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Erano
trascorse poche ore dalla decisione della giunta Gori di aumentare le
addizionali IRPEF per il prossimo Bilancio di Previsione del
Comune di Bergamo 2020 che la giunta Gamba ha scodellato –con due
assessori assenti- la delibera analoga in preparazione del Bilancio di
Previsione 2020. Una delibera che poteva essere fatta in tre righe e
una tabella è invece del tutto incomprensibile e potrebbe rivelarsi
inutile visto che la Legge di Stabità 2020 non è stata
ancora approvata dal Parlamento.
Nella delibera di giunta n. 154 del 18-11-2019 dove viene fissata l'
Addizionale comunale IRPEF anno 2020 c'è scritto che “ritenuto di dover
confermare, per l'anno 2020, l'aliquota dell'addizionale comunale sul
reddito delle persone fisiche, nella misura di quanto già applicato per
l'annualità 2019, confermando una previsione di € 360.000,00 che
risulta compatibile con gli equilibri di bilancio previsti dalla Legge
24 dicembre 2012, n. 243. Segue una lunghissima sbrodolata del tutto
incomprensibile dalla quale dove ci è parso di capire che l'addizionale
non può aumentare.
Poi leggiamo sul Corriere a proposito del Comune di Bergamo che nel
Bilancio di previsione 2020 «il dato più rilevante è l'aumento
dell'Irpef dello 0,2% che arriverà così allo 0,8%. Poi aggiunge che «la
giunta Gori fa notare che l'adeguamento dell'Irpef è sempre più
diffuso: secondo i dati del ministero (aggiornati a giugno 2019) dei
3.700 Comuni che hanno comunicato la situazione dei propri bilanci sono
pochissimi — 47 nel 2019 — quelli che non hanno incrementato l'imposta
pur potendolo fare». E S. Bianco aggiunge che « nel centrodestra
bergamasco davvero in pochi sembrano essersi accorti dell'aumento
dell'imposta portata al massimo (0,8%). Lega e alleati annunciano
ostruzionismo in aula, vedremo».
Una ricerca in internet ci consente p.e. di leggere nella
delibera (per il bilancio del 2019) del Comune di Arcole (VR)
dove ci pare di capire che già nel 2019 si potevano alzare i millesimi
di incremento dell'addizionale IRPEF.
La dirigente dell'ufficio ha poi confermato che – le lunghe
citazioni a parte dentro la delibera 154, le addizionali IRPEF 2020
restano identiche a quelle del 2019.
A noi pare che tutto l'insieme della tassazione locale (quindi non solo
Curno) sia piuttosto incasinato fumoso tortuoso dal momento che prima
di arrivare a questa delibera (comunale) bisognerebbe avere almeno in
mano la Legge di Stabilità 2020 dal momento che si accavallano forme di
tassazione e di welfare nazionale e locale che meriterebbero di essere
trattate globalmente. Almeno a livello locale visto che una gran parte
del bilancio comunale va in varie forme di welfare. Per esempio sarebbe
utile che il Comune chiedesse (ovviamente si faranno pagare il
servizio….) all'AdE dei dati statistici comunali dai quali si ricavi
seguendo scaglioni di reddito di mille euro come si incrociano i dati
famigliari (numeri di redditi, persone a carico) al netto delle
riduzioni per detrazioni & deduzioni. In questo modo al
Comune è possibile ricostruire lo stato di salute economica delle
proprie famiglie, sia pure per grandi aggregati, e coniugare in questo
modo l'welfare comunale con quello nazionale visto che… oggi
questo può accadere SOLO a valle, cioè al momento in cui un cittadino
chiede p.e. il rimborso dei libri o la compartecipazione del Comune
alle tariffe scolastiche o un bonus badanti. Per esempio.
Tra l'altro adesso ci sono cinque scaglioni di reddito con cinque
aliquote e pare che “dopo questa finanziaria” gli scaglioni di reddito
dovrebbero diminuire a tre (+1: esenti al di sotto degli 8mila euro).
Non siamo d'accordo sulla riduzione degli scaglioni da 5>3 perché
siamo del parere che gli scaglioni non debbano proprio esistere e la
curva IRPEF ( a cosa servono i calcolatori se non si usano?) in modo
che la progressività sia maggiormente sensata e lineare perché questo
consente appunto di modulare meglio il reddito disponibile alle
famiglie incrociando sia la tassazione IRPEF che l'welfare comunale.
Per esempio prendiamo i vari bonus che spettano a chi ha dei figli.
Nella Legge di Stabilità 2020 pare si preveda un bonus di 3mila euro
per famiglia con redditi ISEE fino a 25mila euro. Poi ci sono i
contributi che i Comuni versano per l'abbattimento delle rette. Si
potrebbe-dovrebbe riportare tutto –nazionale regionale comunale- in
ambito IRPEF magari anche arrivando a dei bonus aggiuntivi a favore di
chi ne ha diritto pure in presenza di un reddito discreto se non
sostanzioso. In questo modo si rendono certi servizi alle famiglie come
una sorta di LeA: vale a dire che certi servizi debbono valere dalle
Alpi al Lilibeo.
La decisione della giunta Gamba finisce così coll'essere un
mischiotto attraverso il quale non si costruisce l'idea di
“cittadinanza eguale” ma di “cittadino servile” vale a dire che tu
cittadino non sei una persona messa nelle stesse condizioni di
partenza uguale alle altre ma attraverso una serie di bonus che via via
la giunta ti darà (pensiamo alla selva del piano del diritto allo
studio…) attraverso una serie di associazioni dello stesso colore e
prevalente indirizzo religioso-politico, tu “potrai fare
parte” dei fortunati oppure degli assistiti oppure dei
dimenticati. Siamo insomma tornati al peggio della vecchia DC,
quando il cittadino “doveva” chinare la groppa e recarsi a chiedere il
bonus –stavolta fintamente mimetizzato in una domanda sul web –
al comune che domani ti ricorderà di votarlo.
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Quanto
della questione Mes è strumentalizzazione politica? Di primo acchito,
molto. Il Trattato in discussione modifica quello esistente che istituì
il Mes a fine 2012. La possibilità che il debito venga ristrutturato,
prevista alla premessa 12 del nuovo Trattato, era già nell'articolato
precedente.
I noltre, la possibilità che si arrivi a una ristrutturazione del
debito a seguito di una crisi esisterebbe anche senza Mes, come
dimostra il caso della Grecia. Anzi, i fautori del Trattato sostengono
che un'eventuale ristrutturazione sarebbe solo più ordinata. Il Mes
infine interviene solo su richiesta di un Paese in stato di crisi.
Quindi, se i governi italiani perseguiranno politiche fiscali
responsabili, il rischio di ristrutturazione del debito semplicemente
non esiste.
Questione chiusa, dunque? No. Per capirlo serve rispondere a tre
quesiti: che cosa cambia veramente col nuovo Trattato? Perché i governi
europei lo hanno voluto cambiare proprio adesso? Che cosa è meglio per
i detentori dei Btp?
Cosa cambia? Primo. La guida della gestione delle crisi passa dalla
Commissione, istituzione politica fondata sul principio della
rappresentatività di tutti i Paesi, e che quindi agisce sulla base del
compromesso tra i diversi interessi nazionali, al Mes: un organismo
tecnico, con potere decisionale autonomo e che risponde direttamente ai
governi che lo hanno istituito. L'art. 13 prevede che il managing
director del Mes, con il supporto del suo staff, valuti, negozi e
proponga al suo board le condizioni a cui il Paese deve sottostare; per
questo gli viene riconosciuta e garantita indipendenza e autonomia
decisionale (premessa 7 e art. 7.4). La premessa 12A e l'art. 13.8
assegnano alla Commissione un ruolo di collaborazione e controllo del
rispetto della legge. Alla Commissione spetta la valutazione della
sostenibilità del debito, un concetto che ammette ampi margini di
soggettività; mentre il Mes adotta il più stringente criterio della
capacità di ripagare il suo prestito. In caso di valutazioni
confliggenti, il Mes decide autonomamente in base ai propri criteri.
Per avere idea di cosa significhi spostare il baricentro dalla
Commissione al Mes, basta guardare al suo attuale organigramma:
managing director, Klaus Regling, tedesco, già ministero delle Finanze
tedesco, e direttore Affari finanziari della Commissione; deputy e risk
officer, Christophe Frankel, francese, già Credit Foncier e Cades
(gestione debito pubblico); chief economist, Rolf Strauch, tedesco, già
Bce e Bundesbank.
Secondo. Il Trattato specifica che il Mes interviene in due modi: i
prestiti precauzionali, soggetti a condizionalità, ma che non
comportano la possibilità della ristrutturazione del debito (art. 14);
e quelli che invece la ammettono. L'Annex III dell'art. 14 definisce
esattamente i criteri che devono essere soddisfatti affinché un Paese
possa accedere ai prestiti precauzionali: oggi l'Italia non li
soddisfa.
Nel caso richiedessimo assistenza finanziaria al Mes, dunque,
quest'ultimo dovrà valutare se la ristrutturazione del debito sia una
condizione necessaria perché l'Italia ripaghi l'eventuale prestito.
Terzo, per facilitare le ristrutturazioni l'art. 12 prevede che dal
2022 i titoli di stato dell'eurozona contengano clausole di azione
collettive che rendano vincolanti per tutti le ristrutturazioni
approvate a maggioranza qualificata. Nel Trattato esistente ci vogliono
due maggioranze (per singola emissione e per il totale del debito) e
quorum più elevati.
Chiaramente le modifiche al Trattato aumentano la probabilità che, in
caso l'Italia chieda assistenza al Mes, quest'ultimo ponga la
ristrutturazione del debito tra le condizioni per erogare un prestito.
In caso di crisi, pertanto (e solo in questo caso), le modifiche al
Trattato costituiscono un maggior rischio per gli investitori, che si
autoalimenta.
Perché ora? Il testo del Trattato è stato licenziato nel giugno 2019.
Ma la decisione su come modificarlo è dell'Euro Summit del dicembre
2018. La tempistica lascia pochi dubbi sul perché i governi europei
abbiano deciso di cambiare un trattato vecchio di 5 anni proprio a fine
2018: in Italia era appena arrivato al potere un governo populista che
finanzia l'aumento della spesa pubblica col deficit, rigetta la
priorità della sostenibilità del debito e brandisce la minaccia
dell'uscita dall'euro.
Politiche queste che porterebbero dritti a una crisi del debito appena
si chiudesse l'ombrello della Bce. È evidente che per cautelarsi contro
questa evenienza i governi europei vogliano creare un cordone sanitario
intorno all'Italia temendo che una crisi dei Btp metta a repentaglio la
moneta unica.
Cosa conviene fare adesso?
Aderire al Trattato. Non farlo, o rinviarlo, sarebbe inutile perché il
Mes è un accordo tra governi e quindi il Trattato può essere ratificato
anche senza di noi.
E aumenterebbe solo i danni perché una vittoria della linea di Salvini
e Di Maio rafforzerebbe i timori sulla pericolosità del nostro debito.
Oggettivamente, il Trattato aumenta la probabilità che in caso di crisi
futura ci venga richiesta una ristrutturazione del debito. Ma è chiaro
che la responsabilità per tutto questo è il risultato dell'esperienza
dei gialloverdi al governo e delle politiche propugnate ancora oggi
dalla Lega e, a giorni alterni, dal M5S.
Servirà pure a Salvini per arrivare alle elezioni e a vincerle.
Qualcuno gli spieghi che rischia di trovarsi a governare su un cumulo
di macerie (sotto al quale ci saremo anche noi).
Alessandro Penati
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