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HUAWEI: ALLA FINE VINCERA' IL DRAGONE
Mi sono sempre chiesto se costi di più creare ed aggiornare un sistema operativo piuttosto che creare un nuovo cellulare. Opto per il sistema operativo. Oggi il problema non mi sembra quello del «creare» un nuovo scatolino elettronico visto che esiste senza dubbio un accordo tra i produttori dei componenti su come scaglionare le novità e quindi consentire ai progettisti di creare uno scatolino più veloce. Il problema  sta nella creazione di macchine in grado di produrre grandi numeri con lavorazioni vieppiù sofisticate. Cioè il problema sta a monte nella componentistica ed a valle:  chi sa disegnare progettare uno scatolino che  sia  di poco migliore del suo fratello maggiore. Tutto quello che fanno i cellulari è di una disarmante  banalità semplicità tecnologica salvo il fatto che i veri problemi stanno nella capacità di creare fabbriche e macchine che sappiano metterli assieme.
Ma Huawei é soprattutto tutto quello che sta sopra i cellulari dal momento che il 5G in buona sostanza è in mano sua. (...)


IL CANE DA RIPORTO 2
Il post n.30 del “cane da riporto 2” sulLa Latrina di Nusquamia manifesta la sua incazzatura potentissima: il bello é che tutto il casino di cui si lamenta lo crea da solo.
Brevissimi screenshot dai muri delLa Latrina da parte del “cane da riporto2”: (...)
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Non è una novità. Recentemente l’abbiamo vista nel caso del presidente del consiglio Giuseppe Conte  con Guido Alpa che di Conte è maestro, amico, collega e, a credere al curriculum del premier, anche socio. Oppure nel caso del presidente della Lombardia Fontana che dal mazzo di circa sessanta professionisti candidatisi , dopo la pubblicazione dell’avviso, il presidente della regione Fontana avrebbe scelto proprio l’avvocato che era/è suo socio come “esperto in ambito giuridico, con particolare riferimento alla legislazione territoriale, urbanistica, ambientale, edilizia ed ai contratti pubblici”.

























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HWAWEI: ALLA FINE VINCERA' IL DRAGONE


Mi sono sempre chiesto se costi di più creare ed aggiornare un sistema operativo piuttosto che creare un nuovo cellulare. Opto per il sistema operativo. Oggi il problema non mi sembra quello del «creare» un nuovo scatolino elettronico visto che esiste senza dubbio un accordo tra i produttori dei componenti su come scaglionare le novità e quindi consentire ai progettisti di creare uno scatolino più veloce. Il problema  sta nella creazione di macchine in grado di produrre grandi numeri con lavorazioni vieppiù sofisticate. Cioè il problema sta a monte nella componentistica ed a valle:  chi sa disegnare progettare uno scatolino che  sia  di poco migliore del suo fratello maggiore. Tutto quello che fanno i cellulari è di una disarmante  banalità semplicità tecnologica salvo il fatto che i veri problemi stanno nella capacità di creare fabbriche e macchine che sappiano metterli assieme.
Ma Huawei é soprattutto tutto quello che sta sopra i cellulari dal momento che il 5G in buona sostanza è in mano sua.

Occhio croce pensiamo che la decisione trumpiana di impedire alle aziende tecnologiche statunitensi di fare affari con quelle cinesi, salvo non ci sia un esplicito permesso da parte del governo, determinando anche la decisione di Google di sospendere la licenza Android per Huawei, diverrà nel medio periodo un danno per le aziende USA e per il ruolo degli USA nel mondo. Già adesso abbastanza appannato.
Dopo Huawei toccherà via via anche ad altri produttori perché il sistema produttivo di questi apparecchi è talmente diffuso nel mondo orientale che è inevitabile.

Adesso è evidente come lo scontro USA-Cina sia arrivato a toccare l’essenza dei rapporti tra potenze mondiali e da questo scontro ne uscirà vincente la Cina. Inevitabile.
Se finora gli USA erano i creatori del futuro e poi cedevano le mani per modellarlo, d’ora in avanti anche la Cina si impegnerà in quel ruolo.
Per capire meglio questa “guerra fredda tecnologica” occorre osservare le forze in campo, i loro punti di forza e le loro vulnerabilità. Gli Stati Uniti hanno di sicuro un notevole vantaggio per quanto riguarda i brevetti posseduti e, più in generale, le capacità tecniche di costruire componenti sofisticati. È vero che gli iPhone sono “prodotti in Cina”, ma è anche vero che pochissima della loro tecnologia ha origine in quel paese: buona parte dei componenti – poi assemblati nelle fabbriche cinesi – derivano da attività svolte in Giappone, Corea del Sud, Taiwan e negli Stati Uniti.

La Cina è molto indietro per quanto riguarda la produzione dei componenti più avanzati, come i microchip che poi finiscono negli smartphone e nei computer che usiamo tutti i giorni. La produzione di processori richiede macchinari di altissima precisione, raramente disponibili nelle fabbriche cinesi. Una delle eccezioni è forse Huawei, che negli anni ha sviluppato la capacità di prodursi da sola i microchip, ma senza raggiungere risultati paragonabili a quelli prodotti all’estero, e comunque mantenendo una forte dipendenza dagli Stati Uniti per quanto riguarda il software, come ha dimostrato il caso di Android.

Saranno necessari ancora anni prima che la Cina riesca a superare questo divario con gli Stati Uniti, ma questo non significa che sia svantaggiata in assoluto. La Cina ha infatti un’ampia influenza sulle materie prime: negli anni ha rafforzato moltissimo la sua posizione nel settore dell’estrazione dei minerali essenziali per la costruzione dei dispositivi elettronici. Si stima che le aziende cinesi controllino circa il 90 per cento del settore, e già in passato si è visto lo sfruttamento di questa posizione dominante.

Nel 2010, per esempio, la Cina regolò la produzione delle materie prime rare imponendo quote di esportazione, che influirono molto sui prezzi.
L’uscita di Google dalla Cina era avvenuta a pochi mesi di distanza dal progressivo blocco di buona parte dei siti più grandi e di maggiore successo degli Stati Uniti, resi inaccessibili agli utenti cinesi: Facebook, Twitter e YouTube. Negli anni seguenti avrebbero seguito la stessa sorte Wikipedia, Instagram, Reddit, Dropbox e numerosi media, compresi il Wall Street Journal e il New York Yimes.
Di fatto da circa un decennio la Cina blocca nel suo territorio le attività commerciali di alcune delle più grandi e ricche aziende statunitensi. La priorità del governo cinese era sicuramente evitare che circolassero liberamente informazioni contrarie alla sua propaganda, o sulle effettive condizioni delle minoranze oppresse, ma portò anche vantaggi commerciali per le aziende di Internet attive in Cina. Senza la concorrenza di Google, Facebook e gli altri, in questi anni social network e motori di ricerca cinesi hanno prosperato, col paradosso di essere online grazie ai componenti statunitensi presenti nei loro server.
In quest’ultimo dettaglio si coglie un altro aspetto importante: per molte aziende tecnologiche statunitensi la censura era un problema solo fino a un certo punto. L’espansione di servizi online cinesi ha fatto sì che i fornitori statunitensi di componenti continuassero a vendere senza problemi in Cina, facendo grandi affari. Inoltre il mercato cinese offriva (e continua a offrire) manodopera a basso costo per aziende estere come Apple, che assembla buona parte dei propri prodotti in Cina.
La verità è che le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono da molto tempo a senso unico: la Cina compra i componenti di cui ha bisogno, tiene per sé tutte le opportunità derivanti dal software e – ovviamente – cerca nuove opportunità all’estero. Allo stesso tempo, l’accettazione da parte degli Stati Uniti di come stanno le cose ha fatto sì che la Cina non fosse motivata a fare gli investimenti necessari per rimpiazzare completamente i componenti statunitensi, portandoci alla situazione attuale.

Per adesso comunque Trump ha dato… tre mesi di tempo prima di applicare del tutto le sanzioni. Del resto é evidente che la Huawei visti i boatos che si susseguono da quando governa Trump, che si sia  dotata di un buon magazzino di componenti d’origine USA ragione per cui un blocco immediato non avrebbe fatto granche  danno.
Intanto si vedrà e c’è da scommettere che prima di qualche mese la decisione di T. sarà in qualche modo rivista anche perché verranno allo scopeto i nodi delle perdite occupazionali ed economiche degli USA rispetto a questo blocco.

Si pone anche un problema che va oltre il settore tecnologico: quale sia il modo più giusto e corretto per fare affari con la Cina, che è comunque una delle economie più forti e in crescita di tutto il pianeta. La vera guerra quando si parla di tecnologia è questa: censura contro libertà, controllo contro creatività, accentramento contro concorrenza. E sono temi connessi: la censura in Cina è esercitata tramite il controllo facilitato a sua volta dall’accentramento. Ciò dovrebbe spingere le aziende tecnologiche occidentali e gli investitori a fermarsi un attimo quando si parla di Cina, e dovrebbe anche portare a pensare alle politiche più appropriate da assumere all’interno del nostro stesso settore industriale. Libertà, creatività e concorrenza sono interconnesse così come lo sono le loro controparti, e la violazione di una di esse dovrebbe essere presa come una minaccia per le altre due. Il fatto è che ormai non vincono più le armi sul campo ma oggi vince un segnale audio o video che dal satellite arriva a domicilio. Alla fine anche la Cina non riuscirà più a controllare la censura.
IL CANE DA RIPORTO 2


Il post n.30 del “cane da riporto 2” sulLa Latrina di Nusquamia manifesta la sua incazzatura potentissima: il bello é che tutto il casino di cui si lamenta lo crea da solo.

Brevissimi screenshot dai muri delLa Latrina da parte del “cane da riporto2”: Aggiungo alcune considerazioni a commento della posizione morale assunta da Socrate e da Pasolini, che confronterò con quella padano curnense (...) Spero che nessuno s'adonti se per andare avanti nel discorso faccio riferimento al mio vissuto, nelle relazioni con il paese di Curno, del quale ho conosciuto fin troppo bene alcuni aspetti deteriori, (…). Come i lettori sanno, sono stato denunciato due volte da un politico territoriale, ed entrambe le volte sono stato prosciolto dall'accusa (di diffamazione). (…)Osservava infatti il malefico gatto padano, e in qualche misura aveva ragione, che in realtà, essendo stato chiamato in giudizio, ho comunque dovuto cacare i soldi per l'avvocato: cioè ho perso i soldi, non li ho vinti.(…) Peccato che la notizia delle due cause intentate fosse di dominio pubblico  anche attraverso volantini e post.  Prosegue il “cane da riporto 2”: (…) se un politico territoriale o un agrimensore, oppure che sia insieme agrimensore e politico territoriale, denuncia un galantuomo che sa di latino e di greco, il galantuomo ancorché innocente subirà un danno perché, come abbiamo detto, dovrà cacare i soldi per l'avvocato. (…) il gatto padano è cattivo e invidioso, come vuole la peggiore tradizione contadina. Per fortuna - aggiungo - non sempre è cosi, però è vero che nella mentalità contadina primitiva c'è qualcosa di sordido, un'ansia bestiale di possesso”.

Al “cane da riporto 2” rispondo con parole non mie: “guardate bene che queste parole che scrivo non sono e non vogliono essere presuntuose, soffro di un complesso di parità, non mi sento superiore o inferiore a nessuno. Non sento nessuna superiorità morale o intellettuale, anche io brancolo nel vuoto, anche io ho degli slogan nella mente. Solo in una cosa mi sento diverso: nel desiderio di apertura, di dialogo, di fusione con altre culture, il desiderio di vivere senza paure.  Ecco: non troverete mai nei miei post ripetuti una due tre cinque dieci cento volte che ho fatto il classico e so di latino e greco come ripete invece il “cane da riporto 2”. E nemmeno che ho accattato soldi dal comune.

Sempre nella serie che i guai uno se li va a cercare, abbiamo scovato un altro testo originale riferito al “cane da riporto 2” espertissimo nel trarsi la zappa sui piedi.
Scrive l’ex sindaco Gandolfi, che ha nominato  redattore del giornale comunale il “cane da riporto2”. La partenza: Un volantino del PD punta il ditino accusatore sul giornale dell’Amministrazione di Curno, 24035 Curno, BG. Il sindaco sapeva che qualcuno dell’opposizione, in particolare fra quelli incistati nei riti dell’invida (?) maldicenza paesana, avrebbero avuto da ridire sulla scelta di C.P. (sarebbe il “cane da riporto 2)  come affidatario della realizzazione di un giornale che doveva essere culturale, e non di apparato.(…) Le motivazioni di quella scelta sono state presentate in una seduta del Consiglio comunale (25.03.2008): è tutto verbalizzato nella delibera di consiglio comunale  n.24 del 25 marzo 2008, Bilancio annuale di previsione per l’esercizio 2008. Per giustificare la  scelta del “cane da riporto 2” quale redattore del giornalino comunale così scrive il Gandolfi: “Argomenti a favore dell’assegnazione dell’incari co. In linea di principio: è sempre preferibile affidare il lavoro a una professionista” . Qui dimentica di dire se il “cane da riporto 2” sia iscritto o meno all’ordine dei giornalisti e prosegue e viene il bello.
“Riguardo all’incarico fiduciario derivante dal fatto che il “cane da riporto 2” è conoscente e consulente occasionale del sindaco, e gestisce progetti di comunicazione con lui all’insegna di Daedalus Lab. Angelo Gandolfi e “il cane da riporto 2” hanno attività autonome, con partita Iva distinte. Le loro attività sono solitamente separate, tranne i progetti di comunicazione gestiti congiuntamente sotto l’egida di Daedalus Lab. (…) L’incarico per la realizzazione del giornale comunale sarebbe in ogni caso affidato a “cane da riporto 2” e non a Daedalus Lab (che d’altra parte giuridicamente non esiste); Angelo Gandolfi vi lavora come sindaco, nell’ambito delle sue competenze, senza essere specificamente retribuito, né dal Comune, né dal “cane da riporto 2”.
Conclusioni.
La  bufera politica sul giornalino comunale era quindi iniziata subito all’uscita dei primi due numeri, bufera che davanti all’aut aut di FI Lega e fascisti al sindaco Gandolfi: o togli l’incarico di redattore al “cane da riporto 2” oppure ti mandiamo a casa, il sindaco Gandolfi pensò bene che tra il perdere cinque anni di stipendio lui O farli perdere al suo “cane da riporto 2”, meglio la seconda soluzione. Peraltro caldeggiata anche dalle segreterie provinciali dei tre partiti.
Poi il sindaco Gandolfi dichiara che  sotto l’egida della Daedalus Lab gestisce congiuntamente col “cane da riporto 2” dei progetti di comunicazione, dove “Angelo Gandolfi vi lavora specificatamente come sindaco nell’ambito delle sue competenze, senza essere specificamente retribuito, né dal Comune, né dal “cane da riporto 2”. C’è anche la precisazione che “Angelo Gandolfi e il “cane da riporto2” hanno attività autonome, con partita Iva distinte. Le loro attività sono solitamente separate, tranne i progetti di comunicazione gestiti congiuntamente sotto l’egida di Daedalus Lab.
Delle due l’una. Se ciascuno ha una partita IVA perché hanno uno studio a denominazione unica? Cosa vuol dire che “gestiscono congiuntamente progetti sotto l’egida di Daedalus Lab”. P.e. un cittadino può farsi assistere da due professionisti che hanno lo studio ciascuno per parte propria dentro un unico appartamento  (con la sala d’attesa dei clienti unica, cessi in comune , segretaria in comune, ecc.) ma sulla porta non c’è scritto una denominazione unica, altrimenti quella è una società  che deve essere registrata e dotata di tutto quanto prevede la legge.
Pure la nomina sulla fiducia del “cane da riporto2”come redattore del giornalino comunale si configura come un illecito (se non penale perlomeno politico) dal momento che essendo il nominato socio d’affari col sindaco Gandolfi e viceversa (ed ignoto se fosse o meno iscritto all’albo dei giornalisti)  non occorre la pila per rendersene conto.

Non è una novità. Recentemente l’abbiamo vista nel caso del presidente del consiglio Giuseppe Conte  con Guido Alpa che di Conte è maestro, amico, collega e, a credere al curriculum del premier, anche socio. Oppure nel caso del presidente della Lombardia Fontana che dal mazzo di circa sessanta professionisti candidatisi , dopo la pubblicazione dell’avviso, il presidente della regione Fontana avrebbe scelto proprio l’avvocato che era/è suo socio come “esperto in ambito giuridico, con particolare riferimento alla legislazione territoriale, urbanistica, ambientale, edilizia ed ai contratti pubblici”.