A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1159 DEL 05 GENNAIO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















PETROLIO E RIVOLUZIONI, ECCO SPIEGATE
LE RAGIONI DELL’ATTACCO USA ALL’IRAN
Dopo l’uccisione del generale Suleimani, la tensione in tutto il Medio Oriente è destinata a salire. E gli Usa hanno sempre considerato l’Iran - più che l’Arabia Saudita - un pericolo. Ecco perché.
Dopo molte mosse ostili da parte iraniana (o a loro accreditate) si è avuta la risposta statunitense. Le mosse iraniane erano gli attacchi condotti con forze terze agli insediamenti militari e diplomatici statunitensi e gli attacchi alle postazioni petrolifere saudite. La risposta ad alto valore simbolico ma anche pratico degli Stati Uniti è stata ieri l’uccisione del numero tre (c’è chi dice due) del regime iraniano. Il generale Suleimani era il capo delle milizie armate e il coordinatore dell’intervento militare all’estero. Un leader politico militare con alle spalle un Paese importante, la cui uccisione dovrebbe perciò pesare più di quella di Bin Laden e di al-Baghdadi.
Ora ci si aspetta una reazione di parte iraniana. La previsione non è quella di una guerra classica, detta “simmetrica”, perché l’Iran è una potenza militare, ma decisamente molto modesta come forza area e navale in confronto alla iper-potenza statunitense. La previsione è, al contrario, di una guerra “asimmetrica”, quella fatta di rappresaglie e attentati.
Qual è la strategia statunitense nel Vicino Oriente? Impedire l’ascesa di un egemone regionale. Durante la guerra fredda, ciò si traduceva nell’impedire l’estensione della sfera d’influenza sovietica oltre a Siria, Iraq, Egitto. Oggi, nel mantenere un equilibrio fra gli attori dotati di maggior peso: Israele, Arabia Saudita, Turchia e Iran.
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VIA BREMBO CHIUSA PER SEI MESI
IL COMUNE DIMEZZI LE IMPOSTE COMUNALI A PRIVATI
E IMPRESE DELLA MERENA MARIGOLDA E LUNGOBREMBO
Il rifacimento del sovrappasso della SS470 a via Brembo per quanto sembri tutto sommato piccola opera in realtà risulta assai complicata per la ristrettezza degli spazi e perché non è possibile interromperla viabilità sulla 470. Detto questo alla fine di questo gran caos il risultato sarà complessivamente deludente perché dal progetto appare evidente come  alcuni privati abbiano fatto lobby e si siano ritagliate soluzioni su misura mentre  balza evidente l'assenza dell'iniziativa da parte del Comune. Le democristianerie a Curno imperversano nei secoli . Se il Comune si fosse mosso con attenzione e tempismo la parte alta di via Brembo non resterebbe quel pericoloso budello come è e resterà anche domani (cosa succede se sul marciapiedi si incrociano due carrozzine?
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IN CITTA' 400 MILA EURO PER IL VERDE?
NO,PER I MURATORI
L'annuncio è di quelli che non pas- sano inosservati ed infatti le gazzette ufficiali hanno lanciato la notizia: “il Comune di Bergamo interverrà nel 2020 con 400mila euro su quattro aree verdi storiche: il parco delle Rimembranze alla Rocca, i parchi Caprotti e Marenzi in centro, il giardino Baertsch a Redona”.
Salvo che poi vai a leggere il contenuto  del boatos e ti rendi conto che è una confessione di fallimento o impotenza: si tratta di normale manutenzione per mantenere il minimo obbligatorio. Vale a dire che finora l'assessore e l'assessorato  non hanno lavorato granche bene e non si comprende se l'insieme è complessivamente malmesso (come dicono parecchi dipendenti che ci sono passati) oppure è  una questione di palanche.
A nostro avviso i cinque anni del Gori 1 sono stati sostanzialmente sprecati dall'assessora Graziella Leyla Ciagà (poi bocciata alla tornata elettorale e mandata da Gori a far danni nel CdA del Parco dei Colli) ed anche la neo assessora Marchesi –un soggetto politicamente assai navigato e quindi conoscitrice della macchina comunale- non pare avere una rotta decisa.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!









































































































































































































































PETROLIO E RIVOLUZIONI, ECCO SPIEGATE
LE RAGIONI DELL’ATTACCO USA ALL’IRAN


Dopo l’uccisione del generale Suleimani, la tensione in tutto il Medio Oriente è destinata a salire. E gli Usa hanno sempre considerato l’Iran - più che l’Arabia Saudita - un pericolo. Ecco perché.

Dopo molte mosse ostili da parte iraniana (o a loro accreditate) si è avuta la risposta statunitense. Le mosse iraniane erano gli attacchi condotti con forze terze agli insediamenti militari e diplomatici statunitensi e gli attacchi alle postazioni petrolifere saudite. La risposta ad alto valore simbolico ma anche pratico degli Stati Uniti è stata ieri l’uccisione del numero tre (c’è chi dice due) del regime iraniano. Il generale Suleimani era il capo delle milizie armate e il coordinatore dell’intervento militare all’estero. Un leader politico militare con alle spalle un Paese importante, la cui uccisione dovrebbe perciò pesare più di quella di Bin Laden e di al-Baghdadi.
Ora ci si aspetta una reazione di parte iraniana. La previsione non è quella di una guerra classica, detta “simmetrica”, perché l’Iran è una potenza militare, ma decisamente molto modesta come forza area e navale in confronto alla iper-potenza statunitense. La previsione è, al contrario, di una guerra “asimmetrica”, quella fatta di rappresaglie e attentati.
Qual è la strategia statunitense nel Vicino Oriente? Impedire l’ascesa di un egemone regionale. Durante la guerra fredda, ciò si traduceva nell’impedire l’estensione della sfera d’influenza sovietica oltre a Siria, Iraq, Egitto. Oggi, nel mantenere un equilibrio fra gli attori dotati di maggior peso: Israele, Arabia Saudita, Turchia e Iran.

Proteggere i giacimenti di petrolio della provincia orientale saudita a maggioranza sciita. Non perché gli USA ne siano dipendenti. Da Riad arriva, infatti, solo il 10% delle importazioni petrolifere, ma perché l’instabilità del maggior forziere d’oro nero – il più grande giacimento al mondo è in Arabia - invierebbe scosse telluriche in tutto il pianeta.
Garantire la sicurezza agli alleati sauditi e israeliani. La loro precarietà li ha resi dipendenti dall’ombrello statunitense.
Mantenere il potere sui mari – la famigerata talassocrazia degli Anglosassoni, ieri dei britannici oggi degli statunitensi. Un potere che passa attraverso il controllo degli stretti, da cui transita l’ottanta per cento delle merci scambiate nel mondo. Nel Vicino Oriente ve ne sono ben tre: Suez (Egitto), Bab al-Mandab (Yemen), e Hormuz (che potrebbe essere messo sotto scacco dall'Iran, e da cui passa una parte cospicua del commercio di petrolio).
Questi quattro punti servono per comprendere la politica nel Vicino Oriente degli Stati Uniti. Va aggiunto che gli Stati Uniti rivaleggerebbero con l’Iran anche se la Repubblica Islamica non esistesse. La grammatica imperiale – studiata per primo da Tucidide - impone alla superpotenza di impedire l’ascesa di un egemone regionale che detti la propria agenda in un consistente spicchio di globo.
In una regione con Paesi con due stati e per il resto di proprietà private di clan regnanti – i Paesi petroliferi del Golfo sono proprietà private, Turchia e Israele sono stati – l’Iran - che non è governato da clan ma è uno stato - è convinto - che poi ci riesca è altra storia - di possedere la profondità demografica, culturale, storica, istituzionale, per plasmare i destini dei territori già nell’orbita degli imperi persiani. Imperi riesumatisi in un regime islamico.
Una risposta al quesito sul perché impedire l’ascesa di un egemone regionale, ossia sul perché gli Stati Uniti preferiscano i sauditi (un Paese musulmano centrato sui clan) agli iraniani (un'antica civiltà divenuta musulmana) potrebbe essere questa. Un Paese petrolifero – dove è facile centralizzare i proventi della materia prima e quindi usarli a scopi di potenza - può essere conservatore o rivoluzionario, ossia può usare come non usare i proventi dell'energia fossile per restare come è, oppure per espandersi politicamente all'interno (attuando una rivoluzione), oppure all'esterno (esportando una rivoluzione). L’argomentazione estesa di quanto appena asserito si trova in Jeff D. Cogan, Petro-Agression, When Oil cause war, Cambridge University Press, 2013.
Da questo punto punto di vista l’Arabia è un Paese conservatore, in quanto appunto conserva il tenore di vita delle migliaia di principi che lo governano, distribuendo parte dei ricchi proventi al resto della popolazione, mentre l'Iran ha ambizioni rivoluzionarie sia all'interno sia ed è qui che si creano le frizioni, soprattutto all'esterno.

Giorgio Arfaras (Port Said, Egitto, 1954). Maturità classica e laurea in economia con una tesi su'”L'Idea dell'Instabilità del Capitalismo in Schumpeter”. Dal 1981 al 2007 ha lavorato all'Arthur Andersen, alla Pirelli, in Prime (una società di fondi comuni prima della Fiat e poi di Generali), e, infine, al Credit Suisse. Dal 1993 al 1995 ha collaborato al Rapporto Trimestrale di Prometeia. Ha scritto nel 2008 “Il grande Ammiraglio Zheng He e l'economia globale”, edito da Guerini. Dal 2009 per il Centro Einaudi di Torino scrive, insieme ad altri, il “Rapporto sull'economia globale e l'Italia ed è direttore della Lettera Economica. Collabora LINKIESTA, Limes, Il Foglio, radio e televisioni.

VIA BREMBO CHIUSA PER SEI MESI
IL COMUNE DIMEZZI LE IMPOSTE COMUNALI A PRIVATI
E IMPRESE DELLA MERENA MARIGOLDA E LUNGOBREMBO

Il rifacimento del sovrappasso della SS470 a via Brembo per quanto sembri tutto sommato piccola opera in realtà risulta assai complicata per la ristrettezza degli spazi e perché non è possibile interromperla viabilità sulla 470. Detto questo alla fine di questo gran caos il risultato sarà complessivamente deludente perché dal progetto appare evidente come  alcuni privati abbiano fatto lobby e si siano ritagliate soluzioni su misura mentre  balza evidente l'assenza dell'iniziativa da parte del Comune. Le democristianerie a Curno imperversano nei secoli . Se il Comune si fosse mosso con attenzione e tempismo la parte alta di via Brembo non resterebbe quel pericoloso budello come è e resterà anche domani (cosa succede se sul marciapiedi si incrociano due carrozzine? Chi scende in strada a farsi arrotare?) e nel contempo si poteva ricavare una bretella in discesa dalla Valle Brembana su via Brembo ed una bretella in salita dalla via sulla 470 direzione Dalmine-A4. In questo modo le auto della zona ovest della 470  erano indirizzabili non all'attraversamento del paese ma verso via Fermi o l'Asse Interurbano. Apriti cielo se togli dal paese le auto che fanno così comodo ai commercianti. E così con una grande spesa – tutta l'operazione costerà non meno di un milione e mezzo- si otterrà una mezza soluzione quando aggiungendo 2-300mila  euro da parte nostra e con un progetti migliore (più attento agli interessi pubblici che a quelli delle lobby private) si poteva ottenre una soluzione migliore.
Il bello però deve ancora venire perché un terzo del paese risulterà  separato per sei mesi dalla parte fondamentale senza che nessuno pensi a risarcirlo dei danni e dei costi che dovrà sopportare. Figuratevi se alla giunta Gamba passa per la testa l'idea di dimezzare tasse comunali alle imprese ed ai residenti oltre la 470 (NON a quelle che entrano da via Europa: però …) visto che per metà anno saranno cittadini di serie B. Una maggioranza che non sa combinare la tassazione locale col RdC e sbroffa la spesa di 1,470 milioni come welfare locale quando i percettori di RdC-PdC sono  appena 38 su 7500 abitanti significa che governa come la Dc degli anni '50. Nel 2020: però.


IN CITTA' 400 MILA EURO PER IL VERDE?
NO,PER I MURATORI

L'annuncio è di quelli che non pas- sano inosservati ed infatti le gazzette ufficiali hanno lanciato la notizia: “il Comune di Bergamo interverrà nel 2020 con 400mila euro su quattro aree verdi storiche: il parco delle Rimembranze alla Rocca, i parchi Caprotti e Marenzi in centro, il giardino Baertsch a Redona”.
Salvo che poi vai a leggere il contenuto  del boatos e ti rendi conto che è una confessione di fallimento o impotenza: si tratta di normale manutenzione per mantenere il minimo obbligatorio. Vale a dire che finora l'assessore e l'assessorato  non hanno lavorato granche bene e non si comprende se l'insieme è complessivamente malmesso (come dicono parecchi dipendenti che ci sono passati) oppure è  una questione di palanche.
A nostro avviso i cinque anni del Gori 1 sono stati sostanzialmente sprecati dall'assessora Graziella Leyla Ciagà (poi bocciata alla tornata elettorale e mandata da Gori a far danni nel CdA del Parco dei Colli) ed anche la neo assessora Marchesi –un soggetto politicamente assai navigato e quindi conoscitrice della macchina comunale- non pare avere una rotta decisa.
400mila euro su quattro parchi sono sostanzialmente pochi spiccioli, tendendo conto dell'intervento sul Parco della Rocca che probabilmente da solo ne consumerà  metà dell'investimento. Mei che negot : meglio che niente  ci si potrebbe consolare.
Potremmo anche ritenerci contenti visto che da anni ripetiamo –vedi anche la pagina  1159-  che prima di pensare al nuovo meglio salvare e migliore l'esistente.
Abbiamo scritto trascrivendo: (saranno messi a dimora) alberi di una certa dimensione: tutte le piante che saranno messe a dimora avranno infatti una circonferenza tra i 18 e i 20 cm, per un valore dell'intervento di 350mila euro. Peccato che l'assessora Marchesi  pensi sempre a far del nuovo e non pensi mai all'antico ed al vecchio abbandonati: sia quello pubblico che quelli privati. Coi quali (privati) semmai andrebbe trovato un qualche accordo intelligente visto che anche il verde privato contribuisce al bene-stare e bene-essere dei cittadini. “La piantumazione di un così importante numero di alberi in città – commenta l'assessore Marzia Marchesi – ha molteplici obiettivi: il controllo del clima, il miglioramento della salute dei cittadini, la prevenzione del dissesto idrogeologico, ma anche e soprattutto il mitigamento della CO2 in città, oltre a una innegabile funzione estetica. Il provvedimento di 1400 alberi è solo un inizio: altre scelte di questo genere saranno previste lungo l'arco dell'anno prossimo.”
Non ci voleva molto a immaginare che di idea verde ce n'è poca anche nel Gori 2 dal momento che dopo i 350mila euro per piantumare alberi nuovi ve ne saranno 400mila per i … muratori.
Vale a dire per opere sostanzialmente edili e correlate.
Quel che non si vede e la popolazione e nemmeno i numerosi visitatori della città non colgono è la mancanza di un disegno  pluriennale nella cura formazione e trasformazione del verde pubblico. Gettare in faccia (scusate la battuta) al cittadino un'idea del verde consumistica usa e getta non regge nemmeno  elettoralmente dal momento che il cittadino non può vedere e cogliere la trasformazione. Vedi le aiuole di Colle Aperto o quelle fuori l'assessorato.
Al cittadino ed al visitatore devi indicare un percorso che intendi seguire e quelli anno dopo anno, tornando o vivendo la città, verificano che quel percorso si compie. A nessuno dei due importa dire che aggiusterai le perdite dell'acqua della vasca del Parco Marenzi perché tutti ma proprio tutti i cittadini aggiustano le canne dell'acqua rotte in casa loro.
Certo è che se poi alla fine, i risultati sono come quelli delle varie piazze risistemate dal Gori 1 –da quella della Carrara a quella degli Alpini o quella della Stazione o la Risorgimento- si coglie immediatamente la debolezza culturale (oltre che economica: ma questa sarebbe anche accettabile) di questi interventi.
Poi occorre che il Comune pensi  ad una qualche forma di rapporto coi privati specie per le terre abbandonate sui colli. A partire dal vallone di Colle Aperto o sotto le Mura attorno a Sant'Agostino. Perché il problema di Bergamo è che abbiamo il centro piacentiniano ormai semi abbandonato e di uno stile funerario. Abbiamo un viale Roma-Papa Giovanni da rifare completamente. Abbiamo le facciate della case di Città Alta che…
Però i Bergamaschi hanno venti miliardi di euro in banca che rendono quasi zero.