A GUARDARE ALLE COLLINE  pagina 1024 del 15 giugno 2019






















































































Di cosa parliamo in questa pagina.









CONTRADDIZIONI IN SENO AL POPOLO
OPERAI CHE VOTANO LEGA E 5S E SCIOPERANO CONTRO IL GOVERNO SALVIMAIO
Ieri l'altro un lungo corteo di metalmeccanici del Nord ha attraversato il centro di Milano per protestare contro il governo. L'impressione che si aveva guardandoli scorrere non era quella di trovarsi davanti a una vecchia manifestazione sindacale, con i tamburi di latta, i tanti megafoni, gli slogan improvvisati il giorno prima o all'alba in autobus, i cartelli contro i padroni. I simboli della tradizione operaia settentrionale si sono via via stemperati e il motivo è semplice: le tute blu di oggi con i loro zainetti e le loro t-shirt fanno sempre meno eccezione, non sono un reparto separato della società ma Cipputi è parte integrante del ceto medio. Un sondaggista potrebbe addirittura argomentare che gli operai sono ormai un campione pienamente rappresentativo dell'intero elettorato. Manca la controprova ma se ieri i lavoratori che hanno sfilato in città avessero votato in un ipotetico seggio unico la maggioranza dei consensi sarebbe andata alla Lega di Matteo Salvini.(...)


IN ATTESA DI DIVENTARE SINDACO DI CURNO
IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA E' PARTITO PER FIUME
Per carità! Lo sappiamo e lo sanno tutti che quando si  entra in una latrina è per scaricare (un po') di tutto e quindi non  meraviglia che il custode delLa Latrina di Nusquamia la cui pagina data da fine gennaio c.a. schizzi tra le ultime smerdate un copia & incolla di una recensione sul Corriere della Sera (01 giugno 2019) di Aldo Cazzullo della Sera al libro di Federico Rampini, L’errore della sinistra. Ha dimenticato i penultimi. Un copia & incolla con una dozzina di giorni di ritardo, segno evidente di difficoltà  digestive e cacatorie del custode.
In effetti erano parecchi giorni che il nostro non cacava nelLa Latrina e quindi, avendo cara la sua salute, immaginavamo stesse a prendere le acque su qualche lago abduano per scopare qualche ostessa popputa in compagnia di altro cultore del latinorum e del greco rum. Invece il nostro sta benissimo, a parte qualche pastiglia di prostamol.(...)













































































































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CONTRADDIZIONI IN SENO AL POPOLO
OPERAI CHE VOTANO LEGA E 5S E SCIOPERANO CONTRO IL GOVERNO SALVIMAIO


Ieri l'altro un lungo corteo di metalmeccanici del Nord ha attraversato il centro di Milano per protestare contro il governo. L'impressione che si aveva guardandoli scorrere non era quella di trovarsi davanti a una vecchia manifestazione sindacale, con i tamburi di latta, i tanti megafoni, gli slogan improvvisati il giorno prima o all'alba in autobus, i cartelli contro i padroni. I simboli della tradizione operaia settentrionale si sono via via stemperati e il motivo è semplice: le tute blu di oggi con i loro zainetti e le loro t-shirt fanno sempre meno eccezione, non sono un reparto separato della società ma Cipputi è parte integrante del ceto medio. Un sondaggista potrebbe addirittura argomentare che gli operai sono ormai un campione pienamente rappresentativo dell'intero elettorato. Manca la controprova ma se ieri i lavoratori che hanno sfilato in città avessero votato in un ipotetico seggio unico la maggioranza dei consensi sarebbe andata alla Lega di Matteo Salvini.
È questa una delle tante contraddizioni - scioperare contro il governo e votare i partiti che lo compongono - che insieme finiscono per costituire il labirinto Italia, quell'intrico dal quale non sappiamo come uscire. Chi si è battuto perché il mondo del lavoro abbandonasse le ideologie del Novecento e si dotasse di una moderna cultura laburista non avrebbe mai pensato di ritrovarsi alla fine degli anni Dieci con una classe operaia ancora organizzata nelle forme del secolo scorso ma allo stesso tempo senz'anima, disorientata e insieme sedotta dal populismo. Non è mai gratificante vestire i panni di Cassandra ma ciò che i leader sindacali ieri hanno detto dal palco è la pura verità. Stiamo giocando con il fuoco. Il biennio 2019-2020 può rappresentare per la nostra industria un autentico calvario. E il riferimento non è solo alle crisi aziendali, 150 o 160 che siano, i timori vanno ben oltre i Mercatoni, riguardano il Nord e il nostro peso nelle catene internazionali del valore.  Lo sciopero di ieri non era rivolto principalmente contro le imprese: nel settore metalmeccanico le relazioni industriali corrono comunque lungo buoni binari, l'ultimo contratto è stato firmato unitariamente e la meccanica è assieme al design, al cibo e alla moda ancora un settore-chiave del nostro export. Se i cinesi potessero comprerebbero una lunga lista di nostre aziende. Ma per quanto saremo capaci di resistere? È questa forse la domanda implicita nel corteo di ieri, nella sua compostezza e insieme nei suoi silenzi, una domanda che investe l'immediato futuro di quella che si pregia di essere ancora la seconda manifattura d'Europa.
Sono infatti almeno due i fattori che premono e preoccupano. La grande incertezza politica che incombe sul Paese ci mostra una leadership che proclama il cambiamento ma di fatto programma la retrocessione. La competizione economica nell'era globale non passa certo dal vecchio conflitto operai-padrone, persino le delocalizzazioni in cerca di basso costo del lavoro sono drasticamente diminuite. Il conflitto è tra aree e sistemi-Paese e la sensazione è che ci stiamo candidando a interpretare la parte del vaso di coccio.
Purtroppo chi va per la maggiore nei consensi popolari non ha una visione e una cultura sistemica e si balocca con agende improvvisate e trovate a uso/consumo dei social. Quei leader non amano l'industria mentre adorano la comunicazione.
Un capitalismo come il nostro che insieme a tanti pregi ha il difetto di avere poche risorse, di investire a singhiozzo e di non riuscire a sostituire i grandi capitani ottuagenari, rischia di brutto. Corre il pericolo di perdere il suo collante sistemico, di diventare allo stesso tempo una galassia di fornitori e una vetrina di grandi saldi. Con tanti gioielli come il Comau in bella vista.  Il secondo fattore che preme è la trasformazione digitale destinata a riscrivere le regole dei business, a cambiare le gerarchie, ad azzerare i vecchi vantaggi competitivi. Basta pensare cosa sta succedendo nel mondo della grande distribuzione sottoposto allo shock del commercio elettronico oppure al settore dell'auto alle prese con le fabbriche del 4.0 e con la difficilissima transizione verso l'elettrico.

Dario Di Vico
IN ATTESA DI DIVENTARE SINDACO DI CURNO
IL CUSTODE DELLA LATRINA DI NUSQUAMIA E' PARTITO PER FIUME



Per carità! Lo sappiamo e lo sanno tutti che quando si  entra in una latrina è per scaricare (un po') di tutto e quindi non  meraviglia che il custode delLa Latrina di Nusquamia la cui pagina data da fine gennaio c.a. schizzi tra le ultime smerdate un copia & incolla di una recensione sul Corriere della Sera (01 giugno 2019) di Aldo Cazzullo della Sera al libro di Federico Rampini, L’errore della sinistra. Ha dimenticato i penultimi. Un copia & incolla con una dozzina di giorni di ritardo, segno evidente di difficoltà  digestive e cacatorie del custode.
In effetti erano parecchi giorni che il nostro non cacava nelLa Latrina e quindi, avendo cara la sua salute, immaginavamo stesse a prendere le acque su qualche lago abduano per scopare qualche ostessa popputa in compagnia di altro cultore del latinorum e del greco rum. Invece il nostro sta benissimo, a parte qualche pastiglia di prostamol.

La citazione del testo da l'occasione al custode delLa Latrina di Nusquamia di regolare i conti col Cazzullo: “a me Aldo Cazzullo non è particolarmente simpatico, considerato il suo assetto “istituzionale”, anche se devo riconoscere che è istituzionale da sempre” e poi la diga si rompe e vomita quel che ri-scrive da dieci anni: Cazzullo a differenza del regista Marco Bellocchio che ha cominciato da rivoluzionario e adesso si trova comodamente incistato nei meccanismi istituzionali, per giunta con la pretesa che lui sia il Marco Bellocchio di sempre: perciò Marco Bellocchio mi è ancora più antipatico”. Sistemato pure il Bellocchio attraverso il Cazzullo viene il momento di dare una sistemata anche “alla sinistra italiana, ancorché scivolata nella palude della similsinistra. La quale ha accettato, senza reagire, che la Boldrina, gli aziendalisti, i cattoprogressisti, che obiettivamente non hanno niente che fare con la sinistra, si insediassero nell'immaginario collettivo, facendo il buono e il brutto tempo ecc.ecc.”
C'è da comprendere che il custode delLa Latrina di Nusquamia, uno che ha fatto il classico in un liceo di preti e poi anche il Poli,  attacchi il Cazzullo, la Boldrini, il Bellocchio e giù giù fino alla Serra la Gamba la Bellezza e chi più ne ricorda le aggiunga. Il nostro che si credeva al pari (di un Bellocchio una Boldrini un D'Annunzio (vedi oltre) che finisce la sua esistenza a fare il portavoce di una maggioranza fascio leghista di un comune sgarruppato alle porte di Bergamo, beh… la botta per la caduta è troppo forte.

Scavalchiamo il pezzo sull'artico lo fake attribuito a Cacciari per arrivare al commento (del custode delLa Latrina di Nusquamia) all'articolo di Claudio Magris su D'Annunzio pubblicato tre giorni or sono dal Corriere.
Tutto nasce dalla decisione dell'amministrazione di centrodestra triestina - sindaco Roberto Dipiazza - di  collocare nella centrale piazza della Borsa una statua di Gabriele D'Annunzio  nel quadro di altre iniziative, tra cui una mostra per ricordare i 100 anni dell'impresa di Fiume. Scontata la reazione pro e contro.  Sintetizzando Wikipedia: l'Impresa di Fiume consistette nella ribellione di alcuni reparti del Regio Esercito (circa 600 uomini tra fanteria e artiglieria) al fine di occupare la città adriatica di Fiume, contesa tra il Regno d'Italia e il Regno di Jugoslavia. Organizzata da un fronte politico a prevalenza nazionalista e guidata dal poeta Gabriele D'Annunzio, la spedizione raggiunse Fiume il 12 settembre 1919, proclamandone l'annessione al Regno d'Italia. L'occupazione dei "legionari" dannunziani durò dal 12 settembre 1919 al 31 dicembre 1920 al con alterne vicende.
C'è anche un bell'articolo in merito su Il Post di cui e consiglio la lettura.


Ma il custode delLa Latrina di Nusquamia non può trattenersi dal vergare qualche sua virgola di merda: “ho letto l'articolo di Claudio Magris con molto interesse: tanto più l'ho apprezzato, perché scritto da un letterato di vaglia il quale, non avendo bisogno – come, per esempio, Michela Murgia – del belato di approvazione da parte del gregge politicamente corretto, corre i suoi rischi ed esprime un giudizio su D'Annunzio disincantato e laico. Claudio Magris sostiene in buona sostanza che in D'Annunzio c'è del buono e anche dell'ottimo sotto il profilo letterario; e sommessamente suggerisce che anche sotto il profilo politico non tutto D'Annunzio debba essere buttato”.

Sistemata pure la Murgia che pure é donna e sarda come il  custode,  più avanti scrive di quel che sarebbe stato il “buono” realizzato da D'Annunzio durante l'occupazione di Fiume. Leggiamo cosa sintetizza e condivide il custode delLa Latrina dell'articolo di Magris: “D'Annunzio fu sommo poeta e l'impresa fiumana fu un'impresa politica ma fu anche un'impresa d'arte. Perché a D'Annunzio riuscì di creare la sua Repubblica ideale, cosa nella quale Platone fallì ben tre volte”. Insomma D'Annunzio-Platone 3:1. Con la Reggenza italiana del Carnaro si realizzavano gli ideali sociali, culturali, eroici e di immaginazione al potere dei quali il 68 aveva soltanto parlato».

Infervorato nella sua orgia redentrice il nostro dimentica un particolare fondamentale: dal 12 settembre 1919 al 31 dicembre 1920 passa poco più di un anno e che in tale  brevissimo periodo con dentro nientemeno che due inverni sia stato possibile quella rivoluzione... solo un cretino come D'Annunzio e i suoi improvvisati seguaci lo possono credere. Quella di D'Anunnzio, anche spogliandola di ogni lustrino politico e ideologico interno fu l'ennesima strage che quella gente dovette subire senza colpa. Come l'occupazione dell'Iraq da parte degli USA nel 2003 oppure la “liberazione” della Libia nel 2011 o l'Afganistan nel 2001.

Il custode delLa Latrina di Nusquamia non esita quindi a dare alcuni esempi   di quell 'impresa d'arte che trovò nella Reggenza italiana del Carnaro la realizzaizone degli ideali sociali, culturali, eroici e di immaginazione al potere dei quali il’ 68: «per esempio che nella libera Repubblica fiumana si praticasse la sodomia, talvolta: ma era una sodomia pederastica 'stricto sensu', improntata agl'ideali eroici della falange tebana. Una sodomia transeunte (da giovane soddisfi al tuo maestro, poi basta), refrattaria a ogni sorta d'istitu zionalizzazione.  Per non dire  del grande D'Annunzio creatore dell'impresa fiumana: D'Annunzio sarà anche stato schifoso, se dobbiamo prestare orecchio alle testimonianze delle donne che, ormai a pagamento, si prestavano a soddisfarne le voglie senili. Lui stesso per primo era consapevole della schifezza del proprio corpo, infatti quando si disponeva a praticare il sesso, indossava una veste talare con un pertugio al mezzo dal quale promineva il membro (o “muscolo fecondatore”, come ebbe a scrivere in un biglietto di rimostranze a Mussolini, perché tirasse le orecchie a uno zelante burocrate che aveva avuto da dire su una medaglia commemortiva commissionata dal Vate, che mostrava un uomo troppo membruto).
Ridere o piangere?

Orbene se verso gli 80 anni al custode delLa Latrina di Nusquamia può essere lecito “odiare” le giovani scrittrici e giornaliste e politiche (quando le disprezza al massimo le soprannomina “madonne” significandole  in toscano come “troia”) , odiare chi ha fatto il '68 (che non fu solo Bellocchio e i piccoli borghesi che sfruttarono l'onda per cavarci di che vivere senza lavorare: come quelli che fotografano di sfrosso le cinque centine della May per vendere il proprio prodotto …) che lui da piccolo borghese arrabbiato e invidioso non ha avuto il coraggio visto che al tempo asserviva già un padrone che stimava come “illuminato” e invece era solo un “padrone”.

Il nostro fa finta di dimenticare cosa accadde nelle fabbriche e nelle scuole “nel '68” e vede solo quello dei suoi concorrenti, che hanno campato a sbafo degli altri. E si iscrive nella folta truppa di quelli che “anche il fascismo fece della cose buone”. Öh! eccome no!?.

Scrive Il Post:Il 16 marzo del 1924, Benito Mussolini proclamò l’annessione all’Italia della città di Fiume, nell’odierna Croazia. Fu l’ultimo atto di una storia che era cominciata cinque anni prima, durante la conferenza di pace che aveva messo fine alla Prima guerra mondiale. La città era contesa tra Italia e Regno di Jugoslavia e divenne famosa in tutto il mondo quando venne occupata dal poeta Gabriele D’Annunzio alla guida di una banda di avventurieri. Quella che venne ribattezza “l’impresa di Fiume” fu un’occupazione militare a metà tra la farsa e la tragedia e oggi è considerata da molti storici una “prova generale” del fascismo, dove vennero utilizzate per la prima volta metodi, tattiche e simboli che sarebbero divenuti comuni nei vent’anni del regime.