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L'EREDITA' DEL GOVERNO SALVIMAIO?
UN BUCO DA 30 MILIARDI
E SALVINI NE PROMETTE UNO DA 50 (MILIARDI)
L’eredità del governo Conte? Un buco da 30 miliardi
L'esecutivo gialloverde ci lascia il rischio di un'Iva più cara di
quella della Grecia della Troika. Solo per scongiurare il rialzo
servono 23,1 miliardi. Altri 4,5 tra spese indifferibili e investimenti
già decisi. Non si sa dove trovarli. E la Lega fa già promesse pari al
doppio.
Carlo Terzano
Qualunque sbocco avrà questa inedita e a tratti sguaiata crisi politica
balneare, c’è una certezza, quella sì, data dai numeri: il prossimo
esecutivo dovrà vedersela con una legge di Bilancio particolarmente
pesante. Tra quota 100, reddito di cittadinanza, regole europee,
erosione dello spread e disinnesco di clausole dell‘Iva, la manovra
2020 richiederà di rastrellare ogni singolo centesimo e rappresenterà
l’eredità delle decisioni economiche del governo gialloverde.
SALVINI PENSA A UNA MANOVRA DA 50 MILIARDI
«Noi della Lega abbiamo ben chiara in testa la manovra economica da 50
miliardi. Prima di tutto? Abbassare le tasse», ha detto Matteo Salvini
in una sua intervista a Radio24 andata in onda prima del discorso in
Parlamento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. «E l’Europa?
Capirà». Nessuno può dire se sia stato un estremo tentativo di
rilanciare l’azione dell’esecutivo oppure se il leader della Lega stia
già macinando promesse da campagna elettorale. Certo non è un caso che
tale cifra, che Salvini aveva già preventivato nei giorni scorsi, sia
stata rilanciata proprio in queste ore.
LA CRISI TEDESCA, UN VANTAGGIO ALMENO POLITICO
Sembra infatti che ammonterà proprio a 50 miliardi di euro l’extra che
Berlino è disposto a mettere sul tavolo per trainare fuori dal pantano
il proprio locomotore ed evitare la recessione. La stessa somma che la
Germania investì per uscire dalla crisi economica del 2009. Perché
anche l’economia tedesca ora zoppica. Una situazione che dal punto di
vista economico rischia di compromettere gravemente pure la nostra
situazione, dato che la maggior parte delle nostre esportazioni finisce
proprio là, in Germania; ma che dal punto di vista politico potrebbe
invece aiutarci: con gli occhi dell‘Unione europea fissati sui conti di
Berlino, a Roma potrebbe essere concesso di sgarrare. Ma non sarà così
facile. «Abbiamo un debito rispetto al Pil sotto il 60%» ha infatti
ricordato il vice cancelliere tedesco Olaf Scholz. Una frase
indirizzata più che agli euroburocrati ai politici italiani, i quali
devono invece vedersela con un rapporto debito/Pil che veleggia verso
il 133% ma potrebbero richiedere lo stesso trattamento di favore
concesso alla Germania.
PROMESSE DA MANTENERE
Insomma, scordiamoci altra flessibilità, anche perché nel
crono-programma che abbiamo firmato davanti all’Unione europea ci siamo
impegnati a ridurre il debito al 131,3% nel 2020, 130,2% nel 2021 e al
128,9% nel 2022. E qui si arriva già a comprendere perché la Legge di
bilancio 2020 spaventi un po’ tutti. A tal punto che, secondo alcuni
commentatori, sarebbe la vera responsabile di questa crisi estiva:
nessun partito, per non perdere consensi, vorrebbe essere costretto a
firmarla.
LA MANOVRA 2020? UNA POSSIBILE TEMPESTA PERFETTA
Potremmo semplificare dicendo che le manovre economiche sono motori a
due tempi: il primo incentrato sull’esigenza di fare cassa (tasse,
tagli, ecc…), l’altro a destinare le risorse disponibili ad alcuni
settori per incentivare la crescita. Ecco, rinvii, scadenze, promesse
all’Unione mai mantenute e passate politiche fiscali allegre hanno
fatto sì che sulla Legge di bilancio 2020 si addensassero le nubi
nerissime di una potenziale tempesta perfetta, fatta di sole tasse
senza presentare al contribuente alcuno zuccherino. Partiamo dalla
prima voce di spesa: le clausole di salvaguardia per l’aumento
dell‘Iva. Per evitare che dal primo gennaio prossimo l’aliquota
ordinaria passi dal 22 al 25,2% e quella ridotta dal 10 al 13%, vanno
recuperati entro la fine di quest’anno 23,1 miliardi di euro. Del
resto, come ha recentemente ricordato Bankitalia, senza gli aumenti
automatici dell’Iva il disavanzo si collocherebbe meccanicamente al
3,4% del prodotto interno lordo nel 2020, al 3,3% nel 2021 e al 3% nel
2022.
IVA PIÙ ALTA CHE NELLA GRECIA DELLA TROIKA
Da quando l’Imposta sul valore aggiunto è stata introdotta, nel 1973, i
vari governi la hanno ritoccata all’insù per ben 9 volte. Una crescita
che ha ben poco di miracoloso e che come ricorda l’Ufficio studi della
Cgia di Mestre, ci ha portato a essere tra i principali Paesi della
zona euro in cui l’Iva è cresciuta di più: ben 10 punti in 45 anni. Un
ulteriore balzo in avanti per fissarla al 25,2% ci renderebbe il Paese
meno conveniente per i consumi. Persino nella Grecia post-salvataggio
si è fermata al 24%. In Portogallo e Irlanda, le altre due economie
fragili dell’Eurozona, l’Iva è al 23%; in Spagna si ferma al 21, in
Francia al 20 e in Germania addirittura al 19%.
27,6 MILIARDI TRA IVA E SPESE INDIFFERIBILI
Ma i 23,1 miliardi non esauriscono certo la cifra che questo o il
prossimo esecutivo dovrà trovare in tempi assai ridotti. Sulla base
dell’ultimo Documento di economia e finanzia (Def), infatti, ci sono
poi i 4,5 miliardi che il Governo dovrà racimolare per tamponare il
finanziamento delle spese indifferibili (circa 3 miliardi) e di quelle
che derivano da investimenti già decisi. Sommandoli alla spesa per
l’Iva, si arriva quindi alla cifra, tutt’altro che modesta, di 27,6
miliardi di euro. E non abbiamo ancora affrontato la parte di eventuali
investimenti.
VERSO LO SFORAMENTO DEL 135% DI RAPPORTO DEBITO PIL
La situazione, insomma, è seria. Lo scorso 16 aprile è caduto nel vuoto
l’allarme lanciato dal presidente dell’Ufficio parlamentare di
bilancio, Giuseppe Pisauro, durante l’audizione dalle Commissioni
Bilancio di Camera e Senato sul Def. «Nel caso estremo in cui
l’indebitamento netto tendenziale accresciuto degli effetti delle
politiche invariate non sia finanziato attraverso l’attivazione delle
clausole e la manovra prevista dal Def e il debito non si riduca per
effetto degli introiti da privatizzazioni si avrebbe un aumento del
debito, che si attesterebbe al 134,7 per cento nel 2021 e al 135,4 per
cento nel 2022».
LE INCOGNITE DELLA SPENDING REVIEW E DEGLI INTERESSI
Con l’ultimo Def avevamo assicurato all’Unione europea tagli di spesa
per 2 miliardi, che sono poi diventati 4, più probabilmente 5, con il
peggioramento macroeconomico globale. Incideranno sui servizi che lo
Stato eroga ai cittadini: scelte impopolari che nessun partito vuole
firmare ma che non potranno essere rinviate. E se è vero che circa 3
miliardi potrebbero arrivare dall’apporto della manovra correttiva di
inizio estate e dal consuntivo 2019 delle uscite effettive per quota
100 e reddito di cittadinanza e che presto sapremo se esiste
dell’extra-gettito legato alla fatturazione elettronica, la strada per
chi dovrà mettere mano ai conti pubblici resta tutta in salita. Legata
a doppio filo all’incognita della spesa per gli interessi sul debito,
lo spread insomma, che potrebbe tornare a morderci i talloni nel caso
la crisi politica non trovasse rapida soluzione nemmeno dopo
l’intervento del Colle.
OLTRE AI SOLDI, MANCA IL TEMPO
A scarseggiare non solo i soldi, ma anche il tempo: il governo
gialloverde si è impegnato a presentare a Bruxelles la Nota di
aggiornamento del Def, la NaDef, entro il 27 settembre. Una deadline a
lungo mercanteggiata con l’Europa per fare fronte alle sue richieste di
maggiori garanzie che non potrà certo essere mancata. Entro il 15
ottobre bisognerà poi trasmettere alla Commissione europea e
all’Eurogruppo un progetto di Documento programmatico di bilancio. La
scadenza può essere rinviata per situazioni politiche emergenziali, ma
bisogna accordarsi con l’Unione. In teoria il 20 ottobre sarebbe la
data ultima per il deposito della bozza della manovra alle Camere e
l’avvio dell’iter parlamentare. Un termine che negli ultimi anni non è
mai stato rispettato: lo scorso anno il governo presentò la Legge di
bilancio il 31 ottobre. Nel 2016 il governo Renzi consegnò il testo il
29 ottobre. Con il rischio di rendere il Parlamento mero ratificatore
della volontà dell’esecutivo. Perché c’è un limite improrogabile: per
evitare l’esercizio provvisorio, che obbligherebbe il governo a fare
solo le spese ordinarie e bloccherebbe tutti gli investimenti, la
manovra va approvata entro il 31 dicembre. E tra una crisi e l’altra
non è una data così lontana.
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ESTRATTO DELLE PROPOSTE DEL PD
Io non credo affatto che la soluzione possa essere quella di governi di
transizione che caricandosi tutto il peso enorme di manovre economiche
riporti dopo qualche mese il Paese al voto.
Questa ipotesi non solo sarebbe rischiosa per i democratici e un danno
per l’Italia ma soprattutto non esiste in natura per l’indisponibilità
di qualsiasi forza politica a farsene carico. Ora, dopo
l’apertura della crisi è il tempo di muoversi .
Quella tra la Lega e 5 stelle non è uscita dal voto popolare. E’ stata
costituita nell’ambito di una dialettica interna al parlamento.
Non dobbiamo dare vita a un nuovo “contratto” di obiettivi “ separati” cambiando solamente i capitoli e i sottoscrittori.
Nell’accettare la sfida di darsi, tra forze diverse, una visione
condivisa di futuro per il Paese. Questo permette la nascita e la
riuscita di un progetto. Saremo in grado di compiere questo salto?
L’impegno e l’appartenenza leale all’UE per una Europa profondamente
rinnovata. Non l’Europa di Visegrad ma un Europa del lavoro, dei
diritti e dei doveri, delle libertà, della solidarietà e della
sostenibilità ambientale e sociale, del rispetto della dignità umana in
ogni sua espressione.
Il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa incarnata dai
valori e dalle regole scolpite nella Carta Costituzionale a partire
dalla centralità del Parlamento.
L’investimento su una diversa stagione dello sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale.
Una svolta profonda nell’organizzazione e gestione dei flussi migratori
fondata sui principi di solidarietà, legalità e sicurezza. Nel pieno
rispetto delle convenzioni internazionali e l’impegno prioritario per
affermare un pieno e diverso protagonismo dell’Europa in questi temi.
Una svolta delle ricette economiche e sociali a segnare da subito un
governo di rinnovamento in una chiave ridistributiva e di attenzione al
lavoro all’equità sociale, territoriale, generazionale e di genere. Che
riapra una stagione di investimenti pubblici e privati.
Lo scopo deve essere quello di chiudere la strategia del populismo ed
affermare con chiarezza le ragioni della democrazia liberale e
l’orizzonte europeo.
Il fallimento di quell’esperienza è la dimostrazione empirica delle
difficoltà di fare i conti con la complessità sociale e di affrontare i
nodi non sciolti della crisi italiana.
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COME IL CAPITANO
Due stelle polari de Il custode delLa Latrina di Nusquamia, Claudio
Piga abduano di origini sardAgnole uno che ha fatto il classico (come
il Salvini) in un liceo di ex preti sono Il Foglio e Il Fatto
Quotidiano. Il Piga ha frequentato anche il Politecnico (non si sa
quando) è passato dalla Olivetti poi con la Mondadori e alla fine era
socio con suo amico sindaco in una dittarella produttrice di flayer
alloggiata dentro il negozio di fiorista del padre del socio e
pubblicizzata in rete senza indicare la partita iva. Una volta c'erano
i venditori di collants (copyright by Aldo Busi: Vita standard di un
venditore provvisorio di collant, Mondadori, 2002) adesso il
nostro vende conferenze preconfezionate copia incolla di
wikipedia.
Fatto questo quadretto il custode delLa Latrina di Nusquamia ne spara
una delle sue sottolineando quello che per lui sarebbe un “errore
politico” di Travaglio: “(…)Dove dunque si è sbagliato Travaglio? Ha
insistito sull'onestà, che senz'altro è una virtù, ma secondaria. La
virtù primaria è l'intelligenza, e tutto quel che ne segue.
Com'è noto, siamo favorevoli al socialismo scientifico, al primato
dell'intelligenza e al governo della cosa pubblica indirizzato da
un'élite, dove per élite non s'intendono coloro che che si riuniscono
nelle terrazze romane, nei salotti milanesi e all'Ultima spiaggia di
Capalbio, le sciacquette che se la cantano e se la suonano e credono,
senza alcun ragionevole riscontro, di essere l'ombelico del mondo;
élite sono coloro che, per virtù innata e per educazione, sono capaci
di ragionare. Le élite sono costituite per lo più da uomini solitari,
capaci di ragionare caso per caso, invece di applicare procedure e
affidarsi ad “algoritmi” e “metodi” ritenuti salvifici: gli appecorati,
le Boldrine, i cattoprogressisti, i boy scout, gli aziendalisti, gli
entusiasti di qualsiasi colore sono inscritti d'ufficio nel novero di
coloro che Platone con disprezzo chiamava “i più”.
Amen. Più o meno il ragionamento del Capitano: voglio i pieni poteri perché io ho fatto il classico.
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