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FINALMENTE LA SVOLTA (NON BRILLANTE)
LA MAGGIORANZA INIZIA A RENDERSI CONTO
DEL VALORE DELLA ZONA ATTORNO AL CVI1
Poco o nulla da dire salvo che “finalmente” se ne sono accorti che
quella zona è il luogo del comune dove sono concentrate alcune
delle funzioni principali utili ai cittadini e ”dove”
occorrerebbe non mantenerlo come zona per tre quarti morta che si
rianima occasionalmente ma come spazio che vive 24 ore su 24. Vero che
siamo un paese di poche anime, vero che la maggioranza di noi ha
relazioni e provenienze distribuite sull'universo provinciale, però
abbiamo avuto la fortuna di disporre di questo enorme spazio
pubblico con moltissimo verde e quindi meglio che se ne siano
accorti anche quelli di Vivere Curno.
Diciamo che è uno spazio che aspetta (ancora) di ricevere una
sistemazione definitiva ed un arricchimento che lo trasformi da simil
OBI o simil Leroy Merlin o simil villetta a schiera in uno spazio di
grande valore anche nel verde, negli edifici e nei percorsi.
Quando sostenevamo che quello spazio andava focalizzato perché
diventasse il vero centro del paese ce ne hanno tirato dietro di ogni
colore e quantità. Dall'ex sindaca Morelli all'ass. Conti non senza
dimenticare quel barista che vedeva come fumo negli occhi il CVI1
(era-è il maggiore azionista di Vivere Curno).
Dalla vecchia Rodari all'Oratorio all'ex palazzina ASL al Centro
sportivo fino alle scuole medie ed elementari e la biblioteca
auditorium… da li ci dobbiamo passare tutti e ci passiamo ogni giorno e
quindi ecco perché “anche” il municipio va spostato visto che ormai
l'edificio esistente ha una età da… quota 100 e dal punto di vista
energetico occorre un pozzo di petrolio solo per lui.
Le proposte che abbiamo avanzato ai tempi della Variante del PGT e che
torniamo ad avanzare adesso prevedono prima di tutto una ricostruzione
a tappe dell'intero paesaggio del comparto (quindi investimenti
scaglionabili nell'arco di un decennio) e poi una nettissima
separazione degli spazi pedonali dagli spazi percorribili dai veicoli.
Separazione NETTA significa che non ci sono cartelli segnaletici ma
ostacoli fissi: ragion per cui nessun veicolo possa mai più transitare.
Assieme ad una grande aumento della zona verde (circa 15mila mq
in più) ed al nuovo edificio destinato ad ospitare il municipio, un
gruppo di bancomat, uno o due bar, le Poste mentre nella retrostante
palazzina ex ASL restano le palestre, l'ospite GAP, gli studi medici.
Ovvio che il nostro schizzo non vuole dare indicazioni dettagliate che
altri professionisti possono dare meglio di noi ma – anche se
immaginiamo il contrasto che susciterà nei bottegai del centro
paese- bisogna dividere nettamente le funzioni di un comune che
servono a TUTTA la popolazione dalla funzione vitale che è la residenza
che deve godere di silenzio poco inquinamento di ogni tipo, spazi
aperti e sicuri che NON si possono creare tra via Roma Piazza della
Chiesa o Largo Vittoria nell'attuale mix di transito veicolare feste e
abitazioni.
Tra l'altro siamo davanti alla certezza che RFI abolisca i due passaggi
a livello e quindi – volenti o nolenti- saranno accentuati i trasporti
privati e quindi le funzioni pubbliche fondamentali che sollecitano
l'uso della macchina singolare debbono stare lontane dalla
residenza. Che in questo modo si valorizza rispetto all'aprire la
finestra della camera e godersi una distesa di carrozzerie.
Abbiamo fatto un sopralluogo alla zona esterna alla biblioteca
auditorium e nuova Rodari per vedere il risultato ed abbiamo avuto
conferma della sciatteria culturale con cui si fanno le opere pubbliche
in questo comune.
La sciatteria è li da vedere.
Qualcosa di memorabile rispetto alla biblioteca ed alla elementare.
Già l'idea di pitturare l'asfalto fa cacare ma pensavamo che (sulla
scorta di quanto avevamo visto sui disegno del progetto) fossero
inseriti –anzi: pitturati!- giochi disegni sull'asfalto che
veniva spacciato come qualcosa di innovativo e invece è una distesa
uniforme senza alcun significato e costrutto.
Ci aspettavamo anche che fossero piazzate alcune sedute e invece non se ne vede traccia.
Il tutto è la classica operazione di stile democristiano: spacciare
acqua per vinsanto. Ci riferiamo al fatto che è stata istallata una
selva di cartelli di divieto ma la situazione è tale per cui “si viene
invogliati” a transitare in auto. Magari adesso diranno che verranno
istallate le telecamere e chi passa abusivamente verrà sanzionato. Hai
voglia visto come NON sono capaci di riscuoter e le multe
che irrogano. Poi: che bisogno c'è di mettere un carabiniere
elettronico (la telecamera) quando bastano due sani e solidi paracarri
e non c'è bisogno di mantenere il carabiniere elettronico che
oltretutto non è mai funzionante quando è necessario?
Non c'è niente da fare. La scuola dell'obbligo, i mega piani del
diritto allo studio e le università provinciali al massimo, ma al
massimo, riescono a concepire un'opera pubblica come una villetta a
schiera. Senza nemmeno la dignità che avevano le case operai
bifamigliari che si costruivano negli anni '50-'60. Da li non si
schiodano.
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DARE UNA RISPOSTA AI PIU' FRAGILI
Caro direttore di La Repubblica, guardiamoci attorno. Il fatto che
Salvini non sia più ministro dell’Interno e che il governo 5
Stelle-Lega "non sia più" genera in sé sollievo nelle persone che non
danno per normali le disuguaglianze e la povertà e pensano che la cura
garantisce più sicurezza del rancore, che ritengono possibili politiche
di tutela e rigenerazione ambientale, che vedono nel riequilibrio delle
relazioni di genere una prospettiva indispensabile e giusta, e
nell’incontro delle diversità una fonte di ricchezza interiore e
maggiori possibilità di lenire le proprie ingiustizie.
Nello stesso tempo vediamo e ascoltiamo che il consenso sociale della
destra è tutto lì, nella pancia e nella testa delle persone. L’adesione
alle sue posizioni più rancorose e all’individuazione di un nemico su
cui scaricare colpe e responsabilità. La convinzione che quanto
avvenuto sia solo una "questione di poltrone".
È un rancore che viene da lontano e tanto radicato da non vedere che la
deriva liberticida serviva a coprire l’incapacità negoziale con
l’Unione europea e la volontà di perseguire le politiche inique di
sempre, a cominciare dai regali ad abbienti ed evasori, e persino
l’abbandono della proclamata vocazione di attenzione ai territori. Ma
così è stato ed è ancora.
Ci troveremmo dunque in una situazione ancor più grave di prima se, al
di là delle molte parole, il nuovo governo dovesse scegliere la strada
di "un’ordinata gestione degli affari", scantonando da scelte radicali.
Dovesse pensare che il popolo italiano si raccolga ordinato attorno
allo "scampato pericolo". E si permettesse di lasciare inattuati gli
impegni per contrastare le disuguaglianze e le dichiarazioni sul "pieno
sviluppo della persona", "sull’equità intergenerazionale", sul "Green
New Deal", sulla "politica industriale", sul "nuovo umanesimo",
"sull’effettività del diritto allo studio".
È nella povertà e nelle disuguaglianze che si è alimentata tra le
persone più fragili e ai margini la distanza dalla politica e da una
prospettiva di emancipazione, perché quelle persone si sono sentite
abbandonate, tradite, non riconosciute. Una sorta di esodo dalla
cittadinanza, con la rinuncia a ogni idea di responsabilità verso i
beni comuni e la cosa pubblica e la penosa rivalsa su chi sta ancor
peggio di te. È allora priorità assoluta riconnettere i diritti, in
particolare quelli degli ultimi con quelli dei penultimi e dei
vulnerabili — si tratti di insegnanti, precari, operai, artigiani,
agricoltori o piccoli imprenditori — perché nella faglia della loro
separazione, orchestrata magistralmente da una politica spregiudicata,
si sono incistati rancore e rifiuto. Come germi di un’infezione
aggressiva, sono cresciute lì le spinte allo smantellamento dei
diritti. Non è questo solo un messaggio al nuovo governo e ai suoi
ministri e ministre. Pensiamo debba essere l’impegno rinnovato del
mondo della cittadinanza attiva, del privato sociale, della società in
movimento, che nell’azione autonoma luogo per luogo e nella pressione
sociale sui governi possono svolgere un ruolo. Sarebbe una iattura
adagiarsi nel sollievo per la caduta del precedente governo, cadere
nella sindrome del governo amico, fare, come si dice, "sconti".
Serve piuttosto chiedere segni robusti di una svolta radicale. Segni
che non vedremo più corpi lacerati e prigionieri in mezzo al mare
sacrificati in nome della propaganda e che sia massimo l’impegno per
una politica europea delle migrazioni. Che la progressività fiscale
torni a essere un metro delle decisioni.
Che gli impegni puntuali assunti per il lavoro trovino attuazione. Che
essi siano accompagnati dall’introduzione di modelli partecipativi di
governo di impresa, capaci di ricomporre la filiera del lavoro e dar
voce alle comunità interessate alla sostenibilità sociale e ambientale.
Che venga data una missione strategica alle imprese pubbliche. Che
siano compiuti i passi per indirizzare la rivoluzione digitale verso la
giustizia sociale — tema assente nelle parole del governo — a
cominciare dal rendere accessibili in formato aperto tutte le banche
dati pubbliche. Che le politiche per le aree fragili del Paese
rilancino e diano vita a strategie di area vasta centrate sui Comuni e
sulla partecipazione dei cittadini. Che ogni misura per la transizione
energetica sia prima di tutto a beneficio dei ceti più deboli. Che
l’amministrazione pubblica sia messa in condizione di fare questo e
altro, garantendole discrezionalità e cogliendo la straordinaria
occasione del rinnovamento di mezzo milione di pubblici dipendenti.
Come ha scritto Marco De Ponte, la cittadinanza attiva è chiamata oggi
a promuovere e organizzare mobilitazione, protesta esigente, disegno e
pratica di alternative radicalmente visionarie. Può e deve raddoppiare
l’autonomo impegno per diffondere e sperimentare le proprie proposte.
Può e deve sollecitare il governo a tenerne conto e chiamarlo a
motivare e discutere gli interventi che si appresta a realizzare, a
costruire un dialogo strutturato con la società che manca da anni.
Questo, sentiamo, deve essere l’impegno del Forum Disuguaglianze e
Diversità e delle altre alleanze sociali cresciute nel Paese. È un
impegno che può aiutare anche a costruire le basi e le intese, dentro e
fuori dei partiti esistenti, di una forma di organizzazione politica
più adatta ai tempi. Quella che migliaia di giovani e meno giovani, in
ogni angolo del paese, vanno discutendo e tentano di praticare in
questa stagione.
Fabrizio Barca, economista, è stato ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti.
Andrea Morniroli, esperto di immigrazione e di lotta all’esclusione
sociale, collabora con diversi enti e amministrazioni. Entrambi sono
promotori del Forum Disuguaglianze e Diversità.
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