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NEL 2018 GLI ITALIANI HANNO GIOCATO 107 MILIARDI
ALLE LOTTERIE LEGALI ED HANNO EVASO 110 MILIARDI DI TASSE
ED HANNO 1440 MILIARDI FERMI SUI CONTI CORRENTI
Nel 2018 gli Italiani hanno giocato 107 miliardi alle lotterie legali,
hanno evaso-eluso 110 miliardi di tasse-contributi ed hanno 1440
miliardi fermi sui conti correnti. I bergamaschi si giocherebbe 1497
euro all'anno (2017) pro capite nel gioco d'azzardo legale ed
avrebbero in banca una ricchezza di 22 miliardi secondo le informazioni
di Banca d'Italia-ISTAT. Scrivere che “c'è qualcosa da raddrizzare” sia
nella società che gioca legalmente e illegalmente (a nostro avviso la
parte illegale del gioco è superiore a quella legale) è un grazioso
eufemismo di fronte a un paese con 2410 miliardi di debito pubblico.
Sarebbe utile anche fare il conto dei crediti inesigibili di enti
pubblici vari come le multe stradali, le tariffe comunali, i vari
condoni non completati.
(...)
SE SEI RICCA E BORGHESE TE LA CAVI MEGLIO ANCHE COME DONNA
(...)
Le vite della Agnesi e della Mozzoni hanno dei tratti in comune
nonostante fossero una cattolicisissima e la seconda laica e
socialista. Sono aspetti che non vanno dimenticati. Entrambe non pare
avessero proprio in grande evidenza il rapporto col maschio e questo fu
la prima ragione della loro lunga esistenza in epoca in cui la
popolazione viveva mediamente da metà a un terzo della loro. La
mancata o rara frequentazione dei maschi le salvò dalle numerose
malattie mortali collegate alla sessualità al tempo. La seconda -scelta
o fortuna- fu quella di non avere mai avuto maternità, fatto che al
tempo costava la vita ad almeno un quarto della popolazione femminile
spostata in quei due secoli. Il terzo elemento in comune fu che
entrambe nacquero in una famiglia agiata ragione per cui poterono
disporre di buona alimentazione, cure mediche (quel poco che esuteva al
tempo...) , buoni abiti che le riparavano dal freddo, case riscaldate.
Ebbero entrambe, sia pure all’interno della storica differenziazione
maschi-femmine un’ottima istruzione che unita ad una intelligenza non
comune, costituì senza dubbio una ulteriore occasione per una lunga
esistenza. Poi possiamo anche dire per fare arrabbiare qualcheduna che
la Agnesi era di una bruttezza inguardabile mentre la Mozzoni splendeva
di una bellezza non indifferente.
Gaetana e Marianna portano nomi che in un certo qual modo ne
prefigurano il loro futuro per quanto vissute in periodi di grande
vivacità culturale sociale politica. Furono delle fortunatissime
piccolo borghesi che in quanto ricche poterono sfuggire a un destino
personale e lavorativo che le avrebbe annientate prima di diventare
nonne. Modelli cui oggi si guarda con molta perplessità pur senza
dimenticare i rispettivi contributi alla scienza e al progresso. Boh.
SE TUTTI I COMUNI ITALIANI SPENDESSERO PER LA SCUOLA
UNA SOMMA COME QUELLA DI CURNO LA SPESA
NAZIONALE SALIREBBE DA 29 A 34 MILIARDI L’ANNO
Mettendo assieme un po' di dati, alla fine dal nebbione esce qualche
verità. E non è proprio brillante come la vende la giunta
Gamba&Rota col supporto poderoso delle precedenti colleghe Morelli
& Serra. La giunta delle professoresse e della maestra tutte
comunque laureate all'UniBG.
Maggioranza quella attuale che è abituata a dimenticare o non ricordare
quei “numeri” che invece farebbero sobbalzare dalla sedia qualsiasi
responsabile che non misuri il mondo prendendo come metro il proprio
pisello. Esempio non calzant4e ma va bene lo stesso.
Il Comune di Curno con una deliberazione all'unanimità da parte dei tre
gruppi consigliari (se c'è da spendere tutti d'accordo perché la
clientela va curata) ha votato il Piano per il diritto allo studio
2019-2020 che prevede una spesa- investimento di 600mila euro (per
l'esattezza: 598.135,84 euro).
Facendo la media al modo del pollo trilussiano considerando i 7.534
abitanti (fine 2018) del paese bello da vivere siamo a 79,4 euro pro
capite. Moltiplicando questa spesa-investimento per i 60.359.546 di
Italiani la spesa per la sola scuola primaria (che però comprende
qualche piccola spesa per superiori e università praticamente
irrilevanti) arriviamo a 4.764 milioni. Da una tesi LUISS del 2017
risulta che la spesa pubblica per la scuola primaria nel 2017 ammontò a
28,889 miliardi. (...)
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NEL 2018 GLI ITALIANI HANNO GIOCATO 107 MILIARDI
ALLE LOTTERIE LEGALI ED HANNO EVASO 110 MILIARDI DI TASSE
ED HANNO 1440 MILIARDI FERMI SUI CONTI CORRENTI
Nel 2018 gli Italiani hanno giocato 107 miliardi alle lotterie legali,
hanno evaso-eluso 110 miliardi di tasse-contributi ed hanno 1440
miliardi fermi sui conti correnti. I bergamaschi si giocherebbe 1497
euro all'anno (2017) pro capite nel gioco d'azzardo legale
ed avrebbero in banca una ricchezza di 22 miliardi secondo le
informazioni di Banca d'Italia-ISTAT. Scrivere che “c'è qualcosa da
raddrizzare” sia nella società che gioca legalmente e illegalmente (a
nostro avviso la parte illegale del gioco è superiore a quella legale)
è un grazioso eufemismo di fronte a un paese con 2410 miliardi di
debito pubblico. Sarebbe utile anche fare il conto dei crediti
inesigibili di enti pubblici vari come le multe stradali, le tariffe
comunali, i vari condoni non completati.
Scrive de Bortoli che nel 2018 chi non ha fatto nulla e si è tenuto i
soldi in banca ha addirittura guadagnato, in termini relativi, senza
versare costose commissioni: la classe di investimento euro cash
rendeva lo 0,3% a fine 2018.
Davanti a questo quadro, un politico avvincente farebbe qualche
proposta agli italiani volenterosi. In cinque anni riduciamo l'evasione
elusione a 20 miliardi che consideriamo fisiologica a livello europeo
destinando anno dopo anno meta-metà alla riduzione del cuneo
fiscale. Poi proporrebbe di investire 30 miliardi all'anno di quei 1440
miliardi inchiodati sui conti ad un tasso netto dell'1,5%. Da
suddividere tra università ambiente ricerca.
Poi consentirebbe agli enti locali –le provincie in specie- di
investire sempre pagando quell'1,5% netto, per infrastrutture locali:
ferrovie, piste ciclabili, trasporto elettrico.
Credo che bisogna passare da una finanza puramente speculativa ad una
di maggiore contenuto locale ed etico. Locale nel senso che chi presta
i soldi ad un tasso che almeno li stimola a prestarli, ne vede i
risultati. Etico perché sono mirati ad un benessere collettivo. Forse
arrivare con delle ferrovie fino ad Ardesio oppure di nuovo a
Piazza Brembana significa fare ripartire anche quella parte delle
nostre valli. Forse togliere quei due “cappi al collo” che sono
la ferrovia e l'A4 che strangolano la città di Bergamo ai piedi del
colle significa integrarsi maggiormente col milanese e il bresciano.
Forse trasformare la linea BS-BG-Malpensa in linea metropolitana
significa fare respirare gli infelici utenti del trasporto regionale e
le popolazioni che subiscono le reti autostradali.
Indicazioni dette per prime sulla base di problemi quotidiani che
un milione di bergamaschi affronta ogni giorno. Poi ci rendiamo conto
che abbiamo davanti dei macigni che non si riescono ne a fare saltare,
nemmeno a spostare. Tra quella cavolata che è l'autonomia regionale di
cui si ciacola non varrebbe la pena di fare una leggina che consenta
questi investimenti mirati su base locale con remunerazioni migliori?.
Poi abbiamo davanti il blocco RFI che è una repubblica nella
repubblica. Poi abbiamo davanti il blocco autostrade: altra repubblica
nella repubblica tranne quando c'è da tracciarne una a spese del
pubblico e guadagno del privato. Vedere Brebemi o Pedemontana lumbard e
veneta. C?è da stupirsi se davanti a un sistema che si erge a
repubblica autonoma dentro la repubblica, pure il povero risparmiatore
si tragga a se?
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SE SEI RICCA E BORGHESE
TE LA CAVI MEGLIO ANCHE COME DONNA
Il custode delLa Latrina di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga, un abduano
di origini sardAgnole con ascendenze in ValCamonica, uno che ha fatto
il classico in un (ex) liceo di salesiani e il Politecnico di Milano
(ma non si sa quando) se la prese l'estate scorsa col Comune di Mozzo
per avere deciso di intitolare ad una donna l'auditorium (ormai anziano
di tre lustri) perché nel territorio comunale alle donne sono
intitolate poche vie. Ovviamente sante come dappertutto nell' Italia
del mammismo imperante. Il Comune suggeriva Rosa Louise Parks –
Attivista diritti civili; María Zambrano – Filosofa; Anna Maria Mozzoni
– Insegnante e attivista diritti delle donne; Maria Gaetana Agnesi –
Matematica e Filantropa ed Angela Casile “Cocca” – Partigiana
bergamasca morta pochi mesi or sono. Non era previsto che si potesse
suggerire un altro nominativo. Usuratissima (l'avrà ormai ripetuta
settemila volte!) la prosa del custode delLa Latrina di Nusquamia: “al
Comune di Mozzo si muovono su una linea di condotta prettamente
serrana, come se niente fosse, come se non fosse palese a tutti che la
rovina della sinistra italiana sono state la Boldrina in sinergia con
le dott.sse Serra d'Italia, l'aziendalismo e il cattoprogressismo.
Hanno deciso che l'Auditorium di Mozzo dev'essere intitolato a una
donna, e il discorso finisce qui: “Basta! Punto! Non m'interessa!”.
Anche loro, ovviamente, sono condivisivi, sul modello serrano, e dicono
al popolo: “Come volete la medicina? Al gusto di menta, di lampone, o
di rabarbaro? Tanto la medicina dovete prenderla di qui non si scappa”.
Insomma, una boldrinata servita su un piatto di condivisione serrana”.
Ormai le “serrane” il Claudio Piga le trova dappertutto: anche a
Stromboli (dov'è?).
Nonostante la decisione del Comune sia irrisa dal custode delLa Latrina
di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga ecco che si contraddice e “Fra queste
cinque indicate la migliore a nostro avviso sarebbe Maria Gaetana
Agnesi, anche perché, contrariamente a quel che pensano i promotori del
bando, è quanto di meno boldrinesco si possa immaginare: senza grilli
per la testa, religiosissima, una che mai e poi mai si sarebbe fatto
passare per l'anticamera del cervello un moto di ribellione nei
confronti del padre. Lei si applicava allo studio delle matematiche e
delle lingue (intrattenne corrispondenza latina con i maggiori
matematici del suo tempo e, oltre il latino, conosceva altri sei
idiomi) per compiacere al padre, tant'è che con la morte del padre
cessò di occuparsi di filosofia naturale (= fisica) e matematica, per
dedicarsi esclusivamente alle opere pie: suo è il Pio Albergo Trivulzio
di Milano, del quale era amministratore Mario Chiesa, che fu il
detonatore di “Mani pulite”, improvvidamente chiamato “mariuolo” da
Bettino Craxi”. Quanto c'entri il mariuolo con la fondatrice lo sa solo
il Claudio Piga.
Adesso i mozzesi hanno scelto e noi cerchiamo –e qui il copia incolla
sulla storia è d'obbligo visto che siamo nati tre secoli dopo- di
inquadrare queste due figure di donna, piuttosto che tra l'on. Laura
Boldrini, l'ex sindaco Perlita Serra e Mario Chiesa (il “mariuolo”
amministratore del PAT) nel quadro storico in cui sono nate cresciute e
sono state donne, cercando di individuare da un lato le
ragioni-occasioni per cui vissero così a lungo e dall'altro lato
qualcosa che le approssima alle donne d'oggi.
Il quadro storico complessivo è posto tra le pagine in testata, qui seguono le conclusioni.
Le vite della Agnesi e della Mozzoni hanno dei tratti in comune
nonostante fossero una cattolicisissima e la seconda laica e
socialista. Sono aspetti che non vanno dimenticati. Entrambe non
pare avessero proprio in grande evidenza il rapporto col maschio e
questo fu la prima ragione della loro lunga esistenza in epoca in cui
la popolazione viveva mediamente da metà a un terzo della loro. La
mancata o rara frequentazione dei maschi le salvò dalle numerose
malattie mortali collegate alla sessualità al tempo. La seconda -scelta
o fortuna- fu quella di non avere mai avuto maternità, fatto che al
tempo costava la vita ad almeno un quarto della popolazione femminile
spostata in quei due secoli. Il terzo elemento in comune fu che
entrambe nacquero in una famiglia agiata ragione per cui poterono
disporre di buona alimentazione, cure mediche (quel poco che esuteva al
tempo...) , buoni abiti che le riparavano dal freddo, case riscaldate.
Ebbero entrambe, sia pure all’interno della storica differenziazione
maschi-femmine un’ottima istruzione che unita ad una intelligenza non
comune, costituì senza dubbio una ulteriore occasione per una lunga
esistenza. Poi possiamo anche dire per fare arrabbiare qualcheduna che
la Agnesi era di una bruttezza inguardabile mentre la Mozzoni splendeva
di una bellezza non indifferente.
Gaetana e Marianna portano nomi che in un certo qual modo ne
prefigurano il loro futuro per quanto vissute in periodi di grande
vivacità culturale sociale politica. Furono delle fortunatissime
piccolo borghesi che in quanto ricche poterono sfuggire a un destino
personale e lavorativo che le avrebbe annientate prima di diventare
nonne. Modelli cui oggi si guarda con molta perplessità pur senza
dimenticare i rispettivi contributi alla scienza e al progresso. Boh.
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SE TUTTI I COMUNI ITALIANI SPENDESSERO PER LA SCUOLA
UNA SOMMA COME QUELLA DI CURNO LA SPESA
NAZIONALE SALIREBBE DA 29 A 34 MILIARDI L’ANNO
Mettendo assieme un po' di dati, alla fine dal nebbione esce qualche
verità. E non è proprio brillante come la vende la giunta
Gamba&Rota col supporto poderoso delle precedenti colleghe Morelli
& Serra. La giunta delle professoresse e della maestra tutte
comunque laureate all'UniBG.
Maggioranza quella attuale che è abituata a dimenticare o non ricordare
quei “numeri” che invece farebbero sobbalzare dalla sedia qualsiasi
responsabile che non misuri il mondo prendendo come metro il proprio
pisello. Esempio non calzant4e ma va bene lo stesso.
Il Comune di Curno con una deliberazione all'unanimità da parte dei tre
gruppi consigliari (se c'è da spendere tutti d'accordo perché la
clientela va curata) ha votato il Piano per il diritto allo studio
2019-2020 che prevede una spesa- investimento di 600mila euro (per
l'esattezza: 598.135,84 euro).
Facendo la media al modo del pollo trilussiano considerando i 7.534
abitanti (fine 2018) del paese bello da vivere siamo a 79,4 euro pro
capite. Moltiplicando questa spesa-investimento per i 60.359.546 di
Italiani la spesa per la sola scuola primaria (che però comprende
qualche piccola spesa per superiori e università praticamente
irrilevanti) arriviamo a 4.764 milioni. Da una tesi LUISS del
2017 risulta che la spesa pubblica per la scuola primaria nel 2017
ammontò a 28,889 miliardi. Vedi tabella.
Va ricordato – e qui non siamo col pollo trilussiano- che nel
2015, ultimo dato disponibile, l'Italia spende per la scuola 67,4
miliardi di euro, pari al 4,1% del Pil e all'8,1% della spesa pubblica.
Citando il peso della spesa per interessi sul debito pubblico nel 2018
è sempre più alta di circa 2,2 miliardi (a quota 65 miliardi contro
62,8 miliardi precedenti), Dombrovskis «tratta di un spesa pari
all'intero costo del sistema scolastico nazionale. Di un peso medio di
38.400 euro per abitante, con un costo pro capite per servire il debito
di circa mille euro».
Sebbene si sommino denari di anni differenti (anno 2017 su
2019) ci sarebbe da fare qualche riflessione sul fatto che se tutti i
comuni italiani spendessero-investissero per la scuola primaria come
quello di Curno assieme ai 29 miliardi dello Sato andrebbero aggiunti i
4,7 miliardi dei Comuni.
Sommariamente siamo nella condizione che per ogni sei euro spesi dallo stato i comuni ne aggiungono uno.
Ovviamente non è così perché basta leggere gli albi pretori dei
comuni del sud per verificare che la spesa comunale per la primaria
difatto è insignificante: la povertà di quelle comunità purtroppo si
legge anche da quel numero.
La faccenda è che la giunta Gamba nel preparare questo PdS (piano del
diritto allo studio) in realtà non ha mai accertato quanto
effettivamente spende lo stato per la primaria del paese bello da
vivere per capire se siamo 6: 1 piuttosto che p.e. 10:5. Meglio
non allungare sguardi indiscreti.
Vale a dire (è una battuta: ma nemmeno tanto…) che lo Stato a Curno
spende per la primaria la metà di quello che spende il Comune.
Interrogativo destinato a restare tale.
Ovviamente NON ci attendiamo che il prossimo anno l'ass. Rota e la
sindaca Gamba brighino per accertarsi quanto lo Stato
investe-spende per la primaria a Curno e confronti la spesa statale con
quella comunale perché loro… volano alto e non badano a queste
quisquilie.
Quest'anno leggiamo che il servizio di assistenza socio educativa
scolastica costerà € 299.908,24 per 26 utenti delle scuola
dell'infanzia, la primaria e la secondaria di I grado ed altri 3 della
scuola secondaria di II grado o professionale.
Cifra letteralmente impressionate su cui la scuola ed il comune
“dovrebbero” dare maggiori informazioni visto che 299:598 sono la metà.
Sarebbe ora che un ente indipendente da chi gestisce ed autorizza
certificasse l'esito di tanta spesa.
SINTESI FINALE
1) E' necessario che il Comune si informi ed informi
la popolazione di quanto ammonta la spesa statale e regionale per la
scuola tra gli zero e la fine della primaria a Curno. Così che i
cittadini possono sapere l'ammontare della spesa statale-regionale e di
quella comunale.
2) E' necessario che il Comune verifichi quante
sono le famiglie dove lavorano padre, madre rispetto alla frequenza dei
servizi proposti ed offerti dal Comune col PdS. Se i residenti nati
2009-2013 sono 340 ma frequentano a Curno solo 239, come mai e
dove vanno gli altri cento-uno?
3) E' necessario che un ente indipendente certifichi
la qualità della spesa-investimento di quel 50% di spesa del PdS
destinata ai disabili.
4) L'insieme del PdS prefigura ed organizza un
tempo per gli alunni delle scuole eccessivo e pervasivo di tempi di
queste giovani persone.
5) E' eccessivamente squilibrata (ridotta) la
prestazione della scuola pubblica rispetto a quella pagata dal Comune
(tradotto: (a) i disabili debbono stare a carico dello Stato piuttosto
che del Comune (b) i servizi esterni prevedono la gestione da parte di
soggetti che NON hanno fatto un concorso pubblico ma sono soggetti
privati. Tanto vale allora chiamare come insegnanti chiunque sia
laureato.
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