A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1144 DEL 12 DICEMBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















LA MERKEL NON ERA MAI ANDATA AD AUSCHWITZ
PURE IL PDR SCOPRE L’EVASIONE FISCALE
1 - Questa settimana siamo stati messi di fronte a     dei fatti che ci hanno lasciato perplessi e a disagio. Cinque giorni or sono i quotidiano ci hanno informato che per la PRIMA volta in vita sua Angela Merkel ha fatto visita al campo di concentramento nella cittadina polacca di Oświęcim (in tedesco chiamata Auschwitz). I giornali ci dicono che la cancelliera  è stata il terzo capo di governo tedesco (dopo Helmuit Schmidt nel 1977 e Helmut Kohl nel fatidico 1989, anno della caduta del muro di Berlino) a visitare questo campo di concentramento, simbolo dell’Olocausto. Nella visita era accompagnata dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, dal sopravvissuto Bogdan Bartnikowski e da Ronald Lauder, presidente del Congresso Ebraico Mondiale. La visita è considerata storica e cade in un momento di rigurgitante antisemitismo in Europa e in cui si teme che la morte degli ultimi testimoni del genocidio nazista possa complicare il processo di trasmissione della memoria e della verità. Angela Merkel, che è cresciuta nella Germania est, aveva visitato in passato i campi di sterminio di Buchenwald e Dachau.
Il nostro stupore nasce dal fatto che siano passati 2019-1945=74 anni (Angela Merkel ha 65 anni) senza che il più importante capo di stato della Germania non abbia mai sentito il dovere morale di recarsi in visita “politica” se non altro  come sconto dei crimini che molti suoi elettori e concittadini avevano commesso verso gli internati.
(...)

2 - Del secondo motivo di sconcerto abbiamo già parlato e lo rimettiamo in pista. Pochi giorni or sono il PdR Mattarella accogliendo gli studenti in visita al Quirinale ha dichiarato che l’evasione fiscale ”è una cosa davvero indecente, perché i servizi comuni, la vita comune è regolata dalle spese pubbliche. Se io mi sottraggo al mio dovere di contribuire sto sfruttando quello che gli altri pagano, con le tasse che pagano”.  Certo che il momento scelto per parlare sul tema non ci pare sia stato quello più adatto visto che se oggi apriamo i giornali leggiamo che il piano del governo per salvare le acciaierie di Taranto e le migliaia di posti di lavoro che dipendono dalle sorti dell’ex-Ilva passa attraverso un’operazione molto complessa con dentro un partner pubblico come Cassa depositi e prestiti, un’azienda controllata dallo Stato come Snam, il gruppo Arvedi di Cremona e Trieste e infine, ancora, ArcelorMittal. Vale a dire soldi pubblici per mandare avanti una baracca pericolosa per gli operai e la popolazione tarantina e in perdita che il Governo aveva tentato di rifilare agli Indiani mentre questi l’hanno strizzata ancora meglio dei Riva depredandola dei clienti. Nei sette anni perduti dell'Ilva, dagli arresti e dal sequestro del 26 luglio 2012, sono andati in fumo 23 miliardi di euro di Pil, l'1,35% cumulato della ricchezza nazionale. L'Ilva è una questione nazionale: il Nord industriale, cuore della meccanica, del bianco e della componentistica auto che di acciaio si nutrono, ha visto bruciare 7,3 miliardi di Pil.
(...)

SEGRE VS TERRACINA:DUE STILI
NEL PAESE SGARRUPATO LA MEMORIA
BATTE DOVE CONVIENE ELETTORALMENTE
3 - Il terzo fatto che ci lascia perplessi è la vicenda di Liliana Segre. Milanese, classe 1930 (89 anni!) è stata nominata senatrice a vita nel gennaio 2018. La sua storia dopo la liberazione dal campo di concentramento è tutta una storia di pubblico testimone della shoah. Vediamola:
- Commendatore Ordine al merito della Repubblica italiana di iniziativa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2004
- Medaglia d'oro della riconoscenza della Provincia di Milano nel 2005
- Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza (2008) -
- Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza (2008) Università degli studi di Trieste
- Laurea Honoris Causa in Scienze Pedagogiche
- Laurea Honoris Causa in Scienze Pedagogiche 2010 — Università degli studi di Verona
- Senatrice a vita - nastrino per uniforme ordinaria   
- Senatrice a vita «Per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale. 2018
- Dottorato Honoris Causa in Scienze Umanistiche Transculturali  2019 Università degli Studi di Bergamo
- Medaglia d'oro al merito della Croce Rossa Italiana «In segno di apprezzamento e riconoscenza verso Liliana Segre, per essere portatrice di pace per la dedizione nel tramandare la memoria alle nuove generazioni. 2019.
Non si comprende che scuole abbia frequentato e di che lavoro abbia vissuto. Almeno in questo fortunata.
Nei giorni scorsi é morto un ebreo romano di 91 anni, Piero Terracina, che ha subito una storia identica a quella di Liliana Segre. Chissà perché a lui non é piovuta addosso una messe di lauree come alla Segre?.
(...)

4 - Sempre in tema di memoria e di conservare la memoria e insegnare la storia ai giovani. La nostra sindaca con un breve messaggio video sul sito di Vivere Curno ci ha informati che sarebbe stata presente alla manifestazione dei 600 sindaci italiani per Liliana Segre. Il Comune di Curno, in mano a dei reliquati democristiani, celebra il 25 aprile nel ricordo di un tragico episodio di guerra: l’eccidio di otto partigiani a Petosino nel settembre del 1944 appartenenti alla formazione cattolica delle Fiamme Verdi capitanati dal curato di Almè. Il gruppo partigiano, la  formazione di Valbrembo della Brigata «Fratelli Calvi», comandato appunto dal curato di Villa d’Almè, don Antonio Milesi (nome di battaglia Dami), dispose un colpo di mano contro Villa Masnada alle Crocette , controllata dai tedeschi, per procurarsi armi e equipaggiamenti. La villa era vuota. L’irresponsabilità del Milesi fu altissima tanto che le brigate nere arrivarono addosso ai partigiani, ridicolmente nascostisi  dietro i colli di Valbrembo, addirittura in auto e treno. Quella fucilazione avrebbe fatto meritare l’ergastolo non solo ai fucilatori, a chi l’aveva ordinata ma anche un processo e una condanna al Milesi.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!


















































































































































































IL NUOVO CAPANNONE DELLA FRENI BREMBO




































































LA MERKEL NON ERA MAI ANDATA AD AUSCHWITZ
PURE IL PDR SCOPRE L’EVASIONE FISCALE

1 - Questa settimana siamo stati messi di fronte a     dei fatti che ci hanno lasciato perplessi e a disagio. Cinque giorni or sono i quotidiano ci hanno informato che per la PRIMA volta in vita sua Angela Merkel ha fatto visita al campo di concentramento nella cittadina polacca di Oświęcim (in tedesco chiamata Auschwitz). I giornali ci dicono che la cancelliera  è stata il terzo capo di governo tedesco (dopo Helmuit Schmidt nel 1977 e Helmut Kohl nel fatidico 1989, anno della caduta del muro di Berlino) a visitare questo campo di concentramento, simbolo dell’Olocausto. Nella visita era accompagnata dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, dal sopravvissuto Bogdan Bartnikowski e da Ronald Lauder, presidente del Congresso Ebraico Mondiale. La visita è considerata storica e cade in un momento di rigurgitante antisemitismo in Europa e in cui si teme che la morte degli ultimi testimoni del genocidio nazista possa complicare il processo di trasmissione della memoria e della verità. Angela Merkel, che è cresciuta nella Germania est, aveva visitato in passato i campi di sterminio di Buchenwald e Dachau.
Il nostro stupore nasce dal fatto che siano passati 2019-1945=74 anni (Angela Merkel ha 65 anni) senza che il più importante capo di stato della Germania non abbia mai sentito il dovere morale di recarsi in visita “politica” se non altro  come sconto dei crimini che molti suoi elettori e concittadini avevano commesso verso gli internati.
Scrivono. Il padre di Angela studiò Teologia a Heidelberg e, in seguito, ad Amburgo. Nel 1954 il padre divenne pastore della chiesa di Quitzow, presso Perleberg, nel Brandeburgo, e la famiglia si trasferì a Templin. Pertanto, Angela crebbe in campagna, a 80 km a nord di Berlino, nella Repubblica Democratica Tedesca socialista.
Winifred Engelhardt, ex membro anziano dell'Unione Cristiano Democratica asserisce in un libro[1] che la capacità della famiglia di viaggiare tranquillamente dalla Germania Est alla Germania Ovest, come anche il loro possesso di due automobili, porta alla conclusione che il padre di Merkel avesse relazioni con il regime comunista, in quanto tali libertà per un pastore cristiano e la sua famiglia sarebbero state normalmente impossibili nella RDT.
Come molti giovani connazionali, Angela Merkel fu membro del movimento giovanile socialista Libera Gioventù Tedesca ma non prese parte alla cerimonia di passaggio alla maggiore età, comune nella Germania dell'Est, ma si sottopose invece al rito della Cresima in quanto osservante nella religione cristiano luterana.
Angela Merkel ha compiuto i suoi studi a Templin e all'Università di Lipsia, dove ha studiato fisica dal 1973 al 1978. Successivamente ha frequentato e lavorato all'Istituto Centrale per la Chimica fisica dell'Accademia delle Scienze a Berlino-Adlershof dal 1978 al 1990. Angela Merkel parla correntemente il russo. Dopo aver conseguito il dottorato (Dr. rer. nat.), con una tesi dottorale sulla chimica quantistica, ha continuato ad operare nella ricerca.
Nel 1989 Angela Merkel è stata coinvolta nel nascente movimento democratico «Il popolo siamo noi» a seguito della caduta del Muro di Berlino, aderendo poi al nuovo partito Risveglio Democratico. Dopo le elezioni libere del 18 marzo 1990 è divenuta portavoce dell'ultimo governo della Repubblica Democratica Tedesca, guidato da Lothar de Maizière.
Certo fa pensare che una cattolica abbia bisogno di 65 anni per maturare la decisione di visitare Oświęcim – Auschwitz.

2 - Del secondo motivo di sconcerto abbiamo già parlato e lo rimettiamo in pista. Pochi giorni or sono il PdR Mattarella accogliendo gli studenti in visita al Quirinale ha dichiarato che l’evasione fiscale ”è una cosa davvero indecente, perché i servizi comuni, la vita comune è regolata dalle spese pubbliche. Se io mi sottraggo al mio dovere di contribuire sto sfruttando quello che gli altri pagano, con le tasse che pagano”.  Certo che il momento scelto per parlare sul tema non ci pare sia stato quello più adatto visto che se oggi apriamo i giornali leggiamo che il piano del governo per salvare le acciaierie di Taranto e le migliaia di posti di lavoro che dipendono dalle sorti dell’ex-Ilva passa attraverso un’operazione molto complessa con dentro un partner pubblico come Cassa depositi e prestiti, un’azienda controllata dallo Stato come Snam, il gruppo Arvedi di Cremona e Trieste e infine, ancora, ArcelorMittal. Vale a dire soldi pubblici per mandare avanti una baracca pericolosa per gli operai e la popolazione tarantina e in perdita che il Governo aveva tentato di rifilare agli Indiani mentre questi l’hanno strizzata ancora meglio dei Riva depredandola dei clienti. Nei sette anni perduti dell'Ilva, dagli arresti e dal sequestro del 26 luglio 2012, sono andati in fumo 23 miliardi di euro di Pil, l'1,35% cumulato della ricchezza nazionale. L'Ilva è una questione nazionale: il Nord industriale, cuore della meccanica, del bianco e della componentistica auto che di acciaio si nutrono, ha visto bruciare 7,3 miliardi di Pil.
Nei giorni scorsi gli Italiani hanno potuto leggere il calcolo del professore Università Bicocca di Milano e ricercatore presso l'Istituto Bruno Leoni, Andrea Giuricin, secondo il quale la stima del costo per lo Stato di Alitalia solo dal 2008 a oggi sarebbe pari a quasi 9,5 miliardi di euro.
Vero che (altri) numeri parlano (altrettanto) chiaro: ammonta a 107 miliardi e 500 milioni di euro l’evasione fiscale nel nostro Paese. Qualche studio aggiunge che  sommando l’evasione fiscale e quella contributiva si raggiungono i 120 miliardi. I dati sono contenuti in un rapporto del 2018 redatto dallo stesso Ministero dell’Economia e delle finanze (Mef). Tra l’altro, questi numeri sono quasi edulcorati. Sia perché alcuni economisti come Carlo Cottarelli parlano di ben 130 miliardi.
È difficile per tutti capire di quanto denaro stiamo parlando. Per farci un’idea dobbiamo pensare che l’intera spesa pubblica per la sanità, in un anno, ammonta circa a 118 miliardi di euro. La spesa pubblica per la scuola, per quanto non sia mai stata esattamente quantificata, dovrebbe stare (2019) attorno agli 70 miliardi ma non si conoscono le spese degli enti locali. Nel 2017 la spesa per la pubblica istruzione è stata pari a 66,1 miliardi di euro, di cui 25,1 miliardi per l’istruzione primaria (prescolastica e elementare), 30,4 miliardi per quella secondaria (scuole medie, scuole superiori e istruzione post-secondaria non-terziaria), 5,5 miliardi per quella terziaria (università) e i restanti 5,1 miliardi per servizi sussidiari e altre categorie residuali. L’Italia è stata l’unico paese dell’Unione Europea in cui la spesa per interessi sul debito pubblico (e altre spese collegate), pari a 69 miliardi nel 2017, ha ecceduto quella per l’istruzione (per 0,2 punti percentuali di Pil).

Le persone comuni che pagano le tasse prima di riscuotere salario stipendi pensioni restano interdette nel sentire queste affermazioni contraddittorie da parte non della casalinga di Voghera, ma da parte del PdR Mattarella. Il cittadino comune si sente come dentro un mulinello ed ha la sola certezza che lui verrà spremuto sia da chi non paga le tasse sia da uno stato che non sa farsi pagare (oltre che essere spesso complice dell’evasore) sia da uno stato che spende e spande allegramente dappertutto –Alitalia e Ilva sono due esempio più attuali temporalmente-  senza che sortisca una soluzione una.
Da Mattarella ci  saremmo aspettati  molto più spesso delle solide bacchettate pubbliche anche su quei governi che hanno permesso in piedi quei numeri. Degli evasori e di Alitalia.


SEGRE VS TERRACINA:DUE STILI
NEL PAESE SGARRUPATO LA MEMORIA
BATTE DOVE CONVIENE ELETTORALMENTE
3 - Il terzo fatto che ci lascia perplessi è la vicenda di Liliana Segre. Milanese, classe 1930 (89 anni!) è stata nominata senatrice a vita nel gennaio 2018. La sua storia dopo la liberazione dal campo di concentramento è tutta una storia di pubblico testimone della shoah. Vediamola:
- Commendatore Ordine al merito della Repubblica italiana di iniziativa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2004
- Medaglia d'oro della riconoscenza della Provincia di Milano nel 2005
- Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza (2008) -
- Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza (2008) Università degli studi di Trieste
- Laurea Honoris Causa in Scienze Pedagogiche
- Laurea Honoris Causa in Scienze Pedagogiche 2010 — Università degli studi di Verona
- Senatrice a vita - nastrino per uniforme ordinaria   
- Senatrice a vita «Per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale. 2018
- Dottorato Honoris Causa in Scienze Umanistiche Transculturali  2019 Università degli Studi di Bergamo
- Medaglia d'oro al merito della Croce Rossa Italiana «In segno di apprezzamento e riconoscenza verso Liliana Segre, per essere portatrice di pace per la dedizione nel tramandare la memoria alle nuove generazioni. 2019.
Non si comprende che scuole abbia frequentato e di che lavoro abbia vissuto. Almeno in questo fortunata.
Nei giorni scorsi é morto un ebreo romano di 91 anni, Piero Terracina, che ha subito una storia identica a quella di Liliana Segre. Chissà perché a lui non é piovuta addosso una messe di lauree come alla Segre?.
Ad ogni apparizioni in pubblico della Segre e di Terracina erano-sono ormai l’occasione perché il neofascismo italico in versione istituzionale (meloniani e leghisti) ed extra istituzionale (casa pound e l’universo nero) scarichi  in rete ed anche materialmente ogni sorta di minaccia e violenza verbale e fisica se capita.
Francamente l’idea che persone di 90 anni (90!!!) vadano in giro per il paese – anzi: siano portate in giro- come delle madonne pellegrine a recitare sempre la medesima allocuzione, al di la del rispetto per la storia e l’età, ci lascia perplessi. La mia generazione  è stata allevata alla scuola dell’antifascismo ed abbiamo cominciato a sapere dell’olocausto fin dalle scuole medie: 1958-1960 e ce lo raccontavano maestri maestre genitori zii. Fortunatamente ci sono migliaia di pagine di storia e letteratura  (non solo italiane) di testimonianza della dominazione fascista e tedesca e delle colpe degli italiani e del popolo tedesco. Nella nostra società ormai il contenuto è stato  sostituito dalla forma: invece bisogna studiare a fare studiare anziché una manifestazione nel salotto di Milano all’ora dell’apericena.
Certo Segre e Terracina non sono Primo Levi.
Per questo il metterli sempre in piazza non saprei se sia fare storia o teatro consolatorio.


4 - Sempre in tema di memoria e di conservare la memoria e insegnare la storia ai giovani. La nostra sindaca con un breve messaggio video sul sito di Vivere Curno ci ha informati che sarebbe stata presente alla manifestazione dei 600 sindaci italiani per Liliana Segre. Il Comune di Curno, in mano a dei reliquati democristiani, celebra il 25 aprile nel ricordo di un tragico episodio di guerra: l’eccidio di otto partigiani a Petosino nel settembre del 1944 appartenenti alla formazione cattolica delle Fiamme Verdi capitanati dal curato di Almè. Il gruppo partigiano, la  formazione di Valbrembo della Brigata «Fratelli Calvi», comandato appunto dal curato di Villa d’Almè, don Antonio Milesi (nome di battaglia Dami), dispose un colpo di mano contro Villa Masnada alle Crocette , controllata dai tedeschi, per procurarsi armi e equipaggiamenti. La villa era vuota. L’irresponsabilità del Milesi fu altissima tanto che le brigate nere arrivarono addosso ai partigiani, ridicolmente nascostisi  dietro i colli di Valbrembo, addirittura in auto e treno. Quella fucilazione avrebbe fatto meritare l’ergastolo non solo ai fucilatori, a chi l’aveva ordinata ma anche un processo e una condanna al Milesi.
Ma facciamo un passo indietro. Nell’edificio che nell’aprile 1945 ospitava municipio di Curdomo-Curno (l’attuale edificio di Curno è lo stesso edificio fatto costruire dal fascismo quando i due comuni Curno e Mozzo vennero riuniti d’autorità) erano depositati una grande quantità  di materiali del genio trasmissioni dell’esercito italiano oltre che cibo,coperte, armi munizioni e cose di valore depredate dai tedeschi nelle case degli antifascisti ed ebrei bergamaschi. L’edificio Il (comune) venne conquistato nei giorni precedenti il 25 aprile dal garibaldino Gianni Artifoni (G. Artifoni, Memorie della Resistenza, Corponove, Bergamo, 2015). Artifoni si allontanò da Curno per una spedizione a fermare la fuga dei tedeschi dall’Italia a Treviglio-Cassano  ed al rientro in paese scoperse che il materiale militare depositato nel cinema era stato portato via. Decise di mettere al muro le otto guardie lasciate a vigilare, tutti giovani di Curno. Nel primo manoscritto dell’Artifoni ci sono nomi e cognomi, scomparsi poi nel libro della figlia. Quando il curato Mario Frizzi vide quegli otto allineati al muro e i partigiani pronti a fucilarli, si mise tra le due fazioni sfidando i fucilatori a fucilare anche lui. Artifoni dette ordine di sospendere l’esecuzione e lasciare andare i prigionieri. Purtroppo la refurtiva non venne mai recuperata (quindi era nascosta in qualche fienile del paese) mentre uno di quei ladroni divenne un importante artigiano elettricista del paese: proprio partendo da quella refurtiva mai riconsegnata.  Il nostri amministratori  hanno dimenticato il curato Mario Frizzi  classe 1911 “uno che ascoltava sfrontatamente nello studio, che aveva le finestre sul sagrato, Radio Londra con alcuni noti antifascisti locali; che si sospettava aiutasse i partigiani e si era rifiutato anche di presenziare al trasporto funebre di un soldato repubblicano”. Hanno dimenticato un eroe in tonaca nera e celebrano la mala azione di un curato completamente fuori di testa che aveva condotto a morte molti giovani che credevano in lui. Hanno dimenticato anche quel tremendo omino senza coraggio e fortemente fascista che  era il prevosto don Tullio Buelli, del quale si ricorda anche gli una notte gli… inchiodarono il portone della chiesa con due “assi messi in croce” : chissà perché… . Poi c'erano altri curnesi meno esposti come l'Ambrosini e il Corti, operai della Fervet. Un fratello Ubiali dei mastri carrai.
Insomma la nostra sindaca invece di ricordare i concittadini che tanto o poco ci misero la propria rusca per darci-darle la libertà, va a Milano a sfilare oppure a Mozzo a celebrare l’sito di un pretino matto. Che è uno schiaffo alla memoria.