A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1072 DEL 10 AGOSTO 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















MORIRE PER LA PATRIA? MAI!
Nessun partito vuole fare la prossima legge di bilancio. Ma entro il 31 dicembre bisogna trovare 23 miliardi e 100 milioni per evitare l'esercizio provvisorio, l'aumento automatico dell'Iva ordinaria dal 22% al 25% e quella agevolata dal 10 al 13%. Sono le clausole di salvaguardia, ovvero una ipoteca sui conti pubblici italiani promessa lo scorso dicembre dal Governo Conte alla Commissione europea per realizzare quota 100 e reddito di cittadinanza, a debito. La garanzia scritta nero su bianco a Bruxelles che quei 23 miliardi e 100 milioni sarebbero arrivati comunque nelle casse dello Stato per non far crollare i conti gravati già dagli interessi sul nostro pesante debito pubblico. In un modo o nell'altro bisognerà trovarli ma né la Lega, né il Partito democratico, né il Movimento Cinque stelle vogliono aumentare le tasse o assumersi la responsabilità della più grande stangata alle tasche degli italiani dai tempi dei prelievi forzosi del 6 per mille ai conti correnti fatta dal governo Amato nel 1992. Un suicidio politico nell'era del voto liquido. (...)

MENSA E SCUOLA A TEMPO PIENO NEGLI ANNI '50
(...)
Correva l'anno scolastico 1953-'54 e la mia famiglia di mezzadri si trasferì dal Albino a Curno dove divenne una famiglia di affittuari. Purtroppo io e mia sorella –due anni più grande- dovemmo interrompere la scuola  a fine '53. Io ero in prima elementare la sorella in terza. Il passaggio era stato  talmente rapido che quando mio padre incontrò prima di Natale'53 il sindaco Richelmi, che era anche maestro delle elementari, questi gli disse che io avrei dovuto andare in una classe con quasi trenta compagni mentre la sorella era più fortunata: due dozzine di compagne. Richelmi suggerì a mio padre  di mandarci dalla suore Orsoline della Merena visto che con un cantiere di lavoro per disoccupati aveva intenzione di trasformare la strada carrareccia e la mulattiera dal Sere alla Merena in una strada  adatta anche ai camion. Siccome il comune non poteva darci ospitalità scolastica si offriva di pagarci i libri di lettura e i sussidiari e ci regalava anche una dozzina di quaderni visto che cambiando scuola bisognava disporre di  altri testi. Frequentare la scuola delle suore significava pagare una retta mensile e Richelmi propose a mio padre che fornisse il latte  ai poveri indicati dal Comune, così che la famiglia avesse una entrata par pagare le due rette. (...)

GARA PER FORNITURA PASTI AGLI ALUNNI
(...)
Questo in sintesi l'esito della gara.
Che ad una gara che potrebbe arrivare a oltre un milione di euro di forniture partecipi UNA sola azienda ci lascia perplessi ma non ha creato perplessità nella funzionaria e negli amministratori. Poi magari uno pensa che le aziende si dividono il mercato oppure che il comune viene ritenuto poco appetibile anche se leggendo il documento in allegato il prezzo appaltato si poteva tenere ottimale per concorrervi.
Varrebbe la pena che i sindaci  interpellassero il prefetto su questa sostanziale mancanza di concorrenza: a che servono le gare con UN SOLO concorrente?


















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!































































































































































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MORIRE PER LA PATRIA? MAI!
CAMPAGNA ELETTORALE E LEGGE DI BILANCIO:
ECCO IL COCKTAIL LETALE CHE RISCHIA DI UCCIDERE L’ITALIA.
ENTRO IL 31 DICEMBRE BISOGNERÀ TROVARE 23 MILIARDI PER EVITARE
L’AUMENTO DELL’IVA AL 25%. MA NÉ LA LEGA, NÉ IL PD, NÉ I 5S
VOGLIONO AUMENTARE LE TASSE O ASSUMERSI LA RESPONSABILITÀ
DELLA PIÙ GRANDE STANGATA ALLE TASCHE DEGLI ITALIANI.

Nessun partito vuole fare la prossima legge di bilancio. Ma entro il 31 dicembre bisogna trovare 23 miliardi e 100 milioni per evitare l'esercizio provvisorio, l'aumento automatico dell'Iva ordinaria dal 22% al 25% e quella agevolata dal 10 al 13%. Sono le clausole di salvaguardia, ovvero una ipoteca sui conti pubblici italiani promessa lo scorso dicembre dal Governo Conte alla Commissione europea per realizzare quota 100 e reddito di cittadinanza, a debito. La garanzia scritta nero su bianco a Bruxelles che quei 23 miliardi e 100 milioni sarebbero arrivati comunque nelle casse dello Stato per non far crollare i conti gravati già dagli interessi sul nostro pesante debito pubblico. In un modo o nell'altro bisognerà trovarli ma né la Lega, né il Partito democratico, né il Movimento Cinque stelle vogliono aumentare le tasse o assumersi la responsabilità della più grande stangata alle tasche degli italiani dai tempi dei prelievi forzosi del 6 per mille ai conti correnti fatta dal governo Amato nel 1992. Un suicidio politico nell'era del voto liquido.
È questo l'unico vero motivo per cui tutti sperano in un governo balneare, tecnico, di minoranza, di scopo che tolga le castagne dal fuoco e si addossi tutta la colpa politica per l'aumento dell'Iva. E se si andasse a votare il 27 ottobre o il 3 novembre anche un governo con una forte maggioranza e un presidente del Consiglio con “pieni poteri”, come chiede Salvini, avrebbe poco tempo per realizzare la legge di bilancio rispettando i parametri europei entro fine anno. Perché durante l'eventuale campagna elettorale si salterebbero una serie di tappe non decisive ma importanti che ogni anno modellano la futura finanziaria. Il 27 settembre bisogna presentare la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, ovvero il documento in cui spiega quali saranno le entrate e le uscite previste dallo Stato nei prossimi tre anni; il 15 ottobre bisogna inviare il documento programmatico di bilancio alla Commissione europea e il 20 ottobre si discute lo stesso testo al Parlamento italiano. Con le elezioni a novembre sarebbero tre fogli bianchi redatti da un governo uscente senza forza contrattuale con Bruxelles. Forse è troppo presto per dirlo ma con un debito pubblico sostenibile non sarebbe un'eresia andare in esercizio provvisorio il 1 gennaio. I governi italiani non sono riusciti a fare una manovra finanziaria entro la fine dell'anno per 33 volte, 20 consecutive dal 1948 al 1968. Previsto dall'articolo 81 della Costituzione, obbliga lo Stato a gestire le entrate e le uscite mese per mese, pagando lo stretto indispensabile e basandosi su quanto previsto l'anno precedente diviso in dodicesimi. Anche se non può durare più di quattro mesi. Il problema però sarebbe sempre quello: l'aumento dell'Iva.

Per quello esistono i parametri europei. Per far capire ai mercati che gli Stati dell'Unione europea non sono una repubblica delle banane, ma rispettano i patti
Non è una questione di date, anche il governo Conte si ridusse all'ultima settimana di dicembre prima di approvare la legge di bilancio nel 2018. Il problema è che non ci sarebbe spazio per una trattativa con Bruxelles. Per non parlare dell'aumento dello spread, ovvero la differenza di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi. Fino a poche settimane fa era sceso a meno di 200 punti base, oggi ha chiuso a quota 241. Se sale lo spread, aumenta la spesa per pagare gli interessi e diminuiscono le risorse a disposizione. Un cappio al collo per la libertà di manovra che si assottiglierebbe sempre di più con il passare dei giorni. Salvini, Savona e Di Maio avevano promesso la crescita del prodotto interno lordo intorno all'1,5% grazie a quota 100 e reddito di cittadinanza. E invece nel secondo trimestre del 2019 la crescita del Pil è pari a zero. Tradotto meno risorse di quelle previste dal governo gialloverde. Per non parlare del giudizio delle agenzie di rating che non hanno ancora declassato i titoli di stato italiani a livello spazzatura. Così neanche il più sovranista dei sovranisti potrebbe evitare una manovra lacrime e sangue. A meno di fregarsene dei parametri europei e di fare una legge di bilancio tutta in deficit. Salvini promette una legge di bilancio di 32 miliardi. Indebitarsi per il 3,5% del Pil per farci stare dentro tutto: i 23 miliardi per evitare l'aumento dell'Iva, i cinque miliardi della Flat Tax, altri cinque per le spese cosiddette indifferibili dello Stato. Tutto liscio? Non proprio.
Il problema non è infrangere le regole su cui vigila la Commissione europea ma distruggere la nostra già fragile credibilità agli occhi degli investitori nazionali e internazionali. Sono loro che ogni mese comprano i Btp dello Stato. Sono risparmiatori o gestori di fondi di risparmio che leggono le analisi, ascoltano le dichiarazioni dei politici e si fanno un'opinione come tutti noi. E se decidono di prestare soldi all'Italia nonostante abbia il 132% del debito pubblico rispetto al Pil è perché l'Italia ha ancora buoni fondamentali e la Commissione europea garantisce che noi rientreremo a poco a poco dal debito. Per quello esistono i parametri europei. Per far capire ai mercati che gli Stati dell'Unione europea non sono una repubblica delle banane, ma rispettano i patti. Ecco perché tutti i governi hanno rispettato finora le indicazioni di Bruxelles, compreso quello gialloverde. Mentre Di Maio e Salvini annunciavano sfracelli e sforamenti, Conte e Tria ricucivano gli strappi con le cancellerie europee. Anche per questo l'Italia ha evitato la procedura d'infrazione. Ma ora la musica è cambiata. La campagna elettorale esaspera i toni per definizione e Matteo Salvini non potrà evitare di fare dichiarazioni forti contro la Commissione europea e promettere cose irrealizzabili pur di vincere le elezioni. Qualsiasi frase detta per ottenere un voto in più potrebbe far aumentare lo spread, declassare i titoli e aumentare gli interessi. E questa volta non ci sarebbe alcun Tria o Conte a ricucire nell'ombra le sparate sovraniste.

Andrea Fioravanti

MENSA E SCUOLA A TEMPO PIENO NELLA SCUOLA ANNI '50

Scrivono le gazzette che “non esiste un diritto soggettivo a portare da casa i pasti da consumare nella mensa scolastica. Le sezioni unite della Cassazione prendono le distanze da quanto affermato dal Consiglio di Stato nella querelle che aveva opposto i genitori al sindaco di Benevento. Così a fine luglio 2019. I genitori rivendicavano il diritto all'autorefezione nei locali e nell'orario scolastico. Una libertà di scegliere l'alimentazione per i propri figli che doveva essere riconosciuta alle famiglie, al pari quella concessa nello scegliere o meno se frequentare l'ora di religione. Le Sezioni unite danno però ragione al Comune e al ministero, ricordando che la scuola non è il luogo in cui si possono esercitare liberamente i diritti individuali degli alunni «nè il rapporto con l'utenza - scrivono i giudici - è connotato in termini meramente negoziali». La scuola é « piuttosto un luogo dove lo sviluppo della personalità dei singoli alunni e la valorizzazione delle diversità individuali devono realizzarsi nei limiti di compatibilità con gli interessi degli altri alunni e della comunità», con «regole di comportamento» e «doveri cui gli alunni sono tenuti», con «reciproco rispetto, condivisione e tolleranza». Peraltro «i genitori sono tenuti anch'essi, nei confronti dei genitori degli alunni portatori di interessi contrapposti, all'adempimento dei doveri di solidarietà sociale, oltre che economica».
Il pasto momento di socializzazione - Il tempo della mensa fa parte del tempo della scuola, perchè il pasto non è un momento di incontro occasionale di consumatori di cibo ma di socializzazione e condivisione (anche di cibo), in condizioni di uguaglianza, nell'ambito di un progetto formativo comune. Anche partendo da quest'ottica non è condivisibile la conclusione alla quale è giunta la Corte d'Appello nell' affermare il diritto a portare il cibo da casa consumandolo magari in locali diversi dalla mensa. Una scelta, accettata dai genitori, malgrado, si ponga in contrasto con gli obiettivi di socializzazione, poco compatibili con il pasto solitario e il cibo diverso, e con l'invocato diritto ad usufruire del cosiddetto tempo scuola.” Fine della citazione.
Certo è che di cacchiate ne dice anche la Suprema Corte e lo dimostriamo raccontando la “nostra storia” sulla ristorazione scolastica.

Correva l'anno scolastico 1953-'54 e la mia famiglia di mezzadri si trasferì dal Albino a Curno dove divenne una famiglia di affittuari. Purtroppo io e mia sorella –due anni più grande- dovemmo interrompere la scuola  a fine '53. Io ero in prima elementare la sorella in terza. Il passaggio era stato  talmente rapido che quando mio padre incontrò prima di Natale'53 il sindaco Richelmi, che era anche maestro delle elementari, questi gli disse che io avrei dovuto andare in una classe con quasi trenta compagni mentre la sorella era più fortunata: due dozzine di compagne. Richelmi suggerì a mio padre  di mandarci dalla suore Orsoline della Merena visto che con un cantiere di lavoro per disoccupati aveva intenzione di trasformare la strada carrareccia e la mulattiera dal Sere alla Merena in una strada  adatta anche ai camion. Siccome il comune non poteva darci ospitalità scolastica si offriva di pagarci i libri di lettura e i sussidiari e ci regalava anche una dozzina di quaderni visto che cambiando scuola bisognava disporre di  altri testi. Frequentare la scuola delle suore significava pagare una retta mensile e Richelmi propose a mio padre che fornisse il latte  ai poveri indicati dal Comune, così che la famiglia avesse una entrata par pagare le due rette.
La sorella entrò a scuola col grembiulino nero e il colletto rotondo bianco e il sottoscritto con un giubbino sempre nero, sempre di cotone, senza colletto. Classe dei maschi da una parte, classe delle femmine dall'altra. La scuola delle suore durava dalle otto alle sedici per cinque giorni alla settimana e al sabato finiva all'una. Una scuola a tempo pieno, adatta soprattutto ai figli degli artigiani, bottegai, impiegati: che disponevano anche dei soldi per pagare la retta.
Scuola a tempo pieno significava che c'era la mensa. Si arrivava a scuola con un sacchetto di tela con dentro  pane, formaggio o fette di salumi, cosce di pollo, frutta. La mensa  della scuola forniva un piattone di minestrone o di pasta e delle uova sode. Se non ricordo male la minestra costava tre lire mentre anche se non mangiavi l'uovo sodo, ce ne veniva addebitato uno al mese in quanto, essendo coti nel minestrone, accadeva che qualcuno si rompesse e quindi il minestrone collettivo era… condito. Si mangiava tutti insieme, sempre maschietti separati dalle femminucce, seduti a lunghe tavolate di lussuosissima formica (!), acqua potabile e bicchieri di alluminio. L'alimento che mancava da quella mensa era la verdura ed anche la frutta, tranne pochi di noi, non se ne prendeva. Terminato il pranzo, a turno, ogni classe DOVEVA provvedere chi al lavaggio delle pentole, chi dei piatti, chi a pulire i tavoli e lavare il pavimento… della sala da pranzo e della cucina. Su tutti i giovini commensali vigilava una sorella (una che non aveva preso tutti i voti) che s'aggirava per la sala appoggiandosi a un bastone e quando c'era più caciare del solito, batteva il bastone sulle gambe della panche dove sedevano i caciaroni. Della serie: potrebbe accadere che invece di battere le panche batta anche voi…
La scuola a tempo pieno era di una pallosità spropositata prima di tutto per la sua lunghezza quotidiana: otto more! Con due brevi intermezzi religiosi da cui fortunatamente ero  sollevato, ma aveva il pregio che si facevano i compiti, ragion per cui a casa restava solo da studiare.
Il fatto era che alle otto del mattino era ancora buio ed alle sedici era già buio per gran parte dei mesi scolastici mentre io e mia sorella  avevamo le nostre due cavalle da cavalcare e al buio ci era proibito cavalcare dai nostri genitori.
Questa lunga sbrodolata per dire che già negli anni '50 c'era (1) la scuola a tempo pieno (2) la mensa (3) era già una sorta di addestramento a stare in galera (4) si mangiava anche cibo portato da casa (5) nonostante non circolassero i dodicimila detersivi come adesso nessuno restò mai avvelenato o prese lo schittone (6) nonostante  le pulizie di spazi e stoviglie e attrezzature fossero fatte dalla nostre zampette nessuno restò mai avvelenato o prese lo schittone (7) nonostante non ci fosse l'ATS che  controllava la dieta e il menù eravamo tutti magri (8) abbiamo patito solo un sacco di freddo: a scuola come a casa nostra. (9) dopo la mensa c'era mezz'ora di gioco in cortile sempre sotto l'occhio vigile della sorella col bastone.
Oggi leggiamo che “il tempo della mensa fa parte del tempo della scuola, perchè il pasto non è un momento di incontro occasionale di consumatori di cibo ma di socializzazione e condivisione (anche di cibo), in condizioni di uguaglianza, nell'ambito di un progetto formativo comune”.  Questa é' una di quelle affermazioni da meritare sberle a raffica. Negli ultimi otto anni ho visitato tre mense e durante il pranzo almeno il 70% dei ragazzini compulsava lo smartphone o ce l'aveva acceso davanti. Sarebbe socializzazione e condivisione? Oppure quelle tre mense (comuni di quindici e settemila abitanti) sono fiori avvelenati esterni al cesto?
Poi ci sarebbe da ragionare sul fatto che oggi la scuola a tempo pieno (che è un casino organizzativo: basta vedere Curno…) servirebbe soprattutto a consentire l'occupazione femminile. Che comunque ha già la casa da manutenzionare in gran parte. Com'è che abbiamo l'occupazione femminile al 49% e tutte le mamme che hanno bisogno della scuola a tempo pieno per potere lavorare?. Non sarebbe meglio che il restante 51% prendesse i figli e andasse a girare per boschi, sponde del fiume, anche al cinema…?

CUCINACASALINGA

Il bando di procedura aperta per la concessione del servizio di ristorazione scolastica, nei centri estivi territoriali e per la fornitura e consegna di pasti caldi per utenti iscritti al servizio  nel periodo 01.09.2019  al 31.08.2022  per un importo stimato a base di gara: € 874.843,41 oltre ad IVA (in misura del 4% per quanto concerne il servizio di ristorazione scolastica e 10% per quanto concerne il servizio di preparazione e distribuzione pasti a domicilio per persone anziane e/o disagiate, salvo successive variazioni), determinato moltiplicando l'importo unitario negoziabile del pasto posto a base di gara di € 4,35 oltre ad € 0,02 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso finalizzati all'eliminazione dei rischi interferenziali (IVA esclusa), per il numero dei pasti stimati per tutto il periodo di durata dell'affidamento (n. 200.193 pasti).
Entro la scadenza dell'affidamento in oggetto, e pertanto entro il 31.08.2022, il Comune di Curno si riserva, a proprio insindacabile giudizio, di ricorrere eventualmente alla procedura negoziata (…) per la ripetizione annuale del presente affidamento (servizi analoghi), periodo 01.09.2022 - 31.08.2023. In tal caso, il valore previsto per la prosecuzione annuale dell'affidamento è stimato in ulteriori € 291.614,47, oltre ad IVA, ed è computato per la determinazione del valore globale dell'affidamento, (…) per € 1.166.457,88 oltre ad IVA). (...)
Entro i termini previsti dal Bando di gara sono pervenute in piattaforma una sol offerta da parte della ditta PUNTO RISTORAZIONE SRL DI Gorle (BG); L'esito della gara vede la  ditta Punto Ristorazione srl con sede legale in Via Roma 16, 24020 Gorle (BG), collocata al primo posto della graduatoria provvisoria avendo conseguito n. 86,37 punti su 100,00 complessivi), la cui offerta pari a € 4,28 a pasto, di cui € 0,02 per oneri della sicurezza finalizzati all'eliminazione dei rischi interferenziali (IVA esclusa), è stata giudicata congrua dalla Commissione di gara.
Questo in sintesi l'esito della gara.
Che ad una gara che potrebbe arrivare a oltre un milione di euro di forniture partecipi UNA sola azienda ci lascia perplessi ma non ha creato perplessità nella funzionaria e negli amministratori. Poi magari uno pensa che le aziende si dividono il mercato oppure che il comune viene ritenuto poco appetibile anche se leggendo il documento in allegato il prezzo appaltato si poteva tenere ottimale per concorrervi.
Varrebbe la pena che i sindaci  interpellassero il prefetto su questa sostanziale mancanza di concorrenza: a che servono le gare con UN SOLO concorrente?