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LA CONFERENZA DI BERLINO MERITEREBBE
UN TRATTAMENTO «A LA QUASEM SOLEIMANI»
La circonferenza del tavolo della Conferenza di Berlino sul futuro
della Libia aumenta ad ogni ora che passa. Alla conferenza di Berlino
parteciperanno i rappresentanti di Algeria, Cina, Egitto, Emirati Arabi
Uniti, Francia, Italia, Regno Unito, Repubblica del Congo, Russia,
Stati Uniti e Turchia; così come quelli della Lega Araba, Nazioni
Unite, Unione Africana e Unione Europea. Saranno inoltre presenti Fayez
Al-Serraj, presidente del consiglio presidenziale e primo ministro del
governo di accordo nazionale (GNA) riconosciuto dall’ONU, e Khalifa
Haftar, leader dell’esercito nazionale libico (LNA) e uomo forte della
camera dei rappresentanti di Tobruk.
Brutta gente in massima parte se non tutta, proprio tutta.
Sono dei lupi affamati che vogliono mettere le mani sulle risorse
energetiche e strategiche di questo piccolo Paese quelli elencati:
tutti quelli che siederanno attorno a quella tavola imbandita delle
ricchezze libiche hanno una popolazione ed un benessere largamente
quando non immensamente superiori a quello dei libici.
(...)
NEL PAESE BELLO DI VIVERE MAGGIORANZA E MINORANZA
UNITE NELLA LOTTA: NON VEDO, NON PARLO, NON SENTO
La Curno assegna 9 consiglieri alla maggioranza (Vivere Curno) e 4 alle
minoranze. Che sono due: quelli di Forza Italia (la Lega non ha fatto
eleggere nessuno dei suoi) e la fascio femminista meloniana. La
maggioranza governa secondo il criterio della democratura, e per
capirlo basta assistere a una seduta del consiglio comunale oppure
leggere il sottotesto dell’articolo di Prima Bergamo. Quattro a nove in
questa situazione è una battaglia persa anche se l’ombro sità del
capogruppo Giovanni Locatelli (geometra libero professionista ex
Quarenghi) forzista unitamente alla giulività incazzosa della fascio
femminista Carrara (sellout-formazione nel settore del Lusso: boh? )
risultano alla fine una minestra riscaldata ennemila volte: un frullato
di inutilità.
Una buona minoranza costituisce un buon biglietto da visita per il
governo successivo e gli attuali quattro della minoranza sono
tutt’altro che dei neofiti. Locatelli e Carrara sono stati assessori
nella mitica giunta Gandolfi, quello che modestamente si autodefiniva
–risate a spancia pelle- “sindaco del buongoverno”. Poi c’è anche
Cavagna (Paolo: termotecnico ex ITIS) che è in consiglio da due
consiliature ed infine c’è Francesca Bugini (ex IEO) che –se non
abbiamo sentito male- ha alle spalle una presenza nel comitato genitori
della scuola. Tutt’altro che neofiti.
(...)
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PDF: 10,3 Mb
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LA CONFERENZA DI BERLINO MERITEREBBE
UN TRATTAMENTO «A LA QUASEM SOLEIMANI»
La circonferenza del tavolo della Conferenza di Berlino sul futuro
della Libia aumenta ad ogni ora che passa. Alla conferenza di Berlino
parteciperanno i rappresentanti di Algeria, Cina, Egitto, Emirati Arabi
Uniti, Francia, Italia, Regno Unito, Repubblica del Congo, Russia,
Stati Uniti e Turchia; così come quelli della Lega Araba, Nazioni
Unite, Unione Africana e Unione Europea. Saranno inoltre presenti Fayez
Al-Serraj, presidente del consiglio presidenziale e primo ministro del
governo di accordo nazionale (GNA) riconosciuto dall’ONU, e Khalifa
Haftar, leader dell’esercito nazionale libico (LNA) e uomo forte della
camera dei rappresentanti di Tobruk.
Brutta gente in massima parte se non tutta, proprio tutta.
Sono dei lupi affamati che vogliono mettere le mani sulle risorse
energetiche e strategiche di questo piccolo Paese quelli elencati:
tutti quelli che siederanno attorno a quella tavola imbandita delle
ricchezze libiche hanno una popolazione ed un benessere largamente
quando non immensamente superiori a quello dei libici.
E in questa ennesima tragedia mondiale pure noi italiani speriamo di
ritagliarci i nostri due angolini. Uno –quello davvero necessario!- per
l’ENI e l’altro per fare la solita figura delle crocerossine cui non si
degnano neppure di spararci (meno male!) talmente ci giudichino
coglioni.
Recep Tayyip Erdoğan presidente della Turchia ha scritto indirettamente
una letterina via POLITICO ai cagasotto dell’Ue ed all’Italia in primis.
All’UE: Per uno, il potenziale fallimento dell'Unione Europea nel
supportare adeguatamente il Governo di Accordo Nazionale della Libia
sarebbe un tradimento dei suoi valori fondamentali, inclusi democrazia
e diritti umani. Lasciare la Libia in balia di un signore della guerra
sarebbe un errore di proporzioni storiche. Inoltre, l'Europa dovrà
affrontare una nuova serie di problemi e minacce se il governo
legittimo della Libia dovesse cadere.
E in secondo all’Italia ed all’UE: Organizzazioni terroristiche come
ISIS e Al Qaeda, che hanno subito una sconfitta militare in Siria e
Iraq, troveranno un terreno fertile per rimettersi in piedi. In
effetti, alcuni gruppi che condividono ampiamente l'ideologia di quelle
organizzazioni terroristiche, tra cui i Madkhali-Salafis , stanno
combattendo al fianco di Haftar. Se il conflitto infuria, la violenza e
l'instabilità alimenteranno anche la migrazione irregolare verso
l'Europa.
Poi torna a pizzicare l’UE: “la guerra civile libica funge da
cartina di tornasole per l'UE. I leader europei sosterranno l'ordine
mondiale liberale di fronte a un altro attacco? O rinunceranno alle
loro responsabilità, come hanno fatto in Siria, per guardare la crisi
svolgersi a margine? Tenendo presente che l'Europa è meno interessata a
fornire sostegno militare alla Libia, la scelta ovvia è quella di
lavorare con la Turchia, che ha già promesso assistenza militare .
La Turchia sostiene pienamente il governo legittimo sostenuto dalle
Nazioni Unite. In base ai più recenti accordi di sicurezza e
cooperazione militare, ci siamo impegnati a proteggere il governo
libico dai complottatori. A questo proposito, formeremo le forze di
sicurezza della Libia e le aiuteremo a combattere il terrorismo, la
tratta di esseri umani e altre gravi minacce alla sicurezza
internazionale.
L'Europa si trova ad un bivio. E in questo storico incrocio, coloro che
lavorano per la pace devono essere coraggiosi e fare tutto ciò che è in
loro potere per porre fine alla violenza. L'Europa può contare sulla
Turchia - un vecchio amico e fedele alleato - per raggiungere questo
obiettivo.
All’idea stessa che a Berlino gli stati (dietro la NATO) che col
bombardamento del regime e l’ammazzamento di Mu’ammar Gheddafi
siano quelli che vogliono stabilizzare la pseudo democrazia
bipolare della Libia non ci crede nessuno tranne quelli che –un
classico dello spirito occidentale- hanno nella propria genetica
un’idea imperialista e razzista dei rapporti tra Paesi.
Recep Tayyip Erdoğan conosce troppo bene la paura pazzesca che
alligna nell’UE verso il terrorismo e quindi “basta la minaccia”
per metterli al muro e può scrivere tranquillamente le sue due minacce:
organizzazioni terroristiche come ISIS e Al Qaeda, che hanno subito una
sconfitta militare in Siria e Iraq, troveranno un terreno fertile per
rimettersi in piedi.
In effetti, alcuni gruppi che condividono ampiamente l'ideologia di
quelle organizzazioni terroristiche, tra cui i Madkhali-Salafis ,
stanno combattendo al fianco di Haftar. Se il conflitto infuria, la
violenza e l'instabilità alimenteranno anche la migrazione irregolare
verso l'Europa.
L’UE proprio per la sua posizione fisica e la sua storia coloniale sarà
sempre esposta qualche episodio di terrorismo e come s’è visto finora,
in massima parte i terroristi che hanno operato in UE non venivano dal
mare o dai paesi del MENA e contorno ma erano spesso nati e cresciuti
proprio in UE. I pochi episodi di terrorismo che ha subito l’UE questa
proprio non riesce a prenderli come “danni collaterali” delle guerra e
del saccheggio delle risorse energetiche e dei danni che la NATO ha
compiuto contro il Medio Oriente e il mondo arabo in generale. Basti
pensare all’Afganistan dove la guerra dell’Occidente -NATO dura (20
anni meno uno: finora) quasi come quella degli USA in Vietnam (20 anni).
La Russia rivendica un ruolo da mediatore indipendente e vero
pacificatore nel conflitto. Ha sempre sostenuto di non aver particolari
interessi in Libia, e di voler mantenere contatti con tutte le parti in
causa al solo fine di promuovere la pace. In realtà è interessata
eccome. Ha forti motivi economici per voler consolidare le sue
posizioni.
La Libia ha le maggiori riserve provate di greggio del continente
africano. Nel 2017, il gigante degli idrocarburi Rosneft, controllato
dal Cremlino, ha firmato un accordo di esplorazione e produzione con la
società petrolifera nazionale libica (Noc). Nel dicembre 2019, un’altra
compagnia russa, la Tatneft ha ripreso le sue attività di esplorazione
nel Paese, interrotte nel 2011 alla caduta del regime di Muammar
Gheddafi. Mosca vorrebbe ripristinare almeno una parte dei contratti
multimiliardari a suo tempo siglati con la Libia del colonnello. E poi
ci sono i motivi geopolitici. I porti sul Mediterraneo sono
logisticamente preziosi per le rinnovate
ambizioni africane del Cremlino, esplicitate nella conferenza
Russia-Africa di Sochi dell’ottobre scorso. Senza contare il peso che
avrebbe nei rapporti con i Paesi Ue una stabile influenza sulle coste
da cui, oltre che gas e petrolio, partono i flussi migratori. Un
aspetto che la nostra diplomazia dovrà considerare con cura.
Varrebbe davvero la pena che la conferenza di Berlino di domenica 19
gennaio venisse trattata “a la Qasem Soleimani” perché solo eliminando
fisicamente la maggior parte dei responsabili occidentali del caos
medio orientale la NATO e l’Occidente in generale capirebbero meglio il
proprio destino.
Invece gli ipocriti dicono che la conferenza di Berlino ha
l’ambizione di spingere gli attori internazionali ad assumere un ruolo
diverso, ossia quello dei facilitatori di una soluzione negoziale. Gli
stati coinvolti dovrebbero perciò accordarsi per convincere Al-Serraj e
Haftar a mantenere l’accordo sul cessate il fuoco. Le negoziazioni
puntano inoltre a creare le condizioni per un dialogo complessivo tra i
principali attori locali libici sui temi centrali per il paese.
Traduzione: la guerra impedisce una più puntuale rapina delle ricchezze
libiche e di contralto la NOC può distribuire meno risorse alla
popolazione e quindi non può garantire il mantenimento di una low linea
di guerra.
In linea del tutto formale –come s’è sempre detto finora- Ankara gioca
ormai da diversi anni un ruolo speculare a quello saudita ed emiratino
all’interno dei nuovi equilibri del Medio Oriente. Il governo di Recep
Tayyip Erdogan è infatti assurto, insieme al Qatar, a principale
sponsor dei movimenti afferenti all’Islam politico (perlopiù vicino
alla Fratellanza Musulmana) nella regione. L’intervento a favore di
Al-Serraj è quindi spiegabile, almeno in parte, con la affinità
ideologica che lega il governo turco e alcune milizie che lo
sostengono.
In realtà il Mediterraneo orientale negli ultimi dieci anno s’è
rivelato essere il bacino energetico mondiale di tale grandezza e
importanza –per la vicinanza ai paesi consumatori e per i padrini di
quei tratti di mare- per cui oggi è necessario aggiungere anche
motivazioni più contingenti legate ad altre partite geopolitiche che
Ankara sta attualmente giocando in altri quadranti, a cominciare dalla
disputa sullo sfruttamento dei giacimenti di gas del Mediterraneo
orientale, che la vedono contrapposta ad alcuni paesi europei e della
regione.
Ankara ha compreso che oggi nel Mediterraneo può avere un ruolo
“energetico” pari se non maggiore di paesi come Libia, Egitto Israele
Cipro. Cosa impensabili quando venne abbattuto Mu ammar Gheddafi.
Al centro di tale disputa vi sono i diritti di sfruttamento dei
giacimenti al largo di Cipro. In buona parte Ankara li reclama per sé
applicando un principio secondo il quale la Turchia avrebbe il diritto
di sfruttamento su tutti i giacimenti posti all’interno della sua
piattaforma continentale. Tale interpretazione non è però riconosciuta
dal diritto internazionale, il quale pone gran parte dei giacimenti
nell’area all’interno delle acquee territoriali di Cipro.
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NEL PAESE BELLO DI VIVERE MAGGIORANZA E MINORANZA
UNITE NELLA LOTTA: NON VEDO, NON PARLO, NON SENTO
La Curno assegna 9 consiglieri alla maggioranza (Vivere Curno) e 4 alle
minoranze. Che sono due: quelli di Forza Italia (la Lega non ha fatto
eleggere nessuno dei suoi) e la fascio femminista meloniana. La
maggioranza governa secondo il criterio della democratura, e per
capirlo basta assistere a una seduta del consiglio comunale oppure
leggere il sottotesto dell’articolo di Prima Bergamo. Quattro a nove in
questa situazione è una battaglia persa anche se l’ombro sità del
capogruppo Giovanni Locatelli (geometra libero professionista ex
Quarenghi) forzista unitamente alla giulività incazzosa della fascio
femminista Carrara (sellout-formazione nel settore del Lusso:
boh? ) risultano alla fine una minestra riscaldata ennemila volte: un
frullato di inutilità.
Una buona minoranza costituisce un buon biglietto da visita per
il governo successivo e gli attuali quattro della minoranza sono
tutt’altro che dei neofiti. Locatelli e Carrara sono stati assessori
nella mitica giunta Gandolfi, quello che modestamente si autodefiniva
–risate a spancia pelle- “sindaco del buongoverno”. Poi c’è anche
Cavagna (Paolo: termotecnico ex ITIS) che è in consiglio da
due consiliature ed infine c’è Francesca Bugini (ex IEO) che –se
non abbiamo sentito male- ha alle spalle una presenza nel comitato
genitori della scuola. Tutt’altro che neofiti.
Poi vai a leggere le interpellanze che fanno o ascolti i ragionamenti
attorno ai temi in discussione in consiglio e ti rendi conto che oltre
l’asfalto sconnesso dalle radici di un pino marittimo in via DeAmicis o
l’utilità del temporizzatore nel parcheggio pubblico di Piazza della
Chiesa e la sua pulizia, proprio non riescono ad andare.
Idem per la storia del fondo sconnesso nel parcheggio di
via DeAmicis per demerito delle poderose radici dei pini
marittimi piantati mezzo secolo or sono dalla democrazia cristiana e da
una vivaista immigrato a Curno da San Pellegrino. Non so se capite la
finezza socio culturale dell’operazione (oltre che clientelare):
scoppiava (50 anni oro sono) il boom economico, tutti in Versilia al
mare, scoperta dei pini marittimi, basso costo e veloce
accrescimento ed eccoli piazzati in via DeAmicis piuttosto che via
Buelli e un po’ dappertutto. Nessuno aveva avvisato il vivaista
montanaro e nemmeno il sindaco mastro falegname dicci che quelle
piante si accontentavano di poca acqua e bastava quella che
pioveva o scorreva in strada: ragion per cui le loro radici stavano
tutte appena appena interrate. Col risultato di divellere la
pavimentazione.
Alla quaterna di minoranza non importa – forse si tratta di un
indiretto conflitto di interessi visto la scuola che hanno
frequentato e il lavoro che fanno- che a Curno la nuova
Rodari (ormai vecchia di vent’anni: però) oppure la costruendo
neopalestra costino al metro quadrato di più del costo di una
lussuosissima villetta a schiera in paese. Strano che i quattro
pur essendo del mestiere – edilizia ed assimilati- non sappiano
che chi vende la villetta a schiera ha dovuto pagare il terreno e gli
oneri e gli interessi sul capitale investito.
Fuori dubbio che ai quattro il vigente Codice degli Appalti vada
benissimo visto l’arbitrarietà che attribuisce in nome della sveltezza
ai dirigenti degli uffici la scelta delle ditte cui chiedere
l’’offerta. Si allarga la maglia, aumentano le occasioni di lavoro.
Come si leggeva ieri: “Investimenti, nel 2019 su del 40% il
valore delle gare d’appalto. I costruttori: “Spesa dei Comuni
salita del 16% in dieci mesi”. Come facevano presagire i dati di metà
anno, il 2019 ha visto ripartire a pieno ritmo la macchina degli
appalti. Con una fortissima accelerazione sia per le opere di valore
superiore ai 50 milioni sia per quelle più piccole affidate dai Comuni,
che finora erano risultati più lenti della media nel portare a termine
l’iter di realizzazione dei lavori. I dati sono stati diffusi nei
giorni scorsi dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) e
dal centro ricerche Cresme. Secondo l’Ance, con riferimento ai Comuni
“i dati della spesa in conto capitale della Ragioneria Generale dello
Stato (Siope) segnano nei primi 10 mesi del 2019 un aumento del 16%“,
pur restando molto sotto i livelli del 2008. Risultati che dipendono
“dallo sblocco degli avanzi di amministrazione degli enti locali e
dall’effettiva realizzazione dei programmi di spesa previsti nelle
ultime leggi di bilancio (es. Piano investimenti per i piccoli
comuni)”, si legge nell’Osservatorio congiunturale di gennaio.
Poi per il resto questa minoranza imbelle ecco che approva come nulla
fosse il Piano del Diritto allo Studio (seicentomila euro) che assegna
alla scuola (quasi) il 10% delle sue enormi risorse mentre
tutto il resto viene distribuito tra imprese sociali scelte a
discrezione del dirigente come detto sopra col di più che… non c’è
nemmeno una certificazione indipendente che ne dichiari utilità
efficacia risultati.
Nessuna osservazione nemmeno sull’ampliamento della via Dalmine, se non
altro per trovare una utile interazione con Via Brembo: forse non
sanno nemmeno che esistano l’una e l’altra.
Silenzio anche sulla mega somma che il Comune ha dovuto pagare ai F.lli
Leggeri per una delibera cannata di qualche secolo oro sono: una
minoranza minimamente attenta dovrebbe chiedere conto ad ogni seduta
del Consiglio cosa stia facendo la sindaca per farsi ridare dai
consiglieri del tempo e gli altri che la votarono quell'enorme malloppo
( una cifra prossima ai 650mila euro).
Insomma il Paese bello da Vivere c’ha la democratura al governo che s’è
scelto e c’ha la minoranza che si merita. Una immagine riflessa
dell’altra.
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