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Alzi
la mano chi ha compreso qualcosa dei risultati della videoconferenza
tra i capi di governo Ue dell’altro giorno quando hanno discusso
dei provvedimenti per il rilancio dei paesi a fronte della
pandemia in corso. Per adesso l’unica certezza è che la Bce ha lanciato
un piano di acquisto di titoli (di stato e di aziende anche di quelle
malmesse…) per 750 miliardi (non sarà l’ultimo). La quarta
videoconferenza dei leader Ue dall’inizio dell’epidemia di coronavirus
si chiude con il via libera al pacchetto di misure dell’Eurogruppo –
piano Bei, Sure e Mes – i 540 miliardi dei tre strumenti a cui ieri è
stato dato il via libera: fondi Bei per le imprese, nuova linea del Mes
e l’assicurazione Sure che dovranno essere rese operative per l’1
giugno. Sul quarto pilastro, il Recovery fund, c’è un’intesa di massima
sul fatto che è “necessario e urgente” e dovrà essere “di ampiezza
sufficiente“, ha detto in conferenza stampa il presidente del Consiglio
europeo Charles Michel.
Ciascuno comunque ha compreso secondo la musica gradevole al proprio
orecchio ma almeno fino a giugno -metà o fine giugno- in Italia non
arriveranno euro ne in prestito ne come fondo perduto. Dalle
nostre parti –specie in casa forza leghista- scorre l’acquolina in
bocca per quei 36 miliardi del Mes perchè chi li dovrà gestire per la
salute sa che poi finiranno in buona parte alle regioni –ormai in
maggioranza in mano al centrodestra ed alla lega- sono un malloppo di
cui (se arriveranno) sentiremo parlare per decenni prima di tutto per
via dei molti processi per tangenti e ruberie che innesteranno. Per il
resto il cittadino non se ne accorgerà di nulla: a fine 2020 o 2021 o
2022 dovrà aspettare ancora molti mesi per fare una visita
esattamente come adesso oppure dovrà mettere mano al gruzzolo in banca
per pagarsi una visita privata. Figurarsi.
Già professoroni e politici hanno messi le mani in avanti
avvertendoci che già magari a giugnoo ma più sicuro questo
autunno il covid 19 che forse verrà aggiornato a covid 20 tornerà a
fare strage. S e non già entro maggio.
La si metta come meglio si crede ma tutte le promesse che la ripartenza
dovrà essere del tutto differente rispetto all’attuale crasch restano
solo parole: la risposta alla crisi è esattamente identica a quelle
precedenti. E per la salute non cambierà nulla perché riorientare anche
di poco il sistema sanità in Italia è impossibile dal momento che ormai
l’intero sistema è ospedale- centrico e hai voglia che in pochi anni si
formi una classe medica periferica in grado di gestirla in maniera
diversa. Anche perché – l’abbiamo già scritto- ormai non è più il
malato al centro dell’attenzione ma la malattia ragione per cui l’uomo
è solo il tras-portatore di cattive mediocri buone e ottime occasioni
per il sistema finanziario e chimico industriale per fare soldi.
Ormai il cittadino è stato convinto che chimica e tecnologia
bastino a salvargli la pelle in qualsiasi circostanza e su questa è la
fortuna di chi è padrone dell’una e dell’altra. Il resto –medici
infermieri ospedali- sono solo soggetti passivi al servizio di chi ha
venduto attrezzature e chimica che debbono essere consumate nella
maggiore quantità possibile e possibilmente tutte inquadrate in
programmazioni che consentono a imprese ospedali regioni di
fare il rispettivi piani finanziari.
Poche ore or sono hanno cominciato i prelievi di sangue ai cittadini
(in quarantena) segnalati dai medici di famiglia o volontari per
cercarvi gli anticorpi neutralizzanti per il Covid-19. L’operazione ha
visto sul campo attorniato da decine di tv e giornalisti da una
parte il Gallera e dall’altra parte il Giupponi, a capo dell’ARS
est della cui competenza fanno parte Alzano Nembro e
Albino, città martiri del covid19. Pare che non si siano
presentati tutti quelli segnalati e un buon 10% abbia deciso di
non farsi fare il prelievo. Chi abbia un filo di mente lucida sa
benissimo che quel test sierologico era solo una presa per il culo nei
confronti di un popolo bove che pretendeva l’esame, qualsiasi esame,
senza nemmeno sapesse cosa servisse e dove portasse. E la coppia
Fontana Gallera glielo ha concesso tanto sono sempre soldi che girano.
“Casualmente” Matteo Castellucci sul Corriere Bergamo scrive che “c’è
una cooperativa a fianco dell’ospedale di Alzano in questi primi giorni
di test sierologici. Ha sede a Nembro, uno dei comuni più colpiti dal
contagio, la Bergamo Sanità, che assiste 1.700 pazienti,
prevalentemente a domicilio”. Se si va a vedere il “chi è” si
scopre che quella coop è una filiazione della scuola della sanità
formigoniana dalla Confcooperative (cisl acli chiesa) che
sostanzialmente ha “preso in appalto” tutta la medicina sul territorio
degli scarti dell’ospedale di Alzano. Il Giupponi presidente ATS
BG est davanti alla stampa é stato bene attento a precisare che l’esito
dell’esame se da esito positivo indica soltanto che il soggetto
s’è infettato anche se non ha sintomi evidenti oppure se da esito
negativo che può infettarsi anche al momento e quindi…ha taciuto che…
l’esame non serve a nulla salvo spendere i soldi e spargere fumo.
Quindi la cooperativa funziona come terzista a fare i prelievi e poi
questi sono lavorati al Papa Giovanni XXIII in un giusto mix di
pubblico privato pubblico equamente ripartito. Alla fine il cittadino
dissanguato deve sempre osservare le distanze, può ammalarsi e
quindi sta esattamente come chi non ha fatto il prelievo e
l’esame.
Oggi L’Eco di Bergamo dall’alto delle sue SESSANTA pagine Guido
Marinoni, presidente dell'Ordine dei Medici di Bergamo scuotendo la
testa confessa a Stefano Serpellini «Con 350 tamponi non si va da
nessun parte. Io ho un elenco di assistiti contagiati accertati o
sospetti in cui figurano 170 nominativi. In Bergamasca i medici di base
sono tra i 600 e i 700», osserva Mirko Tassinari, di Fimmg Bergamo, la
federazione dei medici di medicina generale, che sulla base di questi
numeri nei giorni scorsi era arrivato a stimare in 100 mila i reali
infettati nella nostra provincia. «Ho sollecitato l'Ats perché attivi
le procedure per la richiesta del tampone - continua Tassinari -, ma a
noi medici le disposizioni non sono ancora state fornite. Ci rimanda
alla prossima settimana». «L'Ats invita i medici di base a
temporeggiare - incalza Marinoni -, a dire al lavoratore di stare
calmo, a prorogare i giorni di malattia.
Tutto questo a 50 giorni dallo scoppio della pandemia in maniera chiara .
Prosegue Serpelini. Tra l'altro, dell'esigua quota attuale di tamponi
il grosso di coloro che devono rientrare al lavoro non figura
beneficiare, perché si contano sulle dita di una mano le categorie a
cui è destinata (giustamente) la precedenza: «Pazienti sintomatici,
medici di medicina generale, personale sanitario o di strutture
sociosanitarie che rientra dalla malattia, pazienti dimessi dagli
ospedali, ospiti delle Rsa a cui abbiamo fatto quasi 700 tamponi»,
elenca il direttore dell'Ats Massimo Giupponi.
Di nuovo tutto questo a 50 giorni dallo scoppio della pandemia in maniera chiara ed a 10 giorno dalla mitica Fase 2.
Alessandra Loche su L’Eco dedica un articolo anche all’ospedale degli
Alpini –la ottava torre del Papa Giovanni disse la dirigente Maria
Beatrice Stasi dell’ospedale nella palude. In due settimane,
dall'ingresso dei primi pazienti, ben 20 sono stati dimessi e sono
tornati a casa. Ora sono circa 50 le persone assistite nella struttura,
tra le quali meno di cinque si trovano in terapia intensiva, grazie al
fatto che «sono state trovate terapie che riducono l'aggravamento della
malattia». Le persone che ci lavorano, le attrezzature, sono il punto
di forza dell'ospedale di via Lunga dice il dottor Rizzini responsabile
della sanità dell’ANA ma: “far funzionare la struttura, però, ha un
costo. E molte spese, come per l'acquisto dei presidi di protezione
individuale, la fornitura della maggior parte delle attrezzature
elettromedicali, sono state sostenute dall'Ana. Per il futuro, «poiché
questa missione durerà ancora qualche mese, servono risorse perché
dovremo ridotarci dei materiali». Per questo servono nuovi fondi.
Avremo bisogno di altri apparecchi elettromedicali come respiratori,
defibrillatori, dispositivi per i rilievi parametrici». Non meno
importante, le attrezzature per la parte radiologica, o del laboratorio
di analisi, pronto soccorso e la logistica di supporto. Inoltre, le
future donazioni potranno essere spese anche per «apparecchiature di
climatizzazione, a supporto dell'impianto già presente in Fiera». Ci
sono poi da equipaggiare i nuovi volontari, che saranno formati prima
di iniziare l'attività. A proposito di volontari, chi vuole può
vestirne i panni: serve ogni tipo di professionalità, dall'elettricista
al sanitario, dall'idraulico al tecnico di laboratorio. Dall’ articolo
appare una evidente delusione di questo responsabile a fronte di un
impegno economico e di personale che non trova
interlocuzione ne dall’ATS e neppure nella Regione, Insomma questo
ospedale non è nelle grazie ne di Fontana ne di Gallera e tantomeno
della direttrice del papa Giovanni che ha messo il cappello
sull’iniziativa – è l’ottava torre del Papa Giovanni!- ma poi pare che
per quello sia un comodo magazzino cui refilare quello che disturba il
normale tran tran dell’ospedale maggiore.
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IL [PROBABILE] DESTINO DI REPUBBLICA E DEI GIORNALI
Per capire le cose basta guardare che oggi Repubblica e il Corriere
hanno 40 pagine mentre L'Eco di Bergamo ne ha 64. Va bene:è
imbottito di necrologi. Del resto questo è il mercato “di stagione” che
vede una netta riduzione di quello strato di società che s'è ammazzata
nello stra-benessere con le proprie mani ed attribuisce al
covid19 la colpa. Fare un giornale quotidiano oggi significa
lavorare per le industrie energetiche e per pagare le tasse. Forse è
quella la ragione per cui DeBenedetti aveva anche dei grossi interessi
(mantenuti dai contribuenti coi sovraprezzi in bolletta) nella
produzione di energia elettrica.
Poi sui quotidiani ci sono anche una mezza dozzina di articoli che
meritano la lettura. Ma per questo non c'è bisogno di fare ne 40
ne 60 paginone di carta. Il resto è tutta fuffa che trovi dappertutto
on line. I quotidiani hanno negli anni partorito una serie di
inserti pieni zeppi di pubblicità che ovviamente la toglie dal giornale
padre.
Che in Italia il destino di Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX
sia quello di arrivare a un quotidiano unico fatto in massima parte da
un'unica redazione ha una sua logica dal momento che con quel che viene
avanti –ma già lo si vedeva da almeno un decennio- è evidente che i
quotidiani o scompaiono oppure si mettono assieme. Come è tutto da
vedere e sarà caso per caso momento per momento.
Oggi l'Italia e i soggetti politici e i movimenti culturali che furono
il lievito madre per la nascita di Repubblica non esistono più. Morti.
Scomparsi. Cos'à oggi il PD di un PCI berlingueriano o di un PSI di
Pertini?. Dove sono gli “azionisti”?.
Oggi un giornale di carta non ha forse nemmeno senso che esista: è un
prodotto obsoleto che va bene per salotti o scrivanie di legno
massiccio o finto tale. Forse non ha nemmeno motivo di esistere proprio
IL giornale in quanto riferimento politico culturale com'è stato
fino ieri.
Quella parte di paese che genera idee ormai s'è costruita una
serie di relazioni che ieri gliele forniva il giornale mentre oggi
ciascuno se le costruisce dalla rete.
Ieri c'erano fabbriche di idee che partendo dalla scuole inferiori ne
generavano a valle mentre oggi ci troviamo con un centinaio di
università sparse per ogni buco d'Italia che non sai esattamente cosa
servono se non a reggere la micrompresa e un terziario sostanzialmente
parassitario che ha bisogno di uno stato che genere una pletora di
leggi perché in questo modo crea lavoro anche per questi soggetti.
Lavoro inutile quello da spendere il tempo per capire una legge fatta
da 120mila parole.
Non bastasse quanto sopra il suicidio dei giornali è
definitivamente avvenuto quando i giornalisti –col consenso degli
editori e dei direttori- sono andati nei talkshow della tv. Talkshow
che ve ne sono ad ogni ora e per ogni argomento ed alla fine generano
negli ascoltatori una saturazione che non viene risolta o sciolta con
la lettura di un quotidiano.
Probabilmente se deBenedetti e Scalfari fossero riusciti a mettere in
piedi anche una televisione replicando il modello Corriere della Sera
con La7 forse (ma quel matrimonio ha una storia differente!) sarebbe
accaduto il contrario della storia ma la domanda finale resta
sempre la stessa: non c'è pubblicità per mantenere il vastissimo impero
di carta stampata e televisioni che esiste oggi in Italia e
questa foresta va sfoltita perché chi prima ci arriva, meglio si
qualificheranno i giornali domani.
Oggi il mainstream si interroga su come sarà il “dopo covid19” ma
intanto le economie reagiscono ancora coi vecchi strumenti e le vecchie
politiche –pensiamo alle decisioni dei capi governo in video conferenza
di qualche giorno or sono- ma penso che questo passaggio di
Repubblica in saccoccia di Elkann sia un primo segnale del dopo
esattamente nel segno della continuità col passato esattamente come
hanno fatto all'UE. Ma è un segnale anche questo nel segno del vecchio
modello di sviluppo fondato sulle spreco di risorse e sulla riduzione
dei contenuti mentre adesso bisogna sprecare di meno e selezionare
meglio le risorse culturali e politiche da mettere al centro e decidere
cosa abbandonare sulla battigia.
Non so se oggi abbia ancora senso abbonarsi a un giornale on line
oppure comprare ogni giorno qualche etto di carta piuttosto che
ciascuno dei suoi redattori si decidano a vendere on line ogni giorno
il proprio articolo così che ciascun lettore si faccia la propria
mazzetta di articoli che alla mattina può leggere sui suoi giocattoli
elettronici, copiarne e salvarne il testo, immagazzinarlo indicizzato.
Forse ingenuamente ho grande fiducia nel 5G ma penso che la strada sia quella.
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