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IL FUTURO NON SARA' PIU' COME QUELLO DI UNA VOLTA
Ho già avuto occasione di raccontare quando a metà gennaio 1968 accade
il terremoto del Belice. Mi chiamò un ex compagno di scuola e decidemmo
di partire in tre – quelli che erano già stati a Firenze per
l'alluvione del novembre 1966- all'ultimo anno di scuola superiore
appena cominciato. A Firenze avevamo visto dei morti ma non avevamo mai
visto ne il sangue ne i corpi martoriati . Maciullati. Un conto è
estrarre dalle macerie i corpi delle persone schiacciati dai crolli –
al tempo non ci si preoccupava nemmeno di insanguinarci le mani!-
ed altra conto è assistere delle persone in mezzo a macchine
ultramoderne che muoiono per qualcosa che quasi non sai nemmeno cosa
sia.
Quando i carabinieri e i vigili del fuoco ci videro arrivare e andammo
da loro e dicemmo da dove venivamo e che eravamo già stati al
Firenze: ci guardarono come fossimo dei marziani. Cosa c'entra
un'alluvione con un terremoto? Avevo portato con me una ferrania con
pellicole b&n 6x6 cm ma dopo pochi anni decisi che quelle
immagini non avrei più voluto averle sotto gli occhi e mandai anche i
negativi al sindaco.
Di terremoti ne ho visti parecchi fino a quello emiliano romagnolo del
2012 e ne parlo adesso perché l'età mi ha fatto definitivamente
ritirare. In Emilia non ho fatto (quasi) nulla tranne fare il
“geografo”: vedere cosa aveva fatto e come si era manifestato il
terremoto. Io e la varia combriccola di svitati che partiva –avevamo
vent'anni- non ci ponevamo il problema di capire il senso di quel che
facevamo. Lo facevamo perché eravamo educati così: diamo una mano.
Passare dalle medie di un paesone come Ponte san Pietro ad una scuola
(anzi: erano tre sedi) di Treviglio fu una botta. Ci trovammo
sballottati dalle lotte sindacali della SAME per il'68 e noi studenti
“uniti nella lotta” ci battevamo per avere il
riconoscimento statale del diploma visto che al tempo la scuola era
parte dello stato, parte della provincia, parte delle associazioni
imprenditoriali. Solito mischiotto democristiano.
Uniti nella lotta anche perché la SAME costruiva i trattori per
l'agricoltura. Perché il '68 fu una sorta di nuovo 25 aprile per noi.
Vista da lontano mi rendo conto che certi fatti accaduti da giovane
avevano creato un certo modo di vedere le cose che oggi i giovani e gli
adulti vedo che non hanno più. Ricordo che un giorno con mio
padre eravamo ad Alzano ed abbiamo preso la mulattiera che saliva verso
il Frontale dove aveva vissuto la sua famiglia fino al 1943. A un certo
punto c'era una santella e mio padre mi indicò su una spalla di pietra
cote una croce piccola piccola che poteva vederla solo chi la
conoscesse, incisa forse con un chiodo. Disse: l'ha messa tuo
nonno Giuseppe per ringraziare la Madonna di averlo salvato dalle
legnate delle camice nere. Dai una volta, dai due volte nonno Giuseppe
alla fine erano riuscite a farlo fuori.
Lo zio Ilario tornò due anni dopo la fine della seconda guerra mondiale
dalla prigionia prima in Russia poi in un campo della croce rossa per
curarlo e rimetterlo in piedi. Ilario aveva un bellissimo roccolo ed
ogni tanto mi portava assieme. Era un cacciatore senza fucile. Così un
giorno lo vidi cambiarsi i calzini e mi accorsi che gli mancavano del
tutto le dita dei piedi. Capii il nesso materiale tra
congelamento e fisicità.
Oggi giovani e adulti non hanno visto niente di questo. Molti non sanno neppure la storia patria.
Vedendo le immagini della fila di autocarri militari che escono
dal cimitero di Bergamo per portare le bare dei defunti agli
inceneritori in altri capoluoghi mi ha fatto arrabbiare. Ci
vergogneremo di quelle immagini. Prima di tutto con chi ha organizzato
la cosa perché solo un imbecille non immagina che un dramma
IPER-medializzato come il covid19 non doveva avere come
“aggiunta” anche una colonna militare di defunti. Li si vede una classe
dirigente non all'altezza della situazione: fanno tutto con la crapa
del burocrate passacarte che nemmeno immagina alle conseguenze mondiali
dell'evento: finito perfino su RT. Dove si vede un deposito di casse di
morti che sono di… cartone.
Questo non lo dicono i giornali italiani. https://www.rt.com/news/483693-italy-coronavirus-crematorium-military/.
Meno male che non hanno messo le bandiere tricolori: quelle le hanno
messe i giornalisti cogli articoli sui quotidiani. Con Fiorello che ha
proposto la giornata di lutto nazionale.
Basta retorica! Sono morti di malattia: tra l'altro non è nemmeno del tutto certo che per tutti si tratti di covid19.
Il secondo aspetto che non gradisco è tutto l'altarino o il piedistallo
messo in piedi sull'eroismo di medici infermieri destinati alla
bisogna. Si vede proprio che sono stati allevati educati e
buratinizzati esattamente con quegli stessi criteri che hanno
messo in crisi la sanità di fronte alla pandemia. Ce l'hanno ormai
inciso nel dna.
Questi “eroi” sono stati abituati all'ospedale che ha tot letti di
terapia intensiva perché da venti anni si monitorano tanti casi
necessari e quindi basta quelli con un modestissimo largheggiare. Una
certa struttura organizzativa della sanità che dura da molti anni ha
inciso nella crapa di questa gente che tutto resterà sempre
immutabile. Che nulla può sconvolgere i piani i programmi le
organizzazioni. Poi arriva la pandemia e loro hanno talmente
introiettato una routine per cui quella polmonite deve essere per forza
una polmonite e niente altro. Invece era tutt'altro.
Non sanno nemmeno che qualunque uomo o donna, perfino non battezzato,
può fare il segno della croce in fronte a un defunto che non ha
ricevuto i sacramenti e la benedizione se l'avesse desiderati. Bestie.
Poi di tutti questi nuovi eroi leggiamo oggi questa testimonianza di una addetta al 118:
“Lucia (una donna che ha chiamato il 118) mi dice che non vuole portare la mamma in ospedale.
Mi spiega che ha già perso un fratello senza poterlo salutare e senza
poter andare al suo funerale e che non vede e sente suo marito da dieci
giorni.
Mi dice che non vuole che sua madre muoia in ospedale.
Aggiunge: ”So perfettamente che in ospedale riuscite a malapena a stare
dietro ai pazienti giovani e so perfettamente che se mando mia mamma in
ospedale la lasciate morire da sola perché non avete tempo di curarla”.
Lo dice senza astio, ma con una consapevolezza che mi gela il sangue.
Io rimango in silenzio perché so che ha perfettamente ragione, ma non riesco a dirle che purtroppo è cosi.
Lei capisce il mio il silenzio e prosegue:
“Vi chiedo solo qualcuno che mi dica che sto facendo la cosa giusta e
che mi permetta di farla morire dignitosamente a casa senza soffrire”.
Mi fermo qui”.
Anche su Repubblica c'è una pagina identica dedicata alla Bergamasca.
La sanità non è al servizio del cittadino che si ammala ma il cittadino
malato serve a tenere in piedi il grande affare della sanità che è la
macchina per fare soldi dalle case farmaceutiche medicali e della
sanità privata. Nelle sale di terapia intensiva fa tutto la macchina e
i programmi che le guidano mentre il ruolo del medico e del personale è
solo quello di ausilio ad istallare-inserire la macchina e farla
funzionare dal momento che anche il controllo del funzionamento e
del paziente sono assicurati da sonde e da un programma ad hoc.
Poi un giorno succede l'evento che sconvolge la ruotine. Che ti toglie
il fine settimana. Ti cancella le ferie. Ti mette davanti alla
necessità di trovare 10 respiratori nuovi al di fuori delle forniture
che arrivano di routine perché c'è anche un programma che
verifica il magazzino e ordine le cose che mancano prima che.
Stavolta il prima che ha anticipato tutti. Dai ragionieri che debbono
fa quadrare le previsioni di spesa e incasso e pagamento all'ultimo
dottore che magari ha solo poche settimane ci esperienza in
reparto.
Basta retorica per favore. Basta retorica in televisione, sulle piazze
antistanti i nosocomi, sui giornali. Basta con la retorica dei
giornalisti che nel dare le notizie prima dicono il numero dei morti e
dimenticano sempre quello dei dimessi o guariti. Parlano della tragedia
del covid 19 con la stessa foga che hanno per il derby milan-inter.
Non state facendo gli eroi perché state lavorando da 20 ore senza
interruzione: stavolta è andata così e quindi niente eroismo. Bisogna
fare così: oggi l'ordinario è questo.
Come quando stai tirando fuori qualcuno da sotto le macerie di un
terremoto e arrivano nuove scosse e crolli. Certo che noi
pistolini ci cacavamo addosso: ma era nel contratto. Si sapeva che
poteva succedere mentre voi che state in sale climatizzate
date fuori perché è successo l'imprevisto. E allora?.
Come quando le formazioni partigiane erano assediate dalle brigate
nazifasciste che li avrebbero passati per le armi direttamente
sul posto. E allora?.
E assieme a voi sono stupiti spaventati i politici –ignoranti
esattamente quanto voi- che comunque nemmeno in questa tragica
situazione smettono di farsi le vendette. La Lega bossiana contro la
Lega salviniana. Il Fontana leghista contro il Gori piddino. I
leghisti Fontana e Zaia contro il governo giallo rosso. Il
rubarsi da parte di una regione all'altra le mascherine, i
respiratori senza nemmeno un “mea culpa” da parte ne di
presidenti di regione ne dirigenti di ATS: siamo stati coglioni e
imprevidenti, siamo ridotti all'osso e quello che abbiamo non basta
nemmeno dall'oggi al domani. Scusateci. Verbo che non esiste per i
politici.
Intanto la sanità privata se la gode. Già prima approfittava del
malfunzionamento della sanità pubblica che costa almeno un 30%
più del necessario per mala gestione per ritagliarsi il 40% del mercato
e guadagnarci pure alla grande. Con un po' di corruzione ma anche senza.
Ecco. Smettetela tutti di fare gli eroi e le eroine e
convincetevi che state facendo SOLO il vostro dovere in una situazione
in cui nessuno avrebbe voluto trovarsi. Nemmeno noi pistolini nel
gennaio 1968 eravamo contenti delle decine e centinaia di scosse
sismiche che c'erano di continuo ma bisognava salvare la ghirba e
cercare di rimettere in piedi qualcosa.
Alla fine di un mese in mezzo alla polvere siamo tornati a casa e ci
siamo rimessi chi a lavorare chi a preparare gli esami e qualcuno in
sovrappiù aveva già allora una bimba che scagazzava dentro
i pannolini che allora non si buttavano ma si dovevano lavare.
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SPERANZA VAL BENE UN'ORDINANZA
Il ministro della salute Speranza (scelta azzeccata visti i tempi) è
uno che ha la rara capacità di parlare anche per mezzora senza dire
nulla (come fanno tutti in occasione covid19: tipo lavatevi il
culo e non slimonatevi ) ha avuto bisogno di tre pagine tre (va bene:
l'ultima è occupata solo al 95%: è riuscito a sprecare carta anche
stavolta) per scrivere una ordinanza che parte con DICIASSETE premesse
“Visto” a seguire un “considerato” e un “ritenuto” e siamo a
DICIANNOVE premesse per ordinare (se è un'ordinanza certo che
ordina qualcosa!) ben QUATTRO divieti-norme scritte in
dodici righe. Eccole. a)è vietato l'accesso del pubblico ai parchi,
alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici. Inutile visto che
ormai tutti i sindaci l'hanno emanata(infatti l'hanno emessa proprio
perché fa incazzare per niente la popolazione).
Segue b) non è consentito svolgere attività ludica o
ricreativi all'aperto; resta consentito svolgere individualmente
attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché
comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra
persona. Com'è buono lei!.
Segue c) sono chiusi gli esercizi di somministrazione
di alimenti e bevande, posti all'interno delle stazioni ferroviarie e
lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con
esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere
solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali; restano
aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di
assicurare in ogni coso il rispetto della distanza interpersonale di
almeno un metro. Se c'era bisogno che non avevano capito nulla del
covid19 questa dimostra che… peggio tardi che mai.
d) nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli
altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato
ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale,
comprese le seconde case utilizzate per vacanza. Era vietato anche
prima chissà perché di nuovo.
Anche se il custode delLa Latrina di Nusquamia ci accusa di fare
l'avvocato non interpellato ne richiesto del diavolo, a me
hanno insegnato che (a) chi governa ha potere di comando e quindi non
c'è bisogno di giustificare con diciannove premesse un ordine da parte
di chi la Costituzione affida potere di governare. Mi hanno anche
insegnato che INVECE i burocrati di stato per scrivere una ordinanza
DEVONO scrivere o motivare tutte le ragioni per cui “possono” emettere
una ordinanza.
Qualcuno lo avverta che il covid19 si spande nei locali chiusi con aerazione forzata e condizionata. Ecco la prova.
Il dato che più richiama alla cautela è quello dell'aria, dove si
pensava che il virus si dileguasse in tempi più rapidi (qualche
minuto). «Dobbiamo fare attenzione agli ambienti chiusi», avverte Carlo
Federico Perno, virologo dell'università di Milano. «La via di
trasmissione attraverso il respiro resta molto più importante di quella
attraverso gli oggetti. Siamo di fronte a un virus molto efficiente e
rapido in termini di propagazione. Se una persona infetta respira per
un certo tempo in un ambiente chiuso, l'aria se ne riempirà anche senza
bisogno di tosse o starnuti. Sarebbe buona norma aprire spesso le
finestre (e la primavera in arrivo aiuta), oltre a evitare luoghi dove
il ricambio è scarso, come per esempio gli ascensori». I dati del New
England Journal of Medicine sono stati registrati in laboratorio, in
condizioni "artificiali" ed è difficile tradurli in consigli
dettagliati in termini di metri o di minuti, per le stanze o gli
ascensori di ciascuno di noi. «Chi deve restare a lungo in ambienti
chiusi, affollati e poco ventilati, dovrebbe indossare la mascherina,
che invece è inutile all'aria aperta» suggerisce Perno.
Gli autori dello studio sono gli scienziati del laboratorio di
virologia del National Institute of Allergy and Infectious Diseases:
l'Istituto americano per le malattie infettive. I risultati sono stati
pubblicati sul New England Journal of Medicine , una rivista
scientifica, il 17 marzo.
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