A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1093 DEL 11 SETTEMBRE 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















DARE UNA RISPOSTA AI PIU' FRAGILI
Caro direttore di La Repubblica, guardiamoci attorno. Il fatto che Salvini non sia più ministro dell’Interno e che il governo 5 Stelle-Lega "non sia più" genera in sé sollievo nelle persone che non danno per normali le disuguaglianze e la povertà e pensano che la cura garantisce più sicurezza del rancore, che ritengono possibili politiche di tutela e rigenerazione ambientale, che vedono nel riequilibrio delle relazioni di genere una prospettiva indispensabile e giusta, e nell’incontro delle diversità una fonte di ricchezza interiore e maggiori possibilità di lenire le proprie ingiustizie.
Nello stesso tempo vediamo e ascoltiamo che il consenso sociale della destra è tutto lì, nella pancia e nella testa delle persone. L’adesione alle sue posizioni più rancorose e all’individuazione di un nemico su cui scaricare colpe e responsabilità. La convinzione che quanto avvenuto sia solo una "questione di poltrone". (...)

FINALMENTE LA SVOLTA (NON BRILLANTE)
LA MAGGIORANZA INIZIA A RENDERSI CONTO
DEL VALORE DELLA ZONA ATTORNO AL CVI1
Poco o nulla da dire salvo che “finalmente” se ne sono accorti che quella zona è il luogo del  comune dove sono concentrate alcune delle funzioni principali utili ai cittadini  e ”dove” occorrerebbe non mantenerlo come zona per  tre quarti morta che si rianima occasionalmente ma come spazio che vive 24 ore su 24. Vero che siamo un paese di poche anime, vero che la maggioranza di noi ha relazioni e provenienze distribuite sull'universo provinciale, però abbiamo avuto la fortuna di disporre di questo enorme spazio pubblico  con moltissimo verde e quindi meglio che se ne siano accorti anche quelli di Vivere Curno.
Diciamo che è uno spazio che  aspetta (ancora) di ricevere una sistemazione definitiva ed un arricchimento che lo trasformi da simil OBI o simil Leroy Merlin o simil villetta a schiera in uno spazio di grande valore anche  nel verde, negli edifici e nei percorsi.(...)



















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!




















BOZZA DI RISTRUTTURAZIONE
DEL CVI UNO
PIU' VERDE,
PIU' PEDONALIZZAZIONE
















SISTEMAZIONE ESTERNA
ALLA RODARI






SISTEMAZIONE ESTERNA
ALLA RODARI

































































































































































































FINALMENTE LA SVOLTA (NON BRILLANTE)
LA MAGGIORANZA INIZIA A RENDERSI CONTO
DEL VALORE DELLA ZONA ATTORNO AL CVI1


Poco o nulla da dire salvo che “finalmente” se ne sono accorti che quella zona è il luogo del  comune dove sono concentrate alcune delle funzioni principali utili ai cittadini  e ”dove” occorrerebbe non mantenerlo come zona per  tre quarti morta che si rianima occasionalmente ma come spazio che vive 24 ore su 24. Vero che siamo un paese di poche anime, vero che la maggioranza di noi ha relazioni e provenienze distribuite sull'universo provinciale, però abbiamo avuto la fortuna di disporre di questo enorme spazio pubblico  con moltissimo verde e quindi meglio che se ne siano accorti anche quelli di Vivere Curno.
Diciamo che è uno spazio che  aspetta (ancora) di ricevere una sistemazione definitiva ed un arricchimento che lo trasformi da simil OBI o simil Leroy Merlin o simil villetta a schiera in uno spazio di grande valore anche  nel verde, negli edifici e nei percorsi.

Quando sostenevamo che quello spazio andava focalizzato perché diventasse il vero centro del paese ce ne hanno tirato dietro di ogni colore e quantità. Dall'ex sindaca Morelli all'ass. Conti non senza dimenticare quel barista che vedeva come  fumo negli occhi il CVI1 (era-è il maggiore azionista di Vivere Curno). 
Dalla vecchia Rodari all'Oratorio all'ex palazzina ASL al Centro sportivo fino alle scuole medie ed elementari e la biblioteca auditorium… da li ci dobbiamo passare tutti e ci passiamo ogni giorno e quindi ecco perché “anche” il municipio va spostato visto che ormai l'edificio esistente ha una età da… quota 100 e dal punto di vista energetico occorre un pozzo di petrolio solo per lui.

Le proposte che abbiamo avanzato ai tempi della Variante del PGT e che torniamo ad avanzare adesso prevedono prima di tutto una ricostruzione a tappe dell'intero paesaggio del comparto (quindi investimenti scaglionabili nell'arco di un decennio) e poi una nettissima separazione degli spazi pedonali dagli spazi percorribili dai veicoli.
Separazione NETTA significa che non ci sono cartelli segnaletici ma ostacoli fissi: ragion per cui nessun veicolo possa mai più transitare. Assieme ad una  grande aumento della zona verde (circa 15mila mq in più) ed al nuovo edificio destinato ad ospitare il municipio, un gruppo di bancomat, uno o due bar, le Poste mentre nella retrostante palazzina ex ASL restano le palestre, l'ospite GAP, gli studi medici.
Ovvio che il nostro schizzo non vuole dare indicazioni dettagliate che altri professionisti possono dare meglio di noi ma – anche se immaginiamo il contrasto che susciterà nei bottegai del centro paese-  bisogna dividere nettamente le funzioni di un comune che servono a TUTTA la popolazione dalla funzione vitale che è la residenza che deve godere di silenzio poco inquinamento di ogni tipo, spazi aperti e sicuri che NON si possono creare tra via Roma Piazza della Chiesa o Largo Vittoria nell'attuale mix di transito veicolare feste e abitazioni.

Tra l'altro siamo davanti alla certezza che RFI abolisca i due passaggi a livello e quindi – volenti o nolenti- saranno accentuati i trasporti privati e quindi le funzioni pubbliche fondamentali che sollecitano l'uso della macchina  singolare debbono stare lontane dalla residenza. Che in questo modo si valorizza rispetto all'aprire la finestra della camera e godersi una distesa di carrozzerie.

Abbiamo fatto un sopralluogo alla zona esterna alla biblioteca auditorium e nuova Rodari per vedere il risultato ed abbiamo avuto conferma della sciatteria culturale con cui si fanno le opere pubbliche in questo comune.
La sciatteria è li da vedere.
Qualcosa di memorabile rispetto alla biblioteca ed alla  elementare.
Già l'idea di pitturare l'asfalto fa cacare ma pensavamo che (sulla scorta di quanto avevamo visto sui disegno del progetto) fossero inseriti –anzi: pitturati!- giochi disegni sull'asfalto che  veniva spacciato come qualcosa di innovativo e invece è una distesa uniforme senza alcun significato e costrutto.
Ci aspettavamo anche che fossero piazzate alcune sedute e invece non se ne vede traccia.
Il tutto è la classica operazione di stile democristiano: spacciare acqua per vinsanto. Ci riferiamo al fatto che è stata istallata una selva di cartelli di divieto ma la situazione è tale per cui “si viene invogliati” a transitare in auto. Magari adesso diranno che verranno istallate le telecamere e chi passa abusivamente verrà sanzionato. Hai voglia  visto come NON sono  capaci di riscuoter e le multe che irrogano. Poi: che bisogno c'è di mettere un carabiniere elettronico (la telecamera) quando bastano due sani e solidi paracarri e non c'è bisogno di mantenere il carabiniere elettronico che oltretutto non è mai funzionante quando è necessario?
Non c'è niente da fare. La scuola dell'obbligo, i mega piani del diritto allo studio e le università provinciali al massimo, ma al massimo, riescono a concepire un'opera pubblica come una villetta a schiera. Senza nemmeno la dignità che avevano le case  operai bifamigliari che si costruivano negli anni '50-'60. Da li non si schiodano.

DARE UNA RISPOSTA AI PIU' FRAGILI



Caro direttore di La Repubblica, guardiamoci attorno. Il fatto che Salvini non sia più ministro dell’Interno e che il governo 5 Stelle-Lega "non sia più" genera in sé sollievo nelle persone che non danno per normali le disuguaglianze e la povertà e pensano che la cura garantisce più sicurezza del rancore, che ritengono possibili politiche di tutela e rigenerazione ambientale, che vedono nel riequilibrio delle relazioni di genere una prospettiva indispensabile e giusta, e nell’incontro delle diversità una fonte di ricchezza interiore e maggiori possibilità di lenire le proprie ingiustizie.

Nello stesso tempo vediamo e ascoltiamo che il consenso sociale della destra è tutto lì, nella pancia e nella testa delle persone. L’adesione alle sue posizioni più rancorose e all’individuazione di un nemico su cui scaricare colpe e responsabilità. La convinzione che quanto avvenuto sia solo una "questione di poltrone".

È un rancore che viene da lontano e tanto radicato da non vedere che la deriva liberticida serviva a coprire l’incapacità negoziale con l’Unione europea e la volontà di perseguire le politiche inique di sempre, a cominciare dai regali ad abbienti ed evasori, e persino l’abbandono della proclamata vocazione di attenzione ai territori. Ma così è stato ed è ancora.

Ci troveremmo dunque in una situazione ancor più grave di prima se, al di là delle molte parole, il nuovo governo dovesse scegliere la strada di "un’ordinata gestione degli affari", scantonando da scelte radicali. Dovesse pensare che il popolo italiano si raccolga ordinato attorno allo "scampato pericolo". E si permettesse di lasciare inattuati gli impegni per contrastare le disuguaglianze e le dichiarazioni sul "pieno sviluppo della persona", "sull’equità intergenerazionale", sul "Green New Deal", sulla "politica industriale", sul "nuovo umanesimo", "sull’effettività del diritto allo studio".

È nella povertà e nelle disuguaglianze che si è alimentata tra le persone più fragili e ai margini la distanza dalla politica e da una prospettiva di emancipazione, perché quelle persone si sono sentite abbandonate, tradite, non riconosciute. Una sorta di esodo dalla cittadinanza, con la rinuncia a ogni idea di responsabilità verso i beni comuni e la cosa pubblica e la penosa rivalsa su chi sta ancor peggio di te. È allora priorità assoluta riconnettere i diritti, in particolare quelli degli ultimi con quelli dei penultimi e dei vulnerabili — si tratti di insegnanti, precari, operai, artigiani, agricoltori o piccoli imprenditori — perché nella faglia della loro separazione, orchestrata magistralmente da una politica spregiudicata, si sono incistati rancore e rifiuto. Come germi di un’infezione aggressiva, sono cresciute lì le spinte allo smantellamento dei diritti. Non è questo solo un messaggio al nuovo governo e ai suoi ministri e ministre. Pensiamo debba essere l’impegno rinnovato del mondo della cittadinanza attiva, del privato sociale, della società in movimento, che nell’azione autonoma luogo per luogo e nella pressione sociale sui governi possono svolgere un ruolo. Sarebbe una iattura adagiarsi nel sollievo per la caduta del precedente governo, cadere nella sindrome del governo amico, fare, come si dice, "sconti".

Serve piuttosto chiedere segni robusti di una svolta radicale. Segni che non vedremo più corpi lacerati e prigionieri in mezzo al mare sacrificati in nome della propaganda e che sia massimo l’impegno per una politica europea delle migrazioni. Che la progressività fiscale torni a essere un metro delle decisioni.

Che gli impegni puntuali assunti per il lavoro trovino attuazione. Che essi siano accompagnati dall’introduzione di modelli partecipativi di governo di impresa, capaci di ricomporre la filiera del lavoro e dar voce alle comunità interessate alla sostenibilità sociale e ambientale. Che venga data una missione strategica alle imprese pubbliche. Che siano compiuti i passi per indirizzare la rivoluzione digitale verso la giustizia sociale — tema assente nelle parole del governo — a cominciare dal rendere accessibili in formato aperto tutte le banche dati pubbliche. Che le politiche per le aree fragili del Paese rilancino e diano vita a strategie di area vasta centrate sui Comuni e sulla partecipazione dei cittadini. Che ogni misura per la transizione energetica sia prima di tutto a beneficio dei ceti più deboli. Che l’amministrazione pubblica sia messa in condizione di fare questo e altro, garantendole discrezionalità e cogliendo la straordinaria occasione del rinnovamento di mezzo milione di pubblici dipendenti.

Come ha scritto Marco De Ponte, la cittadinanza attiva è chiamata oggi a promuovere e organizzare mobilitazione, protesta esigente, disegno e pratica di alternative radicalmente visionarie. Può e deve raddoppiare l’autonomo impegno per diffondere e sperimentare le proprie proposte. Può e deve sollecitare il governo a tenerne conto e chiamarlo a motivare e discutere gli interventi che si appresta a realizzare, a costruire un dialogo strutturato con la società che manca da anni. Questo, sentiamo, deve essere l’impegno del Forum Disuguaglianze e Diversità e delle altre alleanze sociali cresciute nel Paese. È un impegno che può aiutare anche a costruire le basi e le intese, dentro e fuori dei partiti esistenti, di una forma di organizzazione politica più adatta ai tempi. Quella che migliaia di giovani e meno giovani, in ogni angolo del paese, vanno discutendo e tentano di praticare in questa stagione.

Fabrizio Barca, economista, è stato ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti.
Andrea Morniroli, esperto di immigrazione e di lotta all’esclusione sociale, collabora con diversi enti e amministrazioni. Entrambi sono promotori del Forum Disuguaglianze e Diversità.