A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1064 DEL 31 LUGLIO 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















ANDIAMO QUASI BENE, CIOE' MALE
Ai primi di giugno Palazzo Chigi ha fatto presente che «sulla base delle informazioni ad oggi disponibili, la minor spesa» per questi interventi «ragionevolmente risulterà pari ad un ulteriore 0,07 per cento del Pil», ovvero quasi 1,3 miliardi. È pertanto destinato a restare inutilizzato più del 10% dei circa 11 miliardi messi a disposizione quest'anno dalla legge di bilancio per reddito di cittadinanza (7,1 miliardi) e quota 100 (3,9 miliardi).
Le aspettative sulla condotta della politica economica italiana sembrano cambiate. E c’è un momento preciso in cui questo cambiamento si è materializzato: quando il governo, dopo tanto apparente protestare, ha deciso di evitare la procedura europea per debito eccessivo, accomodando le richieste di correzione del deficit. Si è così interrotto quel movimento del pendolo che, nell’arco di 10 mesi, ha portato a modificare gli obiettivi di finanza pubblica ben quattro volte. Per rimanere al solo 2019: il deficit programmatico era stato alzato a settembre al 2,4% del Pil, poi riportato a dicembre al 2,04%, quindi ricollocato ad aprile al 2,4%, infine nuovamente abbassato, oggi fine luglio, al 2%. (...)

LE BALLE DEL CLAUDIO PIGA
NON C'E' STATA NESSUNA DELAZIONE
MA UNA SEGNALAZIONE FATTA AL PROTOCOLLO DEL COMUNE

Claudio Piga che si picca di avere fatto il classico e di essere ingegnere o architetto del Politecnico di Milano (ma gli ingegneri non conoscono la legislazione urbanistica?) rimette in onda la domanda per “muovere la bestia” nello stile salviniano: Ma insomma, c'è stata una delazione anonima o non c'è stata?
La risposta è secca: non c'è stata NESSUNA delazione anonima. Ci sono state due segnalazioni al Comune firmate dal sottoscritto davanti all'impiegata del protocollo , in quanto figuravo ancora in quel momento quale proprietario del fondo.
La prima segnalazioni scritta e firmata dal sottoscritto in comune é stata nel 1985 relativa alla demolizione abusiva della casetta non permessa dalle norme allora vigenti ed eseguita dall'impresa incaricata da AdP & Mazzoleni. La segnalazione partiva dal fatto che NON essendo ancora stato fatto l'atto notarile di trasferimento dell'immobile, OGNI opera (eventualmente) abusiva  da chiunque fosse stata eseguita era di responsabilità del proprietario. La demolizione era abusiva e venne sanata, come da suggerimento dell'avv. Benedetti, pagando gli oneri relativi.
La seconda segnalazione scritta e firmata dal sottoscritto in comune é stata del 1989 relativa alla costruzione nella parte di SO del lotto già recintato dall'AdP di un  grande capanno in legno come deposito attrezzi. Un nostro tecnico  aveva rilevato che AdP-Mazzoleni NON avevano corretto il frazionamento errato  (da loro fatto eseguire a suo tempo da un loro tecnico…) e quindi quella costruzione figurava ancora su un terreno di mia proprietà, quant'anche dentro l'area recintata dall'ADP.















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!





























































































































































































ANDIAMO QUASI BENE, CIOE' MALE

Ai primi di giugno Palazzo Chigi ha fatto presente che «sulla base delle informazioni ad oggi disponibili, la minor spesa» per questi interventi «ragionevolmente risulterà pari ad un ulteriore 0,07 per cento del Pil», ovvero quasi 1,3 miliardi. È pertanto destinato a restare inutilizzato più del 10% dei circa 11 miliardi messi a disposizione quest'anno dalla legge di bilancio per reddito di cittadinanza (7,1 miliardi) e quota 100 (3,9 miliardi).
Le aspettative sulla condotta della politica economica italiana sembrano cambiate. E c’è un momento preciso in cui questo cambiamento si è materializzato: quando il governo, dopo tanto apparente protestare, ha deciso di evitare la procedura europea per debito eccessivo, accomodando le richieste di correzione del deficit. Si è così interrotto quel movimento del pendolo che, nell’arco di 10 mesi, ha portato a modificare gli obiettivi di finanza pubblica ben quattro volte. Per rimanere al solo 2019: il deficit programmatico era stato alzato a settembre al 2,4% del Pil, poi riportato a dicembre al 2,04%, quindi ricollocato ad aprile al 2,4%, infine nuovamente abbassato, oggi fine luglio, al 2%.
L’oscillazione del pendolo è stata determinata dall’iniziale tentativo di sospingere il disavanzo in chiave di sostegno dell’economia, salvo poi ritrovarsi a dover affrontare i vincoli costituiti dalla reazione dei mercati e dalla volontà della Commissione europea di non accomodare uno scivolamento del bilancio pubblico italiano. Con l’Assestamento di bilancio appena approvato, il pendolo torna appunto a oscillare verso l’esigenza di non allontanarsi dalle regole europee. Il primo anno della XVIII legislatura- quella del cambiamento– si chiude così esattamente come si era chiuso il 2017, l’ultimo anno di effettivo governo dell’economia della XVII legislatura: con una correzione di bilancio; pari allora allo 0,3% del Pil e oggi portata allo 0,4%.
Questo ritorno in carreggiata- e qui veniamo al mutamento di aspettative– si sta rivelando portatore di un bonus immediato: la riduzione dello spread e l’abbassamento dei tassi di interesse, con il rendimento sui titoli decennali ridisceso all’1,5%, ossia sui valori di due anni fa. La nuova previsione del Centro Europa Ricerche (Cer), appena diffusa, viene così ad incorporare una riduzione della spesa per interessi dai 64,2 miliardi del 2019 ai 62,2 miliardi del 2021 (vedi grafico 1). Un risultato che pareva irraggiungibile solo tre mesi fa, tanto che ad aprile, nel Def, il governo programmava per questa voce una spesa di ben 69,6 miliardi, 7,5 in più di quanto oggi stimato dal Cer (vedi sempre grafico 1). Di conseguenza, fatto inconsueto. il deficit futuro risulta più basso nella previsione indipendente del Cer che nei valori programmatici ufficiali: 1,1% del Pil nel 2021, a fronte di una stima governativa dell’1,8%. Il quadro di finanza pubblica si fa dunque meno teso.
Occorre considerare attentamente questo aspetto. Per un Paese come l’Italia, che spende per gli interessi quasi il doppio di quanto non spenda per gli investimenti pubblici, è essenziale, per disporre di spazi di manovra sul bilancio pubblico, poter operare in condizioni di bassi rendimenti. Aver accettato la correzione richiesta dalla Commissione ed evitato così la procedura per debito ripristina queste condizioni e ci restituisce la possibilità di sostenere una politica per la crescita attraverso il risparmio proveniente dalla spesa per interessi. Questa sembra essere la logica tornata a prevalere: muoversi all’interno dei vincoli esistenti, non per aderire a inopportuni programmi di austerità ma, al contrario, per venire a disporre dei necessari margini di utilizzo della leva di bilancio.
Nella Nota di aggiornamento del DEF dello scorso settembre, il primo documento programmatico della XVIII legislatura, redatto dopo l’euforica “notte del balconcino”, si prospettava per il triennio 2019-21 una crescita cumulata del 4,6%, con un’accelerazione di un punto e mezzo rispetto agli andamenti tendenziali. Si riteneva possibile ottenere questa crescita addizionale grazie all’impulso che il maggior disavanzo avrebbe trasmesso alla domanda. Nel dettaglio, si stimava di spingere l’incremento cumulato dei consumi al 3,8% e quello degli investimenti al 10%. Purtroppo, secondo le previsioni del Cer, questi obiettivi non saranno nemmeno avvicinati. Per il periodo 2019-21 le stime del Cer indicano infatti un incremento cumulato dell’1,4% per il Pil, dello 0,9% per i consumi, del 3,2% per gli investimenti. Il risultato cumulato del triennio sarebbe, cioè, inferiore a quanto conseguito nel solo 2017.
L’assunzione di un orientamento più prudente nella gestione del bilancio pubblico, concretizzatasi nella trattativa che ha permesso di scongiurare l’apertura di una procedura di infrazione europea, non è dunque casuale, ma la razionale conseguenza del fallimento della strategia economica centrata su misure bandiera quali il reddito di cittadinanza e quota 100. Tanto che queste misure sono state definanziate, utilizzando i risparmi ottenuti a riduzione del disavanzo. Senza che ne risentano le prospettive di crescita.

La questione è che per il trimestre in corso la produzione industriale sarebbe stata in calo dello 0,7% sul primo, nonostante il recupero stimato a maggio e giugno (rispettivamente +0,5% e +0,2%). Al contrario di quanto avvenuto nel primo trimestre, il contributo dell'industria alla dinamica del Pil nel secondo trimestre è negativo.
Per la Confindustria l'Italia quest'anno non andrà oltre lo 0,1 per cento. «La dinamica debole dell'industria frena il Pil italiano anche nei mesi estivi: dopo la stagnazione stimata nel secondo trimestre e per l'intero 2019 difficilmente si potrà andare oltre una crescita dello 0,1 per cento sul 2018». È questo il giudizio espresso ieri dalla consueta nota del Centro studi.
Gli occhi dei previsori sono ormai sul terzo trimestre, anche perché sul secondo — i cui dati ufficiali usciranno in agosto — quasi tutti i centri di ricerca concordano per una crescita quasi piatta o peggio. A fare da "radar" all'andamento del Pil è il dato della produzione industriale di luglio su giugno in calo dello 0,6 in base alle stime Confindustria. I motivi? Un ulteriore indebolimento della domanda interna ed estera nell'ultimo bimestre. Morale: «Nel terzo trimestre si stima una sostanziale stagnazione della produzione, dopo il calo rilevato nel secondo ».
Appena pochi giorni fa la conferma del 2019 "piatto" è giunta anche dall'Fmi. Le ultime stime d'estate di Washington hanno infatti previsto per quest'anno un Pil dello 0,1 per cento, mentre per il 2020, cruciale per una difficile manovra di bilancio, la proiezione è stata ridotta, rispetto a quella precedente di tre mesi fa, di un decimale: scendiamo così allo 0,8 per cento. Attestati sullo 0,1 ci sono attualmente Upb, Cer, Bankitalia, Prometeia, Ue, mentre Ref prevede uno — 0,1 per cento.
I dati sono ancora in linea con quelli del governo (+0,2 per cento) ma l'Italia si conferma il fanalino di coda delle economie del G7 e dell'Europa.
Arrivata al decimo anno di vita, l’espansione degli Stati Uniti nei primi tre mesi dell'anno aveva tuttavia marciato al 3,1 per cento.
Nel primo trimestre del 2019 l’economia tedesca, che a fine 2018 aveva rallentato, è tornata a crescere: il pil ha segnato+0,4% rispetto agli ultimi tre mesi dello scorso anno. Stando ai dati Eurostat, il dato è identico alla crescita media dell’Eurozona nello stesso periodo. La Ue a 28 è invece cresciuta in media dello 0,5%. Entrambi i risultati sono in progresso dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, il pil destagionalizzato è salito dell’1,2% nell’area dell’euro e dell’1,5% nell’Ue a 28. L’Italia, con il suo +0,2% che l’ha fatta uscire dalla recessione, si piazza al penultimo posto tra i partner europei a parimerito con il Belgio: fa peggio solo la Lettonia che ha visto il pil calare dello 0,3%.
Per la Banca centrale tedesca il rallentamento del settore industriale in Germania è proseguito nel secondo trimestre e la minaccia della Brexit ha pesato sulle esportazioni già deboli. la Bundesbank ha avvertito che il rallentamento del settore industriale in Germania è proseguito nel secondo trimestre e che la minaccia della Brexit ha pesato sulle esportazioni già deboli. "Non si riesce ancora a intravedere una ripresa nel settore delle esportazioni e dell'industria", ha affermato la Banca centrale tedesca. Un quadro migliore è emerso per la domanda interna, con livelli di occupazione ancora in crescita grazie ad aziende che continuano ad assumere nuovi dipendenti, sebbene a un ritmo più lento.
Il documento riflette l'impressione fornita recentemente da una serie di indicatori (la fiducia degli investitori tedeschi nell'economia a luglio è scesa ancora, dopo il crollo di giugno, appesantita anche dall'inasprirsi dello scontro Usa e Iran, a -24,5; la produzione industriale a maggio è tornata a crescere dopo lo stop di aprile anche se al di sotto delle attese: +0,3% su mese quando gli economisti avevano stimato un aumento dello 0,4% e dopo che in aprile l'attività dell'industria era crollata dell'1,9%) secondo cui il boom dell'ultimo decennio della più grande economia europea sarebbe giunto al termine con fattori come la Brexit e il rischio di una guerra commerciale Cina-Usa a pesare sulle esportazioni tedesche.

Infine. Il Rapporto annuale dell’Istat per il 2019 sulla situazione macroeconomica del Paese, sentenzia in modo chiaro che nel secondo trimestre dell’anno in corso è prevista una forte contrazione del PIL, al punto che si prevede una differenza negativa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La previsione relativa all’intero 2019 vede una crescita stimata attorno allo 0,3%, dimezzata rispetto alle previsioni di inizio anno. Situazione giustificata dal calo della produzione industriale, che nel mese scorso ha registrato un -0,7% rispetto al mese precedente, con una stima sull’anno che si aggira attorno a – 1,5%.
Vero è che anche la vicina Germania – Paese con il quale l’Italia ha forti relazioni in ambito economico – ha registrato nel mese scorso un calo della produzione industriale ben peggiore: -2,5% rispetto al mese precedente.
I motivi del forte calo del PIL sono da ricercarsi in una riduzione della domanda estera netta (esportazioni al netto delle importazioni), e in un sostanziale calo della domanda dei consumi. La situazione potrebbe essere peggiore se non fosse “controbilanciata” dagli investimenti, che hanno rappresentato finora la componente positiva della domanda, con un aumento del 3,4% ed un contributo alla crescita di 0,6 punti percentuali. Investimenti che hanno interessato i settori trainanti della nostra economia: costruzioni, manifattura e agroalimentare.
Un fattore che contribuisce negativamente sulla crescita è il crollo demografico, con conseguente invecchiamento della popolazione e riduzione della cosiddetta “popolazione attiva” (forza lavoro). Tra il 2015 ed il 2018 la popolazione italiana è diminuita di ben 300.000 unità (+ 2.000.000 la Germania e +760.000 la Francia).
Il Rapporto dell’Istat stima che la popolazione residente nel 2050 risulterà inferiore a quella attuale di circa il 9% (55 milioni nel 2050 contro i 60,4 milioni del 2019), con una percentuale di ultrasessantacinquenni, quindi popolazione non attiva, che si potrà aggirare attorno al 45% della popolazione totale. Vale a dire 10 punti percentuali in più rispetto alla percentuale attuale che si aggira attorno al 35%. Il rapporto anziani/giovani, che nel 1981 era 62/100, nel 2018 ha registrato numeri “importanti”: 169/100.


LE BALLE DEL CLAUDIO PIGA
NON C'E' STATA NESSUNA DELAZIONE
MA UNA SEGNALAZIONE FATTA AL PROTOCOLLO DEL COMUNE

Claudio Piga che si picca di avere fatto il classico e di essere ingegnere o architetto del Politecnico di Milano (ma gli ingegneri non conoscono la legislazione urbanisica?) rimette in onda la domanda per “muovere la bestia” nello stile salviniano: Ma insomma, c'è stata una delazione anonima o non c'è stata?
La risposta è secca: non c'è stata NESSUNA delazione anonima. Ci sono state due segnalazioni al Comune firmate dal sottoscritto davanti all'impiegata del protocollo , in quanto figuravo ancora in quel momento quale proprietario del fondo.

La prima segnalazioni scritta e firmata dal sottoscritto in comune é stata nel 1985 relativa alla demolizione abusiva della casetta non permessa dalle norme allora vigenti ed eseguita dall'impresa incaricata da AdP & Mazzoleni. La segnalazione partiva dal fatto che NON essendo ancora stato fatto l'atto notarile di trasferimento dell'immobile, OGNI opera (eventualmente) abusiva  da chiunque fosse stata eseguita era di responsabilità del proprietario. La demolizione era abusiva e venne sanata, come da suggerimento dell'avv. Benedetti, pagando gli oneri relativi.

La seconda segnalazione scritta e firmata dal sottoscritto in comune é stata del 1989 relativa alla costruzione nella parte di SO del lotto già recintato dall'AdP di un  grande capanno in legno come deposito attrezzi. Un nostro tecnico  aveva rilevato che AdP-Mazzoleni NON avevano corretto il frazionamento errato  (da loro fatto eseguire a suo tempo da un loro tecnico…) e quindi quella costruzione figurava ancora su un terreno di mia proprietà, quant'anche dentro l'area recintata dall'ADP.

Ormai tutta l'attenzione -durata tre anni- dei Curnesi era fissata sulla prossima apertura primi di ottobre 1991 del  centro commerciale di via Fermi, realizzato per la Curno Shopping Center (una società della Rinascente- Fiat) da una società della Lega-COOP che ne resterà comproprietaria per un terzo per alcuni anni finchè non sarà del tutto ripagata per la costruzione dell'immobile.

Intanto che  prendeva forma la grande sagoma del centro commerciale prendeva corpo anche l'organizzazione locale dei “Verdi per Curno” e come uno dei principali fondatori dl gruppo, immaginatevi quanta attenzione ponessi per evitare ogni possibile provocazione da parte di gente che coi soldi presi poteva “comprare” tutti.  Una violazione edilizia non sarebbe stata proprio un bell'inizio.

Nonostante la vittoria  della  DC  nel 1990 finiranno tutti male. DC PSI e PCI riusciranno a mandare il comune alle elezioni anticipate e nel 1993 vincerà la Lega. AdP si ricorderà generosamente dell'Arnoldi nominandolo capo gabinetto nel proprio ministero dei lavori pubblici nel primo governo Prodi (dal maggio 1996).
Nel 1990 alle amministrative si presentano anche i “Verdi per Curno” ed avranno una eletta. Nella campagna elettorale del 1990 invece “qualcuno perennemente abbronzato e dagli zigomi  sagomati col silicone” comprò con le buone o le cattive gran parte dei candidati della lista dei Verdi per Curno: chi minacciandolo di licenziamento dove lavorava, chi guadagnandosi un posto di dottore all'asl, chi un posto di giardiniere al comune di Bergamo, chi decise di andare a fare il verde a… Brembate Sopra. Le diciottenni neo elettrici invece si videro recapitare a casa una rosa rossa firmata da Arnoldi. Era la prima repubblica che spirava.

Il gran ballo dell'arrivo del centro commerciale si concluderà con la crisi (1993) del tripartito neanche troppo occulto dc-psi-pci e le elezioni anticipate. Ormai il centro commerciale era stato costruito. La Fiat e le Coop rosse avevano raggiunto il loro scopo e quei piccoli politici indigeni non servivano più. Meritavano un calcio. Arnoldi sarà condannato per finanziamento illecito della campagna elettorale della DC quando quella perse le elezioni a vantaggio della Lega. Il sindaco Gasperini lascerà le penne per un infarto durante un viaggio negli USA. L'altro democristiano bello (il primo era Arnoldi) non riuscì mai a diventare sindaco. Qualcun altro che traccheggiava con tutti per navigare al meglio tra i flutti riuscì ad ammazzarsi con le proprie mani e scarsa intelligenza. AdP abbandonerà la magistratura per un'avventura politica ormai finita  nelle trasmissioni mattutine e pomeridiane su improbabili televisioni. Di quegli anni restano Conti e Benedetti, cugini inossidabili, il primo  artefice con la dc prima e con la lega poi del paese bello da vivere. Di quegli anni resta (anche) la batosta inflitta al Comune dalla sentenza Leggeri.