A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1055 DELL'18 LUGLIO 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















LA LETTERA DEL PDC CONTE AI CITTADINI
DI LOMBARDIA E VENETO. VUOTA E INUTILE
La lettera del PdC Conte ai cittadini di Lombardia e Veneto.
Lettera vuota e inutile per una argomento inutile.
Pare che il PdC Conte abbia preso il vezzo di comunicare via Corriere. Niente di strano, ovvio, ma sarebbe meglio se scrivesse qualcosa di chiaro e utile per un argomento altrettanto utile. La lettera di Conte al di la del sottolineare che chi doveva lavorare ha sicuramente lavorato (con quel che prendono al mese… si potrebbe aggiungere) bene (ma lo vedremo…) tratta un argomento  ormai inutile: le regioni e la loro autonomia.
Comprendiamo che nel 1945 quando non si poteva (quasi) telefonare da Milano a Palermo la futuribile esistenza delle regioni poteva suscitare qualche velleità ma in epoca di 5G (e non di “uno vale uno”: tanto per essere chiari) delle regioni possiamo fare a meno. Anzi: dobbiamo proprio abolirle. (...)

TRUMP. DA AMERICA THE FIRST
ALL'AMERICA ONE OF THE MANY
Nel braccio di mare che separa il Golfo Persico dal Golfo dell'Oman passa oltre un quinto delle forniture petrolifere mondiali. Il 21,5% del totale. Una sua chiusura è la rappresaglia che l'Iran evoca sempre quando viene minacciato. Il punto più stretto è largo 33 chilometri ma le "autostrade del mare" effettive dove devono passare le petroliere sono larghe tre chilometri. Le imbarcazioni più grandi sono quindi costrette spesso a passare per le acque territoriali iraniane, il che rende il canale facilmente controllabile.
Giàa  metà di giugno'19 il presidente Usa aveva affidato la costruzione della “Coalizione 2.0” contro l'Iran a tre figure chiave della sua amministrazione: il segretario alla Difesa Shanahan, il consigliere per la Sicurezza nazionale Bolton e il segretario di Stato Pompeo. Lo scorso febbraio lo stesso Bolton ha chiesto al Pentagono opzioni militari contro l'Iran. Non è affatto un caso se, dall'inizio dell'anno, l'ex ambasciatore Usa all'Onu, abbia rafforzato il suo staff con due falchi anti-Iran come Charles Kupperman e Richard Goldberg. Quest'ultimo, come annota The National Interest, “considera il regime di Teheran simile all'Unione Sovietica, un centro di una controcultura globale anti-americana” che occorre far cadere attraverso un cambio di regime.
(...)
La regione: Iraq, Iran, Kurdistan e Turchia benché massicciamente incasinati appaiono sostanzialmente “più forti” verso la democrazia che le monarchie arabe. Soprattutto quegli stati per la loro posizione e geografia hanno tutto quel che occorre per diventare, se riconquistassero una maggiore democrazia (più facile li che nell'Arabia variamente denominata) ed un radicale controllo delle proprie risorse. Hanno risorse naturali dall'acqua  all'agricoltura all'energia minerale che solare e soprattutto massicce risorse intellettuali -basta vedere come la maggioranza della popolazione sia giovane: esattamente il contrario dell'Ue e degli USA-  che trasformerebbero quelle nazioni in un polo mondiale dando così atto alla creazione di USA Cina, UE e prima ancora della Russia putiniana sarebbe questo quartetto ad avere un ruolo internazionale sia sotto il profilo economico che militare.
Ovvio che  la Cina e l'India ne siano pure loro concorrenti (del quartetto sunnominato) ma ne sono anche vicini e come si vede in Ue oppure nel “sistema economico politico della Germania” in Ue coi paesi ad est e sud della stessa, anche la prossimità ha una grande valore strategico.
Ecco perché l'Ue e i suoi paesi non devono far parte della “coalizione 2.0” e dovrebbero fare in modo che il quartetto cresca economicamente e democraticamente perché –lo si è visto in Ue-  finchè in una regione non si creano quelle tre quattro cinque nazioni sostanzialmente forti ed equilibrate sotto il profilo economico e democratico, la regione non si stabilizza. Non si stabilizza del tutto ma meglio che il secolo di guerre attuali.
La bomba atomica dell'Iran viene agitata dagli USA e da Israele ma in realtà non nasconde un timore di bombardamento bensì il fatto che se l'Iran arriva a quel traguardo, la zona diventa un'altra Cina, un'altra India, un'altra Ue e questo altro che “America first” bensì “America one of many”. Che non è proprio quel che gradirebbero le multinazionali americane e il debito pubblico USA.
















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



























































































































































































TRUMP. DA AMERICA THE FIRST
ALL'AMERICA ONE OF THE MANY


Nel braccio di mare che separa il Golfo Persico dal Golfo dell'Oman passa oltre un quinto delle forniture petrolifere mondiali. Il 21,5% del totale. Una sua chiusura è la rappresaglia che l'Iran evoca sempre quando viene minacciato. Il punto più stretto è largo 33 chilometri ma le "autostrade del mare" effettive dove devono passare le petroliere sono larghe tre chilometri. Le imbarcazioni più grandi sono quindi costrette spesso a passare per le acque territoriali iraniane, il che rende il canale facilmente controllabile.
Giàa  metà di giugno'19 il presidente Usa aveva affidato la costruzione della “Coalizione 2.0” contro l'Iran a tre figure chiave della sua amministrazione: il segretario alla Difesa Shanahan, il consigliere per la Sicurezza nazionale Bolton e il segretario di Stato Pompeo. Lo scorso febbraio lo stesso Bolton ha chiesto al Pentagono opzioni militari contro l'Iran. Non è affatto un caso se, dall'inizio dell'anno, l'ex ambasciatore Usa all'Onu, abbia rafforzato il suo staff con due falchi anti-Iran come Charles Kupperman e Richard Goldberg. Quest'ultimo, come annota The National Interest, “considera il regime di Teheran simile all'Unione Sovietica, un centro di una controcultura globale anti-americana” che occorre far cadere attraverso un cambio di regime.
E ad una “Coalizione di volenterosi” a presidio dello Stretto di Hormuz e del Golfo dell'Oman è favorevole anche il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Abdullah bin Zayed al-Nahyan, citato dall'agenzia ufficiale Wam: “La regione è complessa e ha molte risorse, siano esse gas o petrolio, che sono necessarie per il resto del mondo. Vogliamo che il flusso di queste risorse rimanga sicuro per garantire la stabilità dell' economia mondiale ”, ha affermato il ministro emiratino in un vertice in Bulgaria.
Sul fronte opposto, Cina e Russia. “Una guerra nel Golfo è l'ultima cosa che vogliamo”, ha detto il presidente cinese Xi Jinping al collega iraniano, al vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai in Kyrgyzstan. La Cina è (stata prima delle sanzioni USA) il più grande cliente di petrolio dell'Iran, con importazioni totali l'anno scorso di circa 29,3 milioni di tonnellate, pari a circa 585.400 barili di petrolio al giorno, secondo i dati doganali forniti da Reuters. Si tratta di circa il 6% delle importazioni totali di petrolio della Cina.
A Vladimir Putin, Rouhani ha chiesto di “intensificare i rapporti tra i due Paesi a fronte delle minacce e delle sanzioni esterne”. Teheran sta continuando a restare fedele all'accordo sul nucleare iraniano, nonostante le sanzioni americane, ma - ha dichiarato il presidente iraniano, Hassan Rouhani - “non può continuare a restarvi fedele unilateralmente, perché tutte le potenze firmatarie devono impegnarsi per salvarlo”. “In assenza di segnali positivi” da parte degli altri firmatari, l'Iran “continuerà a lavorare” per smettere di rispettare alcuni punti dell'intesa, ha aggiunto Rouhani da Dushanbe, in Tagikistan, a un summit della Conferenza sull'interazione e realizzazione di misure di reciproca fiducia in Asia (Cica). L'accordo sul nucleare iraniano, firmato a Vienna nel 2015, fu sottoscritto oltre che dagli Stati Uniti (poi usciti lo scorso anno), Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania. Nell'ultimatum di 60 giorni di maggio, Rouhani chiese agli altri firmatari di “mitigare gli effetti delle sanzioni americane”, sentendosi libero altrimenti di riprendere ad arricchire l'uranio e a sviluppare del reattore di Arak.
Le reciproche provocazioni alle petroliere e  droni sono state le cronache di questo ultimo mese e mezzo. Con un'appendice anche nelle acque mediterranee di Gibilterra.
A metà di luglio è tornato alla carica il generale della Marina Joseph Dunford. Gli Stati Uniti hanno già una notevole presenza navale nella regione e partecipano a numerose task force multinazionali che svolgono operazioni di sicurezza marittima, antiterrorismo e antipirateria. Il quartier generale della quinta flotta della US Navy si trova in Bahrain e ha anche strutture navali in Gibuti, Kuwait e Oman. Il Regno Unito, che ha anche una base navale in Bahrain, ha affermato di “monitorare continuamente la situazione della sicurezza” nella regione e si è “impegnato a mantenere la libertà di navigazione in conformità con il diritto internazionale”.
Il generale Dunford glissa sui Paesi coinvolti o coinvolgibili. Ma stando a quanto risulta ad HuffPost, incrociando fonti europee e arabe, assieme a Usa e Gran Bretagna, si schiererebbero Arabia Saudita, Bahrein, Oman, Emirati Arabi Uniti, mentre risulta ancora incerta l'adesione dell'Egitto.
Tra i nemici giurati dell'Iran c'è Israele. Dalla “Coalizione 2.0” a  un “Patto di difesa”con gli Usa: è quanto il premier Benyamin Netanyahu sta pensando di concludere con l'amministrazione Trump prima delle elezioni del 17 settembre. Lo rivela il quotidiano Maariv secondo cui non solo la Casa Bianca sarebbe d'accordo ma che questo farebbe parte di una intesa - nonostante fonti politiche israeliane neghino - che prevede come contropartita che Netanyahu accetti in anticipo il piano di pace che gli Usa intendono mantenere segreto fino a dopo in Israele.

Non deve sembrare strano che il Trump dell' “America first” stia orientandosi verso una guerra  non dichiarata ma concretamente reale al fine di abbattere il regime con l'Iran dove gli USA non apparirebbero così determinati e coinvolti proprio nel momento in cui maturano le elezioni negli USA. Purtroppo quelli che appaiono “solo”  piccoli eventi guerreggiati (petroliere danneggiate, droni variamente distrutti, sequestri di petroliere, ecc). in realtà non trattano il fatto che se un quinto dell'energia internazionale passa da quello stretto, anche altrettanti profitti delle compagnie che trasformano quel petrolio ed altrettanti introiti ricavi degli stati “passano” ogni giorno da li.
Ma c'è ancora di più e non è nemmeno la “salvezza” di Israele dalle mire distruttive dell'Iran (semmai sia vera o non sia al 99% la solita battaglia verbale delle due parti) l'aspetto più importante.
La regione: Iraq, Iran, Kurdistan e Turchia benché massicciamente incasinati appaiono sostanzialmente “più forti” verso la democrazia che le monarchie arabe. Soprattutto quegli stati per la loro posizione e geografia hanno tutto quel che occorre per diventare, se riconquistassero una maggiore democrazia (più facile li che nell'Arabia variamente denominata) ed un radicale controllo delle proprie risorse. Hanno risorse naturali dall'acqua  all'agricoltura all'energia minerale che solare e soprattutto massicce risorse intellettuali -basta vedere come la maggioranza della popolazione sia giovane: esattamente il contrario dell'Ue e degli USA-  che trasformerebbero quelle nazioni in un polo mondiale dando così atto alla creazione di USA Cina, UE e prima ancora della Russia putiniana sarebbe questo quartetto ad avere un ruolo internazionale sia sotto il profilo economico che militare.
Ovvio che  la Cina e l'India ne siano pure loro concorrenti (del quartetto sunnominato) ma ne sono anche vicini e come si vede in Ue oppure nel “sistema economico politico della Germania” in Ue coi paesi ad est e sud della stessa, anche la prossimità ha una grande valore strategico.
Ecco perché l'Ue e i suoi paesi non devono far parte della “coalizione 2.0” e dovrebbero fare in modo che il quartetto cresca economicamente e democraticamente perché –lo si è visto in Ue-  finchè in una regione non si creano quelle tre quattro cinque nazioni sostanzialmente forti ed equilibrate sotto il profilo economico e democratico, la regione non si stabilizza. Non si stabilizza del tutto ma meglio che il secolo di guerre attuali.
La bomba atomica dell'Iran viene agitata dagli USA e da Israele ma in realtà non nasconde un timore di bombardamento bensì il fatto che se l'Iran arriva a quel traguardo, la zona diventa un'altra Cina, un'altra India, un'altra Ue e questo altro che “America first” bensì “America one of many”. Che non è proprio quel che gradirebbero le multinazionali americane e il debito pubblico USA.



LA LETTERA DEL PDC CONTE AI CITTADINI
DI LOMBARDIA E VENETO. VUOTA E INUTILE


La lettera del PdC Conte ai cittadini di Lombardia e Veneto.

Lettera vuota e inutile per una argomento inutile.
Pare che il PdC Conte abbia preso il vezzo di comunicare via Corriere. Niente di strano, ovvio, ma sarebbe meglio se scrivesse qualcosa di chiaro e utile per un argomento altrettanto utile. La lettera di Conte al di la del sottolineare che chi doveva lavorare ha sicuramente lavorato (con quel che prendono al mese… si potrebbe aggiungere) bene (ma lo vedremo…) tratta un argomento  ormai inutile: le regioni e la loro autonomia.
Comprendiamo che nel 1945 quando non si poteva (quasi) telefonare da Milano a Palermo la futuribile esistenza delle regioni poteva suscitare qualche velleità ma in epoca di 5G (e non di “uno vale uno”: tanto per essere chiari) delle regioni possiamo fare a meno. Anzi: dobbiamo proprio abolirle.
Basta esaminare i bilanci regionali per capire che le regioni non servono  a nulla anche perché una parte importante del loro bilancio è sostanzialmente bypassata dalla realtà dal momento che la migrazione sanitaria (vale a dire la quantità di malati che dalla macroregioni vanno in altra macroregione (sud> nord, sud> centro, centro>nord)  tocca il 1,2 milioni di italiani (https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato5031530.pdf) nel 2018 e per di più nelle cure più costose quanto a risarcimento tra regione e regione (oncologiche cardiovascolari 66%, altre croniche 27%, neonatali 7%) .
Un giro d’affari pubblico, quello della cosiddetta “mobilità sanitaria”, che, seppure in calo, sposta ancora 4,285 miliardi. Con tutte le regioni del Mezzogiorno, escluso il Molise, in saldo negativo. Chi guadagna di più è come sempre la Lombardia, con un saldo positivo di oltre 692 milioni, seguita dall’Emilia Romagna con poco meno di 327 milioni. Al terzo e quarto posto Toscana, con oltre 144 milioni, e il Veneto con 98,6 milioni .La Calabria è la più indebitata, con un saldo negativo di quasi 320 milioni, seguita dalla Campania con più di 302 milioni e dal Lazio con oltre 289 milioni.
Si tratta dei viaggi per curarsi, quelli che chiamiamo “viaggi della speranza” e che nel nostro Paese riguardano 750mila persone, accompagnate da 640 mila familiari: un coniuge, un fratello, un amico, un genitore. Scrive il CENSIS per quanto concerne i grandi trasferimenti piuttosto che il “da regione a regione vicina”. Nella metà dei casi, l’accompagnatore torna a casa in giornata o dopo un paio di giorni. Ma nell’altra metà rimane nel luogo di cura per una decina di giorni, secondo i dati, spendendo una volta su tre più di 500 euro per l’alloggio. Un giro d’affari che supera i 4,6 miliardi di euro.

Niente pure di scuola regionalizzata, nessuna assunzione diretta dei docenti, nemmeno un euro trasferito dallo Stato alle regioni per gestire autonomamente l’istruzione. Il premier Conte ha appoggiato la linea M5S del no all’assunzione diretta dei docenti, facendo propria la tesi del rischio di incostituzionalità già sollevato nella riunione. Il premier ha ricordato la sentenza 76/2013 della Consulta, redatta dall’allora giudice costituzionale Sergio Mattarella. «Il personale è escluso dalla regionalizzazione  e quindi il sistema di istruzione rimane unitario, non ci sarà nessun trasferimento di risorse dallo Stato alle regioni». Stop anche all’ipotesi di stipendi differenziati, che per i 5 stelle equivalgono alle “gabbie salariali”.
Diciamo che questa storia della scuola regionalizzata ha un retro pensiero: siccome le regioni si sono rese conto della loro inutilità, ecco che cercano di accaparrarsi altre funzioni (ed altri fondi) facendo leva sul solido egoismo cattolico che anima quasi del tutto le genti italiane.
Indubbiamente gli ITIS delle regioni del nord riescono a far trovare un lavoro entro il primo anno al 90% dei loro diplomati ma questo dipende dal fatto che esiste una naturale e consolidata sinergia  che viene dall’Unità d’Italia e non dalla proclamazione della Repubblica.
Se poi andiamo a vedere le microuniversità provinciali, queste sono sostanzialmente un peso economico per lo Stato perché si ingrandiscono “costando poco” agli allievi ma non sono in grado di dare una preparazione di livello europeo. UniBG non è il Politecnico, insomma, anche se afferma che i suoi laureati in lingue straniere sono occupati al 90% entro il primo anno. Però non sono traduttori di autori famosi ma solo traduttori di lettere commerciali: che é fare affari piuttosto che cultura. Semmai.
Il problema non è solo di aumentare la frequenza alle scuole (soprattutto nei e dopo i 10 anni obbligatori) ma soprattutto di creare insegnanti e ambienti di maggiore preparazione e qualità. Mentre le strutture puoi anche migliorarle entro pochi anni, per “migliorare” la qualità dei docenti occorrono decenni e non vi concorrono le centinaia di microuniversità provinciali.
Purtroppo da quello che è dato sapere, la regionalizzazione non riguarderebbe solo gli organici ma anche aspetti cruciali come la programmazione formativa, l’alternanza scuola-lavoro, il sistema di valutazione, il rapporto con le paritarie». In questo modo si mette a rischio la tenuta dell’unità nazionale, quando in fondo già adesso (in base alla legge Gelmini) ciascuna scuola ha a disposizione una quota oraria del 20 per cento che può declinare in modo autonomo rispetto al curriculum nazionale. La verità  è che il discorso sull’autonomia differenziata serve solo a mascherare il fatto che non si vogliono fare investimenti sulla scuola… per incentivare la privatizzazione dell’istruzione e di conseguenza l’accentuazione delle differenze di classe non solo nord>sud ma anche nelle stesse regioni.