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PRE-AVVISO DI SFRATTO
AL DUO GAMBA/LOCATELLI
Pur di toglierseli di dosso e perché il messaggio fosse ben chiaro a
quelli cui era mirato sono andati a votare il 9% in più rispetto alla
precedente tornata elettorale. Nonostante la bella giornata autunnale
che semmai stimolava di andare per boschi e colline in abito autunnale.
Possiamo consolarci col principio che l'Italia è una repubblica
parlamentare ragione per cui finché c'è un parlamento, si può trovare o
inventare una qualche maggioranza di governo. Possiamo consolarci
coll'idea che i sondaggi in fondo non sono quasi mai veritieri (ma
stavolta hanno mirato benissimo). Quale sarà il destino del governo
Conte 2 è facilmente prevedibile –restare restare restare- se non altro
per le spese elettorali e famigliari cui debbono fare onore i 900
onorevoli di fronte per di più davanti alla prospettiva di vedersi
ridotti di un terzo.
La nascita del Conte 2 motivata con la debolissima tesi di non
consegnare nelle mani del capitano l'elezione del prossimo presidente
della repubblica non ha fatto presa, tranne chi ha una buona pensione
ed un'altrettanta buona liquidazione in banca ed un'altrettanta buona
salute. La prospettiva della legge di bilancio del 2020 è quella di un
patchwork di misurine togli questo aggiungi quello che sostanzialmente
lasciano le cose come stanno, esattamente come il Rei e il RdC non
hanno risolto il problema della povertà nel paese: dopo questi due
costosi esperimenti abbiamo ancora due milioni e mezzo di persone in
condizioni di povertà o assai prossime ad esserlo.
(...)
AUMENTANO GLI OCCUPATI
E NON CRESCE IL PIL?
Il 31 ottobre l'Istat diffonderà la stima preliminare del Pil al terzo
trimestre e i dati sull'occupazione del mese di settembre. Nessuno si
aspetta grosse sorprese, ma è l'occasione buona per sfatare due
mistificazioni che hanno fuorviato il dibattito sulla situazione
economica e sociale del Paese. Le distorsioni possono essere
inconsapevoli, prodotte in buona fede. Con il risultato di accrescere
lo smarrimento dei cittadini, costretti a districarsi tra messaggi
contraddittori.
Oppure possono essere intenzionali. E in questo caso penso ai toni
trionfalistici di questo o quell'esponente politico per rivendicare i
meriti dei presunti successi: la politica, si sa, deve coltivare il
consenso e farne manutenzione.
Prima mistificazione. Il numero degli occupati in Italia, dopo un lungo
periodo di flessione, è tornato a crescere negli ultimi quattro anni,
recuperando tutti i posti di lavoro persi a causa della crisi, fino a
toccare cifre da record. «Non si vedevano questi numeri dal lontano
1977»: qualcuno ha esultato così. Vero. Ma il dato non si può leggere
isolatamente. Peccato, infatti, che nel frattempo sia crollato il
numero delle ore lavorate: nell'ultimo anno sono state 2,3 miliardi in
meno rispetto al 2007, ancora inferiori del 5 per cento nel confronto
con l'ultimo anno prima dell'inizio della crisi.
(...)
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pdf: 9,5 Mb
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PRE-AVVISO DI SFRATTO
AL DUO GAMBA/LOCATELLI
Pur di toglierseli di dosso e perché il messaggio fosse ben chiaro a
quelli cui era mirato sono andati a votare il 9% in più rispetto alla
precedente tornata elettorale. Nonostante la bella giornata autunnale
che semmai stimolava di andare per boschi e colline in abito autunnale.
Possiamo consolarci col principio che l'Italia è una repubblica
parlamentare ragione per cui finché c'è un parlamento, si può trovare o
inventare una qualche maggioranza di governo. Possiamo consolarci
coll'idea che i sondaggi in fondo non sono quasi mai veritieri (ma
stavolta hanno mirato benissimo). Quale sarà il destino del governo
Conte 2 è facilmente prevedibile –restare restare restare- se non altro
per le spese elettorali e famigliari cui debbono fare onore
i 900 onorevoli di fronte per di più davanti alla prospettiva di
vedersi ridotti di un terzo.
La nascita del Conte 2 motivata con la debolissima tesi di non
consegnare nelle mani del capitano l'elezione del prossimo presidente
della repubblica non ha fatto presa, tranne chi ha una buona pensione
ed un'altrettanta buona liquidazione in banca ed un'altrettanta buona
salute. La prospettiva della legge di bilancio del 2020 è quella di un
patchwork di misurine togli questo aggiungi quello che sostanzialmente
lasciano le cose come stanno, esattamente come il Rei e il RdC non
hanno risolto il problema della povertà nel paese: dopo questi due
costosi esperimenti abbiamo ancora due milioni e mezzo di persone in
condizioni di povertà o assai prossime ad esserlo.
L'Umbria è tornata alle urne per via delle dimissioni anticipate della
governatrice piddina indagata in una inchiesta della Procura di Perugia
su concorsi per assunzioni ospedaliere che sarebbero stati pilotati.
Tuttora non si sa nulla di come siano andate davvero le faccende e
quindi… potrebbe benissimo essere innocente. Alle dimissioni della
Catiuscia Marini ha fatto seguito un mese dopo la votazione – pure col
voto determinante della stessa Marini – di una mozione di un
documento della maggioranza che chiedeva alla Marini di ritirare le
dimissioni. Ma era solo l'ennesima puntata di una vicenda quasi
incredibile, con una serie di decisioni confermate e smentite un giorno
dopo l'altro dalla governatrice: la prima volta in cui la Marini aveva
comunicato di voler lasciare era il 16 aprile.
Indubbiamente aggiungere una farsa ad una mezza tragedia dagli esiti
che arriveranno tra qualche anno è da emeriti imbecilli. Ma nel caso
più che di imbecillità si tratta di protervia di un potere che dura
ininterrotto –con varie sfumature- dalla Librazione in poi.
Del resto l'occupazione stabile in Umbria c'è solo nel pubblico e il
turismo di rapina di cui sono massicciamente esperti ormai prevede solo
manodopera a pochi euro l'ira. Poi tempi attuali e il blocco
delle assunzioni, di posti da distribuire generosamente anche nel
pubblico non ce ne sono e la concorrenza e la vigilanza dei molti
concorrenti si sono alzate.
La “lezione umbra” assomiglia moltissimo in copia con la “lezione
torinese” già inflitta dalla Appendino al sistema piddino-Fassino del
capoluogo torinese.
Che s'è vista anche in buona parte MA in peggio nella vicenda romana.
Sarà meglio che il consiglio comunale curnese si dia una mossa
-magari decidendo le proprie dimissioni - dopo questa “lezione” dal
momento che oramai è del tutto delegittimato. Già non lo era al momento
della elezione visto che la Lega si era massicciamente astenuta
pur di non votare il candidato Locatelli ( e molti voti leghisti erano
girati alla meloniana Carrara) ma la sindaca Gamba si era permessa –
nella tragicomica assemblea alla Marigolda dove aveva confessato che
non aveva controllato la modifica abusiva della convenzione
comune-polisportiva- di rinfacciarci che a onta delle nostre
previsioni, lei aveva vinto.
Vincere per via di una legge elettorale non è vincere politicamente dal
momento che il centrodestra fascio leghista era nettamente
maggioritario rispetto alla formazione di matrice piddina.
La questione è che ADESSO sia il Pd s'è ulteriormente ridotto al 22%
sia Forza Italia, che aveva espresso Locatelli come candidato sindaco
del centrodestra forza-leghista, si vede ridotta al di sotto dei due
numeri percentuali: 5,5%; la metà dei Fratelli d'Italia.
Lo stato di disperazione del consiglio e soprattutto della maggioranza
lo si rileva anche da fatti marginali, a metà strada tra la
tragedia e la commedia: come la barzelletta dei massaggi ai piedini dei
disabili pagati dal comune. Oppure leggere che il Comune di Curno
finanzia perfino le società di trasporto private per mandare in ferie i
pensionati in una zona isolata e terremotante. Cosa non si finanzia pur
di raccattare voti dappertutto a chi ancora la beve.
Il livello di democrazia e partecipazione che c'era in comune venti
anni or sono rispetto al livello attuale è scomparso. Oggi le poche
commissioni sono al servizio della maggioranza – lo scrivono anche
nello statuto- e con la giunta Gamba “sotto l'aspetto
socioculturale e della coesione sociale la disintermediazione è stata
particolarmente devastante. La politica per questi NON è scuola di
civismo e di educazione alla cittadinanza attiva”. Se del caso ecco
scodellata l'ennesima determina a finanziare un corsettino di…
cittadinanza attiva. Come alibi.
C'è un problema? C'é una determina!. Un'odea della politica come la pillola che la mandi giù e ti tira su.
Basta la lettura dei verbali delle (due) commissioni (sport e rumenta)
per rendersene conto. Ovvio che una generazione di amministratori
cresciuti nella scuola dell'obbligo e sfruttando generosi piani
del diritto allo studio non abbiano nemmeno il minimo di sensibilità (e
di accortezza…) di capire la differenza tra democrazia e democratura.
Tra partecipazione e governo autoritario. Tra valorizzazione delle
competenze e dequalificazione. Sopratutto è entrata in auge l'abitudine
del rispetto formale delle regole facendo finta di non sapere vedere
capire prevedere che la formalità è la chiave di volta dell'illegalità
sostanziale. Un esempio? Il consiglio comunale aveva cambiato la
convenzione con la Polisportiva, la dirigente del servizio ne ha
firmata un'altra modificando abusivamente la decisione del consiglio
comunale e… l'assessore competente non s'era neanche preoccupata di
leggerne il testo PRIMA della firma. Formalmente tutto a posto salvo il
favore politico fatto ad una associazione col prolungamento della
convenzione.
Oppure la scoperta che una lottizzazione in pieno centro era del tutto
fuorilegge in quanto il catasto era del tutto sballato (sballato è dire
poco). In questi casi scatta il sequestro e una sequenza di casini
inenarrabili. Invece il consiglio comunale ha preso atto e ciao
stai bene.
Ecco: accomodatevi alla porta.
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AUMENTANO GLI OCCUPATI
E NON CRESCE IL PIL?
Il 31 ottobre l'Istat diffonderà la stima preliminare del Pil al terzo
trimestre e i dati sull'occupazione del mese di settembre. Nessuno si
aspetta grosse sorprese, ma è l'occasione buona per sfatare due
mistificazioni che hanno fuorviato il dibattito sulla situazione
economica e sociale del Paese. Le distorsioni possono essere
inconsapevoli, prodotte in buona fede. Con il risultato di accrescere
lo smarrimento dei cittadini, costretti a districarsi tra messaggi
contraddittori.
Oppure possono essere intenzionali. E in questo caso penso ai toni
trionfalistici di questo o quell'esponente politico per rivendicare i
meriti dei presunti successi: la politica, si sa, deve coltivare il
consenso e farne manutenzione.
Prima mistificazione. Il numero degli occupati in Italia, dopo un lungo
periodo di flessione, è tornato a crescere negli ultimi quattro anni,
recuperando tutti i posti di lavoro persi a causa della crisi, fino a
toccare cifre da record. «Non si vedevano questi numeri dal lontano
1977»: qualcuno ha esultato così. Vero. Ma il dato non si può leggere
isolatamente. Peccato, infatti, che nel frattempo sia crollato il
numero delle ore lavorate: nell'ultimo anno sono state 2,3 miliardi in
meno rispetto al 2007, ancora inferiori del 5 per cento nel confronto
con l'ultimo anno prima dell'inizio della crisi. Ciò è dipeso dal
consistente ricorso alla cassa integrazione causato dalle numerose
crisi aziendali (ci sono ancora 160 dossier scottanti sul tavolo del
ministro dello Sviluppo economico). I cassintegrati formalmente un
impiego ce l'hanno, quindi statisticamente ingrossano le file degli
occupati: può sembrare un paradosso, ma è così. Solo nell'ultimo anno
le ore di cassa integrazione sono state 216 milioni, ancora 32 milioni
in più di dieci anni fa. Ma soprattutto si è verificata una crescita
straordinaria degli impieghi part time, aumentati del 38 per cento
negli ultimi dieci anni: parliamo ormai di 4,3 milioni di occupati. In
particolare, ad aumentare in maniera esponenziale è stato il part time
involontario (+131 per cento, ovvero 1,5 milioni di persone in più
rispetto al 2007), che riguarda soprattutto i giovani.
Oggi due terzi delle persone con un impiego a tempo parziale ne
vorrebbero uno a tempo pieno, ma non riescono a trovarlo. Così, mentre
il numero complessivo degli occupati è aumentato dell'1,4 per cento nel
periodo 2007-2018 (321 mila in più), giustificando un certo ottimismo,
nello stesso periodo le unità di lavoro equivalenti sono diminuite del
3,8 per cento (959 mila in meno), perché si è ridotto il numero medio
di ore lavorate per addetto. Questa tendenza si è consolidata anche
quest'anno: nel primo semestre del 2019 gli occupati totali sono
aumentati dello 0,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno
precedente, gli occupati con un lavoro part time del 2 per cento e
quelli con un part time involontario del 2,9 per cento.
Risultato? Cresce l'occupazione, ma non il Pil, le retribuzioni e i redditi. C'è poco da essere contenti.
La seconda mistificazione riguarda l'aumento del Pil pro capite, come a
dire che le persone stanno meglio di ieri. Anche in questo caso il dato
è vero: ha cominciato a crescere dal 2015, segnando un +4,3 per cento
negli ultimi quattro anni. C'è stato dunque un aumento della
produttività? No. Perché il Pil per abitante è un rapporto, ed è
aumentato non come conseguenza di una crescita consistente del
numeratore (il Pil), bensì perché è diminuito il denominatore (la
popolazione, che è in caduta libera ormai proprio da quattro anni: in
questo lasso di tempo l'Italia ha perso nell'insieme 436 mila
abitanti). Di cosa rallegrarsi, se chiunque dovrebbe sapere che una
delle principali variabili correlate al peso politico ed economico di
un Paese è proprio la sua dimensione demografica?
Innocenti abbagli statistici, insomma. O malevola propaganda.
Correggere le due sviste però non è difficile. L'effetto sarà quello di
una spiacevole doccia fredda. Ma è una «operazione verità» necessaria,
perché i consolatori pannicelli caldi e l'uso di dati parziali per
indorare la pillola non fanno mai bene alla lunga. Basta guardare un
altro indicatore, allora, che tiene insieme tutti i dati appena
ricordati: il Pil per occupato. Poiché il numero degli occupati – ma di
che occupati si tratta lo abbiamo appena visto – aumentava mentre il
Pil stentava, l'indicatore si è attestato su una crescita modestissima:
appena lo 0,4 per cento in più negli ultimi quattro anni, certamente
insufficiente per risalire ai livelli pre-crisi (-4,5 per cento è
ancora il bilancio del Pil per occupato nel periodo 2007-2018). E se
dal 2015 effettivamente qualcosa si è mosso, è veramente troppo poco
per parlare di un piccolo boom.
Non proprio lucciole per lanterne, ma quasi.
Ne sono convinti anche a via XX Settembre, visto che prudentemente – e
realisticamente – la Nota di aggiornamento del Def prevede una crescita
dello 0,1 per cento per il 2019 e un +0,4 nel 2020. Per una volta, non
ci siamo fatti parlare dietro: anche la locomotiva tedesca arranca (con
tutte le conseguenze immaginabili per le nostre imprese esportatrici,
che nella manifattura della Germania trovano uno dei principali mercati
di sbocco), nubi di recessione si addensano sui cieli degli Stati Uniti
(a settembre per la seconda volta quest'anno i vertici della Fed hanno
deciso un taglio dei tassi di interesse) e i ritmi di crescita
dell'economia cinese a cui eravamo abituati si sono dimezzati. Pesa il
raffreddamento della congiuntura internazionale, con il rallentamento
dei commerci mondiali e gli investimenti esteri in calo, la «guerra dei
dazi» e le nuove barriere tariffarie. Il ritorno all'idea di frontiere
nazionali chiuse e impermeabili, in luogo di quelle aperte e porose che
sono state il cardine della globalizzazione, ora presenta un conto
salato da pagare. Anche per noi.
Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis
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