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LA LETTERA DEL PDC CONTE AI CITTADINI
DI LOMBARDIA E VENETO. VUOTA E INUTILE
La lettera del PdC Conte ai cittadini di Lombardia e Veneto.
Lettera vuota e inutile per una argomento inutile.
Pare che il PdC Conte abbia preso il vezzo di comunicare via Corriere.
Niente di strano, ovvio, ma sarebbe meglio se scrivesse qualcosa di
chiaro e utile per un argomento altrettanto utile. La lettera di Conte
al di la del sottolineare che chi doveva lavorare ha sicuramente
lavorato (con quel che prendono al mese… si potrebbe aggiungere) bene
(ma lo vedremo…) tratta un argomento ormai inutile: le regioni e la
loro autonomia.
Comprendiamo che nel 1945 quando non si poteva (quasi) telefonare da
Milano a Palermo la futuribile esistenza delle regioni poteva suscitare
qualche velleità ma in epoca di 5G (e non di “uno vale uno”: tanto per
essere chiari) delle regioni possiamo fare a meno. Anzi: dobbiamo
proprio abolirle. (...)
TRUMP. DA AMERICA THE FIRST
ALL'AMERICA ONE OF THE MANY
Nel
braccio di mare che separa il Golfo Persico dal Golfo dell'Oman passa
oltre un quinto delle forniture petrolifere mondiali. Il 21,5% del
totale. Una sua chiusura è la rappresaglia che l'Iran evoca sempre
quando viene minacciato. Il punto più stretto è largo 33 chilometri ma
le "autostrade del mare" effettive dove devono passare le petroliere
sono larghe tre chilometri. Le imbarcazioni più grandi sono quindi
costrette spesso a passare per le acque territoriali iraniane, il che
rende il canale facilmente controllabile.
Giàa metà di giugno'19 il presidente Usa aveva affidato la costruzione
della “Coalizione 2.0” contro l'Iran a tre figure chiave della sua
amministrazione: il segretario alla Difesa Shanahan, il consigliere per
la Sicurezza nazionale Bolton e il segretario di Stato Pompeo. Lo
scorso febbraio lo stesso Bolton ha chiesto al Pentagono opzioni
militari contro l'Iran. Non è affatto un caso se, dall'inizio
dell'anno, l'ex ambasciatore Usa all'Onu, abbia rafforzato il suo staff
con due falchi anti-Iran come Charles Kupperman e Richard Goldberg.
Quest'ultimo, come annota The National Interest, “considera il regime
di Teheran simile all'Unione Sovietica, un centro di una controcultura
globale anti-americana” che occorre far cadere attraverso un cambio di
regime.
(...)
La regione: Iraq, Iran, Kurdistan e Turchia benché massicciamente
incasinati appaiono sostanzialmente “più forti” verso la democrazia che
le monarchie arabe. Soprattutto quegli stati per la loro posizione e
geografia hanno tutto quel che occorre per diventare, se
riconquistassero una maggiore democrazia (più facile li che nell'Arabia
variamente denominata) ed un radicale controllo delle proprie risorse.
Hanno risorse naturali dall'acqua all'agricoltura all'energia minerale
che solare e soprattutto massicce risorse intellettuali -basta vedere
come la maggioranza della popolazione sia giovane: esattamente il
contrario dell'Ue e degli USA- che trasformerebbero quelle nazioni in
un polo mondiale dando così atto alla creazione di USA Cina, UE e prima
ancora della Russia putiniana sarebbe questo quartetto ad avere un
ruolo internazionale sia sotto il profilo economico che militare.
Ovvio che la Cina e l'India ne siano pure loro concorrenti (del
quartetto sunnominato) ma ne sono anche vicini e come si vede in Ue
oppure nel “sistema economico politico della Germania” in Ue coi paesi
ad est e sud della stessa, anche la prossimità ha una grande valore
strategico.
Ecco perché l'Ue e i suoi paesi non devono far parte della “coalizione
2.0” e dovrebbero fare in modo che il quartetto cresca economicamente e
democraticamente perché –lo si è visto in Ue- finchè in una regione
non si creano quelle tre quattro cinque nazioni sostanzialmente forti
ed equilibrate sotto il profilo economico e democratico, la regione non
si stabilizza. Non si stabilizza del tutto ma meglio che il secolo di
guerre attuali.
La bomba atomica dell'Iran viene agitata dagli USA e da Israele ma in
realtà non nasconde un timore di bombardamento bensì il fatto che se
l'Iran arriva a quel traguardo, la zona diventa un'altra Cina, un'altra
India, un'altra Ue e questo altro che “America first” bensì “America
one of many”. Che non è proprio quel che gradirebbero le multinazionali
americane e il debito pubblico USA.
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TRUMP. DA AMERICA THE FIRST
ALL'AMERICA ONE OF THE MANY
Nel
braccio di mare che separa il Golfo Persico dal Golfo dell'Oman passa
oltre un quinto delle forniture petrolifere mondiali. Il 21,5% del
totale. Una sua chiusura è la rappresaglia che l'Iran evoca sempre
quando viene minacciato. Il punto più stretto è largo 33 chilometri ma
le "autostrade del mare" effettive dove devono passare le petroliere
sono larghe tre chilometri. Le imbarcazioni più grandi sono quindi
costrette spesso a passare per le acque territoriali iraniane, il che
rende il canale facilmente controllabile.
Giàa metà di giugno'19 il presidente Usa aveva affidato la
costruzione della “Coalizione 2.0” contro l'Iran a tre figure chiave
della sua amministrazione: il segretario alla Difesa Shanahan, il
consigliere per la Sicurezza nazionale Bolton e il segretario di Stato
Pompeo. Lo scorso febbraio lo stesso Bolton ha chiesto al Pentagono
opzioni militari contro l'Iran. Non è affatto un caso se, dall'inizio
dell'anno, l'ex ambasciatore Usa all'Onu, abbia rafforzato il suo staff
con due falchi anti-Iran come Charles Kupperman e Richard Goldberg.
Quest'ultimo, come annota The National Interest, “considera il regime
di Teheran simile all'Unione Sovietica, un centro di una controcultura
globale anti-americana” che occorre far cadere attraverso un cambio di
regime.
E ad una “Coalizione di volenterosi” a presidio dello Stretto di Hormuz
e del Golfo dell'Oman è favorevole anche il ministro degli Esteri degli
Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Abdullah bin Zayed al-Nahyan, citato
dall'agenzia ufficiale Wam: “La regione è complessa e ha molte risorse,
siano esse gas o petrolio, che sono necessarie per il resto del mondo.
Vogliamo che il flusso di queste risorse rimanga sicuro per garantire
la stabilità dell' economia mondiale ”, ha affermato il ministro
emiratino in un vertice in Bulgaria.
Sul fronte opposto, Cina e Russia. “Una guerra nel Golfo è l'ultima
cosa che vogliamo”, ha detto il presidente cinese Xi Jinping al collega
iraniano, al vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di
Shanghai in Kyrgyzstan. La Cina è (stata prima delle sanzioni USA) il
più grande cliente di petrolio dell'Iran, con importazioni totali
l'anno scorso di circa 29,3 milioni di tonnellate, pari a circa 585.400
barili di petrolio al giorno, secondo i dati doganali forniti da
Reuters. Si tratta di circa il 6% delle importazioni totali di petrolio
della Cina.
A Vladimir Putin, Rouhani ha chiesto di “intensificare i rapporti tra i
due Paesi a fronte delle minacce e delle sanzioni esterne”. Teheran sta
continuando a restare fedele all'accordo sul nucleare iraniano,
nonostante le sanzioni americane, ma - ha dichiarato il presidente
iraniano, Hassan Rouhani - “non può continuare a restarvi fedele
unilateralmente, perché tutte le potenze firmatarie devono impegnarsi
per salvarlo”. “In assenza di segnali positivi” da parte degli altri
firmatari, l'Iran “continuerà a lavorare” per smettere di rispettare
alcuni punti dell'intesa, ha aggiunto Rouhani da Dushanbe, in
Tagikistan, a un summit della Conferenza sull'interazione e
realizzazione di misure di reciproca fiducia in Asia (Cica). L'accordo
sul nucleare iraniano, firmato a Vienna nel 2015, fu sottoscritto oltre
che dagli Stati Uniti (poi usciti lo scorso anno), Cina, Russia, Gran
Bretagna, Francia e Germania. Nell'ultimatum di 60 giorni di maggio,
Rouhani chiese agli altri firmatari di “mitigare gli effetti delle
sanzioni americane”, sentendosi libero altrimenti di riprendere ad
arricchire l'uranio e a sviluppare del reattore di Arak.
Le reciproche provocazioni alle petroliere e droni sono state le
cronache di questo ultimo mese e mezzo. Con un'appendice anche nelle
acque mediterranee di Gibilterra.
A metà di luglio è tornato alla carica il generale della Marina Joseph
Dunford. Gli Stati Uniti hanno già una notevole presenza navale nella
regione e partecipano a numerose task force multinazionali che svolgono
operazioni di sicurezza marittima, antiterrorismo e antipirateria. Il
quartier generale della quinta flotta della US Navy si trova in Bahrain
e ha anche strutture navali in Gibuti, Kuwait e Oman. Il Regno Unito,
che ha anche una base navale in Bahrain, ha affermato di “monitorare
continuamente la situazione della sicurezza” nella regione e si è
“impegnato a mantenere la libertà di navigazione in conformità con il
diritto internazionale”.
Il generale Dunford glissa sui Paesi coinvolti o coinvolgibili. Ma
stando a quanto risulta ad HuffPost, incrociando fonti europee e arabe,
assieme a Usa e Gran Bretagna, si schiererebbero Arabia Saudita,
Bahrein, Oman, Emirati Arabi Uniti, mentre risulta ancora incerta
l'adesione dell'Egitto.
Tra i nemici giurati dell'Iran c'è Israele. Dalla “Coalizione 2.0”
a un “Patto di difesa”con gli Usa: è quanto il premier Benyamin
Netanyahu sta pensando di concludere con l'amministrazione Trump prima
delle elezioni del 17 settembre. Lo rivela il quotidiano Maariv secondo
cui non solo la Casa Bianca sarebbe d'accordo ma che questo farebbe
parte di una intesa - nonostante fonti politiche israeliane neghino -
che prevede come contropartita che Netanyahu accetti in anticipo il
piano di pace che gli Usa intendono mantenere segreto fino a dopo in
Israele.
Non deve sembrare strano che il Trump dell' “America first” stia
orientandosi verso una guerra non dichiarata ma concretamente
reale al fine di abbattere il regime con l'Iran dove gli USA non
apparirebbero così determinati e coinvolti proprio nel momento in cui
maturano le elezioni negli USA. Purtroppo quelli che appaiono
“solo” piccoli eventi guerreggiati (petroliere danneggiate, droni
variamente distrutti, sequestri di petroliere, ecc). in realtà non
trattano il fatto che se un quinto dell'energia internazionale passa da
quello stretto, anche altrettanti profitti delle compagnie che
trasformano quel petrolio ed altrettanti introiti ricavi degli stati
“passano” ogni giorno da li.
Ma c'è ancora di più e non è nemmeno la “salvezza” di Israele dalle
mire distruttive dell'Iran (semmai sia vera o non sia al 99% la solita
battaglia verbale delle due parti) l'aspetto più importante.
La regione: Iraq, Iran, Kurdistan e Turchia benché massicciamente
incasinati appaiono sostanzialmente “più forti” verso la democrazia che
le monarchie arabe. Soprattutto quegli stati per la loro posizione e
geografia hanno tutto quel che occorre per diventare, se
riconquistassero una maggiore democrazia (più facile li che nell'Arabia
variamente denominata) ed un radicale controllo delle proprie risorse.
Hanno risorse naturali dall'acqua all'agricoltura all'energia
minerale che solare e soprattutto massicce risorse intellettuali -basta
vedere come la maggioranza della popolazione sia giovane: esattamente
il contrario dell'Ue e degli USA- che trasformerebbero quelle
nazioni in un polo mondiale dando così atto alla creazione di USA Cina,
UE e prima ancora della Russia putiniana sarebbe questo quartetto ad
avere un ruolo internazionale sia sotto il profilo economico che
militare.
Ovvio che la Cina e l'India ne siano pure loro concorrenti (del
quartetto sunnominato) ma ne sono anche vicini e come si vede in Ue
oppure nel “sistema economico politico della Germania” in Ue coi paesi
ad est e sud della stessa, anche la prossimità ha una grande valore
strategico.
Ecco perché l'Ue e i suoi paesi non devono far parte della “coalizione
2.0” e dovrebbero fare in modo che il quartetto cresca economicamente e
democraticamente perché –lo si è visto in Ue- finchè in una
regione non si creano quelle tre quattro cinque nazioni sostanzialmente
forti ed equilibrate sotto il profilo economico e democratico, la
regione non si stabilizza. Non si stabilizza del tutto ma meglio che il
secolo di guerre attuali.
La bomba atomica dell'Iran viene agitata dagli USA e da Israele ma in
realtà non nasconde un timore di bombardamento bensì il fatto che se
l'Iran arriva a quel traguardo, la zona diventa un'altra Cina, un'altra
India, un'altra Ue e questo altro che “America first” bensì “America
one of many”. Che non è proprio quel che gradirebbero le multinazionali
americane e il debito pubblico USA.
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LA LETTERA DEL PDC CONTE AI CITTADINI
DI LOMBARDIA E VENETO. VUOTA E INUTILE
La lettera del PdC Conte ai cittadini di Lombardia e Veneto.
Lettera vuota e inutile per una argomento inutile.
Pare che il PdC Conte abbia preso il vezzo di comunicare via Corriere.
Niente di strano, ovvio, ma sarebbe meglio se scrivesse qualcosa di
chiaro e utile per un argomento altrettanto utile. La lettera di Conte
al di la del sottolineare che chi doveva lavorare ha sicuramente
lavorato (con quel che prendono al mese… si potrebbe aggiungere) bene
(ma lo vedremo…) tratta un argomento ormai inutile: le regioni e
la loro autonomia.
Comprendiamo che nel 1945 quando non si poteva (quasi) telefonare da
Milano a Palermo la futuribile esistenza delle regioni poteva suscitare
qualche velleità ma in epoca di 5G (e non di “uno vale uno”: tanto per
essere chiari) delle regioni possiamo fare a meno. Anzi: dobbiamo
proprio abolirle.
Basta esaminare i bilanci regionali per capire che le regioni non
servono a nulla anche perché una parte importante del loro
bilancio è sostanzialmente bypassata dalla realtà dal momento che la
migrazione sanitaria (vale a dire la quantità di malati che dalla
macroregioni vanno in altra macroregione (sud> nord, sud> centro,
centro>nord) tocca il 1,2 milioni di italiani
(https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato5031530.pdf) nel 2018
e per di più nelle cure più costose quanto a risarcimento tra regione e
regione (oncologiche cardiovascolari 66%, altre croniche 27%, neonatali
7%) .
Un giro d’affari pubblico, quello della cosiddetta “mobilità
sanitaria”, che, seppure in calo, sposta ancora 4,285 miliardi. Con
tutte le regioni del Mezzogiorno, escluso il Molise, in saldo negativo.
Chi guadagna di più è come sempre la Lombardia, con un saldo positivo
di oltre 692 milioni, seguita dall’Emilia Romagna con poco meno di 327
milioni. Al terzo e quarto posto Toscana, con oltre 144 milioni, e il
Veneto con 98,6 milioni .La Calabria è la più indebitata, con un saldo
negativo di quasi 320 milioni, seguita dalla Campania con più di 302
milioni e dal Lazio con oltre 289 milioni.
Si tratta dei viaggi per curarsi, quelli che chiamiamo “viaggi della
speranza” e che nel nostro Paese riguardano 750mila persone,
accompagnate da 640 mila familiari: un coniuge, un fratello, un amico,
un genitore. Scrive il CENSIS per quanto concerne i grandi
trasferimenti piuttosto che il “da regione a regione vicina”. Nella
metà dei casi, l’accompagnatore torna a casa in giornata o dopo un paio
di giorni. Ma nell’altra metà rimane nel luogo di cura per una decina
di giorni, secondo i dati, spendendo una volta su tre più di 500 euro
per l’alloggio. Un giro d’affari che supera i 4,6 miliardi di euro.
Niente pure di scuola regionalizzata, nessuna assunzione diretta dei
docenti, nemmeno un euro trasferito dallo Stato alle regioni per
gestire autonomamente l’istruzione. Il premier Conte ha appoggiato la
linea M5S del no all’assunzione diretta dei docenti, facendo propria la
tesi del rischio di incostituzionalità già sollevato nella riunione. Il
premier ha ricordato la sentenza 76/2013 della Consulta, redatta
dall’allora giudice costituzionale Sergio Mattarella. «Il personale è
escluso dalla regionalizzazione e quindi il sistema di istruzione
rimane unitario, non ci sarà nessun trasferimento di risorse dallo
Stato alle regioni». Stop anche all’ipotesi di stipendi differenziati,
che per i 5 stelle equivalgono alle “gabbie salariali”.
Diciamo che questa storia della scuola regionalizzata ha un retro
pensiero: siccome le regioni si sono rese conto della loro inutilità,
ecco che cercano di accaparrarsi altre funzioni (ed altri fondi)
facendo leva sul solido egoismo cattolico che anima quasi del tutto le
genti italiane.
Indubbiamente gli ITIS delle regioni del nord riescono a far trovare un
lavoro entro il primo anno al 90% dei loro diplomati ma questo dipende
dal fatto che esiste una naturale e consolidata sinergia che
viene dall’Unità d’Italia e non dalla proclamazione della Repubblica.
Se poi andiamo a vedere le microuniversità provinciali, queste sono
sostanzialmente un peso economico per lo Stato perché si ingrandiscono
“costando poco” agli allievi ma non sono in grado di dare una
preparazione di livello europeo. UniBG non è il Politecnico, insomma,
anche se afferma che i suoi laureati in lingue straniere sono occupati
al 90% entro il primo anno. Però non sono traduttori di autori famosi
ma solo traduttori di lettere commerciali: che é fare affari piuttosto
che cultura. Semmai.
Il problema non è solo di aumentare la frequenza alle scuole
(soprattutto nei e dopo i 10 anni obbligatori) ma soprattutto di creare
insegnanti e ambienti di maggiore preparazione e qualità. Mentre le
strutture puoi anche migliorarle entro pochi anni, per “migliorare” la
qualità dei docenti occorrono decenni e non vi concorrono le centinaia
di microuniversità provinciali.
Purtroppo da quello che è dato sapere, la regionalizzazione non
riguarderebbe solo gli organici ma anche aspetti cruciali come la
programmazione formativa, l’alternanza scuola-lavoro, il sistema di
valutazione, il rapporto con le paritarie». In questo modo si mette a
rischio la tenuta dell’unità nazionale, quando in fondo già adesso (in
base alla legge Gelmini) ciascuna scuola ha a disposizione una quota
oraria del 20 per cento che può declinare in modo autonomo rispetto al
curriculum nazionale. La verità è che il discorso sull’autonomia
differenziata serve solo a mascherare il fatto che non si vogliono fare
investimenti sulla scuola… per incentivare la privatizzazione
dell’istruzione e di conseguenza l’accentuazione delle differenze di
classe non solo nord>sud ma anche nelle stesse regioni.
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