Repubblica/Milano
pubblica una lettera di alcune insegnanti che leggete in
testata. Sarebbe interessante conoscere ALMENO l'età di queste/i
insegnanti (che supponiamo siano della scuola elementare) per capire da
quale percorso scolastico provengono altrimenti si discute sul ghiaccio
sottile. Detto questo è una lettera POCO o addirittura NON
condivisibile. Una scusa non richiesta. E' la denuncia di una impotenza
educativa che nasce soprattutto dentro ciascuno di loro piuttosto che
da fattori esterni. Personale che avendo vinto un concorso=un posto di
lavoro sicuro credono o immaginano di essere infuse da dio. Tutto
quanto descritto seppure formalmente vero – è così dappertutto in
Italia- mostra in realtà quello che è il processo avviato dagli
insegnanti da cinque sei lustri: quello di ritirarsi vieppiù dai loro
compiti, anche quelli contrattualmente previsti, per scaricarsi di
dosso lavoro responsabilità formazione professionale e delegare a terzi
soggetti, un gran parte scelti senza nemmeno un concorso, così che
ciascun insegnante si ritira nella propria nicchia, col numero minore
possibile di alunni mentre un discreto numero viene spedito in
altre mani con qualche “nobile”motiva- zione. Perché quando si ha a che
fare con dei bambini, tutto diventa “nobile”. Tutto diventa “degno”.
Cosa non si fa per i nostri “cuccioli”.
Certamente i ragazzi d'oggi non sono dei gatti di marmo com'eravamo noi
(classe 1947) ma ricordo perfettamente che quando ero in prima
elementare, c'erano dei compagni che entravano in classe col tirasassi
nella cartella e una certa dotazione di proiettili. E li usavano anche
verso il maestro. Il mio compagno di banco, figlio di un
ragiunatt bancario –professione al tempo invidiatissima-
morì di tifo. Una bimba venne investita dal tram e ne morì. Mediamente
ogni ora dalle scale ruzzolavano dei ragazzini tra un pianerottolo e
l'altro dietro spinta dell'uno verso l'altro e la conclusione erano un
paio di scapaccioni a entrambi. Non c'era un alunno che non avesse
qualche parte del corpo sbucciata. Oggi vedo continuamente – ascolto
decine di mamme e di insegnanti- uno scartare persone e problemi e
delegarli ad altri con la scusa della specializzazione, della qualità:
alla fine una classe di due dozzine di alunni si riduce con 18-20
persone “regolari” e 3-4-5-6 affidati temporaneamente a questo quello
quell'altro «esperto».
Chissà poi se davvero esperto o semplicemente uno che fa un lavoro in
attesa del sol dell'avve- nir. Non mi permetto di asserire che gli
insegnanti di
“una volta” fossero migliori degli attuali, ma sono sicuro che quelli
di oggi hanno come prima preoccupazione quella di levarsi di torno
quante più persone e problemi possibili trovando negli alunni problemi
che sostanzialmente non esistono ma servono benissimo sia ad
alleggerirsi il carico personale che ad estendere una occupazione.
Tutti ma proprio tutti i problemi che questi insegnanti elencano
esistevano ANCHE quando ero alle elementari e il maestro Ghislotti
risolveva sia il problema della pipì urgente senza chiamare la bidella
(ce n'erano meno di adesso di personale servente rispetto alla
popolazione scolastica e penso che anche noi avesismo dei problemi di
«pipì urgente» esattamente come oggi). E sebbene gli insegnanti di
allora si ammalassero meno spesso di quelli attuali –se non altro non
godevano dei diritti di assenza giustificata degli attuali- non abbiamo
mai “subito” l'invasione di qualche ragazzino di altra classe rimasta
senza insegnante e da noi spedito per non lasciarlo in giro per i
corridoi o il cortile della scuola. La lettera di queste insegnanti è
la classica lettera di madamine abituate ad avere il culo nel burro e
con personale a disposizione da comandare a bacchetta: persone che
prima di mettere avanti il dovere di “lavorare insegnando”
mettono avanti il diritto di “avere i miei diritti”. Che sarebbe come
se il medico che opera decidesse di fare solo due interventi anziché
quelli necessari perchè stima che lo stipendio che prende vale
solo due interventi. Va bene che succede anche questo per
mandare i malati negli ospedali provati: ma era solo un esempio. Ho
lavorato per molti anni in una tipografia dove si stampavano
quotidiani: se tutti noi avessimo lavorato col metodo di queste
insegnanti anziché produrre un quotidiano forse riuscivamo a
produrre un quotidiano al.. mese. Direi che gente del genere in
qualsiasi fabbrica o ufficio verrebbe gentilmente accompagnata alla
porta anche se non hanno mai violato una regola o preso a cazzotti un
collega o un dirigente.
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REGIONI NON PIÙ ROSSE:
ECCO PERCHÉ LA SINISTRA STA PERDENDO
LE SUE ROCCAFORTI
Sono finiti i tempi del Triangolo scarlatto. L'Umbria ci insegna che
anche dopo 50 anni si può cambiare idea e vocazione, mentre Emilia
Romagna e Toscana dopo le europee si avviano incerte al prossimo
confronto elettorale. Nel frattempo, Salvini ringrazia
Un rosso sbiadito, scialbato da una nuova cera populista. E quel verde,
legato come per i sentimenti anche nella politica alla rabbia, la
frustrazione e il risentimento (in questo caso degli elettori). È il
colore della Lega, combinato con quello di Fratelli d'Italia e Forza
Italia, a ridipingere le vesti di Palazzo Cesaroni in Piazza Italia,
sede del Consiglio Regionale dell'Umbria.
Una conquista storica per il partito di Matteo Salvini, che nessuno
prima aveva mai considerato disposto a giocarsi il rapporto con la
platea imprenditoriale e ortodossa del Nord Italia per abbracciare le
molteplici esigenze dello Stivale centro-meridionale. Ma il passato e
passato: la Lega Nord si è ammorbidita a Lega, il Movimento di Beppe
Grillo fa accordi con il Partito democratico e il Triangolo Rosso
(Emilia Romagna-Toscana-Umbria) rischia un foliage inaspettato e contro
natura.
Sono finiti infatti i tempi dei tabù e delle roccaforti. L'Umbria
insegna che anche dopo 50 anni si può cambiare idea e vocazione,
mutando un tessuto sociale senza troppi ripensamenti (i 20 punti
percentuali di distacco sono una richiesta esplicita di cambiamento).
Negli ultimi cinque anni l'ago della bilancia sembra voler segnare la
fine degli elementi che hanno caratterizzato il comportamento
elettorale dei cittadini di Toscana, Emilia-Romagna e, per l'appunto,
Umbria.
«La zona rossa non è esiste più. Quella che ha caratterizzato per lungo
tempo il rapporto tra elettori e partito nel Centro Italia è venuta
meno: non quando è venuto meno il Partito Comunista, che in qualche
modo era stato il suo artefice, bensì in tempi più recenti», spiega
Alessandro Chiaramonte, professore ordinario in Scienza politica presso
l'Università di Firenze.
Non si parla soltanto di voto popolare o di classi sociali: le istanze
economiche di territori prevalentemente fondati su settore primario e
secondario si sono evolute con l'evolversi dei mercati, nonché degli
Stati. Lo strappo in questo senso si ha con il crollo di Siena, passata
al centrodestra di Luigi De Mossi, città e sede del Monte dei Paschi.
Questo per dire che non solo il Pci e i successivi surrogati e derivati
partitici erano le forze più votate, ma anche il fulcro economico di
una società. «Non si può trovare un'unica spiegazione, c'è un concorso
di fattori. La scomparsa dei processi di identificazione sicuramente ha
allentato i legami tra gli elettori e il principale partito della
sinistra. La crisi economica ha inoltre incrementato la disaffezione
nei confronti delle istituzioni e della politica, spostando il consenso
verso quei partiti (Lega e M5S) che si sono fatti maggiormente
interpreti della sfiducia e del sentimento di protesta e che oggi fanno
leva su tematiche di tipo economico e culturale», continua Chiaramonte.
Il dimezzamento dell'area elettorale dei partiti del centro-sinistra,
passati dal 59,2 per cento del 1968 al 30,1 del 2018, fa da sottofondo
alle conquiste leghiste di emblemi scarlatti come Cascina o Pisa. Per
capirci: nel 2013 il centrosinistra amministrava 10 capoluoghi toscani
su 11, oggi appena 3. Con l'aggravante inoltre di aver perso, su tutti,
anche il contatto con la vita agra (quella di Luciano Bianciardi),
poiché se la zona alta e litorale della Toscana - Livorno e Firenze a
reggenza - sopravvive all'urto sovranista grazie a una solida funzione
di governo locale, la Maremma ha ceduto in toto all'avance provenienti
da destra. Segnale che in altri tempi si sarebbe chiamata “riluttanza
del proletariato”.
L'Umbria pertanto ha scelto: lontana da quelle ipotesi ancestrali di
una relazione fra la presenza di una minoranza post-fascista fin dalla
Prima Repubblica nella zone geografiche proprio dove la crescita
leghista ha preso maggior slancio; dimentica in egual modo di una
civiltà comunale composta perdipiù da mezzadri e artigiani, da cui
l'insediamento provinciale traeva forza economica ed equilibrio
politico. «Le ragioni del risultato sono aggravate da una condizione
economica di sofferenza, soprattutto a livello regionale umbro, la cui
responsabilità ricade in parte sulle precedenti amministrazioni di
Sinistra» chiosa Leonardo Boncinelli, docente di Economia politica.
Punto e a capo, senza scomodare dinosauri del passato.
La partita della Calabria, quindi, e in particolare dell'Emilia poi,
può essere decisiva: M5S e Pd hanno tutto da perdere, con un sacrificio
della regione rossa per eccellenza che non minerebbe solo alla tenuta
di governo, ma all'intera esistenza politica del centro-sinistra.
L'opzione alleanza non sembra nei programmi pentastellati, mentre il
terreno di gioco è già ben delineato dalle scorse elezioni. Ferrara e
Forlì sono andate al centrodestra, Reggio Emilia e Cesena al
centrosinistra. Un fatto già di per sé inedito che trova continuità se
contestualizzato al dominio della Lega alle europee (le quali dai
sondaggi è emerso essere considerate come un voto nazionale) in grado
di premiarla primo partito della regione con il 33% dei consensi
(contro il 31% del Pd), oltre al 40% in province come Piacenza e
Ferrara, davanti anche a Parma, Modena, Cesena, Forlì e Rimini e dietro
al Pd solamente a Bologna, Reggio Emilia e Ravenna. «Non si tratta di
fenomeni esclusivamente locali. Fanno parte di un quadro più ampio, che
ha già avuto le sue manifestazioni alle elezioni europee. È la
conseguenza della crescita delle preoccupazioni di larghe fasce
dell'opinione pubblica per temi che la sinistra ha trascurato o ha
affrontato in modi che a questo elettorato non piacciono:
l'immigrazione, la sicurezza, le tasse, il sistema pensionistico»,
commenta il politologo Marco Tarchi. «La sinistra… non fa più la
sinistra, è diventata il rifugio dei garantiti, dei ceti medio-alti,
degli intellettuali che pensano di stare sempre dalla parte del Bene e
del Giusto e impartiscono lezioni di morale al popolaccio rozzo e
cattivo. Con la retorica della compassione, le giaculatorie sulla
mancanza di senso civico, le accuse di incattivimento che si sono
sostituite al tentativo di comprendere i problemi di chi vive sulla
propria pelle gli effetti meno gradevoli della globalizzazione, si fa
poco strada, nell'odierno scenario politico». Che al momento, di rosso
ha davvero ben poco.
Piero Mecarozzi
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OCCORRE UN VACCINO PER GLI ITALIANI
Abastanza probabile che sia giunta a termine la storia politica del
bibitaro avellinese. La speranza di tornare con Salvini ed avere
come compenso la nomina a presidente del consiglio è tramontata
dopo il tracollo umbro. Del resto nella neonata Coalizione degli
Italiani pure l'ormai mezzo rimbambito fondatore di FI l'ha
riconosciuto come capo: chi ha più voti comanda e governa. Per di più
il bibitaro sta dietro anche alla sorella d'Italia e
quindi… Ormai tra i 5S come fuori da quel partito sono tutti
convinti che sia un perfetto incapace quando non idiota e soprattutto
uno che non disdegna il tradimento a freddo. I suoi ce l'hanno con lui
per la sequenza di sconfitte come per la riduzione dei
parlamentari come per la sua totale incapacità di fare qualsiasi cosa
nel suo incarico. Cretinetti fino in fondo: si lamenta perché se va con
Salvini perde voti e se va col PD pure mentre i due concorrenti
li guadagnano e nemmeno ne perdono. Del resto lo hanno compreso
pure quegli elettori che si erano schierati in massa col bellino
avellinese salvo scoprire che hanno allargato di poco i fruitori del
reddito di cittadinanza ma ci sono ancora due milioni e mezzo di
italiani col culo sul ghiaccio. Tanto valeva allora allargare il ReI
senza tutto l'inutile can can che adesso si ribalta contro:le foto dal
balcone come quella di Narni servono a Osho.
Salvini quando ha compreso che non sarebbe stato in grado di varare un
Depf o una Legge di Bilancio 2020 con dentro le sue inafferrabili
promesse se l'è filata e la coalizione giallo rossa ha perfino
dimenticato di rinfacciarglielo ogni giorno ogni ora ogni minuto.
Patetica la coppia Gualtieri-Misiani: bravissimi ragiunatt ma
assolutamente incapaci di comunicare. Semmai capaci di ciarlare in
mille per sovrapporsi l'uno all'altro Del resto c'è poco da comunicare
tranne che gli italiani debbono far fronte alla crescita dell'IVA quale
effetto delle cosiddette 'clausole di salvaguardia' - alle quali tutti
i governi nel corso del tempo hanno fatto ricorso. Che non ci
sono solo per il 2020 ma che si replicheranno anche nel 2021. La sposti
di un anno, anno dopo anno e la botta si somma una dopo l'altra.
Concludendo. L'errore è stato di non lasciare andare avanti la proposta
salviniana di fare un governo SalviMaio Due con DiMaio al posto di
Conte. Le solite crocerossine imbecille ed affamate di posti di governo
hanno voluto fare credere agli Italiani di essere in grado di salvare
il Paese anziché mettere la coppia disgraziata davanti al problemino
della Legge di Bilancio 2020. Adesso gli Italiani si stanno vaccinando
dell'improvviso innamoramento del bibitaro. Si sarebbero vaccinati
anche con le legnate che il capitano avrebbe menato loro con la legge
di bilancio 2020.
Per guarire gli Italiani del loro naturale doppiogioco che è proprio
degli impostori cattolici, basta farglielo provare il capitano e il
bibitaro.
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In
un paese bello da vivere (in Italia NON esiste solo Curno quale “paese
bello da vivere”: ve ne sono almeno altri 7999) il comune aveva alle
dipendenze un geometra (geometra due) di non molte brillanti idee ma di
forti aderenze politiche a sinistra che aveva combinato una sostanziosa
marachella non si sa se in buona fede oppure per l'usuale
lassismo italiano oppure etero diretto dalla maggioranza verde del
momento. Una ditta lottizzante aveva assunto in convenzione l'onere di
pagare i terreni che si sarebbero acquisiti da un terzo per costruire
una strada necessaria alla mega lottizzazione. Il comune –col geometra
uno addetto- aveva già chiesto alla ditta lottizzante i denari per
onorare quella spesa ma il geometra due sviluppa la pratica e la giunta
decide il rimborso e li richiede e la ditta lottizzante che provvede al
pagamento. Morale della favola: il lottizzante paga due volte lo stesso
terreno –trecento milioni di lirette- senza protestare subito chissà
perché.
Già: perché non s'accorge da subito di sborsare due volte la somma ? ! ?.
La fortunata proprietaria dei terreni era una donna anziana malmessa di
salute ed aveva una nipote architetto (prossima alla sinistra ed
assessore a suo tempo nel comune di residenza) che ne curava gli
affari, ed era zia di un vicesindaco verde nonché assessore nel
comune del lottizzante. Il quale comune verde aveva appena concluso una
variante al PRG sulla lottizzazione de quo “apparentemente“ punitiva
del lottizzante e in realtà migliorativa visto che le destinazioni di
una lottizzazione sono più o meno convenienti in base all'andamento del
mercato immobiliare. Deus ex machina dell'operazione era stato il
vicesindaco-assessore del comune verde dove operava la lottizzante
nonché nipote della fortunata padrona del terreno pagato due volte… a
sua insaputa. Si potrebbe dire.
Che è che non è tre anni dopo il secondo pagamento ecco che qualcuno
scopre ”l'errore” e il comune chiede indietro la somma alla
fortunata ex proprietaria del terreno che restituisce all'istante.
Il fatto è che al tempo il debito pubblico viaggiava pagando interessi
attorno al 10% ragione per cui senza colpo ferire la fortunata signora
poté guadagnarsi 90-100 milioni di interessi (allora non esisteva
nemmeno la tassazione alla fonte).
Immediatamente quando nel paese bello da vivere si legge la delibera
con la richiesta di restituzione della somma si legge la faccenda come
va letta: non un errore dello sfortunato geometra due ma
sostanzialmente una tangente che la ditta lottizzante ha pagato
triangolandola al partito verde di governo con cui ha fatta la variante
di PGT “peggiorativa ma migliorativa”.
Il geometra due che aveva istruito la pratica e sostanzialmente aveva
creato le condizioni per il secondo pagamento alla proprietaria passa
dal comune bello da vivere ad altro comune altrettanto bello da
vivere che sta sulla sponda opposta del fiume che divide i due comuni
dov'è ovviamente bello vivere.
Qualcuno nel paese bello da vivere fa presente come la variante
adottata sia del tipo “peggiorativo MA migliorativa” e siccome dietro
c'era la tangente triangolata scatta una denuncia del sindaco verde
verso colui che ha rivelato la variante “peggiorativa ma
migliorativa”. La denuncia finisce ovviamente su un binario morto visto
che ci mettono mano un altissimo funzionario del ministero degli esteri
e un ex deputato della repubblica.
Che è che non è gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme
invecchiano le zie seccano fuori ed ecco che nell'ambito di un sontuoso
programma di valorizzazione dei percorsi pedociclabili lungo il fiume
tra i due comuni (dove aveva prestato opera ieri e dove presta l'opera
oggi il geometra due) il comune dove è bello vivere (in Italia NON
esiste solo Curno quale “paese bello da vivere”: ve ne sono almeno
altri 7999) da al geometra due dell' “incarico di prestazione
occasionale per l'attività specialistica di istruttoria relativa alla
progettazione e atti conseguenti relativi alle opere pubbliche dei
lavori di realizzazione della passerella sul torrente Ics-ipsilon,
della pista ciclabile sul fiume Gei-cappa compreso l'approdo al fiume
Gei-kappa e tutte le attività volte all'acquisizione delle aree private
e demaniali necessarie alla realizzazione degli interventi, procedura
espropriativa e stime delle aree da acquisire”.
Le cose non finiscono mai di stupire. A Roma la Cassazione ha deciso
che non c'era “mafia capitale”. Pure a Bologna ieri i giudici
dell'appello affermano che nel black monchey non c'è una “mafia
bolognese”. Che volete che sia un pistina pedocilabile e una
passerellina su un torrente? Ma che, scherziamo con un banale
conflittino d'interessi?.
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