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LA SINDACA GAMBA: GENERALE SENZA TRUPPE
(DEVE METTERE VIA I SOLDI PERCHE' NON RIESCE A SPEDNERLI)
Con tre determinazioni messe tutte in fila -658 , 659, 661- il
responsabile del settore patrimonio e lavori pubblici del Comune
“richiamato il decimo decreto correttivo ai principi contabili, emanato
in data 01.03.2019, il quale interviene sui criteri di formazione del
Fondo Pluriennale Vincolato (FPV) di spesa in conto capitale,
aggiornando il principio contabile 4/2 allegato al D. Lgs. 118/2011
(paragrafo 5.4)” ha deciso la costituzione fondo pluriennale vincolato
per spesa in conto capitale . Dice la legge che “Il fondo pluriennale
vincolato è stato istituito per rappresentare contabilmente la
copertura finanziaria di spese impegnate nel corso dell'esercizio e
imputate agli esercizi successivi, costituita da entrate accertate e
imputate nel corso del medesimo esercizio in cui è registrato
l'impegno. Il fondo pluriennale vincolato è lo strumento che gestisce e
rappresenta contabilmente la distanza temporale intercorrente tra
l'acquisizione delle risorse e il loro effettivo impiego, nei casi in
cui le entrate vincolate e le correlate spese, sono accertate e
impegnate nel corso del medesimo esercizio e imputate a esercizi
differenti”.
(...)
VISTA LA FOTO DELLE CROCETTE LA SINDACA HA REITERATO L'ORDINANZA (AVRA' CAPITO CHE TOCCA A LEI?)
La pubblicazione sulla pagina 1149 del 18 dicembre di questo blog della
foto della facciata della palazzina delle Crocette dove c'è la fermata
del bus deve avere urticato mica poco la sindaca Gamba e tutta la sua
corte di ignavi che non vendono mai nulla visto che ha RI-pubblicato l'
ordinanza n. 147 del 04.12.2019 sul decoro urbano per la pulizia e
manutenzione dei terreni privati in ambito urbano ed extraurbano.
(...)
IL RETTORE DELUSO O ARRABBIATO
Quando sei il rettore di una università provinciale –che segna una
sorta di continuità tra le superiori e l'uni versità- dove quasi la
metà degli studenti (45%) non arriva da casa (come fosse “casa” venire
in città da Valbondione, da Piazza Brembana piuttosto che da Isso) e
quando sul sito dell'ateneo non trovi una tabella con la provenienza
degli studenti divisa sul totale e per corsi, allora fai pensare che la
tua idea dell'università è solo quella di ingrandirla numericamente
anche se poi sei costretto ad adottare il numero chiuso per i corsi
triennali e domani anche per quelli quinquennali.
Non si comprende bene che messaggio si debba cogliere dall'articolo del
Corriere salvo che finalmente il rettore si è accorto che questo
disperdere l'università nei mille buchi che la città offre per
guadagnare (in suo –dell'università- verrebbe da dire: danno)
sicuramente sta nella linea esibita in prima pagina: “un'università per
la città, un campus diffuso. Spesso si ritiene che riunire tutti gli
studenti in un solo campus, creare cioè una sorta di “fortino”, sia la
soluzione ottimale per le università. Ma a ben vedere, questo
significherebbe per molti aspetti allontanare l'università dal mondo,
isolare lo studente.
(...)
LE CONTRADDIZIONI DELLA SINDACA DI SOLZA (ED UNA RAGIONE)
La lettera di Natale a BG news della sindaca di Solza, Carla Rocca una
pimpante piddina con ambizioni nazionali, nella quale lamenta come i
giovani, nonostante la crisi occupazionale, non si presentino neppure
ai concorsi per l'assunzione a tempo indeterminato da parte dei Comuni.
La sua lettera è piena di buonsenso e di primo acchito appare
condivisibile ma merita un paio di commenti. Il Comune di Solza è lungo
il fiume Adda immediatamente a valle di Calusco d'Adda. Ha una
popolazione di poco più delle duemila anime. Solza oltre ad avere dato
i natali a quel buonuomo di Barto lomeo Colleoni è fortunatamente poco
insidiato dalla porzione settentrionale della maxi Cava dell'Isola che
sta un gran parte nel vicino comune di Medo lago.
Il problema di Solza è che un comune di quella grandezza NON dovrebbe
nemmeno esistere nel senso che nella zona dell'Isola (124 kmq)
basterebbero 4-5 comuni per amministrare ragionevolmente una
popolazione di 120-130mila abitanti.
(...)
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MANCA DI DECORO
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Il Natale di chi non può fare programmi
di Roby Schirer
Erik e Viki si sono conosciuti quattro anni fa a una mensa per poveri.
Da allora dormono insieme, su un materasso a due piazze, sotto i
portici di Largo Augusto. Lui ha 25 anni, lei quasi il doppio; vengono
da Slovacchia e Kenya, parlano italiano e Bosh, il cane che fa loro la
guardia, lo hanno trovato davanti a una chiesa. Sono fidanzati? Chissà.
Viki dice solo che Erik la deve rispettare perché lei ha tanti anni di
più. Vivono delle monete elemosinate per strada, ma alla mensa non
tornano più, perché «si mangia male». Non hanno i soldi per tornare a
casa, nemmeno per fare programmi, e nessuna prospettiva di cambiare
vita. Ogni notte di senzatetto come loro si riempiono le vie del
centro, da San Babila a piazza Diaz: con le loro cose vicino, qualcuno
perfino con la tenda; tutti, naturalmente, al coperto sotto i portici.
«Ma vigili e poliziotti — dicono i due di Largo Augusto — ci lasciano
stare. Se restiamo tranquilli, ci lasciano stare».
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La
pubblicazione sulla pagina 1149 del 18 dicembre di questo blog della
foto della facciata della palazzina delle Crocette dove c'è la fermata
del bus deve avere urticato mica poco la sindaca Gamba e tutta la sua
corte di ignavi che non vendono mai nulla visto che ha RI-pubblicato l'
ordinanza n. 147 del 04.12.2019 sul decoro urbano per la pulizia e
manutenzione dei terreni privati in ambito urbano ed extraurbano. Nel
commento scrivevamo che “TOCCA AL COMUNE PULIRE QUELLA FACCIATA. Di
sicuro non è stato il proprietario di questo immobile, alle Crocette
dove c'è la fermata del bus, che ha conciato in questo stato la
facciata. Anno dopo anno le scritte e i manifesti si sovrappongono come
una sorta di cappotto comunicativo. Magari è pure leggermente
arrabbiata (pare sia una donna, la proprietaria) della situazione. A
Curno vige un regolamento – ci riferiamo a quello che obbliga i
frontisti di tagliare l'erba e spalare la neve dai marciapiedi oppure
alla recente ordinanza di cinque pagine cinque in ordine al tener
puliti gli spazi privati- che non esistiamo a definire
nazi-comunista in quanto sostanzialmente non serve ai cittadini comuni
ma serve sopratutto ai bottegai ed ai bar per uccellare meglio i loro
clienti. Pure in piazza della chiesa c'è una facciata che appena
rinnovata è stata “decorata” da qualche minchione atalantino. Per
dimenticare l'eleganza del muretto di recinzione dell'oratorio oppure
come è stato abbandonato il campo di tamburello. Pensiamo che spetti al
Comune e non allo sfortunato proprietario dell'edificio alle Crocette,
rimetterlo in sesto ad un livello “minimo” di decenza dal momento che
se dei mascalzoncelli lo pitturano nottetempo, la responsabilità è del
Comune che dovrebbe vigilare sull'ordine pubblico e il decoro del
paese. Ovvio che da una giunta che si limita ad emettere
ordinanze senza nemmeno fare il più elementare ragionamento, non
ci si debba attendere qualche moto di buonsenso ma solo sanzioni. Che
costano la carta per emetterle. Comunque è strano che alle Crocette NON
passi mai un consigliere della maggioranza per vedere questa vergogna e
–tra una regalia e l'altra alle associazioni che li votano- decidano di
tenere bene anche il paese di chi NON vuole regalie in cambio del voto”.
Ovviamente non siamo così ingenui da credere che queste pagine facciano
cambiare idea alla sindaca Gamba ed alla sua coorte tanto è vero che ha
replicato l'ordinanza senza fare un minimo di riflessione che nel caso,
l'ordinanza vale semmai proprio per il comune. Anzi: immaginiamo che la
sindaca abbia mandato fatto mandare tramite i vigili una bella sanzione
alla proprietà magari giustificandosi che “si sono lamentati su un
blog”: che sarebbe colpa nostra se lei ha inflitto la multa. Non è la
prima (sindaca) che agisce così. Sindaca, prima di emettere grida,
faccia una riflessione su tutto il sistema che regge (la neve, il
verde, le aiuole, i giardini privati, i terreni edificati ed
edificabili) e poi vedrà che il mondo è assai più complicato delle sue
semplificazioni. Ma dubitiamo che lei comprenda questi problemi.
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Con
tre determinazioni messe tutte in fila -658 , 659, 661- il responsabile
del settore patrimonio e lavori pubblici del Comune “richiamato il
decimo decreto correttivo ai principi contabili, emanato in data
01.03.2019, il quale interviene sui criteri di formazione del Fondo
Pluriennale Vincolato (FPV) di spesa in conto capitale, aggiornando il
principio contabile 4/2 allegato al D. Lgs. 118/2011 (paragrafo 5.4)”
ha deciso la costituzione fondo pluriennale vincolato per spesa in
conto capitale . Dice la legge che “Il fondo pluriennale
vincolato è stato istituito per rappresentare contabilmente la
copertura finanziaria di spese impegnate nel corso dell'esercizio e
imputate agli esercizi successivi, costituita da entrate accertate e
imputate nel corso del medesimo esercizio in cui è registrato
l'impegno. Il fondo pluriennale vincolato è lo strumento che gestisce e
rappresenta contabilmente la distanza temporale intercorrente tra
l'acquisizione delle risorse e il loro effettivo impiego, nei casi in
cui le entrate vincolate e le correlate spese, sono accertate e
impegnate nel corso del medesimo esercizio e imputate a esercizi
differenti”.
Vale a dire che i 215.250,00 euro per la costruzione della pista
ciclabile lungo il fiume Brembo, i 70.000,00 euro per la sistemazione
delle vie Emilia e Marigolda (che in effetti non si sa bene in cosa
consistano) ed i 542.000,00 euro per la creazione della rotonda
Scavolini sulla via Lecco vengono accantonati per essere
utilizzati l'anno venturo o nel 2021. Insomma: i soldi ci sono,
il programma d'investimento è stato approvato dal consiglio comunale, i
progetti sono in stato avanzato, ma non c'è tutto pronto per fare
l'appalto e iniziare i lavori.
Sono 827.250,00 euro che il Comune non riesce a investire quest'anno
perché i progetti esecutivi da mandare in appalto non sono pronti.
La questione è che tranne i 70mila euro per la sistemazione delle due
vie del quartiere Marigolda (ma c'è qualcosa da dire anche per
quest'opera) la necessità di rimandare all'anno prossimo se non al 2021
i lavori della pista pedociclabile lungo il fiume (la costruzione della
passerella sul Quisa è di la da venire) , deriva del tutto da come il
nostro comune ha impostato la procedura per queste opere.
La procedura è durata inutilmente troppo tempo perché ormai nel
nostro comune si è scelta la via appunto, di allungare le pratiche
piuttosto che di semplificarne l'iter. La ragione è semplice:
distribuire quanti più incarichi possibili a professionisti per fare
tre progetti dei quali i primi due vanno alla fine buttati. La legge
consente che sia fatta una gara per ciascuno di questi tre livelli di
progettazione e quindi che siano eseguiti anche da tre
professionisti differenti. Il che fa ridere o piangere secondo i gusti
personali. La legge consente anche di assegnare un incarico
“specialistico” (quindi che viene giudicato fondamentale) anche
all'ultimo livello.
Per fare un esempio automobilistico immaginate la Fiat che progetta una
macchina ed alla fine… oh! abbiamo dimenticato che ruote ci mettiamo
sotto. Alla Fiat una dirigenza che combina un casino del genere
verrebbe licenziata in mezzora.
A Curno invece accade che si decida che la pista pedociclabile lungo il
fiume costi la bellezza di 215.250 euro salvo che è necessaria una
indagine geologica ed idraulica da assegnare a spesa decisa.
Basta prendere in esame tutto l'iter della pratica per la passerella
sul Quisa, da come è nata e fin dove è arrivata adesso, per
capire come sia stata congegnata apposta per perdere tempo, per
provvedere a decine di incarichi professionali salvo che dopo 3-4 anni
non si è messo in opera un solo mattone. Forse la posa della mitica
“prima pietra” con tanto di benedizione prevostile o vescovile avverrà
a fine 2020.
Per fare un esempio a riguardo della rotonda Scavolini sulla via Lecco.
Il Comune ha deciso di affidare alla provincia la progettazione
dell'opera (non siamo in grado di specificare se paghi o meno
l'incarico).
Per progettare un'opera del genere occorreva:
(1) Fare una rilevazione del traffico proveniente
dalla Merena di Ponte e di Mozzo che svoltava verso Ponte per valutare
una equa distribuzione dei costi
(2) fare un rilievo accurato della zona anche sulla
verticale visto che vi passa una MAXI linea privata elettrica
(3) fare un rilievo dei sottoservizi (magari nello
stesso momento in cui la Vitali faceva lo stesso lavoro per l'adiacente
sovrappasso della Dalmine-Alme: ma non si può pretendere tanta
tempestività…)
(4) avere una valutazione delle aree della zona dall'AdE per successive acquisizioni
(5) avere una direttiva per quanto riguarda la
geologia e l'idraulica del posto (alla luce degli straventi ormai di
regola…)
(6) creare una commissione coi cittadini per valutare problemi e soluzioni e il successivo progetto
(7) fare direttamente un progetto esecutivo –tenendo
presente tutto quanto sopra accumulato- da mandare in appalto.
Una serie di operazioni che si potevano fare assegnando l'incarico
–mediante una gara aperta a tutto il mondo delle professioni senza
badare all'importo- ad un UNICO studio (una associazione temporanea di
professionisti). Invece sono trascorsi due anni e il progetto da
mettere in appalto ancora non c'é.
Ovvio che tutta la fiera messa in piedi nella realtà, per quanto
consentita dalla legge, in realtà serva soltanto a rimarcare sia gli
interessi corporativi dei dipendenti pubblici (sono io che governo
l'iter e nessuno ci metta naso!) e dall'altro costituisca un assist
formidabile in vantaggio delle professioni e della politica, che
proprio per le decine di incarichi distribuiti costituisce una
potenziale base di consenso e finanziamento elettorale.
Alla faccia dei cittadini che aspettano le opere.
Certo è comunque che un Comune come quello “bello da vivere” governato
da un gruppone di maestre e professoresse ha già la burocrazia come
stella polare e se poi ci aggiungiamo che l'ufficio comunale
addetto è retto da un geometra e da una impiegata, manco avessero i
pattini sotto i piedi e sotto i polpastrelli, potrebbero stare dietro a
questa mole di lavoro. Che viene invece inutilmente
ingigantita anziché semplificata per meri interessi di consenso
politico.
Finale di partita. La sindaca Gamba era partita per una luminosa guerra
in cui spendere 827.250,00 euro ed alla fine si accorge di non avere…
ne i quadri intermedi e neppure le truppe e quindi, tutti a nanna. Si
muoveranno l'anno venturo e tra due anni.
Una cosa è certa. (Perfino) alla Fiat se qualcuno facesse un preventivo
e poi la fornitura andasse in appalto con uno sconto di oltre il 40%
verrebbe messo alla porta entro mezzora. Se qualcuno facesse un
progetto in tre progetti accorgendosi alla fine di non avere pensato
alle ruote del doblò, qualcuno verrebbe spedito altrove.
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Quando
sei il rettore di una università provinciale –che segna una sorta di
continuità tra le superiori e l'uni versità- dove quasi la metà
degli studenti (45%) non arriva da casa (come fosse “casa” venire
in città da Valbondione, da Piazza Brembana piuttosto che da Isso) e
quando sul sito dell'ateneo non trovi una tabella con la provenienza
degli studenti divisa sul totale e per corsi, allora fai pensare che la
tua idea dell'università è solo quella di ingrandirla numericamente
anche se poi sei costretto ad adottare il numero chiuso per i
corsi triennali e domani anche per quelli quinquennali.
Non si comprende bene che messaggio si debba cogliere dall'articolo del
Corriere salvo che finalmente il rettore si è accorto che questo
disperdere l'università nei mille buchi che la città offre per
guadagnare (in suo –dell'università- verrebbe da dire: danno)
sicuramente sta nella linea esibita in prima pagina: “un'università per
la città, un campus diffuso. Spesso si ritiene che riunire tutti gli
studenti in un solo campus, creare cioè una sorta di “fortino”, sia la
soluzione ottimale per le università. Ma a ben vedere, questo
significherebbe per molti aspetti allontanare l'università dal mondo,
isolare lo studente.
La scelta dell'Università degli studi di Bergamo è stata invece quella
di diventare, col tempo, un'università nella città. Il campus
economico-giuridico, quello umanistico e quello ingegneristico,
compongono oggi un unico disegno, che rappresenta un invito: credere in
un legame quotidiano con la città e con il territorio, la sua storia,
la sua cultura”.
Non c'era migliore descrizione dell'idea che i bottegai berga maschi
hanno della scuola: va bene finchè resta una vacca da mungere. Dove gli
studenti sono vacche da mungere. Che è poi anche l'idea di Gori per
Città Alta.
Crescere non ha solo un'accezione dimensionale, e l'università a
Bergamo è oggi nella sua giusta dimensione: non dispersiva, non
caotica, a misura di studente. Crescere significa aprirsi. Per questo
si sono voluti recuperare importanti luoghi della città, vere perle che
testimoniano un grande passato. Spazi rigenerati e dunque valorizzati,
finalmente rinati per aprirsi verso la cittadinanza, verso tutti. E
sempre di più, con iniziative ed eventi culturali che siano sempre più
condivisi.
Traduzione per chi non conosce la città. Ci sono decine di spazi
pubblici inutilizzati perché del tutto irra zionali rispetto a
possibili riusi ed allora appioppiamoli all'uni versità che così li
rimettiamo in sesto e poi che si arrangi (l'università).
Adesso il rettore si rende conto che un buco qui, un buco li, un
buco a casa di dio l'università diventa un parco buoi ingestibile
e la scelta della Montelungo è ormai una scommessa di esito incerto:
nei costi e nei tempi. Il bando per raccattare offerte di ospizi per
alloggiare studenti e prezzi decenti ha raccolto successo proprio
perché –seguen do la stessa logica che ha fatto della parte
storica un relitto inutilizzabile- anche i privati ne hanno un
grande numero ed allora ecco la corsa ad offrirli alla scuola: hanno
imparato a fare come il comune e la provincia di Bergamo. Rifilare al
pubblico quello che il privato non sa più che farsene. Ma il sistema
non regge e scricchiola. Occorrono aule, occorrono spazi razionali,
occorre una vera università e non edifici in abbandono da traves tire
in università.
Qui ormai vanno a pallino i fondamentali: un'università per la città,
un campus diffuso. La scelta dell'Università degli studi di Bergamo è
stata invece quella di diventare, col tempo, un'università nella
città”. Fine del cinema: bisogna cambiare del tutto il pensiero.
Vaglielo a dire a Gori, al PD, alla Lega e al Sinedrio che governa
città e provincia.
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La
lettera di Natale a BG news della sindaca di Solza, Carla Rocca una
pimpante piddina con ambizioni nazionali, nella quale lamenta come i
giovani, nonostante la crisi occupazionale, non si presentino neppure
ai concorsi per l'assunzione a tempo indeterminato da parte dei Comuni.
La sua lettera è piena di buonsenso e di primo acchito appare
condivisibile ma merita un paio di commenti. Il Comune di Solza è lungo
il fiume Adda immediatamente a valle di Calusco d'Adda. Ha una
popolazione di poco più delle duemila anime. Solza oltre ad avere dato
i natali a quel buonuomo di Barto lomeo Colleoni è fortunatamente
poco insidiato dalla porzione settentrionale della maxi Cava dell'Isola
che sta un gran parte nel vicino comune di Medo lago.
Il problema di Solza è che un comune di quella grandezza
NON dovrebbe nemmeno esistere nel senso che nella zona dell'Isola (124
kmq) basterebbero 4-5 comuni per amministrare ragionevolmente una
popolazione di 120-130mila abitanti. Un comune di 2000 abitanti
deve avere dipendenti con la stessa professionalità dei dipendenti del
Comune di Bergamo ma ovviamente non può essere.
Anche l'esporsi della Rocca come sindaca di un comune col “PGT a
crescita zero” è una bufala mediatica dal momento che quando sei
sostanzialmente un quartierino dell'Isola e sei rimasta senza
territorio perché se lo sono già mangiato tutto, beh… sei costretta
alla crescita zero. Ovvio che i cittadini di Solza non abbiano bisogno
di un centro commerciale: bastano quelli dell'adiacente Calusco.
Dove invece ha ragione la sindaca Rocca è nel sottolineare come
manchino dei corsi universitari per la formazione di figure di
funzionario pubblico. Oggi queste figure sono tutte mutuate dalle
funzioni strettamente private.
Ovvio che da una parte le categorie professionali cerchino in
ogni modo di evitare l'aggregazione dei comuni in quanto perderebbero
un mercato professionale e tangentizio non di poco conto ed è
altrettanto ovvio che sindaci politici e interessi privati non
sempre esattamente puliti lavorino per evitare l'aggregazione.
Che poi questa posizione politica delle professioni, sposata anche dai
politici di ogni livello in nome di una autonomia e originalità
comunale, si rifletta in una UniBG che sforma a getto continuo
propria la serie dei professionisti de quo, evidente che manca un
indirizzo che
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