A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1187 DEL 26FEBBRAIO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















LA LEGIONELLA DI BRESSO,LA POLMONITE DI BRESCIA,
LA MENIGITE DEL SEBINO, IL COVID19 DI CODOGNO:
LE ECCELLENZE DELLA SANITÀ LEGHISTA E LOMBARDA
DAL 2018 AL 2020
Cominciamo col 2018. Bresso (Milano), 26 settembre 2018 -
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Lasciando  nelle mani degli esperti le questioni più tecniche relative alle singole epidemie assieme alle inevitabili polemiche tra i tanti galli del pollaio a nostro avviso c'è   una sottovalutazione dei problemi ambientali delle zone in cui sono scoppiate le crisi. Mescolare le merci, le persone, i tempi in spazi ristetti e velocemente tutte e tutto accumunato dal fatto che sostanzialmente civiltà di identico sviluppo sono sostanzialmente anche molto simili per altri versi crea ed ha creato delle situazioni che poi generano Bresso, Brescia, il Basso Sebino e adesso Codogno Nembro assimilando un pezzo d'Italia ad una Cina dove si fabbricano e da dove compriamo gli oled da 75 pollici e gli iphone da 1200 euro. Poi leggiamo lavatevi spesso le mani per almeno  un minuto con un buon sapone o gocce di alcol ma leggiamo anche che sulle superfici in genere il covid19 resiste poco o nulla salvo constatare che i nostri bus treni e perfino le maniglie degli spazi pubblici sono neri di rutto. Leggasi: letame.

Adesso  avanza tra le polemiche partitiche l'idea di ricondurre in ambito nazionale certe direzioni in ordine alla sanità di interesse internazionale. La scoperta dell'acqua calda che non approderà  a nulla dal momento che quella mangiatoia che è la sanità nazionale nessuno –ne la politica ne le imprese, vogliono mollare. La buona sanità nazionale è una versione buona e meno sfacciata di quella che era la sanità di Formigoni o quella del pretone del S. Raffaele o quella delle cliniche Maugeri. Funziona bene finchè mangiano tutti  ma quando scoppia un'emergenza il primo problema  resta quello di spartirsi la torta che ne deriverà.

IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA
TRA IL FIGLIO DI MUSSOLINI E LA XYLELLA DI EMILIANO
E UN FILO DI GIOVANNA MEZZOGIORNO
Passando con leggerezza dalla ricerca di un filmato sui quei poveri milanesi (facile immaginare il perché) che rifiutano l'ospitalità nei centri di accoglienza notturna ad un tipo di argomento che gli preme di più com'è il nasare nella storiaccia del figlio sfigato del duce, il custode delLa Latrina di Nusquamia, uno che ha fatto il classico in un (ex) liceo di preti che pure ha annoverato nella sua superba carriera professionale, da perfetto “sinistro” anche quella di essere stato il portavoce di una giunta fascio leghista, il nostro approda ovviamente nell'argo- mento del giorno (covid19 e contorno) e osserva che il modello lombardo con cui si sta affrontando l'emergenza del morbo coronato (geniale: coronavirus > morbo coronato:provare a dirlo a chi ce l'ha…) sarebbe pregevole, quanto invece fu spregevole il modello pugliese, allorché ci fu l'emergenza della xylella. E ricorda a tutti le posizioni del Presidente della Regione, Emiliano: posizioni simil-negazioniste, populiste e sentimentali di chi rema contro una politica d'intervento seria ed efficace. Prosegue il  custode delLa Latrina di Nusquamia: È innegabile che Fontana in Lombardia, a differenza di Emiliano in Puglia, non abbia minimizzato l'emergenza. [sulla scia del capitano]. Anzi, è stato accusato di aver enfatizzato il pericolo di contagio seriale, qualora non si fossero presi severi provvedimenti di contenimento.[Qui ha parlato troppo presto: Fontana ha paragonato il covid19 ad una influenza un po' più maligna di quella  tradizionale]  Però sia Fontana sia Zaia avevano ragione a chiedere provvedimenti drastici [però non dice quali] , oggi lo possiamo dire in tutta tranquillità, anche se non esiste dimostrazione che quei drastici provvedimenti sarebbero stati sufficienti. Del resto, non esiste dimostrazione che i provvedimenti che adesso si applicano ai cittadini italiani, e che non si vollero applicare ai cittadini cinesi, siano efficaci. Cioè condivide l'idea di provvedimenti drastici, non dice  di che tipo e poi si contraddice: non esiste dimostrazione che quei drastici provvedimenti sarebbero stati sufficienti. Cioè prende per il culo il lettore oltre che una normale intelligenza.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!






















BOTTO ALTO DI ARDESIO






LO STRAMATICO A NESE




TRASPORTATORE
DI SABBIA A TORRE DE BUSI


































































































































































































LA LEGIONELLA DI BRESSO,LA POLMONITE DI BRESCIA,
LA MENIGITE DEL SEBINO, IL COVID19 DI CODOGNO:
LE ECCELLENZE DELLA SANITÀ LEGHISTA E LOMBARDA
DAL 2018 AL 2020
Cominciamo col 2018. Bresso (Milano), 26 settembre 2018 - L'Ats di Milano ha chiuso le indagini sui casi di legionella che si sono verificati a Bresso lo scorso mese di luglio e che hanno causato il decesso di 5 persone e il contagio di altre 47. I dati sono stati presentati dall'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, dal direttore generale dell'Ats di Milano, Marco Bosio e dal sindaco di Bresso, Simone Cairo."A Bresso - ha detto Gallera - è stato fatto un grande lavoro grazie ad una stretta collaborazione tra Regione Lombardia, il Comune e l'ATS Milano. Sono state mobilitate oltre 70 persone, una task forse che ha indagato 101 siti per un totale di 598 campioni sottoposti ad analisi. Purtroppo non si è arrivati a stabilire quale sia l'unica fonte di contagio dei 52 casi di legionella. L'inchiesta portata avanti da ATS Milano - ha spiegato Gallera - ci ha permesso di escludere il coinvolgimento sia dell'acque dotto sia delle reti idriche interne alle abitazioni. L'evento è stato probabilmente causato dalla dispersione aerea del batterio favorita da fenomeni atmosferici straordinari, come per esempio una bomba d'acqua. Non si può escludere che qualche caso sporadico possa essere stato causato dall'acqua contaminata della fontana Mappamondo, ma non è ipotizzabile che questa possa essere l'unica causa dei 52 casi esaminati".

Passiamo al 2019. Brescia, 15 settembre 2019 - Si concluderà a fine mese il censimento delle torri di raffreddamento nel Bresciano. I sindaci dovranno inviare i dati ad Ats, che, nel frattempo, ha già avviato i campionamenti anti-legionella sugli impianti. Merito della legge regionale che è scaturita dall'epidemia di polmonite e legionella scoppiato lo scorso anno nel Bresciano lungo l'asse del Chiese. Ad un anno dall'inizio del caso, il bilancio è ormai definitivo e parla di 35 positività a legionella e 4 decessi legati al batterio nei 7 comuni della zona rossa (Acquafredda, Visano, Remedello, Calvisano, Carpenedolo, Isorella, Montichiari). Molti di più i casi complessivi di polmonite: 878 gli accessi al Pronto Soccorso di tutta la provincia dai primi di settembre al 18 ottobre e 105 casi di legionella identificati in tutta la provincia.

Ancora Brescia:“una nube batteriologica dispersa nell'aria dalle torri di raffreddamento delle aziende, provocata a quanto pare dal “brodo” del fiume Chiese in secca e scatenata dalle bollenti temperature della scorsa estate: sarebbe questa la probabile causa dell'epidemia di legionella e polmonite batterica che solo pochi mesi fa tra le province di Brescia e di Mantova ha causato ben sette morti e addirittura un migliaio di contagiati.“
L'onda batteriologica che ha infettato quasi mille persone provocando almeno sette morti nell'enclave di confine compresa tra la Bassa Orientale e la provincia di Mantova è stata innescata dal Chiese e amplificata dalle torri di raffreddamento delle aziende che inconsapevolmente hanno alimentato i propri impianti con l'acqua prelevata dal fiume e dalla sua rete di affluenti. Quello che fin'ora era solo un sospetto sta trovando prove scientifiche nella ricerca condotta sotto l'egida del ministero della Salute dall'Istituto superiore di sanità. Il complesso incrocio dei dati sui pazienti e sulla natura dei batteri isolati ha messo a fuoco un comun denominatore nelle forme di polmonite batterica e legionella registrate da settembre a dicembre dello scorso anno.

Arriviamo a gennaio  2000. Sei casi di meningite in poco più di un mese e purtroppo due morti hanno portato a interventi straordinari da parte di Regione Lombardia e dell'Ats di Bergamo: una concentrazione anomala che, nella zona del Basso Sebino. Cinque giorni or sono  erano già 30mila i cittadini vaccinati contro in meningococco di tipo C tra la Bergamasca e il Bresciano. Il dato emerge dall'ultimo bollettino emesso da Regione Lombardia con i dati provenienti da Ats Bergamo e Ats Brescia. Una campagna vaccinale imponente che sta arrivando, giorno dopo giorno, all'obiettivo prefissato: vaccinare 40mila persone.

Bresso, 5 morti  e 47 infezioni.
Brescia, 4 morti e 37 infezioni.
Ancora Brescia e Mantova, 7 morti e un migliaio di infezioni.
Codogno-Nembro, 11 morti e 325 contagiati (un solo morto in Veneto).

Prendiamo pure per buone le due ragioni per cui la Lombardia per il suo peso economico nel contesto internazionale è la Regione con la maggiore mobilità interna e internazionale della sua gente e verso di  essa. I report economici arrivati sul tavolo del governo sono prevedono una nuova recessione e ricordano che le province colpite (Pavia, Lodi, Cremona e Milano) valgono il 12% del pil italiano e il 2% di quello dell'eurozona. Nella sol zona rossa ci sono 63 aziende medio grandi, senza contare negozi ed esercizi commerciali, con oltre 4000 occupati e 1,7 miliardi di fatturato nel 2019.

Prendiamo pure per buona la spiegazione data dei medici dell'ospedale di Codogno: abbiamo applicato protocolli e direttive di Istituto superiore di sanità, Oms e ministero della Salute. Nessuno di loro avrebbe suggerito tampone e isolamento per un italiano con i sintomi classici dell'influenza, non reduce dalla Cina e che non dichiara contatti con persone provenienti da là. Appena il quadro è cambiato, il protocollo è stato seguito. Il contagio purtroppo era già esploso da giorni, al punto da costringerci a chiudere il reparto.

Prendiamo  pure per buona la raccomandazione del PdC Conte alla RAI: da Palazzo Chigi ieri è partita una telefonata verso l'ad della Rai Fabrizio Salini con l'invito a “raffreddare” l'informazione sul coronavirus. E alle 12 del25 febbraio, a viale Mazzini, sono stati convocati i direttori di rete e di testata con indicazioni precise: la prima preoccupazione resta la salute dei cittadini, ma proprio per questo le informazioni vanno date in modo corretto. Senza allarmismi non solo nei tg, ma anche nei talk e nei programmi contenitore. La conseguenza sarà una drastica riduzione dei minuti, e degli ospiti in studio, dedicati alla diffusione del virus e dei contagi. Ma non solo la RAI ma anche il resto delle TV ormai si sono specializzate nel riempire giornate e giornate di notizie  quasi sempre identiche dove c'è sempre  “il palazzo” mentre i cittadini sono ridotti e pure comparse a fare colore o protestare casino. Il paese reale non c'è, c'è solo il casino.

Aggiungiamoci la gaffe  (chiamala gaffe…!) del PdC Conte nei confronti dei medici di Codogno  mentre dimentica la cazzata mastodontica del suo  ministro degli esteri –il bibitaro DiMaio- che ha interrotto SOLO le comunicazioni dirette Italia-Cina senza nemmeno sapere rendersi conto che… tutte le strade da Roma portano in Cina e viceversa. Compresi quei funzionari del dicastero che pure loro non sapevano.

Alla fine di questa enorme fiera resta la solitudine dei cittadini i quali hanno ormai compreso che di covid 19 purtroppo ci lasciano la pelle solo gli anziani già malmessi in salute, che gli ospedali sono inutilmente intasati, che non si sa come organizzarsi visto che nessuno sa quanto durerà la reclusione. Nel cuore del focolaio la gente, oltre che sacrificata, è abbandonata. Una mascherina costa 8 euro, se si trova. Non abbiamo più un pronto soccorso. Gli anziani stanno ore in coda al freddo per fare la spesa, prima di scoprire che gli alimenti sono finiti». A centinaia raggiungono così gli accessi sigillati alla zona rossa. Qui parenti e amici, dall'esterno, lasciano sulla strada generi di prima necessità. «In queste condizioni — dicono — non possiamo resistere a lungo. Pretendiamo che lo Stato rispetti anche i nostri diritti distribuendoci l'indispensabile per vivere segregati, salvando gli altri».

 Sono ormai tre anni che la sanità lombarda mentre risulta (quasi) eccellente per l'ordinaria amministrazione in realtà non è ancora all'altezza di essere la sanità  non di un paesino sperduto nel mondo ma in uno dei gangli vitali del pianeta.
L'allarme doveva già scattare nel 2018 quando ci furono gli episodi di legionella a Bresso: sostanzialmente  ne la regione ne lo stato individuarono l'origine dell'infezione e…meno male ch è passata abbastanza alla svelta.
Ed a cascata ci sono stati Brescia, il Basso Sebino e adesso Codogno- Nembro.
E Vò che pure essendo veneto sta in una zona del tutto simile a quella lombarda come importanza  economica e strategica a livello europeo e internazionale.

Lasciando  nelle mani degli esperti le questioni più tecniche relative alle singole epidemie assieme alle inevitabili polemiche tra i tanti galli del pollaio a nostro avviso c'è   una sottovalutazione dei problemi ambientali delle zone in cui sono scoppiate le crisi. Mescolare le merci, le persone, i tempi in spazi ristetti e velocemente tutte e tutto accumunato dal fatto che sostanzialmente civiltà di identico sviluppo sono sostanzialmente anche molto simili per altri versi crea ed ha creato delle situazioni che poi generano Bresso, Brescia, il Basso Sebino e adesso Codogno Nembro assimilando un pezzo d'Italia ad una Cina dove si fabbricano e da dove compriamo gli oled da 75 pollici e gli iphone da 1200 euro. Poi leggiamo lavatevi spesso le mani per almeno  un minuto con un buon sapone o gocce di alcol ma leggiamo anche che sulle superfici in genere il covid19 resiste poco o nulla salvo constatare che i nostri bus treni e perfino le maniglie degli spazi pubblici sono neri di rutto. Leggasi: letame.

Adesso  avanza tra le polemiche partitiche l'idea di ricondurre in ambito nazionale certe direzioni in ordine alla sanità di interesse internazionale. La scoperta dell'acqua calda che non approderà  a nulla dal momento che quella mangiatoia che è la sanità nazionale nessuno –ne la politica ne le imprese, vogliono mollare. La buona sanità nazionale è una versione buona e meno sfacciata di quella che era la sanità di Formigoni o quella del pretone del S. Raffaele o quella delle cliniche Maugeri. Funziona bene finchè mangiano tutti  ma quando scoppia un'emergenza il primo problema  resta quello di spartirsi la torta che ne deriverà.

IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA
TRA IL FIGLIO DI MUSSOLINI E LA XYLELLA DI EMILIANO
E UN FILO DI GIOVANNA MEZZOGIORNO

Passando con leggerezza dalla ricerca di un filmato sui quei poveri milanesi (facile immaginare il perché) che rifiutano l'ospitalità nei centri di accoglienza notturna ad un tipo di argomento che gli preme di più com'è il nasare nella storiaccia del figlio sfigato del duce, il custode delLa Latrina di Nusquamia, uno che ha fatto il classico in un (ex) liceo di preti che pure ha annoverato nella sua superba carriera professionale, da perfetto “sinistro” anche quella di essere stato il portavoce di una giunta fascio leghista, il nostro approda ovviamente nell'argo- mento del giorno (covid19 e contorno) e osserva che il modello lombardo con cui si sta affrontando l'emergenza del morbo coronato (geniale: coronavirus > morbo coronato:provare a dirlo a chi ce l'ha…) sarebbe pregevole, quanto invece fu spregevole il modello pugliese, allorché ci fu l'emergenza della xylella. E ricorda a tutti le posizioni del Presidente della Regione, Emiliano: posizioni simil-negazioniste, populiste e sentimentali di chi rema contro una politica d'intervento seria ed efficace. Prosegue il  custode delLa Latrina di Nusquamia: È innegabile che Fontana in Lombardia, a differenza di Emiliano in Puglia, non abbia minimizzato l'emergenza. [sulla scia del capitano]. Anzi, è stato accusato di aver enfatizzato il pericolo di contagio seriale, qualora non si fossero presi severi provvedimenti di contenimento.[Qui ha parlato troppo presto: Fontana ha paragonato il covid19 ad una influenza un po' più maligna di quella  tradizionale]  Però sia Fontana sia Zaia avevano ragione a chiedere provvedimenti drastici [però non dice quali] , oggi lo possiamo dire in tutta tranquillità, anche se non esiste dimostrazione che quei drastici provvedimenti sarebbero stati sufficienti. Del resto, non esiste dimostrazione che i provvedimenti che adesso si applicano ai cittadini italiani, e che non si vollero applicare ai cittadini cinesi, siano efficaci. Cioè condivide l'idea di provvedimenti drastici, non dice  di che tipo e poi si contraddice: non esiste dimostrazione che quei drastici provvedimenti sarebbero stati sufficienti. Cioè prende per il culo il lettore oltre che una normale intelligenza.
Da parte di uno che ha fatto il classico ed invoca ad ogni passo il governo da parte di “persone e serie e competenti” sul tema della sanità lombarda e veneta in mano da qualche lustro ai fascio leghisti abbiamo risposto col pezzo qui sopra ricordando Bresso, Brescia e Mantova, il Basso Sebino e  adesso Codogno e Vò. Funziona tutto bene finchè c'è la normalità e salta tutto per aria appena scoppia “il caso”. Detto altrimenti: governano   regioni che sono importanti come le prime nazioni al mondo come fossero il comunello dell'alta valle.

Quanto alla Xilella non saremo noi difensori di Emiliano ma forse  varrebbe la pena – la storia delle vacche scorreggione non gli ha insegnato ad evitare le cazzate-  che il custode delLa Latrina di Nusquamia si informasse meglio. Scavalcati i Pirenei  -anno 1990- in Spagna abbiamo cominciato a  rivedere degli uliveti che erano abbastanza identici a quelli del nostro sud. Un salto di 40 anni in avanti. Il 70% dell'olio spagnolo viene coltivato in oliveti  del tutto nuovi di proprietà in massima parte di 5-6 multinazionali (Deoleo> Cargill, Dcoop >Pompeiano, Agromillora> Investcorp> Baharain, Vianoleo, le c.d.coop spagnole dell'olio) tutte di forte impronta politica agli inizi e poi finiti in buona parte in mano a fondi arabi e tedeschi.

La produzione oleicola spagnola è dieci volte quella italiana. Spagna Tunisia Marocco Turchia sono i principali produttori di olio (87% del totale) attorno o prossimi al Mediterraneo ed anche il Coi (comitato olivicolo internazionale: emanazione dell'ONU) é in mano  agli arabi e spagnoli con l'Italia messa alla porta. Se poi andiamo a vedere nei dettagli scopriamo che mentre in Italia la produzione delle barbatelle di olivo avviene secondo metodi  tradizionali, in Spagna le piantine di olivo sono (quasi) tutte brevettate, vale a dire che provengono da un solo creatore: Agromillora per esempio.
I grandi oliveti spagnoli sono del tutto differenti da quelli italiani ed anche l'olio spagnolo (e tunisino e  marocchino), proprio perché quegli oliveti vengono coltivati p.e. anche con l'irrigazione e la raccolta è meccanica, si prevede dureranno al massimo vent'anni e poi si dovranno estirpare e ripiantare in quanto gli alberi saranno troppo grandi rispetto alle macchine da raccolta meccanica.
Ma la questione è soprattutto un'altra. L'ulivicultura spagnola non è più in mano ai coltivatori ma dalla piantina alla bottiglia dell'olio  è tutto in mano ai genetisti, ai vivaisti  di fiducia, alla chimica, all'agroindustria, ai fondi di investimento.
Che è poi il disegno delle multinazionali di brevettare sementi e piante in maniera da governare (a partire dagli USA in specie) e controllare i mercati  fondamentali per il benessere del'uomo.

Quale che sia la fine della storia della xilella, il disegno finale è che anche in Puglia (e nel sud) tutti questi terreni espiantati per la xilella saranno ceduti a prezzi vili alle multinazionali perché le imprese agricole falliscono. I terreni investiti a olivo  ricevono almeno 1000 euro di aiuti UE per ettaro, e quand'anche il prezzo dell'olio scenda a livello del puro costo di produzione renderanno sempre ai padroni della terra. Terreni svenduti a prezzi vili finiscono in mano a gruppi finanziari che li trasformeranno in uliveti –portandosi dietro anche l'immagine della regione dove sono impiantati: che è un gran valore aggiunto- come quelli che si vedono in Spagna Turchia Marocco  Israele.  La xilella quindi ha dei padri ben precisi: quelli che vogliono portare sotto il controllo delle multinazionali e dei fondi comuni arabi e tedeschi un prodotto alimentare fondamentale  nel Mediterraneo e nel mondo realizzando così anche in questo campo quello che già avviene per il frumento il mais la soia. Scritto questo, Emiliano sarà pure un simpatico stronzo, ma al sardAgnolo consiglio “ofele fa el to meste”.