SALVINI: UNA SCOPERTA AL GIORNO
E DA DOMANI OCCHIO AL PORCELLINO!
Oggi le cassette, domani i conti correnti: ecco perché il governo ci metterà le mani in tasca
Per finanziare flat tax e reddito di cittadinanza Salvini giura: “Una
patrimoniale mai”. Ma allora cos'è questa storia delle cassette di
sicurezza? Chissà quanti altri escamotage da finanza creativa
spunteranno di qui alla legge di bilancio. Tutto per negare la realtà:
i soldi non ci sono
“I soldi ci sono”. È stato il refrain delle elezioni politiche un anno
fa e delle elezioni europee quest'anno. Viene ripetuto come un mantra
dal governo gialloverde ogni volta che qualcuno, facendo appello al
buon senso, chiede come si fa a finanziare la flat tax o un aumento del
reddito di cittadinanza. “I soldi ci sono”. Finché si scopre che non ci
sono e bisogna trovarli. Così spuntano fuori le ipotesi più strampalate
come mettere mano nelle cassette di sicurezza. Lì i quattrini degli
italiani ci sono davvero, quattrini dormienti perché di oscura
provenienza o, molto più prosaicamente, perché servono per i tempi
peggiori che verranno. Risparmi precauzionali, li chiamano gli
economisti. Quanti sono non è noto. Decine o centinaia di miliardi
secondo Matteo Salvini al quale lo ha detto “qualcuno”. Si possono
stanare, si possono tassare.
Ecco, ci siamo. È forse l'anteprima di ben più consistenti imposte sui
patrimoni e sulla ricchezza finanziaria? Le cassette di sicurezza sono
chiuse a chiave, si pensa di mandare i carabinieri con tanto di mandato
delle procure (magari quella di Catania)?. Ma attenti, ben altri soldi
giacciono in banca, senza ricevere nulla in cambio, nemmeno un
interesse minimo, intaccati dall'inflazione che, per quanto bassa, è
comunque un punto percentuale l'anno. Stiamo parlando dei depositi in
conto corrente. Non sono segreti. Si sa anche a quanto ammontano: circa
1.500 miliardi di euro, poco meno del prodotto lordo di un anno.
Arrivarci non è difficile.
Lo fece Giuliano Amato nell'estate del 1992 su suggerimento di Giovanni
Goria allora ministro delle finanze. E di notte, tomo tomo cacchio
cacchio, il governo ormai alla canna del gas con la liretta sotto un
furioso attacco speculativo, decise di tagliare il 6 per mille a tutti.
Zac!. Il mattino dopo gli italiani si trovarono davanti a questa
sorpresona. Non bastò. Non furono sufficienti nemmeno i rincari delle
tasse e i tagli alle spese, la lira crollò in quel settembre nero in
cui di fatto finì la lunga e non gloriosa storia della valuta
nazionale. Oggi non siamo, non ancora, a questo punto. E in ogni caso
il sei per mille porterebbe al fisco solo 9 miliardi di euro. Ma la
rincorsa di idee balzane, dai minibot o al tortuoso salvataggio dei
comuni super-indebitati, suscita sospetto e allarme tra i risparmiatori.
Questa idea che esista una ricchezza occulta, immobile, da stanare, è
stata lanciata da Matteo Salvini in televisione all'indomani delle
elezioni europee, con la Lega ancora fresca di vittoria. Nel Movimento
5 Stelle prende una forma diversa, quella di una imposta sulle grandi
fortune.
Quanto grandi i grillini non lo sanno. Si va dal modello francese che,
grazie a un limite esente fino a un milione e 300 mila euro frutta un
gettito molto piccolo (circa 4 miliardi di euro l'anno) alla proposta
formulata da Thomas Piketty che, in Italia potrebbe portare fino a
35-40 miliardi di euro secondo i suoi sostenitori tra i quali il
segretario della Cgil Maurizio Landini. Si tratterebbe di un'imposta
ordinaria, cioè periodica non una tantum (su base annuale), tale da
poter essere pagata, in condizioni normali, con il rendimento del
patrimonio (esclusa la prima casa). Dovrebbe essere progressiva, con
scaglioni simili all'imposta sul reddito, e tre aliquote: zero (cioè
una fascia esente) fino ad un milione di euro; 1% da un milione a
cinque milioni; 2% dai cinque milioni in su.
In questo modo si otterrebbe un prelievo crescente in rapporto al
patrimonio. I soggetti all'imposta, pur essendo solo il 2,5% dei
contribuenti, possiedono in media il 40% dei patrimoni. Si tratta
quindi di una massa pari a due volte il prodotto lordo, e
l'applicazione delle aliquote dell'1% e del 2% sugli scaglioni del
patrimonio superiori a 1 o a 5 milioni fornirebbe un gettito pari ai
due punti di pil.
“Una patrimoniale mai”, ha sempre giurato Salvini, ma allora che
cos'è questa faccenda delle cassette di sicurezza? Un altro condono?
Secondo alcune interpretazioni rilanciate dal Sole 24 Ore sarebbe una
nuova sanatoria volontaria che andrebbe a toccare il sommerso, stimato
dal ministero dell'economia in 210 miliardi di euro pari al 12,4% del
pil. Già l'anno scorso la Lega aveva fatto circolare l'ipotesi di un
condono del contante con una cedolare a due aliquote 15 e 20%, la prima
come l'Iva sulle partite sotto i 65 mila euro e l'altra per quelle
oltre i 100 mila.
La liquidità portata alla luce doveva essere poi investita
obbligatoriamente nei Pir, i piani di risparmio. Durante la discussione
del decreto fiscale il maxi condono è stato abbandonato e sono spuntati
molti mini condoni (i verbali, gli accertamenti, le liti, le cartelle)
insomma tutto quel percorso chiamato “pace con il fisco”, ma che in
realtà finisce per infittire e complicare la giungla fiscale denunciata
dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco.
Adesso arrivano anche le cassette di sicurezza, ma chissà quanti altri
escamotage da finanza creativa spunteranno di qui alla legge di
bilancio del prossimo ottobre, strade tortuose nel tentativo di
aggirare il risanamento delle finanze pubbliche e negare una banale,
evidente, quanto tragica realtà: i soldi non ci sono. Nemmeno sfondando
il tetto del 3% (disavanzo pubblico sul pil) sarebbe possibile
allargare più di tanto gli spazi disponibili. Arrivare dal 2,5% attuale
in assenza di interventi al 3,5% del pil porta tra i 17 e i 18 miliardi
di euro, non abbastanza per realizzare la flat tax, ma sufficiente a
far balzare lo spread verso le quote stratosferiche del 2011. Meglio
dire le cose come stanno, non cercare scorciatoie e fare quel che non
si può evitare. In questa campagna elettorale permanente, Salvini vuol
vincere in autunno l'Emilia Romagna, ma non può farlo pagare al resto
dell'Italia.
Stefano Cingolani
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ALMENO QUESTA CAPPELLATA NON L'HO COMPIUTA NELLAVITA
Ad una nota barista di un paese della terra bergamasca di un paese dove
non è bello da vivere premuore il marito. Classica coppia bergamasca
lui operaio in pensione che sopravviveva davanti alla tivù e lei
nonostante i suoi ottant'anni sempre aggressiva e un po' intontita
sulla tolda del suo bar a somministrare. Di mattina è il bar delle
donne anziane che escono di casa per i riti quotidiani: messa, l'eco,
cappuccino, ciacole per vestire e svestire gli ignudi e gli abbigliati.
Il marito le è premorto dopo qualche anno di malattia e dopo poche
settimane di stare davvero male: ormai era chiaro che aspettava solo la
chiamata del buondio. Il suo bar, il più antico del paese brutto da
vivere,è il posto dove puoi sapere la verità vera: dal numero di scarpe
della signora del quarto piano alla taglia del reggipetto di quella del
civico n.32 alle corna del signor Calca terra. L'unico problema
nell'ascoltare questo tiggi condominale è che bisogna disporre del
“manuale d'interpretazione” perché da bravi impustur catolec
avete presente la canzone dello spazzacamino. Ecco. Senza il “manuale
di intepretazione” state pur certi di capire A per 0. Oppure “ol bus
del cul per öna piaga”.
Che è che non è il poveruomo muore in fretta ma nemmeno troppo in
fretta. Morto il poveruomo si viene a sapere dalla vedova che la coppia
avevano-hanno una cassetta di sicurezza in una filiale di banca locale,
la banca di pricc: ovviamente.
Passata la buriana del funerale corone cremazione ceneri turibolo
cinerario candele condoglianze vedova e figlia vanno in banca per
zompare sulla cassetta di sicurezza cointestata al defunto ed alla
vedova. Ma qui sono fermate dal diretur che, sapendo della morte di uno
dei titolari, informa la vedova e la figlia (coeredi) che l'apertura
della cassetta di sicurezza potrà avvenire “solo” in presenza di un
funzionare dell'AdE che sta per agenzia delle entrate in quanto –così
racconta la vedova dalla tolda del bar incavolata nera ritenendosi
ingiustamente scippata “n'se piö padrù gna di noss solcc!”-
vogliono conoscere e valutare il contento per stabilire il valore dei
beni contenuti, autoriclaggio, evasione fiscale del quinquennio
precedente. Il diretur è irremovibile: non si può aprire la cassetta se
non c'è il funzionario dell'AdE. E siccome dentro ci sono cinque
diamantini ma proprio di quelli piccoli piccoli piccoli, cinque
lingotti d'oro grandi come dei biscotti novellini i problemi, otto
catenine d'oro e qualche anello con brillante e ci dovrebbero essere
anche ventimila euro e forse anche delle lire…. i problemi sono un filo
seri dal momento che i diamanti sono stati venduti dalla stessa banca
dove c'è la cassetta di sicurezza ed è in corso un processo perché
sarebbero di qualità palesemente inferiore a quella dichiarata dalla
banca venditrice al momento e poi per i lingottini d'oro bisogna pure
accertarne il contenuto (dell'oro).
Intanto che mi bevo il cappuccio e mi va di traverso ascoltando
la radiocronaca della disavventura bancaria della neo vedova mi
rallegro con me stesso: NON HO UNA CASSETTA DI SICUREZZA!. Almeno
questa di cappellata non l'ho fatta nella vita.
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