dato il via libera: fondi Bei per le imprese, nuova linea del Mes e l’assicurazione Sure che dovranno essere rese operative per l’1 giugno. Sul quarto pilastro, il Recovery fund, c’è un’intesa di massima sul fatto che è “necessario e urgente” e dovrà essere “di ampiezza sufficiente“, ha detto in conferenza stampa il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
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IL [PROBABILE] DESTINO DI REPUBBLICA E DEI GIORNALI
Per capire le cose basta guardare che oggi Repubblica e il Corriere hanno 40 pagine mentre L'Eco di Bergamo  ne ha 64. Va bene:è imbottito di necrologi. Del resto questo è il mercato “di stagione” che vede una netta riduzione di quello strato di società che s'è ammazzata nello stra-benessere con le proprie mani ed attribuisce al  covid19 la colpa. Fare un giornale quotidiano oggi  significa lavorare per le industrie energetiche e per pagare le tasse. Forse è quella la ragione per cui DeBenedetti aveva anche dei grossi interessi (mantenuti dai contribuenti coi sovraprezzi in bolletta) nella produzione di energia elettrica.
Poi sui quotidiani ci sono anche una mezza dozzina di articoli che meritano la lettura. Ma per  questo non c'è bisogno di fare ne 40 ne 60 paginone di carta. Il resto è tutta fuffa che trovi dappertutto on line. I quotidiani hanno negli anni partorito una  serie di inserti pieni zeppi di pubblicità che ovviamente la toglie dal giornale padre.
Che in Italia il destino di Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX  sia quello di arrivare a un quotidiano unico fatto in massima parte da un'unica redazione ha una sua logica dal momento che con quel che viene avanti –ma già lo si vedeva da almeno un decennio- è evidente che i quotidiani o scompaiono oppure si mettono assieme. Come è tutto da vedere e sarà caso per caso momento per momento.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!

































































































































































































































Alzi la mano chi ha compreso qualcosa dei risultati della videoconferenza tra i capi di governo Ue dell’altro giorno  quando hanno discusso dei provvedimenti per il rilancio dei paesi  a fronte della pandemia in corso. Per adesso l’unica certezza è che la Bce ha lanciato un piano di acquisto di titoli (di stato e di aziende anche di quelle malmesse…) per 750 miliardi (non sarà l’ultimo). La quarta videoconferenza dei leader Ue dall’inizio dell’epidemia di coronavirus si chiude con il via libera al pacchetto di misure dell’Eurogruppo – piano Bei, Sure e Mes – i 540 miliardi dei tre strumenti a cui ieri è stato dato il via libera: fondi Bei per le imprese, nuova linea del Mes e l’assicurazione Sure che dovranno essere rese operative per l’1 giugno. Sul quarto pilastro, il Recovery fund, c’è un’intesa di massima sul fatto che è “necessario e urgente” e dovrà essere “di ampiezza sufficiente“, ha detto in conferenza stampa il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Ciascuno comunque ha compreso secondo la musica gradevole al proprio orecchio ma almeno fino a giugno -metà o fine giugno- in Italia non arriveranno euro ne in prestito ne come fondo perduto.  Dalle nostre parti –specie in casa forza leghista- scorre l’acquolina in bocca per quei 36 miliardi del Mes perchè chi li dovrà gestire per la salute sa che poi finiranno in buona parte alle  regioni –ormai in maggioranza in mano al centrodestra ed alla lega- sono un malloppo di cui (se arriveranno) sentiremo parlare per decenni prima di tutto per via dei molti processi per tangenti e ruberie che innesteranno. Per il resto il cittadino non se ne accorgerà di nulla: a fine 2020 o 2021 o 2022 dovrà  aspettare ancora molti mesi per fare una visita esattamente come adesso oppure dovrà mettere mano al gruzzolo in banca per pagarsi una visita privata. Figurarsi.
Già  professoroni e politici hanno messi le mani in avanti avvertendoci che già magari a giugnoo ma  più sicuro questo autunno il covid 19 che forse verrà aggiornato a covid 20 tornerà a fare strage. S e non già entro maggio.

La si metta come meglio si crede ma tutte le promesse che la ripartenza dovrà essere del tutto differente rispetto all’attuale crasch restano solo parole: la risposta alla crisi è esattamente identica a quelle precedenti. E per la salute non cambierà nulla perché riorientare anche di poco il sistema sanità in Italia è impossibile dal momento che ormai l’intero sistema è ospedale- centrico e hai voglia che in pochi anni si formi una classe medica periferica in grado di gestirla in maniera diversa. Anche perché – l’abbiamo già scritto- ormai non è più il malato al centro dell’attenzione ma la malattia ragione per cui l’uomo è solo il tras-portatore di cattive mediocri buone e ottime occasioni per il sistema finanziario e chimico industriale per fare soldi. Ormai  il cittadino è stato convinto che chimica e tecnologia bastino a salvargli la pelle in qualsiasi circostanza e su questa è la fortuna  di chi è padrone dell’una e dell’altra. Il resto –medici infermieri ospedali- sono solo soggetti passivi al servizio di chi ha venduto attrezzature e chimica che debbono essere consumate nella maggiore quantità possibile e possibilmente tutte inquadrate in  programmazioni che consentono  a imprese  ospedali regioni di fare il rispettivi piani finanziari.

Poche ore or sono hanno cominciato i prelievi di sangue ai cittadini (in quarantena) segnalati dai medici di famiglia o volontari per  cercarvi gli anticorpi neutralizzanti per il Covid-19. L’operazione ha visto sul campo attorniato da decine di tv e giornalisti  da una parte il Gallera e dall’altra parte il Giupponi, a capo dell’ARS est  della cui competenza  fanno parte Alzano Nembro e Albino, città martiri del covid19. Pare che non  si siano presentati tutti  quelli segnalati e un buon 10% abbia deciso di non farsi fare il prelievo.  Chi abbia un filo di mente lucida sa benissimo che quel test sierologico era solo una presa per il culo nei confronti di un popolo bove che pretendeva l’esame, qualsiasi esame, senza nemmeno sapesse cosa servisse e dove portasse. E la coppia Fontana Gallera glielo ha concesso tanto sono sempre soldi che girano. “Casualmente” Matteo Castellucci sul Corriere Bergamo scrive che “c’è una cooperativa a fianco dell’ospedale di Alzano in questi primi giorni di test sierologici. Ha sede a Nembro, uno dei comuni più colpiti dal contagio, la Bergamo Sanità, che assiste 1.700 pazienti, prevalentemente a domicilio”. Se si va a vedere  il “chi è” si scopre che quella coop è una filiazione della scuola della sanità formigoniana dalla Confcooperative (cisl acli chiesa) che sostanzialmente ha “preso in appalto” tutta la medicina sul territorio degli scarti dell’ospedale di Alzano.  Il Giupponi presidente ATS BG est davanti alla stampa é stato bene attento a precisare che l’esito dell’esame se da esito positivo indica soltanto che il soggetto  s’è infettato anche se non ha sintomi evidenti oppure se da esito negativo che può infettarsi anche al momento e quindi…ha taciuto che… l’esame non serve a nulla salvo spendere i soldi e spargere fumo. Quindi la cooperativa funziona come terzista a fare i prelievi e poi questi sono  lavorati al Papa Giovanni XXIII in un giusto mix di pubblico privato pubblico equamente ripartito. Alla fine il cittadino dissanguato deve sempre osservare le distanze, può ammalarsi e quindi  sta esattamente come chi non ha fatto il prelievo e l’esame.


Oggi L’Eco di Bergamo dall’alto delle sue SESSANTA pagine Guido Marinoni, presidente dell'Ordine dei Medici di Bergamo scuotendo la testa confessa a Stefano Serpellini «Con 350 tamponi non si va da nessun parte. Io ho un elenco di assistiti contagiati accertati o sospetti in cui figurano 170 nominativi. In Bergamasca i medici di base sono tra i 600 e i 700», osserva Mirko Tassinari, di Fimmg Bergamo, la federazione dei medici di medicina generale, che sulla base di questi numeri nei giorni scorsi era arrivato a stimare in 100 mila i reali infettati nella nostra provincia. «Ho sollecitato l'Ats perché attivi le procedure per la richiesta del tampone - continua Tassinari -, ma a noi medici le disposizioni non sono ancora state fornite. Ci rimanda alla prossima settimana». «L'Ats invita i medici di base a temporeggiare - incalza Marinoni -, a dire al lavoratore di stare calmo, a prorogare i giorni di malattia.
Tutto questo a 50 giorni dallo scoppio della pandemia in maniera chiara .
Prosegue Serpelini. Tra l'altro, dell'esigua quota attuale di tamponi il grosso di coloro che devono rientrare al lavoro non figura beneficiare, perché si contano sulle dita di una mano le categorie a cui è destinata (giustamente) la precedenza: «Pazienti sintomatici, medici di medicina generale, personale sanitario o di strutture sociosanitarie che rientra dalla malattia, pazienti dimessi dagli ospedali, ospiti delle Rsa a cui abbiamo fatto quasi 700 tamponi», elenca il direttore dell'Ats Massimo Giupponi.
Di nuovo tutto questo a 50 giorni dallo scoppio della pandemia in maniera chiara ed a 10 giorno dalla mitica Fase 2.


Alessandra Loche su L’Eco dedica un articolo anche all’ospedale degli Alpini –la ottava torre del Papa Giovanni disse la dirigente Maria Beatrice Stasi dell’ospedale nella palude. In due settimane, dall'ingresso dei primi pazienti, ben 20 sono stati dimessi e sono tornati a casa. Ora sono circa 50 le persone assistite nella struttura, tra le quali meno di cinque si trovano in terapia intensiva, grazie al fatto che «sono state trovate terapie che riducono l'aggravamento della malattia». Le persone che ci lavorano, le attrezzature, sono il punto di forza dell'ospedale di via Lunga dice il dottor Rizzini responsabile della sanità dell’ANA ma: “far funzionare la struttura, però, ha un costo. E molte spese, come per l'acquisto dei presidi di protezione individuale, la fornitura della maggior parte delle attrezzature elettromedicali, sono state sostenute dall'Ana. Per il futuro, «poiché questa missione durerà ancora qualche mese, servono risorse perché dovremo ridotarci dei materiali». Per questo servono nuovi fondi. Avremo bisogno di altri apparecchi elettromedicali come respiratori, defibrillatori, dispositivi per i rilievi parametrici». Non meno importante, le attrezzature per la parte radiologica, o del laboratorio di analisi, pronto soccorso e la logistica di supporto. Inoltre, le future donazioni potranno essere spese anche per «apparecchiature di climatizzazione, a supporto dell'impianto già presente in Fiera». Ci sono poi da equipaggiare i nuovi volontari, che saranno formati prima di iniziare l'attività. A proposito di volontari, chi vuole può vestirne i panni: serve ogni tipo di professionalità, dall'elettricista al sanitario, dall'idraulico al tecnico di laboratorio. Dall’ articolo appare una evidente delusione di questo responsabile a fronte di un impegno  economico e  di personale che non trova interlocuzione ne dall’ATS e neppure nella Regione, Insomma questo ospedale non è nelle grazie ne di Fontana ne di Gallera e tantomeno della direttrice del papa Giovanni che  ha messo il cappello sull’iniziativa – è l’ottava torre del Papa Giovanni!- ma poi pare che per quello sia un comodo magazzino cui refilare quello che disturba il normale tran tran dell’ospedale maggiore.


IL [PROBABILE] DESTINO DI REPUBBLICA E DEI GIORNALI

Per capire le cose basta guardare che oggi Repubblica e il Corriere hanno 40 pagine mentre L'Eco di Bergamo  ne ha 64. Va bene:è imbottito di necrologi. Del resto questo è il mercato “di stagione” che vede una netta riduzione di quello strato di società che s'è ammazzata nello stra-benessere con le proprie mani ed attribuisce al  covid19 la colpa. Fare un giornale quotidiano oggi  significa lavorare per le industrie energetiche e per pagare le tasse. Forse è quella la ragione per cui DeBenedetti aveva anche dei grossi interessi (mantenuti dai contribuenti coi sovraprezzi in bolletta) nella produzione di energia elettrica.
Poi sui quotidiani ci sono anche una mezza dozzina di articoli che meritano la lettura. Ma per  questo non c'è bisogno di fare ne 40 ne 60 paginone di carta. Il resto è tutta fuffa che trovi dappertutto on line. I quotidiani hanno negli anni partorito una  serie di inserti pieni zeppi di pubblicità che ovviamente la toglie dal giornale padre.
Che in Italia il destino di Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX  sia quello di arrivare a un quotidiano unico fatto in massima parte da un'unica redazione ha una sua logica dal momento che con quel che viene avanti –ma già lo si vedeva da almeno un decennio- è evidente che i quotidiani o scompaiono oppure si mettono assieme. Come è tutto da vedere e sarà caso per caso momento per momento.
Oggi l'Italia e i soggetti politici e i movimenti culturali che furono il lievito madre per la nascita di Repubblica non esistono più. Morti. Scomparsi. Cos'à oggi il PD di un PCI berlingueriano o di un PSI di Pertini?. Dove sono gli “azionisti”?.
Oggi un giornale di carta non ha forse nemmeno senso che esista: è un prodotto obsoleto che va bene per salotti o scrivanie di legno massiccio o finto tale. Forse non ha nemmeno motivo di esistere proprio IL giornale in quanto  riferimento politico culturale com'è stato fino ieri.
 Quella parte di paese che genera idee ormai s'è costruita una serie di relazioni che ieri gliele forniva il giornale mentre oggi ciascuno se le costruisce dalla rete.
Ieri c'erano fabbriche di idee che partendo dalla scuole inferiori ne generavano a valle mentre oggi ci troviamo con un centinaio di università sparse per ogni buco d'Italia che non sai esattamente cosa servono se non a reggere la micrompresa e un terziario sostanzialmente parassitario che ha bisogno di uno stato che genere una pletora di leggi perché in questo modo crea lavoro anche per questi soggetti. Lavoro inutile quello da spendere il tempo per capire una legge fatta da 120mila parole.
Non bastasse quanto sopra il suicidio dei giornali  è definitivamente avvenuto quando i giornalisti –col consenso degli editori e dei direttori- sono andati nei talkshow della tv. Talkshow che ve ne sono ad ogni ora e per ogni argomento ed alla fine generano negli ascoltatori una saturazione che non viene risolta o sciolta con la lettura di un quotidiano.

Probabilmente se deBenedetti e Scalfari fossero riusciti a mettere in piedi anche una televisione replicando il modello Corriere della Sera con La7 forse (ma quel matrimonio ha una storia differente!) sarebbe accaduto il contrario della storia  ma la domanda finale resta sempre la stessa: non c'è pubblicità per mantenere il vastissimo impero di carta stampata e televisioni  che esiste oggi in Italia e questa foresta va sfoltita perché  chi prima ci arriva, meglio si qualificheranno i giornali domani.

Oggi il mainstream si interroga su come sarà il “dopo covid19” ma intanto le economie reagiscono ancora coi vecchi strumenti e le vecchie politiche –pensiamo alle decisioni dei capi governo in video conferenza di qualche giorno or sono-  ma penso che questo passaggio di Repubblica in saccoccia di Elkann sia un primo segnale del dopo esattamente nel segno della continuità col passato esattamente come hanno fatto all'UE. Ma è un segnale anche questo nel segno del vecchio modello di sviluppo fondato sulle spreco di risorse e sulla riduzione dei contenuti mentre adesso bisogna sprecare di meno e selezionare meglio le risorse culturali e politiche da mettere al centro e decidere cosa abbandonare sulla battigia.

Non so se oggi abbia ancora senso  abbonarsi a un giornale on line oppure comprare ogni giorno qualche etto di carta piuttosto che ciascuno dei suoi redattori si decidano a vendere on line ogni giorno il proprio articolo così che ciascun lettore si faccia la propria mazzetta di articoli che alla mattina può leggere sui suoi giocattoli elettronici, copiarne e salvarne il testo, immagazzinarlo indicizzato.
Forse ingenuamente ho grande fiducia nel 5G ma penso che la strada sia quella.