NON CI RESTA CHE SERGIO 1941
NON CI RESTA CHE DONALD 1946
Oggi tutte le gazzette sono schierate con Sergio Mattarella e Donald
Trump. Meno male un po' di chiarezza dopo il caos in cui eravamo
precipitati nel vedere il PdC Conte a Bruxelles col cappello in
mano a parlare di conti e deficit quando gli altri parlavano invece di
poltrone. Aveva sbagliato ordine del giorno: un evidente
Missverständnis (in todesco) o misunderstanding (in inglese).
Il PdR presidente della repubblica è intervenuto alla seduta del (CSM)
consiglio superiore della magistratura e l'ha bacchettato (occorre
precisare per essere politicamente corretti: non tutti i componenti
ovviamente). Il biondo presidente americano aveva deciso di
bombardare gli ayatollah iraniani ma quando i suoi generali
gli hanno fatto presente (ovviamente la verità è sempre
raccontata al contrario quando c'è di mezzo “il” presidente: è sempre
“il” presidente a chiedere conto del numero di ammazzati non il
contrario a farglielo notare) che non valeva la pena per “soli
130milioni di dollari” persi per l'abbattimento del drone Northrop
Grumman MQ-4C Triton fare una strage di 150 musulmani invendibile
a livello planetario.
Oltretutto tenendo conto della precisione precisa del gps americano che
è sempre minore della geometria iraniana, il drone non stava proprio
appena dentro i confini internazionali ma stava appena dentro i confini
iraniani. C'è da sghignazzare nel pensare che questi pretoni
costruiscono missili in cantina coi quali abbattono droni da 130
milioni cadauno: va bene, il drone era grande come un boeing 717 ma
'ste fottuti l'hanno davvero centrato ed hanno preso per i fondelli gli
USA mostrando reperti di… non si sa bene cosa.
Tornando piuttosto al duro rimbrotto di Mattarella al CSM quelle parole
gli italiani le stavano aspettando da almeno 40 anni. Quindi anche dai
predecessori di Mattarella. Il silenzio di Mattarella è stato troppo
lungo dopo lo scoppio del caso Palamara-Lotti e questa lunga attesa di
una parola definitiva di chiarezza ha contribuito a danneggiare le
istituzioni, compresa la presidenza della Repubblica. E' vero che
Mattarella ha anche detto che "occorre far comprendere che la
Magistratura italiana e il suo organo di governo autonomo, previsto
dalla Costituzione hanno al proprio interno gli anticorpi necessari e
sono in grado di assicurare, nelle proprie scelte, rigore e piena
linearità". Per questo, ha continuato, "tengo a ringraziare il vice
presidente, il comitato di presidenza e i consiglieri presenti per la
risposta pronta e chiara che hanno fornito con determinazione, non
appena si è presa conoscenza della gravità degli eventi". Secondo
Mattarella, "la reazione del Consiglio ha rappresentato il primo passo
per il recupero della autorevolezza e della credibilità cui ho fatto
cenno e che occorre sapere restituire alla magistratura italiana. Di
essa i cittadini ricordano i grandi meriti e i pesanti sacrifici anche
attraverso l'esempio di tanti suoi appartenenti e hanno il diritto di
pretendere che quei meriti e quei sacrifici non siano offuscati. A
questo riguardo non va dimenticato che è stata un'azione della
magistratura a portare allo scoperto le vicende che hanno così
gravemente sconcertato la pubblica opinione e scosso l'ordine
giudiziario". Ma è proprio per gettarsi alle spalle le conseguenze
«gravemente negative» di quanto è accaduto — in termini di «prestigio,
autorevolezza e credibilità» presso i cittadini — che il capo dello
Stato chiede ai magistrati una profonda rigenerazione, morale e
culturale, dall'interno del loro stesso organo di autotutela. A partire
insomma dal modo in cui hanno finora amministrato se stessi.
Si torna così a un interrogativo classico del costituzionalismo: chi
custodisce i custodi? La risposta della Costituzione fu di creare
l'organismo di autogoverno, il Csm, con l'articolazione fra laici e
togati.
E se uno scandalo simile avesse colpito il Parlamento, o il governo? Se
si fosse scoperto qualcosa di analogo - usiamo sempre le parole del
Presidente - a un “quadro sconcertante e inaccettabile”, un “coacervo
di manovre nascoste” per governare la magistratura secondo logiche
spartitorie, posizionando i giudici amici nelle procure giuste per
azzoppare le indagini, o per condizionare la politica nelle sue scelte,
ecco: vi sarebbe bastata l'auto-riforma? Avreste accettato il “colpo di
spugna” della “soluzione politica” al problema? Un bel “si volta
pagina”, tutti a casa e non rompeteci più le scatole?
No, non l'avreste accettato. Perché a nessuno deve sfuggire che non un
giudice, nemmeno Palamara, il protagonista di questa storia
“sconcertante e inaccettabile” si è fatto un minuto di carcerazione
preventiva, sebbene forse il pericolo di inquinamento delle prove possa
sussistere più qui che altrove. Il giorno che in Italia non servirà più
sbattere in galera la gente prima di qualsivoglia condanna sarà un
grande giorno. E il giorno in cui a tutti i poteri, di fronte a una
crisi sistemica, sarà concesso di auto-riformarsi, senza che un altro
potere si arroghi il diritto di decapitarli e di etero-dirigerne
l'agenda, sarà un giorno ancora più grande. Per ora, ci limitiamo a
dire che la magistratura si sta concedendo dei lussi che alla politica
non ha concesso. Nel silenzio-assenso della politica. Purtroppo.
Torniamo adesso sulle tracce del drone e connessi. Ha statisticamente
ragione Carlo Panella quando scrive che “dal '900 a oggi tutti i
presidenti americani che hanno dichiarato una guerra sono stati
Democratici. Unica eccezione George W. Bush. Al contrario, sia la
guerra del Vietnam che la epocale Guerra Fredda, iniziate da presidenti
Democratici, sono state chiuse da presidenti Repubblicani, Richard
Nixon e Ronald Reagan. È bene ricordare questo schema, soprattutto in
Europa, perché nel nostro vecchio continente l'imperio mediatico di un
mediocre politically correct porta a pensare che i Repubblicani
americani siano “di destra”, mentre i Democratici sarebbero “di
sinistra”. Non è così, lo schema è più complesso (Lincoln, per dirne
una, combatté gli schiavisti che erano Democratici) perché negli Usa la
dialettica è essenzialmente tra chi esalta la supremazia
dell'individuo, della persona (i Repubblicani) e chi lo statalismo e i
diritti della collettività (i Democratici)”.
In questa vicenda del drone Trump ha venduto benissimo la sua usuale
politica. Se c'è un “lato buono” dell'isolazionismo di Donald Trump, lo
abbiamo visto di nuovo in azione. Il ripensamento che ha portato il
presidente a bloccare un attacco contro l'Iran è coerente con il suo
slogan preferito: America First non vuol dire soltanto nazionalismo. E'
dare la precedenza ai problemi dell'America, alla salute dell'economia,
alle preoccupazioni degli elettori, significa rinunciare a fare il
gendarme del mondo. Come dice Federico Rampini “l'istinto di Trump non
è quello del grilletto facile. Può usare un linguaggio minaccioso e lo
ha fatto più volte, contro l'Iran o la Corea del Nord o il Venezuela.
Ma tutti quelli che hanno gridato all'aggressione Usa hanno agitato
allarmi al vuoto. Lo stesso vale per tanti media progressisti. Per un
paio di mesi a leggere la stampa liberal negli Stati Uniti pareva che
l'intervento militare in Venezuela fosse alle porte. Non c'è stato.
Trump predilige un altro tipo di colpi di scena: l'improvviso disgelo
con Kim Jong Un, nel quale continua a credere malgrado i risultati
modesti. L'isolazionismo è un'antica tradizione della destra americana
e può non piacere a chi, come gli europei, si era abituato a vivere di
rendita sotto una sicurezza garantita dalla spesa militare americana.
Ci sono tanti risvolti negativi, in questo ripiegamento dell'America su
se stessa. Però isolazionista e guerrafondaio non sono la stessa cosa,
di solito.
Il fatto è che a nostro modesto avviso Trump NON aveva dato ordine di
bombardare e poi l'ha ritirato. Questa sceneggiata serve a fargli
guadagnare punti e serve soprattutto, con la robusta mano dei
quotidiani mainstream (bella vero?) a quell'opera di minaccia verso
l'avversario e gli amici dell'avversario che potrebbe accadere il
patatrac.
Il problema di Trump adesso è la rielezione e con una guerra
dichiarata o in corso, hai voglia che l'America della pasta di
gallettine (leggere: pasta di arachidi) lo rimetta in sella.
Nella vicenda però –intanto che i capi di stato e governo dei 27-28
paesi UE scombiccheravano a Bruxelles- l'Europa non batte chiodo. Dalla
Libia fino all'Iran, dal Corno d'Africa fino al Mar Caspio l'Europa non
esiste. Esistono invece la Russia e la Cina.
| HANNO RINCORSO LE LUCCIOLE
E INTANTO SONO SCAPPATI I BOVI
Mentre sono in corso i lavori per il sottopasso pedonale della ex
Briantea per passare dal parco giochi di Loreto bassa alla stazione
ferroviaria dell'ospedale e quindi al Papa Giovanni in modo da
collegare i quartieri di Loreto-Longuelo con l'ospedale e quindi
il Villaggio degli Sposi giunge notizia che la g.i.p Mazzola ha
accolto la richiesta di archiviazione avanzata per i quattro indagati
(tutti dirigenti dell'ospedale al momento della sua costruzione) dal
pubblico ministero. Le due pagine del Corriere ne danno una
ricostruzione sufficiente a comprendere i fatti.
La lettura dell'articolo fa sorgere la domanda: come mai venne
deciso di costruire l'ospedale proprio su quell'area che già dai primi
approcci faceva capire quanti e quali problemi si dovessero affrontare?
La risposta non è unica ma proprio perché siamo bergamaschi cattolici,
le cose le “facciamo per bene” oppure no.
Il terreno su cui sorge l'ospedale apparteneva alla Fondazione Istituti
Educativi di Bergamo con sede in città, una delle maggiori onlus
bergamasche assieme alla MIA. Il CdA è nominato dalla provincia ( il
CdA della MIA è nominato dal sindaco di Bergamo).
Al tempi (anni 1995-2000) il dibattito verteva se costruire l'ospedale
NE della città (zona della Martinella) verso Torre Boldone e Gorle (ma
erano terreni privati molto colorati politicamente verso le
democristianerie bergamasche) oppure tra Loreto e Curnasco.
Venne scelta l'attuale zona perché la Fondazione Istituti Educativi
possedeva le aree in questione e siccome non erano “appetibili” per una
valorizzazione edificatoria in quanto messe male dal punto di
vista idraulico, ai tempi dell'amministrazione Vicentini vennero
vendute per la costruzione dell'ospedale.
C'era anche un'altra ragione molto potente in quella scelta. La
presenza dell''Ospedale Maggiore in Largo Barozzi era stato il
motore edilizio della zona di Loreto dove c'era e c'è la maggiore
concentrazione di strutture di ricovero pubbliche e private ma
SOPRATTUTTO una estesa proprietà immobiliare del personale medico che
per cento e passa anni aveva operato in pubblico e privato per
gli ospedali di Loreto. Costruire il nuovo ospedale alla Martinella
significava spezzare i milioni di legami e interessi della classe
medica che aveva “su” Loreto e quindi che il nuovo ospedale stesse in
fondo a via Luther King era “già abbastanza sopportabile” per questi.
L'operazione ovviamente metteva in moto tutta una serie di altre
operazioni immobiliari ed edificatorie a cascata in quanto
l'onlus venditrice doveva statutariamente reinvestire i denari ricavati
in altri investimenti immobiliari che dessero reddito ai suoi fini
istituzionali. Poi ci sarebbero stati i 300 milioni della
costruzione del nuovo nosocomio di origine regionale e statale. Alla
fine della fiera il nosocomio costerà mezzo milione di euro e parecchie
imprese fallite in quanto non pagate dalla ditta costruttrice.
Che la struttura dovesse costare di più dei 340 milioni disponibili è
apparso evidente quando le imprese bergamasche si defilarono
sostanzialmente dalla gara lasciando il malloppo ad una ditta pugliese.
Si può dire che la costruzione dell'ospedale abbia messo in moto un
movimento di capitali che ha interessato progettisti imprese
immobiliari per mille-milleduento milioni e molto probabilmente
un buon 10% di quei debiti non vennero onorati.
Quindi il “casino” di questo ospedale non sta tanto e solo nel fatto
che originariamente non venne fatto un adeguato progetto perché “stesse
in piedi per cento anni” e di conseguenza quei 300 milioni originali
probabilmente dovevano già essere un centinaio in più, ma anche nel
fatto che passare da 350 a oltre 500 vuol dire che si è cannato alla
grande tutto. Qui torna fuori l'aspetto negativo della
“bergamaschicità” vale a dire la sotterranea bulleria dei politici
nostrani che vogliono essere sempre migliori di tutti ed alla fine
devono calare le braghe. Infatti ancora adesso i bergamaschi si
domandano la ragione per cui nessuna impresa edile bergamasca si sia
fatta avanti a vincere tale sostanzioso appalto: proprio perché
valutando progetto e costi (poi si dice che le imprese tra di
loro non si consultino…) si accorsero subito che era un bidone da
lasciare in mano alla politica.
Perché “a monte” la politica doveva e voleva compensare tutta una serie
di colletti bianchi che partecipando del miele che colava
dall'operazione, avrebbero fatto da risuonatori di consenso in una
società generalmente dis-informata dai due media locali portavoce degli
interessi dei ceti parassitari.
Per molti aspetti quindi l'operazione nuovo ospedale sta nello storico
delle operazioni che i colletti bianchi indigeni hanno sempre
messo in campo partendo dalle pubbliche proprietà privatizzandole
in tutto o in parte e sfruttando pubblici investimenti valorizzare
altri interessi privati assai più sostanziosi ma in via formale tutto
regolare e nel rispetto delle leggi vigenti. Poi si
verifica per una banalità (un fosso scavato senza gara nazionale)
un processo che durerà sette anni per concludersi con una archiviazione
accompagnata dalla constatazione che… la fregatura sta da tutt'altra
parte ma non si può procedere.
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DEAR TONI-NELLI
Da quanto si legge sul trafiletto del Corriere il Prefetto di Bergamo
Elisabetta Margiacchi, donna sicuramente “determinata” nel fare il
proprio mestiere, certamente seconda a nessuno tanto meno alla nostra
“determinata” sindaca Gamba, sostanzialmente “se l'è levata di dosso”
rispetto alla richiesta della sindaca: “ con la presente a nome del
Comune di Curno, dell'Assessore alle infrastrutture, trasporti e
mobilità sostenibile di Regione Lombardia e della Direzione della
Produzione delle Ferrovie dello Stato sono a chiederle la possibilità
di avere un incontro in tempi brevi per affrontare la questione di cui
all'oggetto che riveste carattere sovracomunale e riguarda importanti
questioni di sicurezza e viabilità dell'intero hinterland ad ovest
della città”. La risposta della prefetta è perfetta: andate a rompere a
chi di dovere (il ministero Toninelli…). Campa cavallo insomma: e c'era
da aspettarselo visto che in Italia – bisognerebbe capirlo una volta
per tutte – in Italia c'è la Camera, c'è il Senato, c'è il CSM ( un po'
ammaccato e bastonato) ma SOPRATTUTTO ci sono le FFSS, c'era l'ANAS e
adesso Atlantia, c'è l'Alitalia, c'era l'IRI e adesso c'è la CDP. Cioè
esistono tante repubbliche parallele decisamente autonome una
dall'altra.
La sindaca Gamba ed anche tutto il suo entourage politico
religioso oratoriano hanno sempre preso sottogamba certi problemi
privilegiandone altri. Per esempio hanno privilegiato moltissimo lo
scambio elettorale diretto col MAXI piano del diritto allo studio che
distribuisce un sacco di soldi a bottegai e coop amiche per sloggiare
dalle famiglie quei rompiscatole che sono i figli (in termini
politicamente corretti si giustificano che cosi favorirebbero il lavoro
delle donne: ma dai numeri non pare proprio) e nel contempo hanno
“dimenticato” la ristrutturazione dell'impianto di illuminazione
pubblica, hanno dimenticato le ristrutturazioni degli impianti sportivi
(magari anche vendendone uno…), hanno dimenticato tre pezzi di
paese: Merena Marigolda Lungobrembo ai fatti loro. Un comune di cicale
e bullette che alla fine sono state costrette a mollare l'illuminazione
pubblica, i CVI, i beni comunali perché cascano a pezzi e non hanno i
soldi per rimetterli in sesto. Idem per la ferrovia: grandi proclami
elettorali poi al dunque chi cazzosenefrega. Adesso le ferrovie
presentano il conto. Qualche decina di migliaia di euro per rifare
l'ingresso al garage della caserma. La follia del raddoppio dimezzato
dei binari tra Bergamo e Ponte dove tutti- i comuni per primi- hanno
fatto finta che non esistevano due maxi viadotti che da soli erano
delle maxi rogne economiche e storiche ambientali. Amministrazioni che
hanno badato all'immediato benestare dimenticando che intanto si
strangolavano con le proprie mani. Adesso vedremo come questa
maggioranza risolverà i sottopassaggi pedociclabili di via Mas
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