A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1110 DEL 09OTTOBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















ADESSO L'ITALIA E' A POSTO
Dopo l'ultima deliberazione della Camera sulla riduzione del numero dei Parlamentari, la battuta migliore anche se scontata è quella sui tacchini che si mettono da soli allo spiedo per il prossimo Natale. Realisticamente questi parlamentari hanno deciso andreottianamente che è meglio tirare a campare che tirare le cuoia viste le incerte prospettive della legislatura. Visto anche che di soldi da investire (nella prossima legge di bilancio) non ce ne sono  mentre di tagli da fare ce ne sono troppi.
Noi restiamo del parere che per diminuire il numero dei parlamentari, oltre all'abolizione di una delle due camere, basterebbe affidarlo agli elettori: un sistema perfettamente proporzionale a doppio turno dove ogni forza politica manda in Parlamento un eletto ogni centomila voti presi. Ne abbiamo già scritto. In Italia dovrebbero votare in 46,6 milioni  e quindi potrebbero eleggere 466 deputati. Chiamiamoli così. Sarebbero un numero più che sufficiente a rappresentare chi vuole essere rappresentato: uno stimolo ad andare a votare anziché fare il quaqquaraqua.
(...)

Pd e Cinque stelle si intendono su tutto, su tutto il programma dei Cinque PD E CINQUESTELLE SI INTENDONO SU TUTTO: SU TUTTO IL PROGRAMMA DEI CINQUESTELLE
Dopo avere votato contro per ben tre volte, in difesa della democrazia rappresentativa, della divisione dei poteri e degli equilibri costituzionali, il Pd ha approvato ieri il taglio dei parlamentari voluto dal Movimento 5 stelle. Ma solo dopo avere ottenuto un documento in cui i due partiti si impegnano solennemente, tra le altre cose, a presentare entro dicembre una nuova legge elettorale che risolva il problema in qualche modo. Non meglio specificato.
Quale dovrebbe essere infatti il nuovo sistema elettorale capace di correggere le distorsioni prodotte dalla riforma, e che il Pd fino a ieri aveva denunciato con veemenza, il testo dell'accordo non lo dice, e non lo dice per l'ottima ragione che nessuno dei contraenti ne ha la minima idea. Tutto quello che il documento afferma al riguardo, al punto uno, è quanto segue: «Ci impegniamo a presentare entro il mese di dicembre un progetto di nuova legge elettorale per Camera e Senato al fine di garantire più efficacemente il pluralismo politico e territoriale, la parità di genere e il rigoroso rispetto dei principi della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia elettorale e di tutela delle minoranze linguistiche». Tutto qui. In pratica, una pagina bianca. Sufficiente comunque a far dire al capogruppo alla Camera, Graziano Delrio: «Il nostro no è diventato un sì perché sono state accolte le nostre ragioni». Ragioni ben riassunte, evidentemente, nella pagina bianca di cui sopra.
(...)

CUCINA CASALINGA (E NON SOLO)
Giovani, in 10 anni emigrati dall'Italia 250 mila ragazzi: persi 16 miliardi, pari all'1% del Pil
Giovani, in 10 anni emigrati dall'Italia 250 mila ragazzi: persi 16 miliardi, pari all'1% del Pil. Che è stato regalato agli altri paesi dove sono affluiti i nostri ragazzi.
Mezzo milione di italiani ha lasciato il Paese negli ultimi dieci anni: di questi, 250 mila sono giovani tra i 15 e i 34 anni. Secondo quanto evidenziato dal «Rapporto 2019 sull'economia dell'immigrazione» della fondazione Leone Moressa, la fuga di questi ragazzi è costata all'Italia 16 miliardi di euro, pari a più di 1 punto percentuale del Pil. Una cifra che sarebbe affluita nel prodotto interno lordo dello Stato, se i giovani avessero trovato da lavorare in Italia e non all'estero.
(...)




12 Mb













































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



















C'E' UN DISCRETO
DISALLINEAMENTO
RISPETTO AL PAESE






NON HANNO
CHIESTO 500,000
EURO DI SPOGLIATOI
ALCOMUNE DI CURNO


IL MURO DI SOSTEGNO DELLA ROCCA DEL PARCHEGGIO DELLA FARA:
VATTI A FIDARE DEI TECNICI!







































































































































































































Dopo l'ultima deliberazione della Camera sulla riduzione del numero dei Parlamentari, la battuta migliore anche se scontata è quella sui tacchini che si mettono da soli allo spiedo per il prossimo Natale. Realisticamente questi parlamentari hanno deciso andreottianamente che è meglio tirare a campare che tirare le cuoia viste le incerte prospettive della legislatura. Visto anche che di soldi da investire (nella prossima legge di bilancio) non ce ne sono  mentre di tagli da fare ce ne sono troppi.
Noi restiamo del parere che per diminuire il numero dei parlamentari, oltre all'abolizione di una delle due camere, basterebbe affidarlo agli elettori: un sistema perfettamente proporzionale a doppio turno dove ogni forza politica manda in Parlamento un eletto ogni centomila voti presi. Ne abbiamo già scritto. In Italia dovrebbero votare in 46,6 milioni  e quindi potrebbero eleggere 466 deputati. Chiamiamoli così. Sarebbero un numero più che sufficiente a rappresentare chi vuole essere rappresentato: uno stimolo ad andare a votare anziché fare il quaqquaraqua.
Mentre  i 950 si fregano le zampine nella certezza che le scadenze concordate tra PD e 5S nel patto a quattro sulle riforme per dare il via libera al taglio dei parlamentari dai nove capigruppo che compongono la maggioranza di governo (PD, M5S, LEU, Italia Viva, Autonomie) sono la clausola di buon fine legislatura. Salvo imprevisti.  Si tratta di una serie di “clausole di salvaguardia” che il centrosinistra ha preteso dai 5 stelle, per ridurre l'effetto distorsivo del taglio dei parlamentari.
I Cinque Stelle sono visti da mesi come un movimento in crisi, appannati dal potere e disposti per esso a tradire le proprie radici. Invece il Pd ha concesso loro di risollevarsi e tornare alle origini su una questione cruciale come il rapporto tra Parlamento e rappresentanza popolare. In una parola, li ha rimessi al mondo, almeno per qualche tempo. Una scelta di convenienza risalente ad agosto perché c'era da costruire il governo Conte ed evitare le elezioni. Ma ora?
Non diamo affidamento che i pentastellati onorino il patto sottoscritto.
Dipenderà prima di tutto dall'esito delle prossime tornate elettorali in Umbria  (888 mila abitanti ) Calabria (1,9 milioni di abitanti)  e in Emilia Romagna (4,5 milioni), per quanto insignificanti siano due micro regioni come l'Umbria e Calabria. Bei posti pessima politica.
L'impressione comunque è quella di essere tornati ai tempi di Letta e Gentiloni. Avanti stando fermi. Ferma la politica e fermo anche il paese: in compenso un gran casino –pensiamo solo  a cosa ha significato per il cittadino comune passare dal ReI al RdC- ma sempre e soltanto a debito. Con Renzi l'Italia di qualcosa è cresciuta, per adesso siamo fermi di due anni. Cresce solo il debito.

Il numero dei parlamentari lo riducano gli elettori col proprio voto.  Chi vota elegge. Chi non vota resta fuori.
Noi restiamo sempre della nostra idea sul tema una-due camere e la legge elettorale. Riteniamo che basti una sola camera eleggibile da chi ha 18 anni. Un sistema perfettamente proporzionale, a doppio turno, con premio a chi supera il 40%+1 dei voti.  Si eleggono un deputato ogni 100mila voti validi, i candidati si possono presentare solo un una regione. In questo modo qualunque formazione o raggruppamento raggiunga 100mila voti validi (sommando quelli presi in tutta Italia) avrà un proprio rappresentante in Parlamento. Ma questo sistema incentiva anche gli elettori a presentarsi al voto e nello stesso tempo riduce gli eletti per decisione degli stessi elettori (e non della kasta già  eletta). Alle elezioni politiche del 2018 potevano votare per la Camera in 46.604.925 per eleggere 630 deputati (1:75.414) mentre ha votato solo il 73% pari a 33.978.719 (risultando così 1:53.934).
Seguendo la nostra idea si sarebbero eletti 466 deputati e al partito o coalizione che avesse raggiunto il 40%+1 dei voti sarebbero toccati la metà degli eletti 233+1+5=239  deputati. Quindi alle altre formazioni politiche avrebbero mandato in Parlamento i più votati dei restanti 466-239=227.
Nel caso nessuna formazione o coalizione raggiunga il 40%+1 al primo turno si passa al secondo turno tra i due più votati e la domenica successiva il primo turno si rivota. Per la formazione del Parlamento si ripete la prassi del primo turno col solo voto di lista: in questo modo restano i rappresentanti di tutti o del maggior numero di concorrenti e territori.
Ma poi c'è di mezzo il ribaltone.  Se durante la legislatura il governo viene bocciato su alcune leggi importanti  (bilancio, infrastrutture, energia) se le formazioni di minoranza prospettano al PdR una alternativa il Parlamento viene “ricostituito” sulla base della nuova maggioranza in base al risultato elettorale della prima votazione. Buon ultimo non esiste il gruppo misto e  chi cambia casacca torna a casa.

Pd e Cinque stelle si intendono su tutto, su tutto il programma dei Cinque stelle

Tagliati i parlamentari, restano il reddito di cittadinanza, il decreto sicurezza e quota 100: il progetto politico giallorosso ruota intorno all'intesa tra i due partner principali di governo, ma a girare sono soprattutto i Democratici

Dopo avere votato contro per ben tre volte, in difesa della democrazia rappresentativa, della divisione dei poteri e degli equilibri costituzionali, il Pd ha approvato ieri il taglio dei parlamentari voluto dal Movimento 5 stelle. Ma solo dopo avere ottenuto un documento in cui i due partiti si impegnano solennemente, tra le altre cose, a presentare entro dicembre una nuova legge elettorale che risolva il problema in qualche modo. Non meglio specificato.
Quale dovrebbe essere infatti il nuovo sistema elettorale capace di correggere le distorsioni prodotte dalla riforma, e che il Pd fino a ieri aveva denunciato con veemenza, il testo dell'accordo non lo dice, e non lo dice per l'ottima ragione che nessuno dei contraenti ne ha la minima idea. Tutto quello che il documento afferma al riguardo, al punto uno, è quanto segue: «Ci impegniamo a presentare entro il mese di dicembre un progetto di nuova legge elettorale per Camera e Senato al fine di garantire più efficacemente il pluralismo politico e territoriale, la parità di genere e il rigoroso rispetto dei principi della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia elettorale e di tutela delle minoranze linguistiche». Tutto qui. In pratica, una pagina bianca. Sufficiente comunque a far dire al capogruppo alla Camera, Graziano Delrio: «Il nostro no è diventato un sì perché sono state accolte le nostre ragioni». Ragioni ben riassunte, evidentemente, nella pagina bianca di cui sopra.
Del resto, è esattamente questo che Dario Franceschini da anni teorizza e da qualche mese pratica con personale successo. E che lunedì ha spiegato a Otto e mezzo con la consueta linearità. Il problema del precedente esecutivo era la logica del «contratto di governo», un accordo tra avversari che restavano tali e infatti non si presentavano mai al voto insieme in Comuni e Regioni, mentre «noi stiamo cercando di fare una cosa diversa». E cioè un'alleanza che trova un'intesa su tutto, per «vedere se questa esperienza di governo aiuta la nascita di un'alleanza politica, tanto è vero che in Umbria, dieci giorni dopo che è nato il governo, ci siamo presentati uniti alle elezioni». E dopo l'Umbria, va da sé, ci saranno «l'Emilia, la Calabria, la Toscana…». Questo è il punto, il perno attorno a cui ruota l'intero progetto politico. Il problema è che a ruotare è soprattutto il Pd.
Un partito-zelig, capace di contrastare con parole di fuoco, dall'opposizione, ciascuno di quei provvedimenti, e un mese dopo tenerseli tutti, una volta al governo.
Il ragionamento merita però di essere analizzato per esteso, a partire dalle parole precise con cui Franceschini lo ha esposto. Dunque, il governo precedente non funzionava perché era «un'alleanza tra avversari che volevano restare avversari», in cui M5s e Lega «si erano appaltati le zone d'influenza: tu fai quello che vuoi sugli immigrati e mi dai il reddito di cittadinanza; tu fai quello che vuoi sui decreti sicurezza e mi dai la riduzione dei parlamentari». Sfere d'influenza. E però – ammoniva Franceschini – non si governa così un paese. Problema brillantemente risolto dal Pd – aggiungo io – che al Movimento 5 stelle ha lasciato sia i decreti sicurezza sia il taglio dei parlamentari, sia il reddito di cittadinanza sia quota cento. Senza aggiungere né togliere una virgola. Una pagina bianca, appunto, su cui i grillini hanno potuto trascrivere in bella copia l'intero programma del precedente governo, con ammirevole coerenza e invidiabile fermezza, di cui è giusto dar loro atto. Più difficile trovare simili doti nel Pd teorizzato – e realizzato – da Franceschini. Un partito-zelig, capace di contrastare con parole di fuoco, dall'opposizione, ciascuno di quei provvedimenti, e un mese dopo tenerseli tutti, una volta al governo: reddito di cittadinanza e quota cento (confermati entrambi nella prossima finanziaria), taglio dei parlamentari e decreti sicurezza (che Conte e Di Maio hanno pubblicamente rivendicato e nessuno ha toccato). E tutto questo al solo scopo di andare al governo. O meglio: per evitare che ci vada la destra, che naturalmente è una destra pericolosa, regressiva, che dal governo stava trasformando l'Italia in una sorta di «Gotham City», come Franceschini ha spiegato nel corso di quella stessa puntata di Otto e mezzo. L'unica cosa che non ha spiegato è quali fossero i concreti provvedimenti con cui la destra avrebbe prodotto questa terribile regressione civile, politica ed economica. Lasciandoci con il tremendo sospetto che l'elenco avrebbe coinciso con il programma del governo attuale: decreti sicurezza e taglio dei parlamentari, reddito di cittadinanza e quota cento.
Un sospetto che è diventato certezza quando, poco prima della conclusione della trasmissione, un servizio di Paolo Pagliaro ha raccontato i risultati dell'inchiesta di Avvenire che ha rivelato come due anni fa, per fermare i flussi migratori, funzionari del governo italiano hanno trattato con un efferato criminale, ricevendo in Italia con tutti gli onori un uomo che già l'Onu aveva indicato come boss mafioso e trafficante di esseri umani, immortalato poco tempo prima in un video mentre picchiava selvaggiamente un gruppo di migranti. Due anni fa, per chi non se lo ricordasse, il governo in carica era il governo del Pd, con Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, Marco Minniti agli Interni e Dario Franceschini – proprio come oggi – ai Beni Culturali. Peccato che al termine del servizio, una volta tornati in studio, nessuno abbia azzardato una domanda in merito. Chissà quale Franceschini avrebbe risposto.


Francesco Cundari

Giovani, in 10 anni emigrati dall'Italia 250 mila ragazzi: persi 16 miliardi, pari all'1% del Pil

Giovani, in 10 anni emigrati dall'Italia 250 mila ragazzi: persi 16 miliardi, pari all'1% del Pil. Che è stato regalato agli altri paesi dove sono affluiti i nostri ragazzi.
Mezzo milione di italiani ha lasciato il Paese negli ultimi dieci anni: di questi, 250 mila sono giovani tra i 15 e i 34 anni. Secondo quanto evidenziato dal «Rapporto 2019 sull'economia dell'immigrazione» della fondazione Leone Moressa, la fuga di questi ragazzi è costata all'Italia 16 miliardi di euro, pari a più di 1 punto percentuale del Pil. Una cifra che sarebbe affluita nel prodotto interno lordo dello Stato, se i giovani avessero trovato da lavorare in Italia e non all'estero.
Ma perché 250 mila giovani italiani hanno scelto di andarsene? L'esodo è dovuto per la maggior parte dei casi alle «scarse opportunità occupazionali», che spingono quasi 90 mila ragazzi ogni anno a lasciare le proprie case. L'Italia è il Paese con il tasso di occupazione più basso nell'eurozona per la fascia dei 25-29enni. Solo il 54,6% di loro ha un lavoro, contro il 75% della media europea. L'Italia ha il primato europeo anche se si prende in considerazione la fascia Neet (ossia i giovani che non lavorano e non studiano): rientra in questa categoria il 30,9% di loro, contro una media europea del 17,1%. Il 19,7% dei ragazzi italiani è disoccupato, contro il 9,2% della media dell'eurozona. E per quanto riguarda l'istruzione? Paragonati ai loro coetanei europei, i giovani italiani sono poco istruiti: solo il 27,6% è laureato, ben 12 punti percentuali in meno rispetto alla media Ue.

UniBG: i conti non tornano
UniBG dichiara sul proprio sito web di avere in questo anno scolastico 20.500 iscritti. Nessun dubbio. Poi oggi leggiamo sui bugiardini provinciali che “Coraggio è stata la parola chiave di tutta quella “Giornata perfetta” che Vinicio Capossela, ospite controcorrente di questa prima domenica d'ottobre, ha cantato sotto il cielo della bellissima Piazza Vecchia incorniciata da 500 tocchi neri e altrettanti sorrisi dei dottori e delle dottoresse magistrali 2018-2019 dell'Ateneo della nostra città”. Non per fare le pulci con l'advantix, ma 20.500:5=4.100  dove sono finiti i restanti 4.100-500=3.600 che non si sono ancora laureati? .

Giovanni Sanga, classe 1962, non più disoccupato della politica.
L'ufficialità arriverà giovedì 10 ottobre quando il Consiglio d'amministrazione di Sacbo procederà alla cooptazione di un nuovo consigliere e poi alla nomina del presidente, carica vacante dal 10 settembre scorso, data della scomparsa di Roberto Bruni. Il suo successore sarà Giovanni Sanga, 57 anni, commercialista, già parlamentare Pd (e prima ancora della Margherita). Sul suo nome, proposto dai partner pubblici – Comune, Provincia e Camera di Commercio – della società che gestisce l'aeroporto di Orio al Serio e che detengono il 37% delle azioni Sacbo, si è registrata la massima convergenza. D'accordo anche la milanese Sea, forte di un 30,98% di quote: del resto la nomina del presidente è sempre stata lasciata al lato bergamasco della società. L'avv. Ivonne Messi, bergamasca della sinistra comunista è vicepresidente  della SEA, società che è azionista al 30,98% della SACBO.
Già siamo rimasti di sasso quando abbiamo letto alla morte di bruni che fosse ammalato da cinque anni: e vai a fare il presidente SACBO? E adesso un onorevole trombato eccolo sistemato per non dargli (magari) il RdC?. Insomma la politica non molla. Poi perdono voti a carrettate.

Tre chiodi sono tornati a casa dopo mezzo secolo
Il carattere più divertente del compagno di cordata F.I. era quello di vedere nuove vie su placche di roccia di montagne dove cresce l'olina. Salendo la Valle Scura dov'è il sentiero da Branzi al Passo di Mezzeno e poi i Laghi Gemelli giunti  in alto agli ultime baitelli guardando verso sud si vede una catena  dove compare una piastra piuttosto incavata abbastanza fessurata. E' la parete nord della Pietra Quadra: circa 250 mt di salita. Correva l'anno 1970 primi di giugno e la Valle Scura era affollata di tafani: stafano caricando di mucche le paghe alle baite. La parete  l'avevamo vista solo in una foto 13x18 bianco nero e quindi non sapevamo nulla. In parete ci lasciammo sei preziosissimi chiodi. Quasi diecimila lire di ferro: al tempo usciva una serata con quattro pizze e birre. Nei giorni scorsi  arriva un msg in cui un certo D.B. mi chiede se conosco la Via Menhir sulla Placconata della Poltrona sulla Pietra Quadra perché la vorrebbero salire. Vuole capire bene il percorso della via Calegari del 1977 rispetto alla nostra. Ci spieghiamo ed alla fine gli raccomando “se trovi dei nostri chiodi e ce li riporti indietro, grazie in anticipo!”. Oggi me ne ha restituiti tre. Marco e Luca Serafini, Davide Brignoli  e Massimo Teoldi il 5 Ottobre 2019 hanno però lasciato la via attrezzata.