A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1099 DEL 22 SETTEMBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















NEL 2018 GLI ITALIANI HANNO GIOCATO 107 MILIARDI
ALLE LOTTERIE LEGALI ED HANNO EVASO 110 MILIARDI DI TASSE
ED HANNO 1440 MILIARDI FERMI SUI CONTI CORRENTI
Nel 2018 gli Italiani hanno giocato 107 miliardi alle lotterie legali, hanno evaso-eluso 110 miliardi di tasse-contributi ed hanno 1440 miliardi fermi sui conti correnti. I bergamaschi si giocherebbe 1497 euro  all'anno (2017)  pro capite nel gioco d'azzardo legale ed avrebbero in banca una ricchezza di 22 miliardi secondo le informazioni di Banca d'Italia-ISTAT. Scrivere che “c'è qualcosa da raddrizzare” sia nella società che gioca legalmente e illegalmente (a nostro avviso la parte illegale del gioco è superiore a quella legale) è un grazioso eufemismo di fronte a un paese con 2410 miliardi di debito pubblico. Sarebbe utile anche fare il conto dei crediti  inesigibili di enti pubblici vari come le multe stradali, le tariffe comunali, i  vari condoni non completati.
(...)

SE SEI RICCA E BORGHESE TE LA CAVI MEGLIO ANCHE COME DONNA
(...)
Le vite della Agnesi e della Mozzoni hanno dei tratti in comune nonostante fossero una cattolicisissima e la seconda laica  e socialista. Sono aspetti che non vanno  dimenticati. Entrambe non pare avessero proprio in grande evidenza il rapporto col maschio e questo fu la prima ragione della loro lunga esistenza in epoca in cui la popolazione viveva mediamente da metà a un terzo della loro. La mancata  o rara frequentazione dei maschi le salvò dalle numerose malattie mortali collegate alla sessualità al tempo. La seconda -scelta o fortuna- fu quella di non avere mai avuto maternità, fatto che al tempo costava la vita ad almeno un quarto della popolazione femminile spostata in quei due secoli. Il terzo elemento in comune fu che entrambe nacquero in una famiglia agiata ragione per cui poterono disporre di buona alimentazione, cure mediche (quel poco che esuteva al tempo...) , buoni abiti che le riparavano dal freddo, case riscaldate. Ebbero entrambe, sia pure all’interno della storica differenziazione maschi-femmine un’ottima istruzione che unita ad una intelligenza non comune, costituì senza dubbio una ulteriore occasione per una lunga esistenza. Poi possiamo anche dire per fare arrabbiare qualcheduna che la Agnesi era di una bruttezza inguardabile mentre la Mozzoni splendeva di una bellezza non indifferente.
Gaetana e Marianna portano nomi che in un certo qual modo ne prefigurano il loro futuro per quanto vissute in periodi di grande vivacità culturale  sociale politica. Furono delle fortunatissime piccolo borghesi che in quanto ricche poterono sfuggire a un destino personale e lavorativo che le avrebbe annientate prima di diventare nonne. Modelli cui oggi si guarda con molta perplessità pur senza dimenticare i rispettivi contributi alla scienza e al progresso. Boh.


SE TUTTI I COMUNI ITALIANI SPENDESSERO PER LA SCUOLA
UNA SOMMA COME QUELLA DI CURNO LA SPESA
NAZIONALE SALIREBBE DA 29 A 34 MILIARDI L’ANNO
Mettendo assieme un po' di dati, alla fine dal nebbione esce qualche verità. E non è proprio brillante come la vende la giunta Gamba&Rota col supporto poderoso delle precedenti colleghe Morelli & Serra. La giunta delle professoresse e della maestra tutte comunque laureate all'UniBG.
Maggioranza quella attuale che è abituata a dimenticare o non ricordare quei “numeri” che invece farebbero sobbalzare dalla sedia qualsiasi responsabile che non misuri il mondo prendendo come metro il proprio pisello. Esempio non calzant4e ma va bene lo stesso.
Il Comune di Curno con una deliberazione all'unanimità da parte dei tre gruppi consigliari (se c'è da spendere tutti d'accordo  perché la clientela va curata) ha votato il Piano per il diritto allo studio 2019-2020 che prevede una spesa- investimento di 600mila euro (per l'esattezza: 598.135,84 euro). 
Facendo la media al modo del pollo trilussiano considerando i 7.534 abitanti (fine 2018) del paese bello da vivere siamo a 79,4 euro pro capite. Moltiplicando questa spesa-investimento per i 60.359.546 di Italiani la spesa per la sola scuola primaria (che però comprende qualche piccola spesa per superiori e università praticamente irrilevanti) arriviamo a 4.764 milioni.  Da una tesi LUISS del 2017 risulta che la spesa pubblica per la scuola primaria nel 2017 ammontò a 28,889 miliardi. (...)



















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!





























QUALCHE VOLTA
ANCHE GLI ALPINISTI
HANNO IDEE BALZANE

































































































































































































NEL 2018 GLI ITALIANI HANNO GIOCATO 107 MILIARDI
ALLE LOTTERIE LEGALI ED HANNO EVASO 110 MILIARDI DI TASSE
ED HANNO 1440 MILIARDI FERMI SUI CONTI CORRENTI

Nel 2018 gli Italiani hanno giocato 107 miliardi alle lotterie legali, hanno evaso-eluso 110 miliardi di tasse-contributi ed hanno 1440 miliardi fermi sui conti correnti. I bergamaschi si giocherebbe 1497 euro  all'anno (2017)  pro capite nel gioco d'azzardo legale ed avrebbero in banca una ricchezza di 22 miliardi secondo le informazioni di Banca d'Italia-ISTAT. Scrivere che “c'è qualcosa da raddrizzare” sia nella società che gioca legalmente e illegalmente (a nostro avviso la parte illegale del gioco è superiore a quella legale) è un grazioso eufemismo di fronte a un paese con 2410 miliardi di debito pubblico. Sarebbe utile anche fare il conto dei crediti  inesigibili di enti pubblici vari come le multe stradali, le tariffe comunali, i  vari condoni non completati.
Scrive de Bortoli che nel 2018 chi non ha fatto nulla e si è tenuto i soldi in banca ha addirittura guadagnato, in termini relativi, senza versare costose commissioni: la classe di inve­stimento euro cash rendeva lo 0,3% a fine 2018.
Davanti a questo quadro, un politico avvincente farebbe qualche proposta agli italiani volenterosi. In cinque anni riduciamo l'evasione elusione a 20 miliardi che consideriamo fisiologica a livello europeo destinando anno dopo anno  meta-metà alla riduzione del cuneo fiscale. Poi proporrebbe di investire 30 miliardi all'anno di quei 1440 miliardi inchiodati sui conti ad un tasso netto dell'1,5%. Da suddividere tra università ambiente ricerca.
Poi consentirebbe agli enti locali –le provincie in specie- di investire sempre pagando quell'1,5% netto, per infrastrutture locali: ferrovie, piste ciclabili, trasporto elettrico.
Credo che bisogna passare da una finanza puramente speculativa ad una di maggiore contenuto locale ed etico. Locale nel senso che chi presta i soldi ad un tasso che  almeno li stimola a prestarli, ne vede i risultati. Etico perché sono mirati ad un benessere collettivo. Forse arrivare con  delle ferrovie fino ad Ardesio oppure di nuovo a Piazza Brembana significa fare ripartire anche quella parte delle nostre valli. Forse togliere  quei due “cappi al collo” che sono la ferrovia e l'A4 che strangolano la città di Bergamo ai piedi del colle significa integrarsi maggiormente col milanese e il bresciano. Forse trasformare la linea BS-BG-Malpensa in linea  metropolitana significa fare respirare gli infelici utenti del trasporto regionale e le popolazioni  che subiscono le reti autostradali.
Indicazioni  dette per prime sulla base di problemi quotidiani che un milione di bergamaschi affronta ogni giorno. Poi ci rendiamo conto che abbiamo davanti dei macigni che non si riescono ne a fare saltare, nemmeno a spostare. Tra quella cavolata che è l'autonomia regionale di cui si ciacola non varrebbe la pena di fare una leggina che consenta questi investimenti mirati su base locale con remunerazioni migliori?. Poi abbiamo davanti il blocco RFI che è una repubblica nella repubblica. Poi abbiamo davanti il blocco autostrade: altra repubblica nella repubblica tranne quando c'è da tracciarne una a spese del pubblico e guadagno del privato. Vedere Brebemi o Pedemontana lumbard e veneta. C?è da stupirsi se davanti a un sistema che si erge a repubblica autonoma dentro la repubblica, pure il povero risparmiatore si tragga a se?

SE SEI RICCA E BORGHESE
TE LA CAVI MEGLIO ANCHE COME DONNA


Il custode delLa Latrina di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga, un abduano di origini sardAgnole con ascendenze in ValCamonica, uno che ha fatto il classico in un (ex) liceo di salesiani e il Politecnico di Milano (ma non si sa quando) se la prese l'estate scorsa col Comune di Mozzo per avere deciso di intitolare ad una donna l'auditorium (ormai anziano di tre lustri) perché nel territorio comunale alle donne sono intitolate poche vie. Ovviamente sante come dappertutto nell' Italia del mammismo imperante. Il Comune suggeriva Rosa Louise Parks – Attivista diritti civili; María Zambrano – Filosofa; Anna Maria Mozzoni – Insegnante e attivista diritti delle donne; Maria Gaetana Agnesi – Matematica e Filantropa ed Angela Casile “Cocca” – Partigiana bergamasca morta pochi mesi or sono. Non era previsto che si potesse suggerire un altro nominativo. Usuratissima (l'avrà ormai ripetuta settemila volte!) la prosa del custode delLa Latrina di Nusquamia: “al Comune di Mozzo si muovono su una linea di condotta prettamente serrana, come se niente fosse, come se non fosse palese a tutti che la rovina della sinistra italiana sono state la Boldrina in sinergia con le dott.sse Serra d'Italia, l'aziendalismo e il cattoprogressismo. Hanno deciso che l'Auditorium di Mozzo dev'essere intitolato a una donna, e il discorso finisce qui: “Basta! Punto! Non m'interessa!”. Anche loro, ovviamente, sono condivisivi, sul modello serrano, e dicono al popolo: “Come volete la medicina? Al gusto di menta, di lampone, o di rabarbaro? Tanto la medicina dovete prenderla di qui non si scappa”.
Insomma, una boldrinata servita su un piatto di condivisione serrana”. Ormai le “serrane” il Claudio Piga le trova dappertutto: anche a Stromboli (dov'è?).
Nonostante la decisione del Comune sia irrisa dal custode delLa Latrina di Nusquamia, l'ing. Claudio Piga ecco che si contraddice e “Fra queste cinque indicate la migliore a nostro avviso sarebbe Maria Gaetana Agnesi, anche perché, contrariamente a quel che pensano i promotori del bando, è quanto di meno boldrinesco si possa immaginare: senza grilli per la testa, religiosissima, una che mai e poi mai si sarebbe fatto passare per l'anticamera del cervello un moto di ribellione nei confronti del padre. Lei si applicava allo studio delle matematiche e delle lingue (intrattenne corrispondenza latina con i maggiori matematici del suo tempo e, oltre il latino, conosceva altri sei idiomi) per compiacere al padre, tant'è che con la morte del padre cessò di occuparsi di filosofia naturale (= fisica) e matematica, per dedicarsi esclusivamente alle opere pie: suo è il Pio Albergo Trivulzio di Milano, del quale era amministratore Mario Chiesa, che fu il detonatore di “Mani pulite”, improvvidamente chiamato “mariuolo” da Bettino Craxi”. Quanto c'entri il mariuolo con la fondatrice lo sa solo il Claudio Piga.
Adesso i mozzesi hanno scelto e noi cerchiamo –e qui il copia incolla sulla storia è d'obbligo visto che siamo nati tre secoli dopo- di inquadrare queste due figure di donna, piuttosto che tra l'on. Laura Boldrini, l'ex sindaco Perlita Serra e Mario Chiesa (il “mariuolo” amministratore del PAT) nel quadro storico in cui sono nate cresciute e sono state donne, cercando di individuare da un lato le ragioni-occasioni per cui vissero così a lungo e dall'altro lato qualcosa che le approssima alle donne d'oggi.

Il quadro storico complessivo è posto tra le pagine in testata, qui seguono le conclusioni.

Le vite della Agnesi e della Mozzoni hanno dei tratti in comune nonostante fossero una cattolicisissima e la seconda laica  e socialista. Sono aspetti che non vanno  dimenticati. Entrambe non pare avessero proprio in grande evidenza il rapporto col maschio e questo fu la prima ragione della loro lunga esistenza in epoca in cui la popolazione viveva mediamente da metà a un terzo della loro. La mancata  o rara frequentazione dei maschi le salvò dalle numerose malattie mortali collegate alla sessualità al tempo. La seconda -scelta o fortuna- fu quella di non avere mai avuto maternità, fatto che al tempo costava la vita ad almeno un quarto della popolazione femminile spostata in quei due secoli. Il terzo elemento in comune fu che entrambe nacquero in una famiglia agiata ragione per cui poterono disporre di buona alimentazione, cure mediche (quel poco che esuteva al tempo...) , buoni abiti che le riparavano dal freddo, case riscaldate. Ebbero entrambe, sia pure all’interno della storica differenziazione maschi-femmine un’ottima istruzione che unita ad una intelligenza non comune, costituì senza dubbio una ulteriore occasione per una lunga esistenza. Poi possiamo anche dire per fare arrabbiare qualcheduna che la Agnesi era di una bruttezza inguardabile mentre la Mozzoni splendeva di una bellezza non indifferente.
Gaetana e Marianna portano nomi che in un certo qual modo ne prefigurano il loro futuro per quanto vissute in periodi di grande vivacità culturale  sociale politica. Furono delle fortunatissime piccolo borghesi che in quanto ricche poterono sfuggire a un destino personale e lavorativo che le avrebbe annientate prima di diventare nonne. Modelli cui oggi si guarda con molta perplessità pur senza dimenticare i rispettivi contributi alla scienza e al progresso. Boh.


SE TUTTI I COMUNI ITALIANI SPENDESSERO PER LA SCUOLA
UNA SOMMA COME QUELLA DI CURNO LA SPESA
NAZIONALE SALIREBBE DA 29 A 34 MILIARDI L’ANNO


Mettendo assieme un po' di dati, alla fine dal nebbione esce qualche verità. E non è proprio brillante come la vende la giunta Gamba&Rota col supporto poderoso delle precedenti colleghe Morelli & Serra. La giunta delle professoresse e della maestra tutte comunque laureate all'UniBG.
Maggioranza quella attuale che è abituata a dimenticare o non ricordare quei “numeri” che invece farebbero sobbalzare dalla sedia qualsiasi responsabile che non misuri il mondo prendendo come metro il proprio pisello. Esempio non calzant4e ma va bene lo stesso.
Il Comune di Curno con una deliberazione all'unanimità da parte dei tre gruppi consigliari (se c'è da spendere tutti d'accordo  perché la clientela va curata) ha votato il Piano per il diritto allo studio 2019-2020 che prevede una spesa- investimento di 600mila euro (per l'esattezza: 598.135,84 euro). 
Facendo la media al modo del pollo trilussiano considerando i 7.534 abitanti (fine 2018) del paese bello da vivere siamo a 79,4 euro pro capite. Moltiplicando questa spesa-investimento per i 60.359.546 di Italiani la spesa per la sola scuola primaria (che però comprende qualche piccola spesa per superiori e università praticamente irrilevanti) arriviamo a 4.764 milioni.  Da una tesi LUISS del 2017 risulta che la spesa pubblica per la scuola primaria nel 2017 ammontò a 28,889 miliardi. Vedi tabella.
Va ricordato – e qui non siamo col pollo trilussiano-  che nel 2015, ultimo dato disponibile, l'Italia spende per la scuola  67,4 miliardi di euro, pari al 4,1% del Pil e all'8,1% della spesa pubblica. Citando il peso della spesa per interessi sul debito pubblico nel 2018 è sempre più alta di circa 2,2 miliardi (a quota 65 miliardi contro 62,8 miliardi precedenti), Dombrovskis «tratta di un spesa pari all'intero costo del sistema scolastico nazionale. Di un peso medio di 38.400 euro per abitante, con un costo pro capite per servire il debito di circa mille euro».
Sebbene  si sommino  denari di anni differenti (anno 2017 su 2019) ci sarebbe da fare qualche riflessione sul fatto che se tutti i comuni italiani spendessero-investissero per la scuola primaria come quello di Curno assieme ai 29 miliardi dello Sato andrebbero aggiunti i 4,7 miliardi dei Comuni.
Sommariamente siamo nella condizione che per ogni sei euro spesi dallo stato i comuni ne aggiungono uno.
Ovviamente non è così perché basta  leggere gli albi pretori dei comuni del sud per verificare che la spesa comunale per la primaria difatto è insignificante: la povertà di quelle comunità purtroppo si legge anche da quel numero.
La faccenda è che la giunta Gamba nel preparare questo PdS (piano del diritto allo studio) in realtà non  ha mai accertato quanto effettivamente spende lo stato per la primaria  del paese bello da vivere per capire se siamo 6: 1 piuttosto che p.e. 10:5.  Meglio non allungare sguardi indiscreti.
Vale a dire (è una battuta: ma nemmeno tanto…) che lo Stato a Curno spende per la primaria la metà di quello che spende il Comune. Interrogativo destinato a restare tale.
Ovviamente NON ci attendiamo che il prossimo anno l'ass. Rota e la sindaca Gamba  brighino per accertarsi quanto lo Stato investe-spende per la primaria a Curno e confronti la spesa statale con quella comunale perché loro… volano alto e non badano a queste quisquilie.
Quest'anno leggiamo che il servizio di assistenza socio educativa scolastica costerà € 299.908,24 per 26 utenti delle scuola dell'infanzia, la primaria e la secondaria di I grado ed altri 3 della scuola secondaria di II grado o professionale.
Cifra letteralmente impressionate su cui la scuola ed il comune “dovrebbero” dare maggiori informazioni visto che 299:598 sono la metà. Sarebbe ora che un ente indipendente da chi gestisce ed autorizza certificasse l'esito di tanta spesa.
SINTESI FINALE
1)    E' necessario che il Comune si informi ed informi la popolazione di quanto ammonta la spesa statale e regionale per la scuola tra gli zero e la fine della primaria a Curno. Così che i cittadini possono sapere l'ammontare della spesa statale-regionale e di quella comunale.
2)    E' necessario che il  Comune verifichi quante sono le famiglie dove lavorano padre, madre rispetto alla frequenza dei servizi proposti ed offerti dal Comune col PdS. Se i residenti nati 2009-2013 sono 340 ma frequentano a Curno solo 239, come mai  e dove vanno gli altri  cento-uno?
3)    E' necessario che un ente indipendente certifichi la qualità della spesa-investimento di quel 50% di spesa del PdS destinata ai disabili.
4)    L'insieme del PdS prefigura ed organizza un  tempo per gli alunni delle scuole eccessivo e pervasivo di tempi di queste giovani persone.
5)    E' eccessivamente squilibrata (ridotta) la prestazione della scuola pubblica rispetto a quella pagata dal Comune (tradotto: (a) i disabili debbono stare a carico dello Stato piuttosto che del Comune (b) i servizi esterni prevedono la gestione da parte di soggetti che NON hanno fatto un concorso pubblico ma sono soggetti privati. Tanto vale allora chiamare come insegnanti chiunque sia laureato.