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TURCHIA: UN PAESE DELLA NATO CHE INVADE
UN PAESE TERZO E L’EUROPA CINCISCHIA
La Turchia, che è un paese della NATO, sta aggredendo la Siria per
impadronirsi di un’ampia zona confinante ed imporre una pulizia etnica
della popolazione kurda. L’offensiva pianificata dal presidente turco
Repep Tayyip Erdogan, appena iniziata e sostenuta da uno dei principali
cambi di politica americana nel Medio Oriente, mira a rivendicare le
aree sotto controllo dell’YPG, i militanti curdi della Siria nonché
affiliati al Pkk turco e a creare una zona cuscinetto all’interno della
Siria lunga 482 km e profonda 28 km. Una zona, sotto il controllo
dell’esercito turco, il secondo per numero complessivo di soldati della
Nato, dove Erdogan vorrebbe collocare molti (circa 2 milioni) dei 3,7
milioni di rifugiati siriani attualmente residenti in Turchia e che
sono stati oggetto di numerose proteste da parte della popolazione
turca sempre più insofferente verso i rifugiati siriani in fuga da
Assad. Grecia e Turchia sono entrate nella NATO nel 1952 (creata nel
1949) e la cortese annessione di questi due stati alla NATO è avvenuta
per la volontà dell’Occidente di chiudere alla Russia sovietica
l’accesso al Mediterraneo. Il principio fondante della NATO è quello di
considerare l’aggressione esterna di un suo associato come aggressione
all’insieme degli stati membri. La Nato ha avuto (sempre: ieri oggi e
domani) un ruolo aggressivo e non certo difensivo. Un’aggressività che
non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto alla difesa, ma
finalizzata al controllo geopolitico.
(...)
GORI COMVOCATO DALL'UNESCO A PARIGI FA FINTA DI NO0N CAPIRE LA SOSTANZA DELPROBLEMA
Gori convocato a Parigi per riferire all'Unesco sul parcheggio della
Fara e c'è andato accompagnato dall'inseparabile consigliere Amaddeo
(contitolare di vari ristoranti in città alta) nonché da un paio di
funzionari del Mibact, dall'ingegnere Pierpaolo Rossi, consulente
esterno del Comune di Bergamo. Appuntamento con la direttrice Mechtild
Rossler, esattamente 11 mesi dopo — era il 7 novembre dell'anno scorso
— la lettera dopo con cui la stessa dirigente Unesco aveva invitato il
sindaco a partecipare a «un incontro preliminare a Parigi», per poi
valutare eventualmente anche la possibilità di un nuovo sopralluogo di
Icomos (l'istituto che è il braccio operativo dell'Unesco sui siti
monumentali) a Bergamo. Tra le altre dichiarazioni del sindaco, quella
che colpisce è la seguente: «Dopo aver spiegato la genesi del progetto,
ricordando che anche il piano particolareggiato di Città Alta prevedeva
un parcheggio proprio in quella zona, ho potuto finalmente scendere nel
merito delle scelte dell'Amministrazione comunale — commenta Gori —
spiegando naturalmente che fino al 2016 non era previsto l'utilizzo
della struttura per i visitatori e i turisti. Quella è stata una nostra
decisione che, come ho detto a Parigi, secondo noi garantirà una
migliore gestione della sosta in Città alta e consentirà anche ai
residenti di recuperare posti auto lungo le Mura. Si tratta di
prospettive importanti che andranno a proteggere l'area, non certo a
danneggiarla». Altre domande hanno riguardato naturalmente l'impatto
ambientale del parcheggio, tra il Parco delle Rimembranze e le Mura,
molto vicine. Il sindaco ha sottolineato con precisione che le
fortificazioni veneziane di Bergamo non sono toccate direttamente
dall'opera.
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TURCHIA: UN PAESE DELLA NATO CHE INVADE
UN PAESE TERZO E L’EUROPA CINCISCHIA
La Turchia, che è un paese della NATO, sta aggredendo la Siria per
impadronirsi di un’ampia zona confinante ed imporre una pulizia etnica
della popolazione kurda. L’offensiva pianificata dal presidente
turco Repep Tayyip Erdogan, appena iniziata e sostenuta da uno dei
principali cambi di politica americana nel Medio Oriente, mira a
rivendicare le aree sotto controllo dell’YPG, i militanti curdi della
Siria nonché affiliati al Pkk turco e a creare una zona cuscinetto
all’interno della Siria lunga 482 km e profonda 28 km. Una zona, sotto
il controllo dell’esercito turco, il secondo per numero complessivo di
soldati della Nato, dove Erdogan vorrebbe collocare molti (circa 2
milioni) dei 3,7 milioni di rifugiati siriani attualmente residenti in
Turchia e che sono stati oggetto di numerose proteste da parte della
popolazione turca sempre più insofferente verso i rifugiati siriani in
fuga da Assad. Grecia e Turchia sono entrate nella NATO nel 1952
(creata nel 1949) e la cortese annessione di questi due stati alla NATO
è avvenuta per la volontà dell’Occidente di chiudere alla Russia
sovietica l’accesso al Mediterraneo. Il principio fondante della NATO è
quello di considerare l’aggressione esterna di un suo associato come
aggressione all’insieme degli stati membri. La Nato ha avuto (sempre:
ieri oggi e domani) un ruolo aggressivo e non certo difensivo.
Un’aggressività che non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto
alla difesa, ma finalizzata al controllo geopolitico. Gli attacchi
della Nato, negli ultimi 20 anni, sono stati sette. In ordine
cronologico si è cominciato nel 1991 con la prima guerra del Golfo,
l’anno successivo in Somalia, nel 1995 in Bosnia, nel 1999 in Serbia,
nel 2001 in Afghanistan, due anni dopo una nuova guerra all’Iraq e poi
nel 2011 l’aggressione alla Libia di Gheddafi. Anche quest’ultimo, un
conflitto che ha destabilizzato un’intera regione e che ha generato
quell’immigrazione incontrollata che l’Italia e l’Europa stanno pagando
a caro prezzo (politico ed economico) sotto molteplici aspetti. I
ripetuti tentativi della Turchia di entrare nell’UE sono sempre stati
frustrati per colpa del presidente Erdogan.
È il 24 novembre 2016, quando il Parlamento europeo di Strasburgo ha
votato con una maggioranza di 471 voti, contro 37 contrari e 107
astenuti, una risoluzione di condanna delle "misure repressive
sproporzionate" adottate dal governo di Erdogan dopo il fallito golpe
del 15 luglio antecedente.
In quell’occasione, la Turchia aveva dato vita a un gigantesco
repulisti di oppositori e sospetti golpisti, che ha portato all'arresto
di decine di migliaia di persone e alla rimozione di altrettante dai
pubblici uffici.
Le relazioni con l’Ue, spaventata da tale brutalità, da allora sono
precipitate. "Negli ultimi due anni la Turchia si è allontanata dai
valori e dai principi dell’Europa" commentò a caldo il presidente della
Commissione Europea, Jean-Claude Juncker.
Il voto di Strasburgo, anche se aveva carattere solamente simbolico,
resta ancora oggi il principale ostacolo sul cammino - iniziato nel
2005 - di adesione della Turchia all’Unione Europea.
Questo perché l’Ue non intende in alcun modo accettare un Paese
liberticida nel suo club esclusivo. Lo ha ribadito la stessa regina
d’Europa Angela Merkel, il cui paese ospita la più grande comunità
turca dell’Unione, durante l’ultima campagna elettorale: "è chiaro che
sono favorevole all’interruzione del negoziato di adesione della
Turchia" disse lo scorso settembre in diretta televisiva.
I problemi aperti dell’Unione Europea con la Turchia sono parecchi e molto pesanti.
Prima la questione democratica e la trasformazione della repubblica
turca in una repubblica islamica, Secondo. Per quasi due anni gli Stati
Uniti, alleati della Turchia in ambito Nato, hanno cercato di
convincere Ankara a rinunciare agli S-400 russi. Recep Tayyip Erdogan
li ha fortemente voluti in nome della "sicurezza" e così ha fatto
'l'affare' con la Russia. La Turchia rischia le sanzioni Caatsa
(Countering America's Adversaries Through Sanctions Act) - che
avrebbero comunque un impatto di non poco conto sull'economia turca -
ma verrebbe tagliata fuori dal programma F-35. I caccia
dovrebbero infatti 'convivere' con i sistemi chiamati a
intercettarli. Il fatto é che gli F35 non hanno dimostrato di
valere il prezzo e le prestazioni annunciate rispetto ai concorrenti
sovietici Su-35. Ma questo lo pensano anche molti paesi occidentali ma
non hanno il coraggio di dirlo.
Terzo. Dei molti miliardi dati dall’Ue per i l programma Ipa,
acronimo di Instrumentum per Pre-Accession, ovvero il pacchetto di
misure finanziate dalla Ue per favorire l’avvicinamento della Turchia
ai requisiti economici richiesti per l'accesso turco all'UE non c’è un
minimo di rendiconto credibile. Tutto era cominciato nel 2002 con il
Turkey Pre-Accession Instrument che tra il 2002 e il 2006 ha garantito
alla Turchia fondi per 1,3 miliardi presto triplicati per raggiungere
quota 4,8 tra il 2007 e il 2013 e 4,5 tra il 2014 e il 2020.
Quarto. Ne l’Europa ne l’America hanno una pallida idea di come
risolvere il caos nei paesi che –geograficamente- fanno corona all’Iraq.
Quinto. C’è un però, un piccolo ma significativo dettaglio che rende
grottesca la posizione italiana. Il piccolo dettaglio si chiama
Operazione Active Fence. In questo momento, l’Italia schiera un
contingente di centotrenta uomini, una batteria di missili terra aria
Aster SAMP/T e alcuni veicoli logistici proprio al confine tra la
Turchia e la Siria, ma attenzione: a difesa dello spazio aereo turco,
cioè a protezione di chi sta sistematicamente uccidendo i curdi.
Se i curdi volessero rispondere all’attacco turco o se il regime di
Assad volesse marcare il territorio siriano e, come è successo più
volte in passato, desse una mano ai curdi in funzione anti turca, i
nostri uomini lancerebbero i missili italiani in difesa
Operazione Active Fence è una missione Nato, votata nel luglio 2019 da
tutti i partiti tranne i deputati alla sinistra del PD e con il voto
favorevole anche del movimento Cinque stelle di Di Maio, e la Turchia è
uno Stato Nato che si sentiva minacciato dalla Siria. È un dovere dei
membri dell’Alleanza Atlantica, tra cui l'Italia, difendere un alleato
che chiede aiuto e si ritiene in pericolo. E cosi, da qualche tempo, i
paesi Nato si alternano al confine siriano. Ora ci sono gli spagnoli e
i nostri soldati, i quali rimarranno fino a dicembre a difendere il
regime turco , mentre il regime turco attacca il popolo curdi.
La nostra presenza al confine vuol dire che se i curdi volessero
rispondere all’attacco turco – oppure se il regime di Assad volesse
marcare il territorio siriano e, come è successo più volte in passato,
desse una mano ai curdi in funzione anti turca – i nostri uomini
lancerebbero i missili italiani in difesa della Turchia,
dell'aggressore.
Nella foto qui sopra: la cerimonia di avvicendamento il 19 agosto 2019
del comando della batteria italiana SAMP/T, del 4° reggimento
artiglieria contraerea "Peschiera" di Mantova, schierata in Turchia dal
2012 e inserita nell'ambito del sistema di difesa aerea integrata della
NATO armata dei missili Patriot versus gli SCUD siriani.
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GORI COMVOCATO DALL'UNESCO A PARIGI FA FINTA DI NO0N CAPIRE LA SOSTANZA DELPROBLEMA
Gori convocato a Parigi per riferire all'Unesco sul parcheggio della
Fara e c'è andato accompagnato dall'inseparabile consigliere Amaddeo
(contitolare di vari ristoranti in città alta) nonché da un paio di
funzionari del Mibact, dall'ingegnere Pierpaolo Rossi, consulente
esterno del Comune di Bergamo. Appuntamento con la direttrice Mechtild
Rossler, esattamente 11 mesi dopo — era il 7 novembre dell'anno scorso
— la lettera dopo con cui la stessa dirigente Unesco aveva invitato il
sindaco a partecipare a «un incontro preliminare a Parigi», per poi
valutare eventualmente anche la possibilità di un nuovo sopralluogo di
Icomos (l'istituto che è il braccio operativo dell'Unesco sui siti
monumentali) a Bergamo. Tra le altre dichiarazioni del sindaco, quella
che colpisce è la seguente: «Dopo aver spiegato la genesi del progetto,
ricordando che anche il piano particolareggiato di Città Alta prevedeva
un parcheggio proprio in quella zona, ho potuto finalmente scendere nel
merito delle scelte dell'Amministrazione comunale — commenta Gori —
spiegando naturalmente che fino al 2016 non era previsto l'utilizzo
della struttura per i visitatori e i turisti. Quella è stata una nostra
decisione che, come ho detto a Parigi, secondo noi garantirà una
migliore gestione della sosta in Città alta e consentirà anche ai
residenti di recuperare posti auto lungo le Mura. Si tratta di
prospettive importanti che andranno a proteggere l'area, non certo a
danneggiarla». Altre domande hanno riguardato naturalmente l'impatto
ambientale del parcheggio, tra il Parco delle Rimembranze e le Mura,
molto vicine. Il sindaco ha sottolineato con precisione che le
fortificazioni veneziane di Bergamo non sono toccate direttamente
dall'opera.
Il problema di Gori non sta solo coll'Icomos ma sta anche con l'Anac,
con l'ATB e con Amaddeo, non la persona ma la figura professionale nel
contesto degli interessi dei commercianti di Città Alta. Come si rileva
dai disegni del progetto presenti sul siti No parking appare
evidente che il progetto sia stata fatto spannometricamente perché se
p.e. sulla parete sud erano previste SEI travi orizzontali di
contenimento della parete e adesso se ne sono rese necessarie
QUATTOR- DICI, vuol dire che non si erano fatti i debiti carotaggi
orizzontali sotto la collina della Rocca per scoprire che quel
terreno-zona era sostanzialmente solido come… un mucchio di ghiaia. O
come un wafer. Non è solo una questione tecnica ma politica dal momento
che i maggiori costi sono stati assorbiti dal prolungamento della
concessione: praticamente il comune ha regalato la zona alla proprietà
del parcheggio coperto. L'errore tecnico è stato utile e funzionale
proprio al prolungamento della concessione. Ma Gori fa una
dichiarazione di una ipocrisia all'ennesima potenza quando
asserisce che la decisione assunta nel 2016 dalla sua maggioranza
di destinare l'uso del parcheggio anche a turisti e visitatori (fino
allora riservato ai residenti) garantirà una migliore gestione della
sosta in Città alta e consentirà anche ai residenti di recuperare posti
auto lungo le Mura.
Apparentemente una dichiarazione di buonsenso mentre concretamente
indica tutt'altra direzione. Perché la gentrificazione che
specie la giunta Gori ha avviato e imposto su Città Alta ha proprio lo
scopo di espellere i residenti e gli operatori “poveri” dal contesto e
trasformare Città Alta in una sorta di imitazione di Montecarlo o di S.
Moritz. Perché è evidente che il costo di un posto auto –permanente o
temporaneo che sia- dentro quel parcheggio avrà un prezzo stratosferico
che solo pochi potranno accettare e in parallelo è ovvio che verranno
aumentati anche i costi per la sosta nei parcheggi esterni su suolo
pubblico. Già lo vediamo in fatti minuti: l'arrivo di caffè che costano
1,50 o due euro in piedi. Già lo vediamo nelle centinaia di persone
sedute per ogni dove che sbafano pezzi di pizza perché una pizza e una
birra seduti al ristorante bisogna lasciarci 20-30 euro ed è materiale
surgelato.
Ma coll'ipocrisia Gori supera se stesso facendo finta di non sapere ne
prevedere cosa significhi portare migliaia di veicoli dal casello
dell'A4 al parcheggio. Raddoppiare il numero di auto attuali lungo quel
tubo di scappamento che è viale Roma* e Vittorio Emanuele.
Gori ha voluto e vuole svolgere la figura di chi ammoderna la città
attaccandoci molte etichette – le Mura patrocinio dell'Unesco, le
FORME, il Landscape Festival, il Sociale, ecc.- che attirano
turisti ormai stufi dopo avere consumato migliaia di città in tutto il
mondo si volgono anche – complice il Caravaggio- anche sulle città c.d.
minori. Quando città alta sarà in mano ai soli turisti che possono
pagare 100euro al mq di affitto mensile oppure un caffè in piedi a
due-tre euro e una pizza e una birra a cinquanta euro città alta si
affloscerà.
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QUANTE ARMI VENDE L'ITALIA ALLA TURCHIA
L’Italia dal 2016 al 2018 ha ricevuto autorizzazioni per l’esportazione
di 761,8 milioni di euro di armamenti verso la Turchia. 362 milioni
solo nell’ultimo anno. A certificarlo è la relazione di Camera e Senato
resa nota nel maggio scorso. Questa cifra, come riportato nello stesso
documento, “colloca la Turchia “tra i primi 25 Paesi destinatari di
licenze individuali di esportazione nel 2018”, per la precisione tra i
primi tre, dopo il Qatar e il Pakistan.
Se invece teniamo conto del dato complessivo a partire dal 2015 le
autorizzazioni concesse per l’esportazioni di armi salgono a 890,6
milioni di euro. Nel 2018 le armi effettivamente consegnate erano poco
più della metà per un valore di 463,8 milioni di euro, il che significa
che l’altra metà deve ancora arrivare a destinazione e potrebbe essere
bloccata.
I sistemi d’arma indicati nella relazione di Camera e Senato sono
generici, si parla di “armi o sistemi d’arma superiori a 12,7 mm,
munizioni, bombe, siluri, razzi, missili, aeromobili e altre
apparecchiature elettroniche”. Ciò che è sicuro è che l’Italia invia
armi complete, non si parla infatti di “semilavorati” ma di “bombe e
missili”.
Madi Ferrucci:Tutte le armi che l’Italia es
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