L'ISTA E' MOLTO CAUTO SULLA CRTESCITA NEL SECONDO SEMESTRE DEL 2019
Istat scettico sulla crescita: "Rischio Pil in calo nel secondo trimestre»
L'istituto di statistica: "Probabilità di contrazione elevata". Ma il
presidente Blangiardo chiarisce: "La stima di +0,3% nel 2019 può ancora
reggere"
Il Pil italiano rischia una nuova ricaduta e nel secondo trimestre
potrebbe tornare a scendere. È quanto mette in evidenza l'Istat, in
occasione della presentazione del Rapporto annuale. L'Istituto ha
infatti illustrato una nuova stima, secondo cui "la probabilità di
contrazione del Pil nel secondo trimestre è relativamente elevata".
Una piccola doccia fredda se si pensa che i primi tre mesi dell'anno si
erano invece chiusi con un +0,1% e che lo stesso istituto ha previsto
un mese fa una crescita dello 0,3% nel 2019. Guardando al 2018 l'Istat
mette in evenienza come l'Italia abbia "proseguito il percorso di
riequilibrio dei conti pubblici", ma i progressi fatti "non sono stati
sufficienti ad arrestare la dinamica del debito", in salita.
Stima che secondo il presidente Blangiardo però è ancora possibile
raggiungere. "Questa è una valutazione fatta alla luce delle
informazioni più recenti disponibili". "C'è un panorama internazionale
in continuo movimento - ha spiegato- e nei nostri modelli teniamo conto
anche di questo. Questo non vuol dire necessariamente che sia in
discussione la stima fatta su base annua (dello 0,3%, ndr) che
riteniamo possa continuare a reggere perchè riteniamo che nella seconda
parte dell'anno ci possa essere una discreta tenuta".
Presentando il rapporto, Blangiardo ha quindi citato il tema del debito
pubblico, riferendosi alle "eredità" che il Paese si trova a gestire.
L'Italia è una "realtà composita, eterogenea, bellissima e
contraddittoria. E' una terra ricca di tesori, arte e bellezza", ha
detto, ma "è altresì una nazione ricca di problemi irrisolti, talvolta
a seguito di alcune eredità, una per tutti quella del tema ricorrente
circa il 'debito pubblico', che certo avremmo preferito acquisire con
'beneficio di inventario'".
Il rapporto raccoglie e riorganizza i dati che mensilmente l'Istituto
già diffonde e traccia un quadro riferito all'anno passato. Sul fronte
del mercato del lavor, nel 2018 il livello dell'occupazione
è tornato a essere il più alto degli ultimi dieci anni, superando di
125 mila unità quello pre-crisi (+0,5% rispetto al 2008), ma il sistema
è cambiato e presenta una maggiore fragilità delle posizioni lavorative.
Il rapporto rileva come ad aumentare sia stato principalmente il lavoro
dipendente (che in dieci anni è aumentato di 682 mila unità, +4%), la
cui crescita nel corso del decennio è dovuta essenzialmente al tempo
determinato: rispetto al 2008 si contano 876 mila occupati a tempo
pieno in meno e quasi un milione e mezzo di part time involontario in
più. Nuove vulnerabilità riguardano i giovani, le donne, i stranieri e
i divari territoriali.
Giovani meno presenti tra gli occupati ma "troppo" istruiti
La ricomposizione del lavoro riguarda anche i 15-34enni, meno presenti
tra gli occupati (dal 30,2% nel 2008 al 22% nel 2018) ma sempre più
istruiti (i laureati 20-34enni passano dal 16,3% nel 2008 al 22% nel
2018). L'anno scorso il 42,1% dei laureati 20-34enni occupati e non più
in istruzione è interessato da 'mismatch' (prende la forma di
sovraistruzione se il titolo di studio posseduto dal lavoratore è
superiore a quello richiesto per svolgere una determinata professione),
un livello superiore di più di dieci punti percentuali rispetto a
quello della popolazione laureata adulta.
La quota di dipendenti a tempo indeterminato tra i giovani è scesa dal
61,4% del 2008 al 52,7% del 2018, mentre quella degli over 35 è
aumentata di 1,1 punti attestandosi al 67,1%.
Inoltre, circa un terzo dei 15-34enni occupati nel 2018 ha un lavoro a
tempo determinato (era il 19% nel 2008). Anche a ragione della minore
esperienza lavorativa, tra i giovani sono più rappresentate le
professioni addette al commercio e servizi (il 26,9% dei giovani e il
17% degli adulti) e meno le professioni qualificate (rispettivamente 29
e 37%)
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NEL 2018 IL MAGIOR CALO DEMOGRAFICO DA UN SECOLO IN QUA
In Italia il peggior calo demografico degli ultimi 100 anni.
Gli ultracentenari sono quasi 15mila
Secondo il rapporto Istat nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe per
nascita oltre 439mila bambini, quasi 140mila in meno rispetto al 2008
Gli italiani non hanno proprio più voglia di fare figli. E anche le
coppie formate da almeno uno straniero iniziano a essere meno
desiderose di creare famiglie. Dal punto di vista delle nascite
l'Italia ormai non ha più una sola cifra preceduta da un segno più :
sembra inesorabilmente e, forse, irrimediabilmente condannata al suo
destino di Paese per anziani. Anzi. Per ultracentenari. Sono quasi
15mila gli ultracentenari residenti in Italia, cifra da record europeo
assieme alla Francia. Al primo gennaio 2015 erano oltre 19mila, massimo
storico. Al 1° gennaio 2019 si stimano circa 2,2 milioni di individui
di età pari o superiore agli 85 anni, il 3,6% del totale della
popolazione residente (15,6% della popolazione di 65 anni e oltre).
Molto diverso il capitolo delle nascite. Secondo i dati provvisori
relativi al 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre
439mila bambini, quasi 140mila in meno rispetto al 2008, mentre
dall'anagrafe sono stati cancellati poco più di 633mila, circa 50mila
in più. È quanto emerge dal “Rapporto annuale 2019” diffuso oggi
dall'Istat.
«La diminuzione delle nascite – spiega il rapporto – è attribuibile
prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi
italiani, che scendono a 359mila nel 2017 (oltre 121mila in meno
rispetto al 2008)». Ma si sta esaurendo anche l'effetto positivo
arrivato in questi anni dagli stranieri. Dal 2012 al 2017 sono oltre
8mila in meno i nati con almeno un genitore straniero che scendono
sotto i 100mila. Rappresentano circa un nato su cinque, il 21,7% del
totale.
Ma c'è anche un calo delle donne. Secondo l'Istat, la diminuzione della
popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017
– circa 900mila donne in meno – spiega quasi i tre quarti della
differenza di nascite che si è verificata nello stesso periodo, mentre
la restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45
figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017).
La popolazione residente in Italia è in calo dal 2015. Secondo
Giancarlo Bangiardo, presidente dell'Istat: «Siamo di fronte ad un vero
e proprio calo numerico di cui si ha memoria nella storia d'Italia solo
risalendo al lontano biennio 1917-1918, un secolo fa, un'epoca segnata
dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell'epidemia
di `spagnola». Al 1° gennaio 2019, l'Istat stima che la popolazione
ammonti a 60 milioni 391 mila residenti, oltre 400mila residenti in
meno rispetto al 1° gennaio 2015 (-6,6 per mille). La popolazione di
cittadinanza italiana scende a 55 milioni 15 mila unità, mentre i
cittadini stranieri residenti sono 5 milioni 234 mila (+43,8 per mille
rispetto al 1° gennaio 2015). La stima dell'incidenza della popolazione
straniera sul totale ha raggiunto l'8,7 per cento nel 2019 (era il 5,2
per cento nel 2008).
«Negli ultimi decenni – si legge – è cresciuto lo squilibrio nella
struttura per età della popolazione e più recentemente si sono
manifestati i segni della recessione demografica. In un contesto di
bassa natalità come quello italiano, infatti, l'aumento della
sopravvivenza ha portato a una prevalenza della popolazione anziana
rispetto ai giovani, con squilibri intergenerazionali che possono
costituire un fattore di rischio per la sostenibilità del sistema
Paese».
Altro capitolo difficile: i giovani escono dalla famiglia di origine
sempre più tardi . Al 1° gennaio 2018 i giovani dai 20 ai 34 anni sono
9 milioni 630 mila, il 16% del totale della popolazione residente;
rispetto a 10 anni prima sono diminuiti di oltre 1 milione 230 mila
unità (erano il 19% della popolazione al 1° gennaio 2008). Più della
metà (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore.
| RITORNA A BERGAMO LA MANIFESTAZIONE MENO AMATA DAI NEGOZIANTI DI CITTA' ALTA
Torna a settembre in città la manifestazione meno amata dai negozianti
di città alta e soprattutto dai fessi del “la piazza è bella così”
riferendosi a quel cimitero monumentale che sono le piazze di città
alta. Piazza Vecchia in particolare il cui ultimo restauro delle
facciate risale a prima che siano nati la maggioranza dei visitatori
italiani e stranieri. I negozianti di città alta s'erano presi
l'impegno di mantenere il verde della Piazza Mascheroni e l'hanno
lasciato andare in malora finchè il comune ha fatto sgombrare il cesso
come s'era ridotto. Vero che i Maestri del Paesaggio è una
manifestazione privata vissuta da molti cittadini come una aggressione
alla città ma è altrettanto vero che non é “odiata” solo dai negozianti
della città ma soprattutto dall'insieme di professionisti- quelli veri
e quelli improvvisati- che sono giardinieri vivaisti negozi che
vedono nella manifestazione un discreto “contrasto” col criterio
predatorio con cui quelle categorie professionali (non tutti, ma la
maggioranza si) trattano il tema dell'arredo del verde pubblico e
privato. Il verde come uno dei tanti consumi usa e getta. Pure il
Comune di Bergamo, che ebbe dall'Unità d'Italia al primo dopoguerra
fino agli anni del boom economico una grande professionalità (il
comune disponeva di un mega vivaio comunale dietro il cimitero) ed una
stima universale, dimostra non avere nessun interesse –che non sia solo
la scocciatura della spesa necessaria a mantenerlo- rispetto al
proprio verde. Riflettendoci bene anche tutto il can can messo in piedi
attorno alle Mura Patrimonio dell'Unesco riflette una “cultura
muratoria” di cui i Bergamaschi sono maestri indiscussi. Basta fare il
giro delle Mura ed osservare i sottostanti giardini privati dove stanno
le migliori residenze della città ( il milieu economico culturale
politico e sociale della città) per verificare quanto gli freghi e ne
comprendano di verde. Perfino i giardini nella zona di S. Lucia
che in un certo senso –ai tempi della realizzazione delle case e del
quartiere- ebbero una certa cura adesso sono ridotti a relitti.
Così come le Mura hanno il piede che non si comprende bene cosa sia,
così come il viale delle Mura altrettanto, la sciatteria evidente
dell'insieme del paesaggio cittadino é sotto gli occhi di tutti: basta
osservare lo “stato” dei giardini appena fuori l'ufficio dell'assessore
preposto.
Penso e credo che morirò prima di vedere la mia città come “città
fiorita”, come “città colorata”. La classe politica non si rende conto
che non si può vivere di rendita su quattro pietre consunte e
illeggibili: se volete trasformare città alta in una copia delle
gallerie dei centri commerciali sappiate che c'è di meglio e più
accoglienti. Non si può vivere comprando “a pacchi” le mostre e
trapiantandole momentaneamente in città. Proprio la posizione e
conformazione geografica della città –peraltro ricca di acque- dovrebbe
stimolare l'amministrazione a farne una “città verde e fiorita” ragione
per cui il visitatore sia stimolato a tornare se non ad ogni stagione
perlomeno due-tre volte all'anno sicuro di trovare nuovi colori
nuovi arredi piuttosto che accontentarsi di vedere, rivedere una volta,
rivedere due volte, rivedere tre volte, rivedere l'ennesima volta le
facciate scrostate di città alta o quello schifo che è Piazza
Vittorio Veneto sempre lordato d'ogni monnezza. O di trovare una copia
delle gallerie dei centri commerciali: stessi marchi, stessi nomi,
stessi prodotti (cinesi and company), stesse facce derelitte, stessi
commessi a quattro lire l'ora.
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LA SMOSTASSATA ALLE MADAMINE
Ed alla fine le madamine abituate a bulleggiare in comune con chiunque
osi suggerire loro maggiore attenzione e rispetto verso i
cittadini e le associazioni storiche –nate PRIMA di loro!- hanno preso
la loro bella smostassata. Oppure hanno raggiunto il loro scopo:
assegnare a qualche gruppo amico degli amici la gestione che poi
trascineranno in saecula saecolorum amen. Tutto come previsto: lo
scriviamo da mesi e quindi inutile ripeterci.
Tra gli azionisti di maggioranza di Vivere Curno c'è una fortissima
componente che voleva sbolognare il GS Marigolda e finalmente c'è
riuscito: c'hanno scassato talmente gli attributi che proprio non
vogliono nemmeno sentire il nome Gamba Rota Serra Caligiuri Criscuoli
giù giù fino al consigliere delegato allo sport Benedetti, brav'uomo
che sarebbe ora si desse una mossa.
Leggere la risposta della sindaca Gamba alla marigoldese avvocatessa
(se fosse stata casalinga le avrebbe risposto? ) viene il latte alle
ginocchia: “leggendo la lettera dell'avv. Mores mi sono resa conto che
nonostante i molteplici sforzi di descrivere e motivare quanto stia
succedendo per l'appalto per la gestione del CVI2, non siamo stati
sufficientemente incisivi o chiari”.
Ma davvero? Se n'è accorta finalmente? Sarebbe mancata “incisività e
chiarezza” proprio per mano delle cinque così' “determinate” qui sopra
nominate!?.
Ci pare che pure con la convenzione del CVI1 siate mancate di
“incisività e chiarezza” salvo il favore “casualmente” fatto a una
società presieduta da uno dei vostri azionisti elettorali. O ci
sbagliamo?
Poi viene il bello uno. O meglio si conferma quel che ormai siamo
convinti. Il CVI2 sarà aperto da una associazione sportiva privata cui
il comune ha affidato il CRE comunale ma solo a partire dalla seconda
settimana di luglio. E la prima? E nelle ore in cui non c'è il CRE?
Poi viene il bello due. Dice la Gamba: in presenza di risorse limitate
da investire in opere pubbliche, l'amministrazione ha deciso di
finanziare la realizzazione della rotatoria di via Lecco (circa 520mila
euro iva esclusa), opera di cui si parla da decenni”. Che è come dire:
che cacchio volete voi della Marigolda? che il comune ristrutturi il
CVI2 e pure vi faccia la rotatoria? Accontentatevi perdinci. Peccato
che la Gamba dimentichi che tutti gli interventi fatti dal Comune al
CVI2 o sono stati dei bidoni in danno del GS Marigolda (il pazzesco
costo del riscaldamento degli spogliatoi non vi dice nulla?) o sono
stati dei tappabuchi urgenti e se non ci fossero state le risorse
e i prestiti intergruppo il CVI2 sarebbe stato chiuso da prima che
nascesse.
Senza contare che questa maggioranza non è stata nemmeno capace di fare
quel che voleva salvo… distribuire a pioggia un paccone di euro (oltre
50mila) a produrre carta che potevano benissimo essere a carico
del futuro gestore se avesse applicato lo stesso sistema del
Comune di Milano nei tre centri di cui abbiamo pubblicato il
link degli appalti.
E allora se mettiamo in fila tutto, ci rendiamo conto che –chissà come
e perché- un sacco di euro è andato a finire nelle tasche di
questo quello quell'altro professionista MA il primo luglio il CVI 2
resterà senza gestore. Ma dalla seconda settimana entrerà il solito
gruppo amicale per il CRE.
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