A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1111 DEL 12OTTOBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















TURCHIA: UN PAESE DELLA NATO CHE INVADE
UN PAESE TERZO E L’EUROPA CINCISCHIA
La Turchia, che è un paese della NATO, sta aggredendo la Siria per impadronirsi di un’ampia zona confinante ed imporre una pulizia etnica della popolazione kurda. L’offensiva pianificata  dal presidente turco Repep Tayyip Erdogan, appena iniziata e sostenuta da uno dei principali cambi di politica americana nel Medio Oriente, mira a rivendicare le aree sotto controllo dell’YPG, i militanti curdi della Siria nonché affiliati al Pkk turco e a creare una zona cuscinetto all’interno della Siria lunga 482 km e profonda 28 km. Una zona, sotto il controllo dell’esercito turco, il secondo per numero complessivo di soldati della Nato, dove Erdogan vorrebbe collocare molti (circa 2 milioni) dei 3,7 milioni di rifugiati siriani attualmente residenti in Turchia e che sono stati oggetto di numerose proteste da parte della popolazione turca sempre più insofferente verso i rifugiati siriani in fuga da Assad. Grecia e Turchia sono entrate nella NATO nel 1952 (creata nel 1949) e la cortese annessione di questi due stati alla NATO è avvenuta per la volontà dell’Occidente di chiudere alla Russia sovietica l’accesso al Mediterraneo. Il principio fondante della NATO è quello di considerare l’aggressione esterna di un suo associato come aggressione all’insieme degli stati membri. La Nato ha avuto (sempre: ieri oggi e domani) un ruolo aggressivo e non certo difensivo. Un’aggressività che non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto alla difesa, ma finalizzata al controllo geopolitico.
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GORI COMVOCATO DALL'UNESCO A PARIGI FA FINTA DI NO0N CAPIRE LA SOSTANZA DELPROBLEMA
Gori convocato a Parigi per riferire all'Unesco sul parcheggio della Fara e c'è andato accompagnato dall'inseparabile consigliere Amaddeo (contitolare di vari ristoranti in città alta) nonché da un paio di funzionari del Mibact, dall'ingegnere Pierpaolo Rossi, consulente esterno del Comune di Bergamo. Appuntamento con la direttrice Mechtild Rossler, esattamente 11 mesi dopo — era il 7 novembre dell'anno scorso — la lettera dopo con cui la stessa dirigente Unesco aveva invitato il sindaco a partecipare a «un incontro preliminare a Parigi», per poi valutare eventualmente anche la possibilità di un nuovo sopralluogo di Icomos (l'istituto che è il braccio operativo dell'Unesco sui siti monumentali) a Bergamo. Tra le altre dichiarazioni del sindaco, quella che colpisce è la seguente: «Dopo aver spiegato la genesi del progetto, ricordando che anche il piano particolareggiato di Città Alta prevedeva un parcheggio proprio in quella zona, ho potuto finalmente scendere nel merito delle scelte dell'Amministrazione comunale — commenta Gori — spiegando naturalmente che fino al 2016 non era previsto l'utilizzo della struttura per i visitatori e i turisti. Quella è stata una nostra decisione che, come ho detto a Parigi, secondo noi garantirà una migliore gestione della sosta in Città alta e consentirà anche ai residenti di recuperare posti auto lungo le Mura. Si tratta di prospettive importanti che andranno a proteggere l'area, non certo a danneggiarla». Altre domande hanno riguardato naturalmente l'impatto ambientale del parcheggio, tra il Parco delle Rimembranze e le Mura, molto vicine. Il sindaco ha sottolineato con precisione che le fortificazioni veneziane di Bergamo non sono toccate direttamente dall'opera.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



















C'E' UN DISCRETO
DISALLINEAMENTO
RISPETTO AL PAESE




LA MAFIA A BERGAMO
NON C'E'






DONNE KURDE IN FUGA
DAI BOMBARDAMENTI TURCHI



































































































































































































TURCHIA: UN PAESE DELLA NATO CHE INVADE
UN PAESE TERZO E L’EUROPA CINCISCHIA


La Turchia, che è un paese della NATO, sta aggredendo la Siria per impadronirsi di un’ampia zona confinante ed imporre una pulizia etnica della popolazione kurda. L’offensiva pianificata  dal presidente turco Repep Tayyip Erdogan, appena iniziata e sostenuta da uno dei principali cambi di politica americana nel Medio Oriente, mira a rivendicare le aree sotto controllo dell’YPG, i militanti curdi della Siria nonché affiliati al Pkk turco e a creare una zona cuscinetto all’interno della Siria lunga 482 km e profonda 28 km. Una zona, sotto il controllo dell’esercito turco, il secondo per numero complessivo di soldati della Nato, dove Erdogan vorrebbe collocare molti (circa 2 milioni) dei 3,7 milioni di rifugiati siriani attualmente residenti in Turchia e che sono stati oggetto di numerose proteste da parte della popolazione turca sempre più insofferente verso i rifugiati siriani in fuga da Assad. Grecia e Turchia sono entrate nella NATO nel 1952 (creata nel 1949) e la cortese annessione di questi due stati alla NATO è avvenuta per la volontà dell’Occidente di chiudere alla Russia sovietica l’accesso al Mediterraneo. Il principio fondante della NATO è quello di considerare l’aggressione esterna di un suo associato come aggressione all’insieme degli stati membri. La Nato ha avuto (sempre: ieri oggi e domani) un ruolo aggressivo e non certo difensivo. Un’aggressività che non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto alla difesa, ma finalizzata al controllo geopolitico. Gli attacchi della Nato, negli ultimi 20 anni, sono stati sette. In ordine cronologico si è cominciato nel 1991 con la prima guerra del Golfo, l’anno successivo in Somalia, nel 1995 in Bosnia, nel 1999 in Serbia, nel 2001 in Afghanistan, due anni dopo una nuova guerra all’Iraq e poi nel 2011 l’aggressione alla Libia di Gheddafi. Anche quest’ultimo, un conflitto che ha destabilizzato un’intera regione e che ha generato quell’immigrazione incontrollata che l’Italia e l’Europa stanno pagando a caro prezzo (politico ed economico) sotto molteplici aspetti. I ripetuti tentativi della Turchia di entrare nell’UE sono sempre stati frustrati per colpa del presidente Erdogan.
È il 24 novembre 2016, quando il Parlamento europeo di Strasburgo ha votato con una maggioranza di 471 voti, contro 37 contrari e 107 astenuti, una risoluzione di condanna delle "misure repressive sproporzionate" adottate dal governo di Erdogan dopo il fallito golpe del 15 luglio antecedente.
In quell’occasione, la Turchia aveva dato vita a un gigantesco repulisti di oppositori e sospetti golpisti, che ha portato all'arresto di decine di migliaia di persone e alla rimozione di altrettante dai pubblici uffici.
Le relazioni con l’Ue, spaventata da tale brutalità, da allora sono precipitate. "Negli ultimi due anni la Turchia si è allontanata dai valori e dai principi dell’Europa" commentò a caldo il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker.
Il voto di Strasburgo, anche se aveva carattere solamente simbolico, resta ancora oggi il principale ostacolo sul cammino - iniziato nel 2005 - di adesione della Turchia all’Unione Europea.
Questo perché l’Ue non intende in alcun modo accettare un Paese liberticida nel suo club esclusivo. Lo ha ribadito la stessa regina d’Europa Angela Merkel, il cui paese ospita la più grande comunità turca dell’Unione, durante l’ultima campagna elettorale: "è chiaro che sono favorevole all’interruzione del negoziato di adesione della Turchia" disse lo scorso settembre in diretta televisiva.
I problemi aperti dell’Unione Europea con la Turchia sono parecchi e molto pesanti.
Prima la questione democratica e la trasformazione della repubblica turca in una repubblica islamica, Secondo. Per quasi due anni gli Stati Uniti, alleati della Turchia in ambito Nato, hanno cercato di convincere Ankara a rinunciare agli S-400 russi. Recep Tayyip Erdogan li ha fortemente voluti in nome della "sicurezza" e così ha fatto 'l'affare' con la Russia. La Turchia rischia le sanzioni Caatsa (Countering America's Adversaries Through Sanctions Act) - che avrebbero comunque un impatto di non poco conto sull'economia turca - ma  verrebbe tagliata fuori dal programma F-35. I caccia dovrebbero infatti 'convivere' con i sistemi chiamati a intercettarli.  Il fatto é che gli F35 non hanno dimostrato di valere il prezzo e le prestazioni annunciate rispetto ai concorrenti sovietici Su-35. Ma questo lo pensano anche molti paesi occidentali ma non hanno il coraggio di dirlo.
Terzo. Dei molti miliardi dati dall’Ue  per i l programma Ipa, acronimo di Instrumentum per Pre-Accession, ovvero il pacchetto di misure finanziate dalla Ue per favorire l’avvicinamento della Turchia ai requisiti economici richiesti per l'accesso turco all'UE non c’è un minimo di rendiconto credibile. Tutto era cominciato nel 2002 con il Turkey Pre-Accession Instrument che tra il 2002 e il 2006 ha garantito alla Turchia fondi per 1,3 miliardi presto triplicati per raggiungere quota 4,8 tra il 2007 e il 2013 e 4,5 tra il 2014 e il 2020.
Quarto. Ne l’Europa ne l’America hanno una pallida idea di come risolvere il caos nei paesi che –geograficamente- fanno corona all’Iraq.
Quinto. C’è un però, un piccolo ma significativo dettaglio che rende grottesca la posizione italiana. Il piccolo dettaglio si chiama Operazione Active Fence. In questo momento, l’Italia schiera un contingente di centotrenta uomini, una batteria di missili terra aria Aster SAMP/T e alcuni veicoli logistici proprio al confine tra la Turchia e la Siria, ma attenzione: a difesa dello spazio aereo turco, cioè a protezione di chi sta sistematicamente uccidendo i curdi.
Se i curdi volessero rispondere all’attacco turco o se il regime di Assad volesse marcare il territorio siriano e, come è successo più volte in passato, desse una mano ai curdi in funzione anti turca, i nostri uomini lancerebbero i missili italiani in difesa
Operazione Active Fence è una missione Nato, votata nel luglio 2019 da tutti i partiti tranne i deputati alla sinistra del PD e con il voto favorevole anche del movimento Cinque stelle di Di Maio, e la Turchia è uno Stato Nato che si sentiva minacciato dalla Siria. È un dovere dei membri dell’Alleanza Atlantica, tra cui l'Italia, difendere un alleato che chiede aiuto e si ritiene in pericolo. E cosi, da qualche tempo, i paesi Nato si alternano al confine siriano. Ora ci sono gli spagnoli e i nostri soldati, i quali rimarranno fino a dicembre a difendere il regime turco , mentre il regime turco attacca il popolo curdi.
La nostra presenza al confine vuol dire che se i curdi volessero rispondere all’attacco turco – oppure se il regime di Assad volesse marcare il territorio siriano e, come è successo più volte in passato, desse una mano ai curdi in funzione anti turca – i nostri uomini lancerebbero i missili italiani in difesa della Turchia, dell'aggressore.

Nella foto qui sopra: la cerimonia di avvicendamento il 19 agosto 2019 del comando della batteria italiana SAMP/T, del 4° reggimento artiglieria contraerea "Peschiera" di Mantova, schierata in Turchia dal 2012 e inserita nell'ambito del sistema di difesa aerea integrata della NATO  armata dei missili Patriot versus  gli SCUD siriani.


GORI COMVOCATO DALL'UNESCO A PARIGI FA FINTA DI NO0N CAPIRE LA SOSTANZA DELPROBLEMA


Gori convocato a Parigi per riferire all'Unesco sul parcheggio della Fara e c'è andato accompagnato dall'inseparabile consigliere Amaddeo (contitolare di vari ristoranti in città alta) nonché da un paio di funzionari del Mibact, dall'ingegnere Pierpaolo Rossi, consulente esterno del Comune di Bergamo. Appuntamento con la direttrice Mechtild Rossler, esattamente 11 mesi dopo — era il 7 novembre dell'anno scorso — la lettera dopo con cui la stessa dirigente Unesco aveva invitato il sindaco a partecipare a «un incontro preliminare a Parigi», per poi valutare eventualmente anche la possibilità di un nuovo sopralluogo di Icomos (l'istituto che è il braccio operativo dell'Unesco sui siti monumentali) a Bergamo. Tra le altre dichiarazioni del sindaco, quella che colpisce è la seguente: «Dopo aver spiegato la genesi del progetto, ricordando che anche il piano particolareggiato di Città Alta prevedeva un parcheggio proprio in quella zona, ho potuto finalmente scendere nel merito delle scelte dell'Amministrazione comunale — commenta Gori — spiegando naturalmente che fino al 2016 non era previsto l'utilizzo della struttura per i visitatori e i turisti. Quella è stata una nostra decisione che, come ho detto a Parigi, secondo noi garantirà una migliore gestione della sosta in Città alta e consentirà anche ai residenti di recuperare posti auto lungo le Mura. Si tratta di prospettive importanti che andranno a proteggere l'area, non certo a danneggiarla». Altre domande hanno riguardato naturalmente l'impatto ambientale del parcheggio, tra il Parco delle Rimembranze e le Mura, molto vicine. Il sindaco ha sottolineato con precisione che le fortificazioni veneziane di Bergamo non sono toccate direttamente dall'opera.
Il problema di Gori non sta solo coll'Icomos ma sta anche con l'Anac, con l'ATB e con Amaddeo, non la persona ma la figura professionale nel contesto degli interessi dei commercianti di Città Alta. Come si rileva dai disegni  del progetto presenti sul siti No parking appare evidente che il progetto sia stata fatto spannometricamente perché se p.e. sulla parete sud erano previste SEI travi orizzontali di contenimento della parete e adesso se ne sono rese necessarie  QUATTOR- DICI, vuol dire che non si erano fatti i debiti carotaggi orizzontali sotto la collina della Rocca per scoprire che quel terreno-zona era sostanzialmente solido come… un mucchio di ghiaia. O come un wafer. Non è solo una questione tecnica ma politica dal momento che i maggiori costi sono stati assorbiti dal prolungamento della concessione: praticamente il comune ha regalato la zona alla proprietà del parcheggio coperto. L'errore tecnico è stato utile e funzionale proprio al prolungamento della concessione. Ma Gori fa una dichiarazione di una ipocrisia all'ennesima potenza  quando asserisce che la decisione assunta nel 2016 dalla sua  maggioranza di destinare l'uso del parcheggio anche a turisti e visitatori (fino allora riservato ai residenti) garantirà una migliore gestione della sosta in Città alta e consentirà anche ai residenti di recuperare posti auto lungo le Mura.
Apparentemente una dichiarazione di buonsenso mentre concretamente indica  tutt'altra  direzione. Perché la gentrificazione che specie la giunta Gori ha avviato e imposto su Città Alta ha proprio lo scopo di espellere i residenti e gli operatori “poveri” dal contesto e trasformare Città Alta in una sorta di imitazione di Montecarlo o di S. Moritz. Perché è evidente che il costo di un posto auto –permanente o temporaneo che sia- dentro quel parcheggio avrà un prezzo stratosferico che solo pochi potranno accettare e in parallelo è ovvio che verranno aumentati anche i costi per la sosta nei parcheggi esterni su suolo pubblico. Già lo vediamo in fatti minuti: l'arrivo di caffè che costano 1,50 o due euro in piedi. Già lo vediamo nelle centinaia di persone sedute per ogni dove che sbafano pezzi di pizza perché una pizza e una birra seduti al ristorante bisogna lasciarci 20-30 euro ed è materiale surgelato.
Ma coll'ipocrisia Gori supera se stesso facendo finta di non sapere ne prevedere cosa significhi portare migliaia di veicoli dal casello dell'A4 al parcheggio. Raddoppiare il numero di auto attuali lungo quel tubo di scappamento che è viale Roma* e Vittorio Emanuele.
Gori ha voluto e vuole svolgere la figura di chi ammoderna la città attaccandoci molte etichette – le Mura patrocinio dell'Unesco, le FORME, il Landscape Festival, il Sociale, ecc.-  che attirano turisti ormai stufi dopo avere consumato migliaia di città in tutto il mondo si volgono anche – complice il Caravaggio- anche sulle città c.d. minori. Quando città alta sarà in mano ai soli turisti che possono pagare 100euro al mq di affitto mensile oppure un caffè in piedi a due-tre euro e una pizza e una birra a cinquanta euro città alta si affloscerà.

QUANTE ARMI VENDE L'ITALIA ALLA TURCHIA

L’Italia dal 2016 al 2018 ha ricevuto autorizzazioni per l’esportazione di 761,8 milioni di euro di armamenti verso la Turchia. 362 milioni solo nell’ultimo anno. A certificarlo è la relazione di Camera e Senato resa nota nel maggio scorso. Questa cifra, come riportato nello stesso documento, “colloca la Turchia “tra i primi 25 Paesi destinatari di licenze individuali di esportazione nel 2018”, per la precisione tra i primi tre, dopo il Qatar e il Pakistan.
Se invece teniamo conto del dato complessivo a partire dal 2015 le autorizzazioni concesse per l’esportazioni di armi salgono a 890,6 milioni di euro. Nel 2018 le armi effettivamente consegnate erano poco più della metà per un valore di 463,8 milioni di euro, il che significa che l’altra metà deve ancora arrivare a destinazione e potrebbe essere bloccata.
I sistemi d’arma indicati nella relazione di Camera e Senato sono generici, si parla di “armi o sistemi d’arma superiori a 12,7 mm, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili, aeromobili e altre apparecchiature elettroniche”. Ciò che è sicuro è che l’Italia invia armi complete, non si parla infatti di “semilavorati” ma di “bombe e missili”.
Madi Ferrucci:Tutte le armi che l’Italia es