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RISPOSTE A MISIANI SULLE PRIORITA' PER USCIRE DALLA CRISI
Il Pil e le chiacchiere stanno a zero. Tutti
gli indicatori confermano la stagnazione. La congiuntura è peggiorata
in quasi tutta la zona Euro ma il divario di crescita tra l'Italia e il
resto d'Europa si è allargato. Un dato, quest'ultimo, che certifica il
fallimento della politica economica del Governo gialloverde. L'“anno
bellissimo” pronosticato dal presidente Conte è diventato un “anno
perduto”. Lega e 5 Stelle avevano puntato tutto sull'effetto espansivo
del reddito di cittadinanza e di quota 100. Questa scommessa è stata
clamorosamente persa e il 2020 è una grande incognita.
Se i numeri che circolano finora saranno confermati accadrà che quel
poco (+0,1%) di crescita del primo –reddito di cittadinanza- sarà
minore del debito pubblico fatto col secondo: quota 100. Ormai si è
visto che la lotta alla povertà non si fa con le mance ma creando vero
lavoro e soprattutto aumentando salari e stipendi pubblici e privati:
quello che resta davvero in saccoccia ai lavoratori.
(...)
VIADOTTO MORANDI: SE NE FREGÒ L’ANAS
SE N’È FREGTA AUTOSTRADE E COSÌ
C’HAN LASCIATO LA PELLE IN 43
Il primo agosto i tre periti incaricati dal gip Angela Maria Nutini
hanno depositato la loro perizia sul crollo di una pila del viadotto
Morandi per l'incidente probatorio. 72 pagine predisposte dagli
ingegneri Gianpaolo Rosati, Massimo Losa e Renzo Valentini. È quanto è
stato prodotto a seguito di mesi di sopralluoghi tra Genova e Zurigo,
di analisi compiute da università italiane e da esperti svizzeri. E di
esami delle parti del ponte rimaste in piedi in particolare lo stato di
salute del reperto 132, il punto di connessione fra lo strallo e
l'antenna della pila 9, che secondo gli esperti avrebbe ceduto per
primo: nei trefoli, si legge, c'è «uno stato corrosivo di tipo
generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di
acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri,
derivanti dello zolfo, e cloruri».
Nel dossier sono esaminate anche alcune debolezze nella realizzazione
iniziale del ponte nel 1964-1967. Parte di queste fragilità erano già
state segnalate dallo stesso progettista, Riccardo Morandi, all'inizio
degli anni Ottanta. (...)
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RISPOSTE A MISIANI SULLE PRIORITA' PER USCIRE DALLA CRISI
Il Pil e le chiacchiere stanno a zero. Tutti
gli indicatori confermano la stagnazione. La congiuntura è peggiorata
in quasi tutta la zona Euro ma il divario di crescita tra l'Italia e il
resto d'Europa si è allargato. Un dato, quest'ultimo, che certifica il
fallimento della politica economica del Governo gialloverde. L'“anno
bellissimo” pronosticato dal presidente Conte è diventato un “anno
perduto”. Lega e 5 Stelle avevano puntato tutto sull'effetto espansivo
del reddito di cittadinanza e di quota 100. Questa scommessa è stata
clamorosamente persa e il 2020 è una grande incognita.
Se i numeri che circolano finora saranno confermati accadrà che quel
poco (+0,1%) di crescita del primo –reddito di cittadinanza- sarà
minore del debito pubblico fatto col secondo: quota 100. Ormai si è
visto che la lotta alla povertà non si fa con le mance ma creando vero
lavoro e soprattutto aumentando salari e stipendi pubblici e privati:
quello che resta davvero in saccoccia ai lavoratori.
Salvini e Di Maio sono divisi su tutto e non hanno la più pallida idea di come affrontare la prossima manovra di bilancio.
Su questo sono d'accordo ma siccome il PD chiede nuove elezioni SUBITO,
sarebbe interessante sapere come troverà quei maledetti 23 miliardi e
perché “dovrebbero” essere proprio gli elettori piddini a prendersi
questa responsabilità per essere subito additati come affamatori del
popolo. Chi c'è adesso risolva i problemi assieme a Mattarella che ha
acconsentito 'sto casino.
L'emblema del caos della maggioranza è il fisco: la Lega insiste sulla
Flat tax, i 5 Stelle rilanciano il taglio del cuneo fiscale, il
ministro Tria parla di revisione degli scaglioni e delle aliquote
Irpef, nessuno spiega come trovare i 23 miliardi necessari per
scongiurare l'aumento dell'IVA. Parafrasando Mao, grande è la
confusione sotto il cielo gialloverde. Ma la situazione, per l'Italia,
non è favorevole.
Va anche detto che NON pare che agli Italiani questo problema (23
miliardi di tagli e/o tasse) importi più di tanto. Anzi l'argo mento
proprio non li tocca.
Certo, abbiamo scampato la procedura di infrazione e la febbre dello
spread è diminuita. Ma la tregua sarà di breve durata, se il governo
non chiarirà presto la rotta che intende seguire. E la temperatura dei
mercati potrebbe tornare presto a salire, se ripartisse il balletto di
dichiarazioni velleitarie e irresponsabili.
Lo spread non si muove perché dopo un gran valzer parolaio le “promesse
del cambiamento” si sono rivelate esattamente identiche al passato: un
po' di deficit in più e sostanziale rispetto delle regole UE. Che
differenza esiste tra un ReI allargato e un RdC ai fini dell'UE?
Nessuna. Ci trattano da fratelli deficienti e ci sopportano perché
esiste un pezzo d'Italia che sta in Europa ed un altro pezzo che sta
nel terzo-quarto mondo. La prima serve alla Germania, la seconda serve
al resto come consumatori.
Bisogna fare i conti con la realtà: i margini di manovra sono molto
limitati. È indispensabile selezionare con attenzione le priorità
concordando con l'Europa un percorso che permetta all'Italia di tornare
a crescere mantenendo sotto controllo i conti pubblici.
Esatto: aspettiamo il PD che combini il diavolo con l'acqua santa
perché “gli elettori hanno sempre ragione” e quindi… Non è ora di
parlare chiaro agli italiani che non è possibile la botte piena e la
moglie ciucca?
La direttrice di Confindustria, Marcella Panucci, ha ragione quando
sottolinea il valore della convergenza delle parti sociali su alcuni
punti fondamentali. Questa condivisione dovrebbe essere una base di
lavoro importante per il governo. Lo è sicuramente per il Pd, che nella
prospettiva della Costituente delle Idee lanciata da Nicola Zingaretti
vuole promuovere un confronto a tutto campo sulle grandi scelte
economiche e sociali.
Confrontarsi . Condivisio ne. Parole parole parole. Guarda che
scoperta!. Il PD abbia il coraggio di dire al paese (e poi fare) che in
cinque anni vuole ridurre l'evasione fiscale e contributiva alla media
della Germania e man mano che riduce quella taglia il cuneo fiscale.
Hai voglia che il PD voti questo…
Il primo nodo è il potere d'acquisto dei salari. L'aumento delle
aliquote IVA va bloccato, senza se e senza ma. Per aumentare le
retribuzioni medie nette occorre migliorare la produttività e insieme
ridurre le tasse sul lavoro, destinando a questo scopo le risorse
recuperabili con un piano ambizioso di lotta all'evasione.
Nel Piano per l'Italia abbiamo suggerito di portare il bonus per il
lavoro dipendente fino a 1.500 euro annui, estendendolo agli incapienti
e ai redditi medi. La proposta del Pd – simile per molti versi
all'Earned Income Tax Credit americano – avrebbe un costo simile alla
Flat tax di Salvini ma concentrerebbe gli sgravi sui redditi bassi e
medi, mentre la “tassa piatta” della Lega beneficerebbe quasi
esclusivamente le famiglie più benestanti, dato che già oggi l'80% dei
contribuenti ha un'aliquota effettiva media inferiore al 15%.
Non c'è bisogno di ulteriori regalie facendo debito ma semmai occorre
abbassare le tariffe di luce gas benzina acqua TARI dove
sostanzialmente NON esiste concorrenza (ma la pletora di aziende
finisce per aumentare i costi senza guadagno al consumatore) e dove le
aziende macinano utili senza dare un servizio adeguato ai costi.
Inoltre va rimodulata l'IVA sempre sui servizi per abolire …l'IVA su
l'IVA. Insomma occorre ridurre se non dimezzare i costi fissi della
vita.
La tassazione sui redditi va unificata alla fine, vale a dire tutti i
tipi di redditi vanno cumulati ed solo alla fine avviene la
tassazione. Inoltre va rivista con una nuova curva l'irpef abolendo gli
scaglioni. I calcolatori esistono per questo.
Una scorciatoia controproducente sarebbe invece l'introduzione di un
salario minimo legale, che rischierebbe di scardinare la contrattazione
collettiva nazionale.
La strada maestra, secondo il Pd, è riconoscere valore legale erga
omnes ai contratti firmati dalle organizzazioni maggiormente
rappresentative (per mettere fuori gioco i contratti “pirata”) e
lasciare alle parti sociali la determinazione di una soglia residuale
di garanzia per i soli lavoratori non coperti da un contratto
collettivo nazionale. È una soluzione di buon senso: è vicina a quanto
il governo stesso ha scritto nel Def e aiuterebbe a uscire dal vicolo
cieco in cui anche su questo tema ci hanno messo la Lega e i 5 Stelle.
Il rilancio degli investimenti è l'altra variabile chiave per uscire
dalla stagnazione. Secondo ANCE le risorse pubbliche disponibili nei
prossimi 15 anni ammontano a 220 miliardi, di cui 126 per le sole
amministrazioni centrali. Il problema, dunque, non sono i soldi, ma gli
obiettivi verso cui indirizzarli e la capacità di spenderli in tempi
rapidi. Le risorse vanno concentrate sullo sviluppo sostenibile e il
contrasto del cambiamento climatico: fonti rinnovabili,
riqualificazione energetica e sismica degli edifici, mobilità
sostenibile, lotta al dissesto idrogeologico.
Investire su un “Green new deal” per l'Italia produrrebbe grandi
benefici non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico e
occupazionale. Verso lo sviluppo sostenibile andrebbero orientati anche
gli investimenti privati, lanciando un piano “Impresa 4.0 Green” per
l'economia verde.
Rilanciare gli investimenti (pubblici) così come sono programmati e
progettati oggi significa arricchire i soliti noti, distruggere
l'ambiente e creare il danno per il futuro. Il caso TAV o Brebemi o
Pedemontana o tutta l'Alta Velocità-Capacità sono li a dimostrarlo: i
progetti di queste opere sono fatti APPOSTA per costare molto più
del necessario, creare danni per il futuro ed aumentare i futuri costi
di manutenzione e mantenimento. Occorre ribaltare del tutto i criteri
con cui si fanno questi progetti e queste opere perché altrimenti si
ripete a catena un'ILVA di Taranto o un Morandi di Genova.
La capacità di spendere le risorse disponibili è una questione
cruciale: è materia tecnica ma anche questione politica. Un governo
degno di questo nome lavorerebbe giorno e notte per sbloccare le opere
già finanziate. Noi, invece, abbiamo avuto il decreto sbloccacantieri –
inutile e dannoso – e tredici mesi di litigi sulla Tav Torino-Lione,
con l'epilogo da barzelletta che andrà in scena in Senato la prossima
settimana.
Bisogna consentire con un trattamento fiscale minore QUANDO la
ricchezza locale sia investita in infrastrutture locali. Non ha senso
che la Bergamasca abbia un sacco di miliardi in banca e poi non
riesca a finire la galleria di Zogno o il raddoppio della Curno -
Valbrembo o il treno per le valli quando ci sono 12 miliardi di
risparmi bergamaschi inchiodati non si sa dove a rendere zero.
Ovviamente con progetti fatti col cervello e non per distruggere ed
arricchire i soliti noti come sono quelli in corso.
Terza priorità, il welfare. Scuola e sanità sono i punti cardine di un
contratto sociale che va riscritto. I tassi inaccettabili di
dispersione scolastica e analfabetismo funzionale e i bassi livelli di
istruzione pregiudicano lo sviluppo, minano la coesione sociale e
indeboliscono la democrazia.
Oggi la scuola pubblica ha costi eccessivi perché serve a creare PIL
piuttosto che formazione e cultura. Una ruota che gira in gran parte a
vuoto. La quantità di risorse investite – dall'ec cesso dei libri di
testo (di scarsa qualità) alla cancelleria all'abbigliamento ao cosri
supplementari - assieme ad un orario che serve a creare e
mantenere occupazione clientelare piuttosto che dare risultati (davvero
siete convinti che il tempo pieno com'è fatto adesso o i servizi ai
meno abili servano agli studenti piuttosto che a tutti gli altri?).
Davvero un disabile in classe DEVE costare 8mila euro l'anno ai comuni?
Il sistema sanitario nazionale, una delle più grandi conquiste del
dopoguerra, è messo a rischio dall'allargamento dei divari regionali,
dall'invecchiamento della popolazione e dai costi crescenti delle cure.
Il sistema sanitario nazionale, specie con gli anziani che sono quelli
che ne assorbono la maggior parte delle risorse é in mano a medici e
imprese che ne fanno una fonte inesauribile di spreco a loro vantaggio
senza alcuna necessità all'anziano. Rifilano all'anziano ogni sorta di
medicinale ed esame senza alcuna necessità approfittando della sua
impreparazione. In parallelo alcune esigenze sono del tutto
dimenticate dal SSN (vista occhiali denti p.e.). Addirittura la
c.d. riforma lombarda trasforma l'utente in una slot machine per
le imprese in danno del malato e dell'Ats.
Bisogna cominciare a introdurre a partire dai giovani il principio che
certe patologie derivata da cattivi stili di vita diventino vieppiù a
loro carico. L'origine delle malattie da benessere è chiaro e quindi o
cominciano a rispettarsi oppure che paghino di tasca propria.
In entrambi i casi, non basta ridefinire obiettivi e governance.
Bisogna recuperare ingenti risorse da investire. Risorse per azzerare i
costi dell'istruzione dal nido all'università per le famiglie a reddito
basso e medio, estendere il tempo pieno, digitalizzare le scuole e
pagare meglio gli insegnanti. Risorse per garantire i livelli
essenziali di assistenza in tutte le regioni, per assumere medici e
infermieri, per aiutare i non autosufficienti e le loro famiglie. Deve
essere questa la missione di una nuova stagione di revisione e
riqualificazione della spesa pubblica.
Prima di tutto bisogna investire nel personale medico del pubblico
piuttosto che spendere 150mila euro cadauno per formare medici speciali
e poi farli scappare all'estero. Poi agli ospedali pubblici va tolto il
limite dei letti e del budget.
Su queste sfide vogliamo confrontarci con le parti sociali. Il governo
gialloverde è al capolinea. Abbiamo il dovere di offrire all'Italia
un'alternativa credibile. Lo potremo fare solo costruendo una nuova
piattaforma di governo insieme alle energie migliori del Paese.
Litigate troppo. Litigate troppo. Litigate troppo e quindi non siete credibili
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VIADOTTO MORANDI: SE NE FREGÒ L’ANAS
SE N’È FREGTA AUTOSTRADE E COSÌ
C’HAN LASCIATO LA PELLE IN 43
Il primo agosto i tre periti incaricati dal gip Angela Maria Nutini
hanno depositato la loro perizia sul crollo di una pila del viadotto
Morandi per l'incidente probatorio. 72 pagine predisposte dagli
ingegneri Gianpaolo Rosati, Massimo Losa e Renzo Valentini. È quanto è
stato prodotto a seguito di mesi di sopralluoghi tra Genova e Zurigo,
di analisi compiute da università italiane e da esperti svizzeri. E di
esami delle parti del ponte rimaste in piedi in particolare lo stato di
salute del reperto 132, il punto di connessione fra lo strallo e
l'antenna della pila 9, che secondo gli esperti avrebbe ceduto per
primo: nei trefoli, si legge, c'è «uno stato corrosivo di tipo
generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di
acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri,
derivanti dello zolfo, e cloruri».
Nel dossier sono esaminate anche alcune debolezze nella realizzazione
iniziale del ponte nel 1964-1967. Parte di queste fragilità erano già
state segnalate dallo stesso progettista, Riccardo Morandi, all'inizio
degli anni Ottanta.
Però secondo Autostrade le percentuali di corrosione riportate nella
tabella della perizia depositata oggi al Gip a Genova sul crollo del
ponte Morandi "confermano in realtà che la capacità portante degli
stralli era ampiamente garantita, come hanno dimostrato anche i
risultati delle analisi compiute dal laboratorio EMPA di Zurigo e
dall'Università di Pisa. Quindi, l'eventuale presenza di una
percentuale ridottissima di trefoli corrosi fino al 100% non può in
alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del ponte".
Fin qui l'ultima notizia laterale della morte dei 43 cittadini.
Il viadotto Morandi venne aperto al transito nel 1967. In buona
sostanza la relazione Rosati-Losa-Valentini conferma quanto già il
progettista Morandi evidenziò pochi anni dopo la messa in uso del
viadotto in una sua relazione del 1979 come è stato
documentato nel pezzo di pagina 799 del 04 settembre 2018. Per ragioni
costruttive tutti gli stralli della pila 12 (quella più ad est) vennero
rinforzati nel 1992-94 mentre per gli altri non venne fatto nulla. Nel
1999 il ponte verrà dato in concessione alla nuova società.
In buona sostanza i lavori di rinforzo sulla pila 11 dovevano essere
immediatamente replicati dall'ANAS anche sulle altre due pole: la
9 e la 10 ma probabilmente quando cominciò a circolare la voce
dell'intenzione di privatizzare le autostrade, l'ANAS pensò bene di
massimizzare i profitti riducendo le spese e finendo così per
consegnare al privato un viadotto con due pile ormai “a fine
vita”. Che grazie a dio è arrivata per una sola e nel 2018: se ci
si può consolare della riduzione del danno.
Nel 2018 la società privata aveva iniziato senza troppa fretta ed
entusiasmo i lavori di progettazione e di investimento per la messa in
sicurezza delle due pile ma prima di ferragosto c'è stato il crollo.
Certo è che dal 1994 al 1999 i lavori eseguiti alla pila 11 dovevano
essere fatti dall'ANAS immediatamente anche alle pile 9 e 10. Lo disse
lo stesso progettista Riccardo Morandi. Poi dal 1999 il “problema”
passa ad ASPI (vero: al tempo non si chiamava ancora così) ma come mai
il ministero di allora non pretese da ANAS per cinque anni e da
ASPI per gli altri 2017-1999=18 anni di replicare subito sulle pile 9 e
10 quanto eseguito sulla pila 11 fin dal 1992-1993?.
La risposta a tutte queste domande sta nella risposta di Gilberto
Benetton a giornalista del Corriere: “L'asta richiedeva di rilevare il
30% di Autostrade, noi di Edizione volevamo il 4% e finimmo per
prenderne il 18 perché oltre ai soci che condivisero con noi quel
progetto — Fondazione Crt, Generali, Unicredit, Abertis e Brisa — non
si fece vivo nessun altro. Nessuno.”
Tradotto: tutti consideravano le autostrade una fregatura non certo per
gli incassi ma per lo stato pietoso delle infrastrutture che
qualsiasi tecnico poteva vedere a occhio nudo.
Quindi fatto il primo tour legale sono tornati al punto di partenza.
Vale a dire che la faccenda si complica perché sostanzialmente la
relazione Rosati-Losa-Valentini afferma (indirettamente) la
responsabilità ANCHE dell'ANAS e quindi adesso la questione andrà
risolta dalle sentenze della magistratura in quanto nell'affare
chi cedeva ha fatto il “bidone” a chi comprava. Del resto con gli
articoli di Morandi e le opere eseguite nel 1992-1994 c'è poco da
aggiungere o togliere: quelle tre pile avevano il “sistema stralli”
completamente sfatti e da rifare. L'ANAS risparmiò ed anche chi
venne dopo si limitò a riscuotere i generosi pedaggi. Un classico
italiano.
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