A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1121 DEL 28OTTOBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















PRE-AVVISO DI SFRATTO
AL DUO GAMBA/LOCATELLI
Pur di toglierseli di dosso e perché il messaggio fosse ben chiaro a quelli cui era mirato sono andati a votare il 9% in più rispetto alla precedente tornata elettorale. Nonostante la bella giornata autunnale che semmai stimolava di andare per boschi e colline in abito autunnale.
Possiamo consolarci col principio che l'Italia è una repubblica parlamentare ragione per cui finché c'è un parlamento, si può trovare o inventare una qualche maggioranza di governo. Possiamo consolarci coll'idea che i sondaggi in fondo non sono quasi mai veritieri (ma stavolta hanno mirato benissimo). Quale sarà il destino del governo Conte 2 è facilmente prevedibile –restare restare restare- se non altro per le spese  elettorali e famigliari cui debbono fare onore  i 900 onorevoli di fronte per di più davanti alla prospettiva di vedersi ridotti di un terzo.
La nascita del Conte 2 motivata con la debolissima tesi  di non consegnare nelle mani del capitano l'elezione del prossimo presidente della repubblica non ha fatto presa, tranne chi ha una buona pensione ed un'altrettanta buona liquidazione in banca ed un'altrettanta buona salute. La prospettiva della legge di bilancio del 2020 è quella di un patchwork di misurine togli questo aggiungi quello che sostanzialmente lasciano le cose come stanno, esattamente come il Rei e il RdC non hanno risolto il problema della povertà nel paese: dopo questi due costosi esperimenti abbiamo ancora due milioni e mezzo di persone in condizioni di povertà o assai prossime ad esserlo.
(...)

AUMENTANO GLI OCCUPATI
E NON CRESCE IL PIL?
Il 31 ottobre l'Istat diffonderà la stima preliminare del Pil al terzo trimestre e i dati sull'occupazione del mese di settembre. Nessuno si aspetta grosse sorprese, ma è l'occasione buona per sfatare due mistificazioni che hanno fuorviato il dibattito sulla situazione economica e sociale del Paese. Le distorsioni possono essere inconsapevoli, prodotte in buona fede. Con il risultato di accrescere lo smarrimento dei cittadini, costretti a districarsi tra messaggi contraddittori.
Oppure possono essere intenzionali. E in questo caso penso ai toni trionfalistici di questo o quell'esponente politico per rivendicare i meriti dei presunti successi: la politica, si sa, deve coltivare il consenso e farne manutenzione.
Prima mistificazione. Il numero degli occupati in Italia, dopo un lungo periodo di flessione, è tornato a crescere negli ultimi quattro anni, recuperando tutti i posti di lavoro persi a causa della crisi, fino a toccare cifre da record. «Non si vedevano questi numeri dal lontano 1977»: qualcuno ha esultato così. Vero. Ma il dato non si può leggere isolatamente. Peccato, infatti, che nel frattempo sia crollato il numero delle ore lavorate: nell'ultimo anno sono state 2,3 miliardi in meno rispetto al 2007, ancora inferiori del 5 per cento nel confronto con l'ultimo anno prima dell'inizio della crisi.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!





























LE MANINE DA IMPIEGATO
DEL CRIMINALE


NEL COVO DEL CRIMINALE









































































































































































































PRE-AVVISO DI SFRATTO
AL DUO GAMBA/LOCATELLI

Pur di toglierseli di dosso e perché il messaggio fosse ben chiaro a quelli cui era mirato sono andati a votare il 9% in più rispetto alla precedente tornata elettorale. Nonostante la bella giornata autunnale che semmai stimolava di andare per boschi e colline in abito autunnale.
Possiamo consolarci col principio che l'Italia è una repubblica parlamentare ragione per cui finché c'è un parlamento, si può trovare o inventare una qualche maggioranza di governo. Possiamo consolarci coll'idea che i sondaggi in fondo non sono quasi mai veritieri (ma stavolta hanno mirato benissimo). Quale sarà il destino del governo Conte 2 è facilmente prevedibile –restare restare restare- se non altro per le spese  elettorali e famigliari cui debbono fare onore  i 900 onorevoli di fronte per di più davanti alla prospettiva di vedersi ridotti di un terzo.
La nascita del Conte 2 motivata con la debolissima tesi  di non consegnare nelle mani del capitano l'elezione del prossimo presidente della repubblica non ha fatto presa, tranne chi ha una buona pensione ed un'altrettanta buona liquidazione in banca ed un'altrettanta buona salute. La prospettiva della legge di bilancio del 2020 è quella di un patchwork di misurine togli questo aggiungi quello che sostanzialmente lasciano le cose come stanno, esattamente come il Rei e il RdC non hanno risolto il problema della povertà nel paese: dopo questi due costosi esperimenti abbiamo ancora due milioni e mezzo di persone in condizioni di povertà o assai prossime ad esserlo.
L'Umbria è tornata alle urne per via delle dimissioni anticipate della governatrice piddina indagata in una inchiesta della Procura di Perugia su concorsi per assunzioni ospedaliere che sarebbero stati pilotati. Tuttora non si sa nulla di come siano andate davvero le faccende e quindi… potrebbe benissimo essere innocente. Alle dimissioni della Catiuscia Marini ha fatto seguito un mese dopo la votazione – pure col voto determinante della stessa Marini – di una mozione  di un documento della maggioranza che chiedeva alla Marini di ritirare le dimissioni. Ma era solo l'ennesima puntata di una vicenda quasi incredibile, con una serie di decisioni confermate e smentite un giorno dopo l'altro dalla governatrice: la prima volta in cui la Marini aveva comunicato di voler lasciare era il 16 aprile.
Indubbiamente aggiungere una farsa ad una mezza tragedia dagli esiti che arriveranno tra qualche anno è da emeriti imbecilli. Ma nel caso più che di imbecillità si tratta di protervia di un potere che dura ininterrotto –con varie sfumature- dalla Librazione in poi.
Del resto l'occupazione stabile in Umbria c'è solo nel pubblico e il turismo di rapina di cui sono massicciamente esperti ormai prevede solo manodopera a pochi euro l'ira. Poi tempi attuali  e il blocco delle assunzioni, di posti da distribuire generosamente anche nel pubblico non ce ne sono e la concorrenza e la vigilanza dei molti concorrenti si sono alzate.
La “lezione umbra” assomiglia moltissimo in copia con la “lezione torinese” già inflitta dalla Appendino al sistema piddino-Fassino del capoluogo torinese.
Che s'è vista anche in buona parte MA in peggio nella vicenda romana.

Sarà meglio che il consiglio comunale curnese si dia una mossa  -magari decidendo le proprie dimissioni - dopo questa “lezione” dal momento che oramai è del tutto delegittimato. Già non lo era al momento della  elezione visto che la Lega si era massicciamente astenuta pur di non votare il candidato Locatelli ( e molti voti leghisti erano girati alla meloniana Carrara) ma la sindaca Gamba si era permessa – nella tragicomica assemblea alla Marigolda dove aveva confessato che non aveva controllato  la modifica abusiva della convenzione comune-polisportiva-  di rinfacciarci che a onta delle nostre previsioni, lei aveva vinto.
Vincere per via di una legge elettorale non è vincere politicamente dal momento che  il centrodestra fascio leghista era nettamente maggioritario rispetto alla formazione di matrice piddina.
La questione è che ADESSO sia il Pd s'è ulteriormente ridotto al 22% sia Forza Italia, che aveva espresso Locatelli come candidato sindaco del centrodestra forza-leghista, si vede ridotta al di sotto dei due numeri percentuali: 5,5%; la metà dei Fratelli d'Italia.
Lo stato di disperazione del consiglio e soprattutto della maggioranza lo si  rileva anche da fatti marginali, a metà strada tra la tragedia e la commedia: come la barzelletta dei massaggi ai piedini dei disabili pagati dal comune. Oppure leggere che il Comune di Curno finanzia perfino le società di trasporto private per mandare in ferie i pensionati in una zona isolata e terremotante. Cosa non si finanzia pur di raccattare voti dappertutto a chi ancora la beve.
Il livello di democrazia e partecipazione che c'era in comune venti anni or sono rispetto al livello attuale è scomparso. Oggi le poche commissioni sono al servizio della maggioranza – lo scrivono anche nello statuto- e  con la giunta Gamba “sotto l'aspetto socioculturale e della coesione sociale la disintermediazione è stata particolarmente devastante. La politica per questi NON è scuola di civismo e di educazione alla cittadinanza attiva”. Se del caso ecco scodellata l'ennesima determina a finanziare un corsettino di… cittadinanza attiva. Come alibi. 
C'è un problema? C'é una determina!. Un'odea della politica come la pillola che la mandi giù e ti tira su.
Basta la lettura dei verbali delle (due) commissioni (sport e rumenta) per rendersene conto. Ovvio che una generazione di amministratori cresciuti  nella scuola dell'obbligo e sfruttando generosi piani del diritto allo studio non abbiano nemmeno il minimo di sensibilità (e di accortezza…) di capire la differenza tra democrazia e democratura. Tra partecipazione e governo autoritario. Tra valorizzazione delle competenze e dequalificazione. Sopratutto è entrata in auge l'abitudine del rispetto formale delle regole facendo finta di non sapere vedere capire prevedere che la formalità è la chiave di volta dell'illegalità sostanziale. Un esempio? Il consiglio comunale aveva cambiato la convenzione  con la Polisportiva, la dirigente del servizio ne ha firmata un'altra modificando abusivamente la decisione del consiglio comunale e… l'assessore competente non s'era neanche preoccupata di leggerne il testo PRIMA della firma. Formalmente tutto a posto salvo il favore politico fatto ad una associazione col prolungamento della convenzione.
Oppure la scoperta che una lottizzazione in pieno centro era del tutto fuorilegge in quanto il catasto era del tutto sballato (sballato è dire poco). In questi casi scatta il sequestro e una sequenza di casini inenarrabili. Invece  il consiglio comunale ha preso atto e ciao stai bene.
Ecco: accomodatevi  alla porta.

AUMENTANO GLI OCCUPATI
E NON CRESCE IL PIL?

Il 31 ottobre l'Istat diffonderà la stima preliminare del Pil al terzo trimestre e i dati sull'occupazione del mese di settembre. Nessuno si aspetta grosse sorprese, ma è l'occasione buona per sfatare due mistificazioni che hanno fuorviato il dibattito sulla situazione economica e sociale del Paese. Le distorsioni possono essere inconsapevoli, prodotte in buona fede. Con il risultato di accrescere lo smarrimento dei cittadini, costretti a districarsi tra messaggi contraddittori.
Oppure possono essere intenzionali. E in questo caso penso ai toni trionfalistici di questo o quell'esponente politico per rivendicare i meriti dei presunti successi: la politica, si sa, deve coltivare il consenso e farne manutenzione.
Prima mistificazione. Il numero degli occupati in Italia, dopo un lungo periodo di flessione, è tornato a crescere negli ultimi quattro anni, recuperando tutti i posti di lavoro persi a causa della crisi, fino a toccare cifre da record. «Non si vedevano questi numeri dal lontano 1977»: qualcuno ha esultato così. Vero. Ma il dato non si può leggere isolatamente. Peccato, infatti, che nel frattempo sia crollato il numero delle ore lavorate: nell'ultimo anno sono state 2,3 miliardi in meno rispetto al 2007, ancora inferiori del 5 per cento nel confronto con l'ultimo anno prima dell'inizio della crisi. Ciò è dipeso dal consistente ricorso alla cassa integrazione causato dalle numerose crisi aziendali (ci sono ancora 160 dossier scottanti sul tavolo del ministro dello Sviluppo economico). I cassintegrati formalmente un impiego ce l'hanno, quindi statisticamente ingrossano le file degli occupati: può sembrare un paradosso, ma è così. Solo nell'ultimo anno le ore di cassa integrazione sono state 216 milioni, ancora 32 milioni in più di dieci anni fa. Ma soprattutto si è verificata una crescita straordinaria degli impieghi part time, aumentati del 38 per cento negli ultimi dieci anni: parliamo ormai di 4,3 milioni di occupati. In particolare, ad aumentare in maniera esponenziale è stato il part time involontario (+131 per cento, ovvero 1,5 milioni di persone in più rispetto al 2007), che riguarda soprattutto i giovani.
Oggi due terzi delle persone con un impiego a tempo parziale ne vorrebbero uno a tempo pieno, ma non riescono a trovarlo. Così, mentre il numero complessivo degli occupati è aumentato dell'1,4 per cento nel periodo 2007-2018 (321 mila in più), giustificando un certo ottimismo, nello stesso periodo le unità di lavoro equivalenti sono diminuite del 3,8 per cento (959 mila in meno), perché si è ridotto il numero medio di ore lavorate per addetto. Questa tendenza si è consolidata anche quest'anno: nel primo semestre del 2019 gli occupati totali sono aumentati dello 0,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, gli occupati con un lavoro part time del 2 per cento e quelli con un part time involontario del 2,9 per cento.
Risultato? Cresce l'occupazione, ma non il Pil, le retribuzioni e i redditi. C'è poco da essere contenti.
La seconda mistificazione riguarda l'aumento del Pil pro capite, come a dire che le persone stanno meglio di ieri. Anche in questo caso il dato è vero: ha cominciato a crescere dal 2015, segnando un +4,3 per cento negli ultimi quattro anni. C'è stato dunque un aumento della produttività? No. Perché il Pil per abitante è un rapporto, ed è aumentato non come conseguenza di una crescita consistente del numeratore (il Pil), bensì perché è diminuito il denominatore (la popolazione, che è in caduta libera ormai proprio da quattro anni: in questo lasso di tempo l'Italia ha perso nell'insieme 436 mila abitanti). Di cosa rallegrarsi, se chiunque dovrebbe sapere che una delle principali variabili correlate al peso politico ed economico di un Paese è proprio la sua dimensione demografica?
Innocenti abbagli statistici, insomma. O malevola propaganda. Correggere le due sviste però non è difficile. L'effetto sarà quello di una spiacevole doccia fredda. Ma è una «operazione verità» necessaria, perché i consolatori pannicelli caldi e l'uso di dati parziali per indorare la pillola non fanno mai bene alla lunga. Basta guardare un altro indicatore, allora, che tiene insieme tutti i dati appena ricordati: il Pil per occupato. Poiché il numero degli occupati – ma di che occupati si tratta lo abbiamo appena visto – aumentava mentre il Pil stentava, l'indicatore si è attestato su una crescita modestissima: appena lo 0,4 per cento in più negli ultimi quattro anni, certamente insufficiente per risalire ai livelli pre-crisi (-4,5 per cento è ancora il bilancio del Pil per occupato nel periodo 2007-2018). E se dal 2015 effettivamente qualcosa si è mosso, è veramente troppo poco per parlare di un piccolo boom.
Non proprio lucciole per lanterne, ma quasi.
Ne sono convinti anche a via XX Settembre, visto che prudentemente – e realisticamente – la Nota di aggiornamento del Def prevede una crescita dello 0,1 per cento per il 2019 e un +0,4 nel 2020. Per una volta, non ci siamo fatti parlare dietro: anche la locomotiva tedesca arranca (con tutte le conseguenze immaginabili per le nostre imprese esportatrici, che nella manifattura della Germania trovano uno dei principali mercati di sbocco), nubi di recessione si addensano sui cieli degli Stati Uniti (a settembre per la seconda volta quest'anno i vertici della Fed hanno deciso un taglio dei tassi di interesse) e i ritmi di crescita dell'economia cinese a cui eravamo abituati si sono dimezzati. Pesa il raffreddamento della congiuntura internazionale, con il rallentamento dei commerci mondiali e gli investimenti esteri in calo, la «guerra dei dazi» e le nuove barriere tariffarie. Il ritorno all'idea di frontiere nazionali chiuse e impermeabili, in luogo di quelle aperte e porose che sono state il cardine della globalizzazione, ora presenta un conto salato da pagare. Anche per noi.

Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis