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LA LEGIONELLA DI BRESSO,LA POLMONITE DI BRESCIA,
LA MENIGITE DEL SEBINO, IL COVID19 DI CODOGNO:
LE ECCELLENZE DELLA SANITÀ LEGHISTA E LOMBARDA
DAL 2018 AL 2020
Cominciamo col 2018. Bresso (Milano), 26 settembre 2018 -
(...)
Lasciando nelle mani degli esperti le questioni più tecniche relative
alle singole epidemie assieme alle inevitabili polemiche tra i tanti
galli del pollaio a nostro avviso c'è una sottovalutazione dei
problemi ambientali delle zone in cui sono scoppiate le crisi.
Mescolare le merci, le persone, i tempi in spazi ristetti e velocemente
tutte e tutto accumunato dal fatto che sostanzialmente civiltà di
identico sviluppo sono sostanzialmente anche molto simili per altri
versi crea ed ha creato delle situazioni che poi generano Bresso,
Brescia, il Basso Sebino e adesso Codogno Nembro assimilando un pezzo
d'Italia ad una Cina dove si fabbricano e da dove compriamo gli oled da
75 pollici e gli iphone da 1200 euro. Poi leggiamo lavatevi spesso le
mani per almeno un minuto con un buon sapone o gocce di alcol ma
leggiamo anche che sulle superfici in genere il covid19 resiste poco o
nulla salvo constatare che i nostri bus treni e perfino le maniglie
degli spazi pubblici sono neri di rutto. Leggasi: letame.
Adesso avanza tra le polemiche partitiche l'idea di ricondurre in
ambito nazionale certe direzioni in ordine alla sanità di interesse
internazionale. La scoperta dell'acqua calda che non approderà a nulla
dal momento che quella mangiatoia che è la sanità nazionale nessuno –ne
la politica ne le imprese, vogliono mollare. La buona sanità nazionale
è una versione buona e meno sfacciata di quella che era la sanità di
Formigoni o quella del pretone del S. Raffaele o quella delle cliniche
Maugeri. Funziona bene finchè mangiano tutti ma quando scoppia
un'emergenza il primo problema resta quello di spartirsi la torta che
ne deriverà.
IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA
TRA IL FIGLIO DI MUSSOLINI E LA XYLELLA DI EMILIANO
E UN FILO DI GIOVANNA MEZZOGIORNO
Passando con leggerezza dalla ricerca di un filmato sui quei poveri
milanesi (facile immaginare il perché) che rifiutano l'ospitalità nei
centri di accoglienza notturna ad un tipo di argomento che gli preme di
più com'è il nasare nella storiaccia del figlio sfigato del duce, il
custode delLa Latrina di Nusquamia, uno che ha fatto il classico in un
(ex) liceo di preti che pure ha annoverato nella sua superba carriera
professionale, da perfetto “sinistro” anche quella di essere stato il
portavoce di una giunta fascio leghista, il nostro approda ovviamente
nell'argo- mento del giorno (covid19 e contorno) e osserva che il
modello lombardo con cui si sta affrontando l'emergenza del morbo
coronato (geniale: coronavirus > morbo coronato:provare a dirlo a
chi ce l'ha…) sarebbe pregevole, quanto invece fu spregevole il modello
pugliese, allorché ci fu l'emergenza della xylella. E ricorda a tutti
le posizioni del Presidente della Regione, Emiliano: posizioni
simil-negazioniste, populiste e sentimentali di chi rema contro una
politica d'intervento seria ed efficace. Prosegue il custode delLa
Latrina di Nusquamia: È innegabile che Fontana in Lombardia, a
differenza di Emiliano in Puglia, non abbia minimizzato l'emergenza.
[sulla scia del capitano]. Anzi, è stato accusato di aver enfatizzato
il pericolo di contagio seriale, qualora non si fossero presi severi
provvedimenti di contenimento.[Qui ha parlato troppo presto: Fontana ha
paragonato il covid19 ad una influenza un po' più maligna di quella
tradizionale] Però sia Fontana sia Zaia avevano ragione a chiedere
provvedimenti drastici [però non dice quali] , oggi lo possiamo dire in
tutta tranquillità, anche se non esiste dimostrazione che quei drastici
provvedimenti sarebbero stati sufficienti. Del resto, non esiste
dimostrazione che i provvedimenti che adesso si applicano ai cittadini
italiani, e che non si vollero applicare ai cittadini cinesi, siano
efficaci. Cioè condivide l'idea di provvedimenti drastici, non dice di
che tipo e poi si contraddice: non esiste dimostrazione che quei
drastici provvedimenti sarebbero stati sufficienti. Cioè prende per il
culo il lettore oltre che una normale intelligenza.
(...)
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LA LEGIONELLA DI BRESSO,LA POLMONITE DI BRESCIA,
LA MENIGITE DEL SEBINO, IL COVID19 DI CODOGNO:
LE ECCELLENZE DELLA SANITÀ LEGHISTA E LOMBARDA
DAL 2018 AL 2020
Cominciamo col 2018. Bresso (Milano), 26 settembre 2018 - L'Ats di
Milano ha chiuso le indagini sui casi di legionella che si sono
verificati a Bresso lo scorso mese di luglio e che hanno causato il
decesso di 5 persone e il contagio di altre 47. I dati sono stati
presentati dall'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, dal
direttore generale dell'Ats di Milano, Marco Bosio e dal sindaco di
Bresso, Simone Cairo."A Bresso - ha detto Gallera - è stato fatto un
grande lavoro grazie ad una stretta collaborazione tra Regione
Lombardia, il Comune e l'ATS Milano. Sono state mobilitate oltre 70
persone, una task forse che ha indagato 101 siti per un totale di 598
campioni sottoposti ad analisi. Purtroppo non si è arrivati a stabilire
quale sia l'unica fonte di contagio dei 52 casi di legionella.
L'inchiesta portata avanti da ATS Milano - ha spiegato Gallera - ci ha
permesso di escludere il coinvolgimento sia dell'acque dotto sia delle
reti idriche interne alle abitazioni. L'evento è stato probabilmente
causato dalla dispersione aerea del batterio favorita da fenomeni
atmosferici straordinari, come per esempio una bomba d'acqua. Non si
può escludere che qualche caso sporadico possa essere stato causato
dall'acqua contaminata della fontana Mappamondo, ma non è ipotizzabile
che questa possa essere l'unica causa dei 52 casi esaminati".
Passiamo al 2019. Brescia, 15 settembre 2019 - Si concluderà a fine
mese il censimento delle torri di raffreddamento nel Bresciano. I
sindaci dovranno inviare i dati ad Ats, che, nel frattempo, ha già
avviato i campionamenti anti-legionella sugli impianti. Merito della
legge regionale che è scaturita dall'epidemia di polmonite e legionella
scoppiato lo scorso anno nel Bresciano lungo l'asse del Chiese. Ad un
anno dall'inizio del caso, il bilancio è ormai definitivo e parla di 35
positività a legionella e 4 decessi legati al batterio nei 7 comuni
della zona rossa (Acquafredda, Visano, Remedello, Calvisano,
Carpenedolo, Isorella, Montichiari). Molti di più i casi complessivi di
polmonite: 878 gli accessi al Pronto Soccorso di tutta la provincia dai
primi di settembre al 18 ottobre e 105 casi di legionella identificati
in tutta la provincia.
Ancora Brescia:“una nube batteriologica dispersa nell'aria dalle torri
di raffreddamento delle aziende, provocata a quanto pare dal “brodo”
del fiume Chiese in secca e scatenata dalle bollenti temperature della
scorsa estate: sarebbe questa la probabile causa dell'epidemia di
legionella e polmonite batterica che solo pochi mesi fa tra le province
di Brescia e di Mantova ha causato ben sette morti e addirittura un
migliaio di contagiati.“
L'onda batteriologica che ha infettato quasi mille persone provocando
almeno sette morti nell'enclave di confine compresa tra la Bassa
Orientale e la provincia di Mantova è stata innescata dal Chiese e
amplificata dalle torri di raffreddamento delle aziende che
inconsapevolmente hanno alimentato i propri impianti con l'acqua
prelevata dal fiume e dalla sua rete di affluenti. Quello che fin'ora
era solo un sospetto sta trovando prove scientifiche nella ricerca
condotta sotto l'egida del ministero della Salute dall'Istituto
superiore di sanità. Il complesso incrocio dei dati sui pazienti e
sulla natura dei batteri isolati ha messo a fuoco un comun denominatore
nelle forme di polmonite batterica e legionella registrate da settembre
a dicembre dello scorso anno.
Arriviamo a gennaio 2000. Sei casi di meningite in poco più di un
mese e purtroppo due morti hanno portato a interventi straordinari da
parte di Regione Lombardia e dell'Ats di Bergamo: una concentrazione
anomala che, nella zona del Basso Sebino. Cinque giorni or sono
erano già 30mila i cittadini vaccinati contro in meningococco di tipo C
tra la Bergamasca e il Bresciano. Il dato emerge dall'ultimo bollettino
emesso da Regione Lombardia con i dati provenienti da Ats Bergamo e Ats
Brescia. Una campagna vaccinale imponente che sta arrivando, giorno
dopo giorno, all'obiettivo prefissato: vaccinare 40mila persone.
Bresso, 5 morti e 47 infezioni.
Brescia, 4 morti e 37 infezioni.
Ancora Brescia e Mantova, 7 morti e un migliaio di infezioni.
Codogno-Nembro, 11 morti e 325 contagiati (un solo morto in Veneto).
Prendiamo pure per buone le due ragioni per cui la Lombardia per il suo
peso economico nel contesto internazionale è la Regione con la maggiore
mobilità interna e internazionale della sua gente e verso di
essa. I report economici arrivati sul tavolo del governo sono prevedono
una nuova recessione e ricordano che le province colpite (Pavia, Lodi,
Cremona e Milano) valgono il 12% del pil italiano e il 2% di quello
dell'eurozona. Nella sol zona rossa ci sono 63 aziende medio grandi,
senza contare negozi ed esercizi commerciali, con oltre 4000 occupati e
1,7 miliardi di fatturato nel 2019.
Prendiamo pure per buona la spiegazione data dei medici dell'ospedale
di Codogno: abbiamo applicato protocolli e direttive di Istituto
superiore di sanità, Oms e ministero della Salute. Nessuno di loro
avrebbe suggerito tampone e isolamento per un italiano con i sintomi
classici dell'influenza, non reduce dalla Cina e che non dichiara
contatti con persone provenienti da là. Appena il quadro è cambiato, il
protocollo è stato seguito. Il contagio purtroppo era già esploso da
giorni, al punto da costringerci a chiudere il reparto.
Prendiamo pure per buona la raccomandazione del PdC Conte alla
RAI: da Palazzo Chigi ieri è partita una telefonata verso l'ad della
Rai Fabrizio Salini con l'invito a “raffreddare” l'informazione sul
coronavirus. E alle 12 del25 febbraio, a viale Mazzini, sono stati
convocati i direttori di rete e di testata con indicazioni precise: la
prima preoccupazione resta la salute dei cittadini, ma proprio per
questo le informazioni vanno date in modo corretto. Senza allarmismi
non solo nei tg, ma anche nei talk e nei programmi contenitore. La
conseguenza sarà una drastica riduzione dei minuti, e degli ospiti in
studio, dedicati alla diffusione del virus e dei contagi. Ma non solo
la RAI ma anche il resto delle TV ormai si sono specializzate nel
riempire giornate e giornate di notizie quasi sempre identiche
dove c'è sempre “il palazzo” mentre i cittadini sono ridotti e
pure comparse a fare colore o protestare casino. Il paese reale non
c'è, c'è solo il casino.
Aggiungiamoci la gaffe (chiamala gaffe…!) del PdC Conte nei
confronti dei medici di Codogno mentre dimentica la cazzata
mastodontica del suo ministro degli esteri –il bibitaro DiMaio-
che ha interrotto SOLO le comunicazioni dirette Italia-Cina senza
nemmeno sapere rendersi conto che… tutte le strade da Roma portano in
Cina e viceversa. Compresi quei funzionari del dicastero che pure loro
non sapevano.
Alla fine di questa enorme fiera resta la solitudine dei cittadini i
quali hanno ormai compreso che di covid 19 purtroppo ci lasciano la
pelle solo gli anziani già malmessi in salute, che gli ospedali sono
inutilmente intasati, che non si sa come organizzarsi visto che nessuno
sa quanto durerà la reclusione. Nel cuore del focolaio la gente, oltre
che sacrificata, è abbandonata. Una mascherina costa 8 euro, se si
trova. Non abbiamo più un pronto soccorso. Gli anziani stanno ore in
coda al freddo per fare la spesa, prima di scoprire che gli alimenti
sono finiti». A centinaia raggiungono così gli accessi sigillati alla
zona rossa. Qui parenti e amici, dall'esterno, lasciano sulla strada
generi di prima necessità. «In queste condizioni — dicono — non
possiamo resistere a lungo. Pretendiamo che lo Stato rispetti anche i
nostri diritti distribuendoci l'indispensabile per vivere segregati,
salvando gli altri».
Sono ormai tre anni che la sanità lombarda mentre risulta (quasi)
eccellente per l'ordinaria amministrazione in realtà non è ancora
all'altezza di essere la sanità non di un paesino sperduto nel
mondo ma in uno dei gangli vitali del pianeta.
L'allarme doveva già scattare nel 2018 quando ci furono gli episodi di
legionella a Bresso: sostanzialmente ne la regione ne lo stato
individuarono l'origine dell'infezione e…meno male ch è passata
abbastanza alla svelta.
Ed a cascata ci sono stati Brescia, il Basso Sebino e adesso Codogno- Nembro.
E Vò che pure essendo veneto sta in una zona del tutto simile a quella
lombarda come importanza economica e strategica a livello europeo
e internazionale.
Lasciando nelle mani degli esperti le questioni più tecniche
relative alle singole epidemie assieme alle inevitabili polemiche tra i
tanti galli del pollaio a nostro avviso c'è una
sottovalutazione dei problemi ambientali delle zone in cui sono
scoppiate le crisi. Mescolare le merci, le persone, i tempi in spazi
ristetti e velocemente tutte e tutto accumunato dal fatto che
sostanzialmente civiltà di identico sviluppo sono sostanzialmente anche
molto simili per altri versi crea ed ha creato delle situazioni che poi
generano Bresso, Brescia, il Basso Sebino e adesso Codogno Nembro
assimilando un pezzo d'Italia ad una Cina dove si fabbricano e da dove
compriamo gli oled da 75 pollici e gli iphone da 1200 euro. Poi
leggiamo lavatevi spesso le mani per almeno un minuto con un buon
sapone o gocce di alcol ma leggiamo anche che sulle superfici in genere
il covid19 resiste poco o nulla salvo constatare che i nostri bus treni
e perfino le maniglie degli spazi pubblici sono neri di rutto. Leggasi:
letame.
Adesso avanza tra le polemiche partitiche l'idea di ricondurre in
ambito nazionale certe direzioni in ordine alla sanità di interesse
internazionale. La scoperta dell'acqua calda che non approderà a
nulla dal momento che quella mangiatoia che è la sanità nazionale
nessuno –ne la politica ne le imprese, vogliono mollare. La buona
sanità nazionale è una versione buona e meno sfacciata di quella che
era la sanità di Formigoni o quella del pretone del S. Raffaele o
quella delle cliniche Maugeri. Funziona bene finchè mangiano
tutti ma quando scoppia un'emergenza il primo problema
resta quello di spartirsi la torta che ne deriverà.
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IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA
TRA IL FIGLIO DI MUSSOLINI E LA XYLELLA DI EMILIANO
E UN FILO DI GIOVANNA MEZZOGIORNO
Passando con leggerezza dalla ricerca di un filmato sui quei poveri
milanesi (facile immaginare il perché) che rifiutano l'ospitalità nei
centri di accoglienza notturna ad un tipo di argomento che gli preme di
più com'è il nasare nella storiaccia del figlio sfigato del duce, il
custode delLa Latrina di Nusquamia, uno che ha fatto il classico in un
(ex) liceo di preti che pure ha annoverato nella sua superba carriera
professionale, da perfetto “sinistro” anche quella di essere stato il
portavoce di una giunta fascio leghista, il nostro approda ovviamente
nell'argo- mento del giorno (covid19 e contorno) e osserva che il
modello lombardo con cui si sta affrontando l'emergenza del morbo
coronato (geniale: coronavirus > morbo coronato:provare a dirlo a
chi ce l'ha…) sarebbe pregevole, quanto invece fu spregevole il modello
pugliese, allorché ci fu l'emergenza della xylella. E ricorda a tutti
le posizioni del Presidente della Regione, Emiliano: posizioni
simil-negazioniste, populiste e sentimentali di chi rema contro una
politica d'intervento seria ed efficace. Prosegue il custode
delLa Latrina di Nusquamia: È innegabile che Fontana in Lombardia, a
differenza di Emiliano in Puglia, non abbia minimizzato l'emergenza.
[sulla scia del capitano]. Anzi, è stato accusato di aver enfatizzato
il pericolo di contagio seriale, qualora non si fossero presi severi
provvedimenti di contenimento.[Qui ha parlato troppo presto: Fontana ha
paragonato il covid19 ad una influenza un po' più maligna di
quella tradizionale] Però sia Fontana sia Zaia avevano
ragione a chiedere provvedimenti drastici [però non dice quali] , oggi
lo possiamo dire in tutta tranquillità, anche se non esiste
dimostrazione che quei drastici provvedimenti sarebbero stati
sufficienti. Del resto, non esiste dimostrazione che i provvedimenti
che adesso si applicano ai cittadini italiani, e che non si vollero
applicare ai cittadini cinesi, siano efficaci. Cioè condivide l'idea di
provvedimenti drastici, non dice di che tipo e poi si
contraddice: non esiste dimostrazione che quei drastici provvedimenti
sarebbero stati sufficienti. Cioè prende per il culo il lettore oltre
che una normale intelligenza.
Da parte di uno che ha fatto il classico ed invoca ad ogni passo il
governo da parte di “persone e serie e competenti” sul tema della
sanità lombarda e veneta in mano da qualche lustro ai fascio leghisti
abbiamo risposto col pezzo qui sopra ricordando Bresso, Brescia e
Mantova, il Basso Sebino e adesso Codogno e Vò. Funziona tutto
bene finchè c'è la normalità e salta tutto per aria appena scoppia “il
caso”. Detto altrimenti: governano regioni che sono
importanti come le prime nazioni al mondo come fossero il comunello
dell'alta valle.
Quanto alla Xilella non saremo noi difensori di Emiliano ma forse
varrebbe la pena – la storia delle vacche scorreggione non gli ha
insegnato ad evitare le cazzate- che il custode delLa Latrina di
Nusquamia si informasse meglio. Scavalcati i Pirenei -anno 1990-
in Spagna abbiamo cominciato a rivedere degli uliveti che erano
abbastanza identici a quelli del nostro sud. Un salto di 40 anni in
avanti. Il 70% dell'olio spagnolo viene coltivato in oliveti del
tutto nuovi di proprietà in massima parte di 5-6 multinazionali
(Deoleo> Cargill, Dcoop >Pompeiano, Agromillora>
Investcorp> Baharain, Vianoleo, le c.d.coop spagnole dell'olio)
tutte di forte impronta politica agli inizi e poi finiti in buona parte
in mano a fondi arabi e tedeschi.
La produzione oleicola spagnola è dieci volte quella italiana. Spagna
Tunisia Marocco Turchia sono i principali produttori di olio (87% del
totale) attorno o prossimi al Mediterraneo ed anche il Coi (comitato
olivicolo internazionale: emanazione dell'ONU) é in mano agli
arabi e spagnoli con l'Italia messa alla porta. Se poi andiamo a vedere
nei dettagli scopriamo che mentre in Italia la produzione delle
barbatelle di olivo avviene secondo metodi tradizionali, in
Spagna le piantine di olivo sono (quasi) tutte brevettate, vale a dire
che provengono da un solo creatore: Agromillora per esempio.
I grandi oliveti spagnoli sono del tutto differenti da quelli italiani
ed anche l'olio spagnolo (e tunisino e marocchino), proprio
perché quegli oliveti vengono coltivati p.e. anche con l'irrigazione e
la raccolta è meccanica, si prevede dureranno al massimo vent'anni e
poi si dovranno estirpare e ripiantare in quanto gli alberi saranno
troppo grandi rispetto alle macchine da raccolta meccanica.
Ma la questione è soprattutto un'altra. L'ulivicultura spagnola non è
più in mano ai coltivatori ma dalla piantina alla bottiglia
dell'olio è tutto in mano ai genetisti, ai vivaisti di
fiducia, alla chimica, all'agroindustria, ai fondi di investimento.
Che è poi il disegno delle multinazionali di brevettare sementi e
piante in maniera da governare (a partire dagli USA in specie) e
controllare i mercati fondamentali per il benessere del'uomo.
Quale che sia la fine della storia della xilella, il disegno finale è
che anche in Puglia (e nel sud) tutti questi terreni espiantati per la
xilella saranno ceduti a prezzi vili alle multinazionali perché le
imprese agricole falliscono. I terreni investiti a olivo ricevono
almeno 1000 euro di aiuti UE per ettaro, e quand'anche il prezzo
dell'olio scenda a livello del puro costo di produzione renderanno
sempre ai padroni della terra. Terreni svenduti a prezzi vili finiscono
in mano a gruppi finanziari che li trasformeranno in uliveti
–portandosi dietro anche l'immagine della regione dove sono impiantati:
che è un gran valore aggiunto- come quelli che si vedono in Spagna
Turchia Marocco Israele. La xilella quindi ha dei padri ben
precisi: quelli che vogliono portare sotto il controllo delle
multinazionali e dei fondi comuni arabi e tedeschi un prodotto
alimentare fondamentale nel Mediterraneo e nel mondo realizzando
così anche in questo campo quello che già avviene per il frumento il
mais la soia. Scritto questo, Emiliano sarà pure un simpatico stronzo,
ma al sardAgnolo consiglio “ofele fa el to meste”.
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