A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1166 DEL 20 GENNAIO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















LA CONFERENZA DI BERLINO MERITEREBBE
UN TRATTAMENTO «A LA QUASEM SOLEIMANI»
La circonferenza del tavolo della Conferenza di Berlino sul futuro della Libia aumenta ad ogni ora che passa. Alla conferenza di Berlino parteciperanno i rappresentanti di Algeria, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Italia, Regno Unito, Repubblica del Congo, Russia, Stati Uniti e Turchia; così come quelli della Lega Araba, Nazioni Unite, Unione Africana e Unione Europea. Saranno inoltre presenti Fayez Al-Serraj, presidente del consiglio presidenziale e primo ministro del governo di accordo nazionale (GNA) riconosciuto dall’ONU, e Khalifa Haftar, leader dell’esercito nazionale libico (LNA) e uomo forte della camera dei rappresentanti di Tobruk.
Brutta gente in massima parte se non tutta, proprio tutta.
Sono dei lupi affamati che vogliono  mettere le mani sulle risorse energetiche e strategiche di questo piccolo Paese quelli elencati: tutti quelli che siederanno attorno a quella tavola imbandita delle ricchezze libiche hanno una popolazione ed un benessere largamente quando non immensamente superiori a quello dei libici.
(...)

NEL PAESE BELLO DI VIVERE MAGGIORANZA E MINORANZA
UNITE NELLA LOTTA: NON VEDO, NON PARLO, NON SENTO
La Curno assegna 9 consiglieri alla maggioranza (Vivere Curno) e 4 alle minoranze. Che sono due: quelli di Forza Italia (la Lega non ha fatto eleggere nessuno dei suoi)  e la fascio femminista meloniana. La maggioranza governa secondo il criterio della democratura, e per capirlo basta assistere a una seduta del consiglio comunale oppure leggere il sottotesto dell’articolo di Prima Bergamo. Quattro a nove in questa situazione è una battaglia persa  anche se l’ombro sità del capogruppo Giovanni Locatelli (geometra  libero professionista ex Quarenghi) forzista unitamente alla giulività incazzosa della fascio femminista Carrara (sellout-formazione  nel settore del Lusso: boh? ) risultano alla fine una minestra riscaldata ennemila volte: un frullato di inutilità.
Una buona minoranza costituisce un buon biglietto da visita  per il governo successivo e gli attuali quattro della minoranza sono tutt’altro che dei neofiti. Locatelli e Carrara sono stati assessori nella mitica giunta Gandolfi, quello che modestamente si autodefiniva –risate a spancia pelle- “sindaco del buongoverno”. Poi c’è anche Cavagna (Paolo: termotecnico ex  ITIS) che è in consiglio da due  consiliature ed infine c’è Francesca Bugini (ex IEO) che –se non abbiamo sentito male- ha alle spalle una presenza nel comitato genitori della scuola. Tutt’altro che neofiti.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!












































































































































































































































LA CONFERENZA DI BERLINO MERITEREBBE
UN TRATTAMENTO «A LA QUASEM SOLEIMANI»

La circonferenza del tavolo della Conferenza di Berlino sul futuro della Libia aumenta ad ogni ora che passa. Alla conferenza di Berlino parteciperanno i rappresentanti di Algeria, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Italia, Regno Unito, Repubblica del Congo, Russia, Stati Uniti e Turchia; così come quelli della Lega Araba, Nazioni Unite, Unione Africana e Unione Europea. Saranno inoltre presenti Fayez Al-Serraj, presidente del consiglio presidenziale e primo ministro del governo di accordo nazionale (GNA) riconosciuto dall’ONU, e Khalifa Haftar, leader dell’esercito nazionale libico (LNA) e uomo forte della camera dei rappresentanti di Tobruk.
Brutta gente in massima parte se non tutta, proprio tutta.
Sono dei lupi affamati che vogliono  mettere le mani sulle risorse energetiche e strategiche di questo piccolo Paese quelli elencati: tutti quelli che siederanno attorno a quella tavola imbandita delle ricchezze libiche hanno una popolazione ed un benessere largamente quando non immensamente superiori a quello dei libici.

E in questa ennesima tragedia mondiale pure noi italiani speriamo di ritagliarci i nostri due angolini. Uno –quello davvero necessario!- per l’ENI e l’altro per fare la solita figura delle crocerossine cui non si degnano neppure di spararci (meno male!) talmente ci giudichino coglioni.
Recep Tayyip Erdoğan presidente della Turchia ha scritto indirettamente una letterina via POLITICO ai cagasotto dell’Ue ed all’Italia in primis.

All’UE: Per uno, il potenziale fallimento dell'Unione Europea nel supportare adeguatamente il Governo di Accordo Nazionale della Libia sarebbe un tradimento dei suoi valori fondamentali, inclusi democrazia e diritti umani. Lasciare la Libia in balia di un signore della guerra sarebbe un errore di proporzioni storiche. Inoltre, l'Europa dovrà affrontare una nuova serie di problemi e minacce se il governo legittimo della Libia dovesse cadere.
E in secondo all’Italia ed all’UE: Organizzazioni terroristiche come ISIS e Al Qaeda, che hanno subito una sconfitta militare in Siria e Iraq, troveranno un terreno fertile per rimettersi in piedi. In effetti, alcuni gruppi che condividono ampiamente l'ideologia di quelle organizzazioni terroristiche, tra cui i Madkhali-Salafis , stanno combattendo al fianco di Haftar. Se il conflitto infuria, la violenza e l'instabilità alimenteranno anche la migrazione irregolare verso l'Europa.

Poi torna a  pizzicare l’UE: “la guerra civile libica funge da cartina di tornasole per l'UE. I leader europei sosterranno l'ordine mondiale liberale di fronte a un altro attacco? O rinunceranno alle loro responsabilità, come hanno fatto in Siria, per guardare la crisi svolgersi a margine? Tenendo presente che l'Europa è meno interessata a fornire sostegno militare alla Libia, la scelta ovvia è quella di lavorare con la Turchia, che ha già promesso assistenza militare .

La Turchia sostiene pienamente il governo legittimo sostenuto dalle Nazioni Unite. In base ai più recenti accordi di sicurezza e cooperazione militare, ci siamo impegnati a proteggere il governo libico dai complottatori. A questo proposito, formeremo le forze di sicurezza della Libia e le aiuteremo a combattere il terrorismo, la tratta di esseri umani e altre gravi minacce alla sicurezza internazionale.

L'Europa si trova ad un bivio. E in questo storico incrocio, coloro che lavorano per la pace devono essere coraggiosi e fare tutto ciò che è in loro potere per porre fine alla violenza. L'Europa può contare sulla Turchia - un vecchio amico e fedele alleato - per raggiungere questo obiettivo.
All’idea stessa che a Berlino gli stati (dietro la NATO) che col bombardamento  del regime e l’ammazzamento di Mu’ammar Gheddafi siano quelli che  vogliono stabilizzare la pseudo democrazia bipolare della Libia  non ci crede nessuno tranne quelli che –un classico dello spirito occidentale- hanno  nella propria genetica un’idea imperialista e razzista dei rapporti tra Paesi.

Recep Tayyip Erdoğan conosce troppo bene la paura pazzesca che alligna  nell’UE verso il terrorismo e quindi “basta la minaccia” per metterli al muro e può scrivere tranquillamente le sue due minacce: organizzazioni terroristiche come ISIS e Al Qaeda, che hanno subito una sconfitta militare in Siria e Iraq, troveranno un terreno fertile per rimettersi in piedi.


In effetti, alcuni gruppi che condividono ampiamente l'ideologia di quelle organizzazioni terroristiche, tra cui i Madkhali-Salafis , stanno combattendo al fianco di Haftar. Se il conflitto infuria, la violenza e l'instabilità alimenteranno anche la migrazione irregolare verso l'Europa.

L’UE proprio per la sua posizione fisica e la sua storia coloniale sarà sempre esposta qualche episodio di terrorismo e come s’è visto finora, in massima parte i terroristi che hanno operato in UE non venivano dal mare o dai paesi del MENA e contorno ma erano spesso nati e cresciuti proprio in UE. I pochi episodi di terrorismo che ha subito l’UE questa proprio non riesce a prenderli come “danni collaterali” delle guerra e del saccheggio delle risorse energetiche e dei danni che la NATO ha compiuto contro il Medio Oriente e il mondo arabo in generale. Basti pensare all’Afganistan dove la guerra dell’Occidente -NATO dura (20 anni meno uno: finora) quasi come quella degli USA in Vietnam (20 anni).

La Russia rivendica un ruolo da mediatore indipendente e vero pacificatore nel conflitto. Ha sempre sostenuto di non aver particolari interessi in Libia, e di voler mantenere contatti con tutte le parti in causa al solo fine di promuovere la pace. In realtà è interessata eccome. Ha forti motivi economici per voler consolidare le sue posizioni.

La Libia ha le maggiori riserve provate di greggio del continente africano. Nel 2017, il gigante degli idrocarburi Rosneft, controllato dal Cremlino, ha firmato un accordo di esplorazione e produzione con la società petrolifera nazionale libica (Noc). Nel dicembre 2019, un’altra compagnia russa, la Tatneft ha ripreso le sue attività di esplorazione nel Paese, interrotte nel 2011 alla caduta del regime di Muammar Gheddafi. Mosca vorrebbe ripristinare almeno una parte dei contratti multimiliardari a suo tempo siglati con la Libia del colonnello. E poi ci sono i motivi geopolitici. I porti sul Mediterraneo sono logisticamente preziosi per le rinnovate
ambizioni africane del Cremlino, esplicitate nella conferenza Russia-Africa di Sochi dell’ottobre scorso. Senza contare il peso che avrebbe nei rapporti con i Paesi Ue una stabile influenza sulle coste da cui, oltre che gas e petrolio, partono i flussi migratori. Un aspetto che la nostra diplomazia dovrà considerare con cura.

Varrebbe davvero la pena che la conferenza di Berlino di domenica 19 gennaio venisse trattata “a la Qasem Soleimani” perché solo eliminando fisicamente la maggior parte dei responsabili occidentali del caos medio orientale la NATO e l’Occidente in generale capirebbero meglio il proprio destino.
Invece gli ipocriti  dicono che la conferenza di Berlino ha l’ambizione di spingere gli attori internazionali ad assumere un ruolo diverso, ossia quello dei facilitatori di una soluzione negoziale. Gli stati coinvolti dovrebbero perciò accordarsi per convincere Al-Serraj e Haftar a mantenere l’accordo sul cessate il fuoco. Le negoziazioni puntano inoltre a creare le condizioni per un dialogo complessivo tra i principali attori locali libici sui temi centrali per il paese.

Traduzione: la guerra impedisce una più puntuale rapina delle ricchezze libiche e di contralto la NOC può distribuire meno risorse alla popolazione e quindi non può garantire il mantenimento di una low linea di guerra.

In linea del tutto formale –come s’è sempre detto finora- Ankara gioca ormai da diversi anni un ruolo speculare a quello saudita ed emiratino all’interno dei nuovi equilibri del Medio Oriente. Il governo di Recep Tayyip Erdogan è infatti assurto, insieme al Qatar, a principale sponsor dei movimenti afferenti all’Islam politico (perlopiù vicino alla Fratellanza Musulmana) nella regione. L’intervento a favore di Al-Serraj è quindi spiegabile, almeno in parte, con la affinità ideologica che lega il governo turco e alcune milizie che lo sostengono.

In realtà il Mediterraneo orientale negli ultimi dieci anno s’è rivelato essere il bacino energetico mondiale di tale grandezza e importanza –per la vicinanza ai paesi consumatori e per i padrini di quei tratti di mare- per cui oggi  è necessario aggiungere anche motivazioni più contingenti legate ad altre partite geopolitiche che Ankara sta attualmente giocando in altri quadranti, a cominciare dalla disputa sullo sfruttamento dei giacimenti di gas del Mediterraneo orientale, che la vedono contrapposta ad alcuni paesi europei e della regione.

Ankara ha compreso che oggi nel Mediterraneo può avere un ruolo “energetico” pari se non maggiore di paesi come Libia, Egitto Israele Cipro. Cosa impensabili quando venne abbattuto Mu ammar Gheddafi. 

Al centro di tale disputa vi sono i diritti di sfruttamento dei giacimenti al largo di Cipro. In buona parte Ankara li reclama per sé applicando un principio secondo il quale la Turchia avrebbe il diritto di sfruttamento su tutti i giacimenti posti all’interno della sua piattaforma continentale. Tale interpretazione non è però riconosciuta dal diritto internazionale, il quale pone gran parte dei giacimenti nell’area all’interno delle acquee territoriali di Cipro.


NEL PAESE BELLO DI VIVERE MAGGIORANZA E MINORANZA
UNITE NELLA LOTTA: NON VEDO, NON PARLO, NON SENTO

La Curno assegna 9 consiglieri alla maggioranza (Vivere Curno) e 4 alle minoranze. Che sono due: quelli di Forza Italia (la Lega non ha fatto eleggere nessuno dei suoi)  e la fascio femminista meloniana. La maggioranza governa secondo il criterio della democratura, e per capirlo basta assistere a una seduta del consiglio comunale oppure leggere il sottotesto dell’articolo di Prima Bergamo. Quattro a nove in questa situazione è una battaglia persa  anche se l’ombro sità del capogruppo Giovanni Locatelli (geometra  libero professionista ex Quarenghi) forzista unitamente alla giulività incazzosa della fascio femminista Carrara (sellout-formazione  nel settore del Lusso: boh? ) risultano alla fine una minestra riscaldata ennemila volte: un frullato di inutilità.

Una buona minoranza costituisce un buon biglietto da visita  per il governo successivo e gli attuali quattro della minoranza sono tutt’altro che dei neofiti. Locatelli e Carrara sono stati assessori nella mitica giunta Gandolfi, quello che modestamente si autodefiniva –risate a spancia pelle- “sindaco del buongoverno”. Poi c’è anche Cavagna (Paolo: termotecnico ex  ITIS) che è in consiglio da due  consiliature ed infine c’è Francesca Bugini (ex IEO) che –se non abbiamo sentito male- ha alle spalle una presenza nel comitato genitori della scuola. Tutt’altro che neofiti.

Poi vai a leggere le interpellanze che fanno o ascolti i ragionamenti attorno ai temi in discussione in consiglio e ti rendi conto che oltre l’asfalto sconnesso dalle radici di un pino marittimo in via DeAmicis o l’utilità del temporizzatore nel parcheggio pubblico di Piazza della Chiesa e la sua pulizia, proprio non riescono ad andare.

Idem per la storia del fondo sconnesso nel parcheggio   di via DeAmicis per  demerito delle poderose radici dei pini marittimi piantati mezzo secolo or sono dalla democrazia cristiana e da una vivaista immigrato a Curno da San Pellegrino. Non so se capite la finezza socio culturale dell’operazione (oltre che clientelare): scoppiava (50 anni oro sono) il boom economico, tutti in Versilia al mare,  scoperta dei pini marittimi, basso costo e veloce accrescimento ed eccoli piazzati in via DeAmicis piuttosto che via Buelli e un po’ dappertutto. Nessuno aveva avvisato il vivaista montanaro  e nemmeno il sindaco mastro falegname dicci che quelle piante si accontentavano di poca acqua e  bastava quella  che pioveva o scorreva in strada: ragion per cui le loro radici stavano tutte appena appena interrate. Col risultato di divellere la pavimentazione.

Alla quaterna di minoranza non importa – forse si tratta di un indiretto conflitto di interessi visto la scuola che hanno frequentato  e il lavoro che fanno-  che a Curno la nuova Rodari (ormai vecchia di vent’anni: però) oppure la costruendo neopalestra costino al metro quadrato di più del costo di una lussuosissima villetta a schiera in paese. Strano che i quattro  pur essendo  del mestiere – edilizia ed assimilati- non sappiano che chi vende la villetta a schiera ha dovuto pagare il terreno e gli oneri e gli interessi sul capitale investito.

Fuori dubbio che ai quattro il vigente Codice degli Appalti vada benissimo visto l’arbitrarietà che attribuisce in nome della sveltezza ai dirigenti degli uffici la scelta delle ditte cui chiedere l’’offerta. Si allarga la maglia, aumentano le occasioni di lavoro.

Come si leggeva ieri:  “Investimenti, nel 2019 su del 40% il valore delle gare d’appalto.  I costruttori: “Spesa dei Comuni salita del 16% in dieci mesi”. Come facevano presagire i dati di metà anno, il 2019 ha visto ripartire a pieno ritmo la macchina degli appalti. Con una fortissima accelerazione sia per le opere di valore superiore ai 50 milioni sia per quelle più piccole affidate dai Comuni, che finora erano risultati più lenti della media nel portare a termine l’iter di realizzazione dei lavori. I dati sono stati diffusi nei giorni scorsi dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) e dal centro ricerche Cresme. Secondo l’Ance, con riferimento ai Comuni “i dati della spesa in conto capitale della Ragioneria Generale dello Stato (Siope) segnano nei primi 10 mesi del 2019 un aumento del 16%“, pur restando molto sotto i livelli del 2008. Risultati che dipendono “dallo sblocco degli avanzi di amministrazione degli enti locali e dall’effettiva realizzazione dei programmi di spesa previsti nelle ultime leggi di bilancio (es. Piano investimenti per i piccoli comuni)”, si legge nell’Osservatorio congiunturale di gennaio.

Poi per il resto questa minoranza imbelle ecco che approva come nulla fosse il Piano del Diritto allo Studio (seicentomila euro) che assegna alla scuola  (quasi)  il 10% delle sue enormi risorse mentre tutto il resto  viene distribuito tra imprese sociali scelte a discrezione del dirigente come detto sopra col di più che… non c’è nemmeno una certificazione indipendente  che ne dichiari utilità efficacia risultati.

Nessuna osservazione nemmeno sull’ampliamento della via Dalmine, se non altro per trovare una utile interazione con Via Brembo: forse  non sanno nemmeno che esistano l’una e l’altra.

Silenzio anche sulla mega somma che il Comune ha dovuto pagare ai F.lli Leggeri per una delibera cannata di qualche secolo oro sono: una minoranza minimamente attenta dovrebbe chiedere conto ad ogni seduta del  Consiglio cosa stia facendo la sindaca per farsi ridare dai consiglieri del tempo e gli altri che la votarono quell'enorme malloppo ( una cifra prossima ai 650mila euro).

Insomma il Paese bello da Vivere c’ha la democratura al governo che s’è scelto e c’ha la minoranza che si merita. Una immagine riflessa dell’altra.