A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1038 28 GIUGNO 2019
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















C’È QUALCOSA DI EPICO E TRAGICO IN QUESTA DEMOLIZIONE
COME VOLERE CANCELLARE NON SOLO UNA TRAGEDIA
MA UN’EPOCA ED UN’IDEA D’ITALIA
Vidi la prima volta Genova nel 1966 quando venne inaugurata la prima Euroflora. Un anno dopo il diploma incontrai al mercato di Cremona alcuni ex compagni di scuola ed uno di loro – figlio di un importante florovivaista di Caravaggio- propose il viaggio: vieni anche tu che ami solo le vacche, mi sfidò. C'andammo in treno e trovammo una città ancora più inquinata di Milano. Restammo ammirati all'ingresso nel mega padiglione della Fiera di Genova così come potemmo vedere la costruzione in corso del viadotto Morandi che sarebbe stato aperto l'anno successivo. Da Genova ci sarei  ripassato due anni più tardi a gennaio '68 quando partimmo in nave per Palermo e Gibellina e tornammo. Si passa sempre da Genova.
L'abbattimento di gran parte del viadotto Morandi mi ricorda quello che accadeva nei nostri paesi proprio in quegli anni, quello che era accaduto ed poi accadrà anche nel  decennio successivo. Un Paese che cambiava mestiere –abbandonava l'agricoltura per lo stabilimento e il cantiere edile-  era tutto un demolire le vecchie case nei centri storici  e tutto un fervore nel costruire condomini di dimensioni spropositate o casette operaie. Qualche esempio lo abbiamo anche a Curno.  Al posto dell'incrocio tra via Roma e via Marconi-Buelli c'era un grande stallo che ospitava negli anni '50 la famiglia Preda che era uno dei primi corrieri dotati di autocarri per trasportare sabbia e trasporti vari. Lo stallo fu demolito con la costruzione di Piazza del Comune e  raddrizzamento di via Roma.
Lo stallo proprio di fronte alla porta della chiesa venne comprato da un Locatelli che lo demolì per costruire la palazzina che adesso ospita a piano terra la BPI. Ma siccome era uno che badava si al proprio interesse ma anche al buongoverno del paese dove era  persona molto ascoltata, costruì e regalò al comune la piazza della chiesa. Qualcuno alle sue spalle invece fece assai peggio e peggiorò ancora quando restò tutto in mano ai comunisti.(...)

BASTA SCENEGGIATE AL MARE
Per chi ha buona volontà suggerisco di ascoltare “la rassegna stampa” di venerdi 28 su Radio 3 nella quale Carlo Bonini legge (tra gli altri) l’articolo di Ezio Mauro “La legge superiore”   e quello di Flavia Perina “Quelle ragazze coraggiose che non piacciono ai sovranisti”. L’articolo di Mauro lo riportiamo anche noi sotto il titolo della pagina.
In effetti i due articoli trattano di argomenti differenti da quello che vogliamo affrontare di seguito ma non ci sembrano poi lontani.

Questa chiamata e rispondere di un “reato comune” non la condividiamo perché dimentica una chiamata di responsabilità da parte di chi mette in piedi la rappresentazione e la rende pubblica macinandola per decine di ore di trasmissioni e decine di pagine sui quotidiani.
Il fatto è che i porti italiani sono e restano aperti, anche ai migranti: e negli stessi giorni in cui la nave Sea Watch 3 restava bloccata al largo di Lampedusa con 42 persone a bordo salvate nel Mediterraneo, circa 312 persone sono sbarcate in Italia con l’aiuto di trafficanti o con piccole imbarcazioni.
Ezio Mauro che ha diretto Repubblica si domandi se la diretta permanente sugli interventi face book di Salvini e sulla Sea Watch 3 da parte dei media “mainstream” non  costituiscano una decisa deformazione della realtà. Una cattiva informazione dove il fatto piccolo (42) scaccia quello maggiore ( 312). Dove l’informazione diventa propaganda del regime che ha ovviamente interesse a divulgare.
Oltre alla sproporzione dei numeri 42:312 ci sono altri numeri su cui  i media si fermano con un articolo. Da quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato la strategia dei “porti chiusi”, un anno fa, nel Mediterraneo sono morti 1.151 tra uomini, donne e bambini. Oltre 10mila persone, inoltre, sono state riportate forzatamente in Libia. (...)















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!























































































































































































BASTA SCENEGGIATE AL MARE


Per chi ha buona volontà suggerisco di ascoltare “la rassegna stampa” di venerdi 28 su Radio 3 nella quale Carlo Bonini legge (tra gli altri) l’articolo di Ezio Mauro “La legge superiore”   e quello di Flavia Perina “Quelle ragazze coraggiose che non piacciono ai sovranisti”. L’articolo di Mauro lo riportiamo anche noi sotto il titolo della pagina.
In effetti i due articoli trattano di argomenti differenti da quello che vogliamo affrontare di seguito ma non ci sembrano poi lontani.

Questa chiamata e rispondere di un “reato comune” non la condividiamo perché dimentica una chiamata di responsabilità da parte di chi mette in piedi la rappresentazione e la rende pubblica macinandola per decine di ore di trasmissioni e decine di pagine sui quotidiani.
Il fatto è che i porti italiani sono e restano aperti, anche ai migranti: e negli stessi giorni in cui la nave Sea Watch 3 restava bloccata al largo di Lampedusa con 42 persone a bordo salvate nel Mediterraneo, circa 312 persone sono sbarcate in Italia con l’aiuto di trafficanti o con piccole imbarcazioni.
Ezio Mauro che ha diretto Repubblica si domandi se la diretta permanente sugli interventi face book di Salvini e sulla Sea Watch 3 da parte dei media “mainstream” non  costituiscano una decisa deformazione della realtà. Una cattiva informazione dove il fatto piccolo (42) scaccia quello maggiore ( 312). Dove l’informazione diventa propaganda del regime che ha ovviamente interesse a divulgare.
Oltre alla sproporzione dei numeri 42:312 ci sono altri numeri su cui  i media si fermano con un articolo. Da quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato la strategia dei “porti chiusi”, un anno fa, nel Mediterraneo sono morti 1.151 tra uomini, donne e bambini. Oltre 10mila persone, inoltre, sono state riportate forzatamente in Libia. La maggior parte si trova ora rinchiusa in centri di detenzione dove, secondo diversi rapporti dell’Onu, avvengono sistematicamente uccisioni, torture, stupri e violenze. I dati sono denunciati dalle ong Medici senza frontiere e Sos Mediterranee che chiedono di “garantire con urgenza un sistema di ricerca e soccorso in mare adeguato, compreso un coordinamento delle autorità competenti nel Mediterraneo, per evitare morti inutili”. Salvini aveva dichiarato che grazie alle sue politiche le vittime nel Mediterraneo erano diminuite del 90% nel 2019, equiparando erroneamente i 2 corpi recuperati sulla rotta italiana con i circa 400 morti (saliti a 500) o dispersi in mare sulle rotte spagnola, greca e italiana. Nel 2019, secondo l’Unhcr, una persona su tre è morta nella traversata dalla Libia.

Sono spazientito da questa propaganda elettorale quando poi – leggo ieri su Bgnews- che “la Guardia di Finanza di Sarnico ha condotto un’operazione nei confronti di un’azienda e di altre dieci attività imprenditoriali, con sede nella Val Calepio, che hanno permesso di svelare un sistema evasivo finalizzato all’illecita somministrazione di manodopera e di individuare l’impiego di 78 lavoratori irregolari e di altri 16 completamente in nero. L’azienda ispezionata, simulando contratti di appalto per prestazioni di servizio, in luogo della reale ed illecita fornitura di manodopera, ha impiegato i propri dipendenti in qualità di addetti alle pulizie presso diversi centri commerciali, negozi della grande distribuzione – sia di abbigliamento che alimentare – e presso condomini in Lombardia, Liguria, Piemonte, Toscana, Friuli e Veneto. I militari, nel corso delle interviste al personale, hanno accertato che i 78 lavoratori, perlopiù di origine extracomunitaria (Romania, Ecuador, Marocco, Nigeria, Armenia, Perù, Filippine, Thailandia e Pakistan), non conoscevano – nella maggior parte dei casi – l’azienda da cui Guardia di Finanza formalmente dipendevano e nemmeno i suoi amministratori, essendo stati reclutati attraverso passaparola o tramite annunci su siti internet.
E tralascio la dichiarazione sempre della GdF nazionale sull’attività dal 2018 fino a maggio di quest’anno.

Salvini sta in una botte di ferro rispetto ai media attuali – non solo la TV nazionale occupata dal SalviMaio oppure i media della destra- proprio perché ribaltano la domanda che Mauro si pone alla fine dell’articolo: “Ma cosa succede quando la questione morale non corrisponde al sentire comune, è sfasata rispetto al sentimento dell’epoca, è in minoranza nella coscienza collettiva? Quando l’imperativo etico non viene riconosciuto come universale, e diventa una testimonianza individuale, circondata dall’indifferenza o dal cinismo? Sono i media che cambiano la realtà facendo diventare tema principale quello che invece è contrario a qualsiasi dovere etico, dovere costituzionale, dignità della persona, l’essere umano titolare di diritti inviolabili, la Dichiarazione dei diritti. I media ci hanno fatto diventare non all’altezza delle norme che abbiamo scritto noi stessi, nel tentativo di migliorare la nostra vita, perché ci proteggessero nei momenti difficili”.


C’È QUALCOSA DI EPICO E TRAGICO IN QUESTA DEMOLIZIONE
COME VOLERE CANCELLARE NON SOLO UNA TRAGEDIA
MA UN’EPOCA ED UN’IDEA D’ITALIA
Vidi la prima volta Genova nel 1966 quando venne inaugurata la prima Euroflora. Un anno dopo il diploma incontrai al mercato di Cremona alcuni ex compagni di scuola ed uno di loro – figlio di un importante florovivaista di Caravaggio- propose il viaggio: vieni anche tu che ami solo le vacche, mi sfidò. C'andammo in treno e trovammo una città ancora più inquinata di Milano. Restammo ammirati all'ingresso nel mega padiglione della Fiera di Genova così come potemmo vedere la costruzione in corso del viadotto Morandi che sarebbe stato aperto l'anno successivo. Da Genova ci sarei  ripassato due anni più tardi a gennaio '68 quando partimmo in nave per Palermo e Gibellina e tornammo. Si passa sempre da Genova.

L'abbattimento di gran parte del viadotto Morandi mi ricorda quello che accadeva nei nostri paesi proprio in quegli anni, quello che era accaduto ed poi accadrà anche nel  decennio successivo. Un Paese che cambiava mestiere –abbandonava l'agricoltura per lo stabilimento e il cantiere edile-  era tutto un demolire le vecchie case nei centri storici  e tutto un fervore nel costruire condomini di dimensioni spropositate o casette operaie. Qualche esempio lo abbiamo anche a Curno.  Al posto dell'incrocio tra via Roma e via Marconi-Buelli c'era un grande stallo che ospitava negli anni '50 la famiglia Preda che era uno dei primi corrieri dotati di autocarri per trasportare sabbia e trasporti vari. Lo stallo fu demolito con la costruzione di Piazza del Comune e  raddrizzamento di via Roma.
Lo stallo proprio di fronte alla porta della chiesa venne comprato da un Locatelli che lo demolì per costruire la palazzina che adesso ospita a piano terra la BPI. Ma siccome era uno che badava si al proprio interesse ma anche al buongoverno del paese dove era  persona molto ascoltata, costruì e regalò al comune la piazza della chiesa. Qualcuno alle sue spalle invece fece assai peggio e peggiorò ancora quando restò tutto in mano ai comunisti.

Mezzo secolo or sono demolire la casa dove eri cresciuto fianco a fianco della vacca e delbue diventava simbolo di un riscatto che cancellava  secoli di schiavitù, oggi la demolizione del viadotto Morandi è assolutamente simile. In peggio.
L'anno che ha segnato il cambio di passo nella storia delle autostrade italiane è il 1999: l'Iri decide di privatizzare una serie di asset, tra cui la società delle autostrade e si passa dal pubblico al privato, vale a dire che la proprietà della rete resta dello Stato ma la gestione e la manutenzione, remunerate dalle tariffe, passano a società private . Siamo sotto il governo D'Alema.
Il viadotto Morandi ha già 22 anni e negli anni tra il 1991-1993 verrà applicata un importante manutenzione rafforzamento  alla pila 11 (quella più ad est) e proprio in quel frangente emerse che l'intervento doveva essere fatto identico sulle altre due pile. Non venne fatto probabilmente perché c'era già nell'aria  il disegno di privatizzare la gestione delle autostrade.
Nel 1999 subentra con il 30 % un nucleo di azionisti privati, riuniti nella Società Schemaventotto Spa che fa capo alla famiglia Benetton e che rappresenta, ancora, attualmente il socio forte del gruppo. Il restante 70% è sul mercato. Schemaventotto nel 1999 versa 2,5 miliardi per rilevare il 30% della società finanziando l'investimento per 1,3 miliardi con capitali di rischio e il resto a debito. Poi, forte di incassi da pedaggi (11 miliardi) cresciuti negli anni del 21% con l'aumento del traffico a fronte di investimenti più contenuti (il 16% di quanto previsto), Schemaventotto lancia l'opa totalitaria del 2003.

Facile immaginare che l'IRI e il Gruppo Autostrade (interamente dell'IRI) abbiano stimato buona cosa non investire più in sicurezza –quando si cominciò a parlare di privatizzazione- per lasciare il problema nelle mani del prossimo concessionario così come si può stimare che pure il concessionario avesse un  gentlemen's agreement per cui uno fa finta che tutto sia a posto e l'altro fa finta di non sapere che bisogna mettersi a reimbraghettare da cima fondo tutti gli stralli restanti del viadotto Morandi.

Poi tutta la faccenda va avanti secondo la classica commedia all'italia na e quando finalmente si avvicinano le necessarie ristrutturazione degli stralli del viadotto… si sfascia il nono cavalletto . Il terzo da est.
La demolizione dei resti del viadotto Morandi post crollo non era affatto necessaria ed era possibile anche la ricostruzione del cavalletto crollato ma attorno alla tragedia si sono avvitati interessi economici e socio culturali ragione per cui andava demolito tutto, andava cancellata del tutto quell'opera come a dare il segnale di una volontà di uscire dalla prima repubblica ed entrare in un'altra repubblica, stavolta giallo verde.

Se Riccardo Morandi –classe 1902- era stato uno dei grandi progettisti della rinascita italiana e del suo boom economico chi se non Renzo Piano –classe 1937 per di più genovese- non poteva essere  l'autore più titolato per il nuovo progetto? Ogni stagione ha i suoi grandi artisti e artefici ed ecco scodellato un ponte in metallo –quindi fabbricabile proprio  con l'acciaio delle fonderie i cui fumi erano stati i principali agenti distruttivi dei trefoli dentro gli stralli del Morandi- dalla forma di una chiglia di nave schiacciata poggiante su una serie di 18 pile di calcestruzzo a sezione ovale.

Dice Renzo Piano: «Sarà un ponte bellissimo ed evocativo, un lavoro corale che rappresenterà la coesione creativa ma anche politica. Un ponte in acciaio, sfavillante e limpido come una nave, e con un'anima chiara che consenta alla città di elaborare questopesantelutto".



CURNO PLASTIC FREE?
NON SI PUO'

Non si può perchè non possibile coinvolgere una delle mille imprese legge 381/91 e nemmeno fare un appaltino magari dimenticando di precisare che saranno escluse le imprese con riduzioni al di sotto della soglia. Non si può perché è impossibile documentarlo con una dozzina di immagini a maggiore e futura gloria elettorale delle madamine dell'amministrazione. Non si può perché –come accade per quando vanno a pulire la plastica del letto del Brembo- non si può  fare intervenire il ducato del comune e quindi, guarda come siamo forti e organizzati.
Non si può nemmeno perché nel paese della bergamasca che ha la maggiore concentrazione di centri commerciali grandissimi grandi medi piccoli fino alle botteghe, se fa un'ordinanza “plastc free” perdi di sicuro le elezioni.
Non si può nemmeno perché tutto il grande affare delle mense scolastiche anziani bisognosi vanno a pechino visto che senza plastica, dove vai?.
Insomma  la faccenda non è elettoralmente spendibile.  Oltre al fatto che occorre vedere come la pensa l'assessore Cavagna che non è proprio un dosso da 20 all'ora.
Va bene che   l'industria dell'acciaio inox negli ultimi mesi è riuscita a inchiodare nella crapa che meglio una lussuosa borraccia di acciaio inox che le solite bottigliette di plastica con le quali poi fanno delle meravigliose imbottiture dei giacchini invernali. Senza contare che la borraccia di acciaio inox  contribuisce anche allo sviluppo dell'industria farmaceutica visti i danni delle c.d.”bocaröle” che provoca.
Eppure noi crediamo che Curno possa diventare nello spazio di un anno, nel frattempo che si introduce la “tariffa puntuale”, crediamo che  il paese possa diventare “plastic free”.
Io penso alla mezza dozzina di pagine che verrebbe riservato a Curno per tale decisione –forse laprima in ambito provinciale: una vera eccellenza!- ed alle sue amministratrice da BGPost e dal Bugiardino. Senza contare il parere dei due capigruppo delle minoranze sempre presenti inutilmente sul pezzo.
Potremo vedere la sindaca Gamba e l'assessora Rota assieme alla sindaca emerita Serra (consigliera delegata alla rumenta) fotografate nella mensa degli scolari coi piatti di ceramica, con le forchette di acciaio, con le bottiglie di acqua di vetro, i tovaglioli di lino obviously da Astino. Insomma tavole apparecchiate come da Vittorio. Delle foto “storiche” da tramandare a  Story-Lab.
(P.S.: questo pezzo ci è stato lautamente commissionato dai negozianti curnesi che non vogliono “Curno plastic free”).