A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1131 DEL 17 NOVEMBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















ILVA&ALITALIA
PERDERNE SUBITO 5MILA
O MEGLIO10MILA DOMANI?
... a Genova lo Stato aveva tirato un bidone al privato schiacciandosi vicendevolmente l'occhiolino poi lo Stato ha cambiato padrone ed è arrivato il governo gialloverde che ha minacciato di togliergli le autostrade. Chi non ricorda le minacce di DiMaio e Toninelli verso Autostrade?  Lo Stato s'è ripetuto a Taranto: prima ha venduto la ciofeca  facendo l'occhiolino dell'immunità penale al neoacquirente e poi gliel'ha tolta, l'ha rimessa, l'ha ritolta. Ma stavolta il privato non c'è cascato (del resto nemmeno Autostrade ha perso il malloppo…) e al momento opportuno valutato in perfetta lucidità il caos in cui versa  il Conte 2, ha colto molti piccioni con una fava.
(...)

VENEZIA:TANTO CI PENSA LO STELLONE!
 Scrive Tomaso Montanari che con la fine della Repubblica di Venezia (1797) entrò in crisi il raffinatissimo meccanismo che per un millennio aveva conservato qualcosa che in natura ha vita limitata: una laguna lasciata a se stessa o diventa mare o si interra. La sopravvivenza della Laguna è “la storia di un successo nel governo dell'ambiente, che ha le sue fondamenta in un agire statale severo e lungimirante, nello sforzo severo e secolare di assoggettamento degli interessi privati e individuali al bene pubblico delle acque e della città” (Piero Bevilacqua). Della difesa di Venezia dalle e delle acque ne hanno parlato Bernardini Zendrini da Saviore in Valle Camonica ( 1797), Antonio Tadini  da Romano Lombardo ( 1754) e Pietro Paleocapa  di Nese ( 1869) di cui varrebbe la pena che nelle scuole medie si facessero leggere alcune pagine dei loro scritti.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!

















































































































































































































































ILVA&ALITALIA
PERDERNE SUBITO 5MILA
O MEGLIO10MILA DOMANI?
... a Genova lo Stato aveva tirato un bidone al privato schiacciandosi vicendevolmente l'occhiolino poi lo Stato ha cambiato padrone ed è arrivato il governo gialloverde che ha minacciato di togliergli le autostrade. Chi non ricorda le minacce di DiMaio e Toninelli verso Autostrade?  Lo Stato s'è ripetuto a Taranto: prima ha venduto la ciofeca  facendo l'occhiolino dell'immunità penale al neoacquirente e poi gliel'ha tolta, l'ha rimessa, l'ha ritolta. Ma stavolta il privato non c'è cascato (del resto nemmeno Autostrade ha perso il malloppo…) e al momento opportuno valutato in perfetta lucidità il caos in cui versa  il Conte 2, ha colto molti piccioni con una fava.
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1 - In questo anno di gestione l'Arcelor Mittal ha potuto conoscere tutto l'elenco dei fornitori clienti prezzi necessità quantita e qualità dell'acciaio che vende-comprano e quindi ha in mano informazioni preziose che sicuramente non getterà nel cestino ma passerà ad altri suoi stabilimenti. E vai domani a impedire “legalmente” che utilizzi fino in fondo queste informazioni!. Spegnendo Ilva, in pratica, Mittal valorizza tutto l'acciaio che produce nel resto del mondo.
E soprattutto ha già fermato i rifornimenti dei minerali necessari a mantenere attivi gli altoforni. Che, una volta spenti, saranno difficili da riaccendere in tempi brevi, con l'aggiunta del rischio di emissioni inquinanti («Le operazioni tecniche necessarie alla sospensione potrebbero comportare fasi transitorie con possibili emissioni visibili e possibile accensione delle torce dello stabilimento siderurgico», scrive ArcelorMittal).

2 - Messo all'angolo, l'unica carta che il governo dell'avvocato Conte può giocare per salvare i 10mila posti di Taranto più indotto, e l'intera siderurgia italiana, è quella legale. Dice Conte. I commissari straordinari hanno depositato un ricorso “cautelare e d'urgenza” in base all'articolo 700 del codice di procedura civile, in cui chiedono ad ArcelorMittal il rispetto degli accordi poiché non sussistono, a loro dire, le condizioni per il recesso dal contratto d'affitto. E a dar mano forte al governo è intervenuta pure la procura di Milano con due iniziative legali. La prima è un'inchiesta esplorativa senza indagati né ipotesi di reato per verificare l'eventuale sussistenza di profili penalmente rilevanti. La seconda, di tipo civile, riguarda l'atto di citazione sul recesso dal contratto depositato da Mittal: i magistrati parlano di «un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessita economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale».
Conte da Facebook plaude alle due iniziative della procura milanese e in una nota di palazzo Chigi promette che il governo «non lascerà che si possa deliberatamente perseguire lo spegnimento degli altiforni». ArcelorMittal, scrive, «si sta assumendo una grandissima responsabilità, in quanto tale decisione prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno all'economia nazionale. Di questo – conclude la nota – ne risponderà in sede giudiziaria sia per ciò che riguarda il risarcimento danni, sia per ciò che riguarda il procedimento d'urgenza».

3- C'è un evidente parallelo tra la vicenda del viadotto Morandi a la storia o la fine dell'ILVA di Taranto. Magari alla politica ed ai giornali fa comodo non vedere che a Taranto –come a Genova- non c'è “solo” il problema ILVA che sicuramente è il maggiore e il più impellente ma Taranto significa acciaio (ILVA), cemento (CEMENTIR),  industria chimica (raffineria ENI), estrazione materiali lapidei  e discariche (ITALCAVE: dove finiscono anche gli scarti delle industrie tarantine, Ilva compresa ) senza dimenticare i tre maxi moli civili e quello militare.

4- A Genova cosa é successo? Mettendo in fila le date degli eventi ci si rende conto che i problemi del viadotto Morandi (c'erano SEI criticità: due per ciascuna delle tre pile) vennero trattati sulla prima pila finché non cominciò a circolare la voce della privatizzazione delle autostrade  e quando accadde l'evento (la privatizzazione), nonostante fosse evidente che i problemi rilevati (e risolti) sulla prima pila esistessero anche sulla seconda e terza la manutenzione delle due pile venne sospesa e rimandata mentre comunque i pedaggi ingrassavano il nuovo padrone.

5 - Anche li sostanzialmente chi vendette  le autostrade rifilò al neo acquirente qualcosa che doveva essere già stato messo in sicurezza facendo leva sull'omertoso silenzio  tra venditore affrettato ed affamato (di soldi)  che sapeva di dovere sbolognare un mezzo bidone e compratore che sapeva -in complicità col venditore- di poter fare il bello e il cattivo tempo.
Della serie: tu hai taciuto con me e adesso non rompere troppo. E se le cordonature in testata delle tre pile dovevano essere rifatte del tutto una dopo l'altra e in tempi stretti , ne venne rifatta una (1993-95) e per le altre… aspettiamo che adesso arriva la privatizzazione e ci penseranno quelli dopo di noi.
La privatizzazione avvenne nel 1999 ma sostanzialmente lo staff tecnico dirigenziale ed amministrativo non cambiò  passando dal pubblico al privato. Vale a dire si sono giocate le balle.

6 - A Taranto è successo lo stesso coll'ITALSIDER. Una fabbrica governata non da principi economici ed ecologici minimamente corretti ma da una connivenza-convivenza  abbastanza criminale  di interessi tra  politica sindacato cittadini prima ha portato al fallimento l'impresa che è stata sbolognata per disperazione se non per connivenza a un privato che – martellata a sangue meritatamente o meno la manodopera- s'è messo di buzzo a farla rendere finché nel 2012 il bubbone salute-lavoro è scoppiato per merito di una coraggiosa gip Patrizia Todisco  che ha ordinato il sequestro senza facoltà d'uso sei impianti. Meno male che non vi sia stata una strage come a Genova.

7 – Così a Genova lo Stato aveva tirato un bidone al privato schiacciandosi vicendevolmente l'occhiolino poi lo Stato ha cambiato padrone ed è arrivato il governo gialloverde che ha minacciato di togliergli le autostrade. Chi non ricorda le minacce di DiMaio e Toninelli verso Autostrade?  LO Stato s'è ripetuto a Taranto: prima ha venduto la ciofeca  facendo l'occhiolino dell'immunità penale al neoacquirente e poi gliel'ha tolta, l'ha rimessa, l'ha ritolta. Ma stavolta il privato non c'è cascato (del resto nemmeno Autostrade ha perso il malloppo…) e al momento opportuno valutato in perfetta lucidità il caos in cui versa  il Conte 2, ha colto molti piccioni con una fava.

8 - La Cina, poi, produce oggi 928 milioni di tonnellate di acciaio, la metà degli 1,808 miliardi di produzione globale. L'Italia è storicamente un importante produttore di acciaio. A oggi è ancora il secondo a livello europeo (dopo la Germania), ma è uscito dalla classifica dei primi dieci, sorpassata dall'Iran. L'Italia ha prodotto, nel 2018, 24,5 milioni di tonnellate, in aumento dell'1,7 per cento sul 2017. Quest'anno, nei primi nove mesi dell'anno, la produzione nazionale è stata di 17,621 milioni di tonnellate, il 3,9% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Nel 2015, prima dell'ultimo ciclo espansivo, la soglia a settembre era pure peggiore, a 16,752 milioni di tonnellate.
All'interno di questi volumi bisogna però distinguere tra due tipi di prodotto: i «lunghi», destinati all'edilizia e i «piani», prodotti legati all'industria manifatturiera pesante, come la filiera automobilistica, l'elettrodomestico, la cantieristica, i lavori pubblici.
I piani sono la specialità dell'Ilva e di un unico altro operatore in Italia (il gruppo Arvedi). Il venir meno di una fonte di approvvigionamento interna di questo tipo non può non impattare su gran parte delle filiere produttive italiane, con ripercussioni sul livello delle scorte, dei prezzi. Per questo motivo la vicenda dell'ex Ilva è un problema di politica industriale che investe tutta Italia.

9 - Pensare che in pochi mesi (tre?) l'Europa possa mettere a punto un piano accettato da tutte le nazioni e dalle imprese per una limitazione della produzione dei vari tipi di acciaio nel momento in cui l'UE non riesce nemmeno a mettere in piedi la propria “Commissione” è una speranza da accantonare e quindi oggi al governo italiano non resta accettare -voltando la schiena per beccarsi le legnate senza farsi troppo male- il dimezzamento dei lavoratori dell'ILVA e dell'indotto assieme una riduzione della produzione di acciaio nel Paese. Assieme al ripristino “generale” dell'immunità alle imprese che risanano e l'inventarsi un piano dir conversione industriale o che altro della zona di Taranto.
Opera impossibile per qualunque governo.

0 – Una acciaieria del genere a Taranto non ci può stare e in Europa non può esistere una acciaieria ecologica perché sarebbe fuori mercato. La teoria per cui un paese come l'Italia non può privarsi di questo tipo di impianto è veritiera ma non può esistere una acciaieria grande quattro volte la città. Il ragionamento  per cui “aspettiamo la rinascita delle nazioni cadute nel Medio Oriente” non vale visto che li un acciaieria  esattamente inquinante se non peggio di quella tarantina ci può stare senza troppi problemi e senza i costi di trasportare materie prime, prodotti finiti, energia attraverso mezzo Mediterraneo.

1 – Meglio quindi pensare –per Taranto- ad un lungo processo di uscita ed a una trasformazione e bonifica che dia lavoro in primis ai 20mila addetti diretti e indiretti  (tanto almeno 10mila adesso vanno in cassa, comunque la si tiri…) e nel frattempo si cerchi una soluzione se non per l'Italia per l'Europa. Taranto s'è rivelato un grande errore. Adesso bisogna rimediarvi.

 


VENEZIA:TANTO CI PENSA LO STELLONE!

 Scrive Tomaso Montanari che con la fine della Repubblica di Venezia (1797) entrò in crisi il raffinatissimo meccanismo che per un millennio aveva conservato qualcosa che in natura ha vita limitata: una laguna lasciata a se stessa o diventa mare o si interra. La sopravvivenza della Laguna è “la storia di un successo nel governo dell'ambiente, che ha le sue fondamenta in un agire statale severo e lungimirante, nello sforzo severo e secolare di assoggettamento degli interessi privati e individuali al bene pubblico delle acque e della città” (Piero Bevilacqua). Della difesa di Venezia dalle e delle acque ne hanno parlato Bernardini Zendrini da Saviore in Valle Camonica ( 1797), Antonio Tadini  da Romano Lombardo ( 1754) e Pietro Paleocapa  di Nese ( 1869) di cui varrebbe la pena che nelle scuole medie si facessero leggere alcune pagine dei loro scritti.
Il Post scrive che l'acqua alta – che viene definita tale quando il livello del mare supera gli 80 centimetri – è un fenomeno ricorrente nella storia di Venezia, ma i dati disponibili mostrano come negli ultimi anni sia diventata sempre più frequente.
Il Centro previsioni e segnalazioni delle maree (CPSM) del Comune di Venezia spiega che nel primo caso «sorgono problemi di trasporto e di viabilità pedonale nei punti più bassi della città (Piazza San Marco)», nel secondo il 12 per cento della città è interessata dagli allagamenti e, quando si superano i 140 cm, viene allagato il 59 per cento della città.
Sul sito del CPSM è possibile consultare i dati relativi all'ac qua alta a Venezia a partire dal 1872, dedotti da varie fonti esistenti prima dell'istituzio ne del Centro nel 1983.
Storicamente le alte maree che superavano il livello di 110 centimetri erano piuttosto rare, ma si sono intensificate negli ultimi 50-60 anni: tra il 1870 e il 1949 furono registrate 30 occorrenze di alta marea superiore ai 110 centimetri, mentre solo negli ultimi 9 anni ce ne sono state 76.
Gli anni con il maggior numero di giornate con maree superiori ai 110 cm sono stati il 2009 e il 2010, entrambi con 14 giornate, seguiti dal 2014 con 13 giornate: nel 2018, invece, ci sono state solo 7 giornate con marea molto sostenuta. Per quanto riguarda le maree oltre i 140 cm, i dati mostrano che fino al 2000 c'erano state solo 9 occorrenze di maree eccezionali in oltre 120 anni, mediamente una ogni 14 anni, mentre dal 2000 ad oggi sono state ben 11, quasi una l'anno.
La ragazza curnese adottata da Venezia come residente e docente mi ha spiegato che sostanzialmente in città la maggior parte dei negozi sono affittati a gente che viene da ogni dove mentre i pochi abitanti residenti stanno tutti ai piani superiori (quando non sono affittati a turisti con o senza autorizzazione) oppure si sono spostati a vivere in terraferma in buona parte godendosi gli affitti della casa veneziana. Nel comune di Venezia gli elettori stanno quattro  a Mestre ed uno in Venezia e addirittura nel consiglio comunale ci sarebbe SOLO un consigliere residente in città.
Non meraviglia quindi che mentre  la città va sott'acqua vedi negozi che si sono attrezzati per autodifesa (poi varrebbe la pena potere verificare se sono foto nuove o vecchie) e vedi i sacrestani  di San Marco che spostano i banchi della cripta camminando a… ritroso. Vedi  i camerieri di certi lussuosi locali dentro l'acqua e vedi dei ragazzi volontari che hanno recuperato i volumi del conservatorio e li stanno asciugando. Insomma vedi che nonostante l'acqua alta sia da considerare una situazione possibile, c'è chi s'è attrezzato e c'è chi puntualmente resta a mollo.