Spacca marroni o schiaccia noccioline?
Castelvetrano di Trapani.
Navigando in rete ci è capitato di trovare un link verso una
pubblicazione del maggio 2009 con due articoli che meritano un
commento. Trattasi di un giornaletto di sei pagine formato A4 stampati
con l'eleganza delle carteglorie ad opera del vecchio sindaco del
comune sgarruppato di Castelvetrano per confutare quanto pubblicato o
detto dalla nuova maggioranza di centrosinistra al momento (maggio
2009) al governo del comune. Dicesi vecchio sindaco in quanto era
il sindaco della precedente giunta fascio leghista decaduto per via
delle dimissioni in massa dei consiglieri di maggioranza e minoranza
poche settimane prima della fine del mandato. Il vecchio sindaco era un
distinto signore che aveva fatto il classico e al tempo viaggiava
politicamente supportato da uno spin doctor che pure aveva fatto il
classico e poi architettura al Politecnico di Milano.
Uno degli articoli del giornaletto di propaganda del vecchio sindaco
racconta che quando divenne sindaco, lui e il suo spin doctor si
trovarono di fronte a una contratto stipulato dalla precedente
maggioranza di centrosinistra con una società “Coa significa Comuni
Online Associati, ed è un'azienda informatica «la cui missione è
progettare, sviluppare e gestire i sistemi informativi e di
comunicazione telematica per i Comuni soci». Attualmente «presiede e
organizza le attività di sviluppo ed implementazione del progetto
Siscotel per la Comunità Montana Valle del Belice e per il progetto
Siscotel dell'Aggregazione dei Comuni di C., C., Castelvetrano, V.,
V.».
Al Comune di Castelvetrano quel contratto nel periodo febbraio
2004-novembre 2008 era costato 246.645,60 euro. Vale a dire 4.567euro
al mese. Facendo un rapido calcolo della spesa affrontata dai cinque
comuni (in base alla popolazione) chi fece il programma incassava
non meno di 45mila euro al mese. Seguono interrogativi. Domanda
successiva: ma allora il Comune di Castelvetrano percepisce degli
utili dalla Coa, visto che la Coa è stata costituita per iniziativa,
tra gli altri, anche del Comune di Castelvetrano? Non ci risultano.
Altra domanda: se la Coa è un'azienda fornitrice del Comune, che cosa
ha fornito in quattro anni e mezzo di attività per un importo di
246.645,60 euro?
Il vecchio sindaco, anche sulla scorta di una perizia del suo spin
doctor abilissimo in internet in quanto perfettamente a conoscenza
della trasformata integrale di Fourier, confessa che “spulciando le
fatture - non abbiamo capito quasi niente, dunque non siamo in grado di
formulare nessun giudizio” e che “a questo punto non gli è
rimasto che gettare la spugna. Non ci capiamo niente, qui in Municipio
non c'è nessuno che sia stato in grado di darci ragguagli”. Quindi il
contratto col fornitore di questo servizio fantasma viene rescisso.
A questo punto pensavo di leggere che il vecchio sindaco –in quanto
ufficiale di governo- avesse raccolto tutto il fascicolo delle
delibere e dei pagamenti e fosse andato a depositarle in mano
alla legge: vedete un po' voi, perché secondo noi questi qui hanno
fatto spendere un sacco di soldi (246.645,60 euro) al Comune senza
ottenere alcun reale servizio. Invece non accade questo.
L'intonazione e il metodo del ragionamento dell'articolo è del tipo:
“guardate voi del centrosinistra che ho in mano le prove che.. e quindi
state attenti a non spaccare troppo i marroni”. Un messaggio mafioso,
insomma. Del resto siamo nello sgarruppato Comune di Castelvetrano.
Il secondo articolo riguarda la costruzione di una nuova scuola
elementare che era stata decisa e si era iniziato a costruire ai tempi
dalla maggioranza di centrosinistra che aveva governato prima
dell'attuale maggioranza fascio leghista con a capo sempre il
sindaco che aveva fatto il classico assistito da uno spin doctor che
pure aveva fatto il classico e poi il Politecnico di Milano.
I lavori della scuola erano cominciati quando l'attuale opposizione
era alla guida dell'Amministrazione di Curno: a quel tempo le casse del
Comune erano forzieri colmi di denaro proveniente dagli oneri di
urbanizzazione monetizzati dalla precedente amministrazione.
L'amministrazione di centrosinistra si compiacque di utilizzare
quei fondi per rendere Curno «più bella e più superba che pria» ed in
particolare due ex professoresse –la sindaca e l'altra assessora nella
giunta di centrosinistra- della locale scuola media, vollero un
progetto fantastico che ne tramandasse le qualità negli anni a
venire ragion per cui la nuova scuola doveva essere dotata anche
di una vasca da idromassaggio. Orbene lor signori debbono sapere che a
Castelvetrano in un locale pubblico l'acqua non c'era ai
tempi del Regno d'Italia, non c'era nemmeno ai tempi dei Borboni,
l'ultima volta che ci fu erano i tempi della dominazione turca,
abilissimi nel catturare conservare e distribuire la poca acqua
siciliana.
Ai tempi il costo di costruzione di un edificio di tale qualità costava
700-900 euro al mq e la scuola venne appaltata a 1400 €/mq. Con
l'arrivo della giunta fascio leghista arrivò anche un occhiuto
agrimensore che di edilizia sapeva il fatto suo meglio del sindaco che
pure aveva fatto il classico e (l'agrimensore) forte di una perizia di
un ingegnere pure lui del Politecnico riuscì a far fermare i
lavori perché nella progettazione della scuola erano state violate le
norme sull'edilizia scolastica del Decreto ministeriale del 18
dicembre 1975: norme che parlano chiaro, per esempio, riguardo
all'ariosità degli spazi, all'illuminazione delle aule scolastiche
sui due lati e al fattore di luce diurna. La questione finì sub judice,
come si dice, cioè il giudice dovette pronunziarsi in merito e nel
maggio 2009 non s'era ancora pronunciato.
La minoranza consigliare di centrosinistra sosteneva che i lavori della
scuola potevano benissimo continuare mentre il sindaco in carica della
maggioranza fascio leghista sosteneva che fino a definitiva pronuncia
della magistratura non si poteva muover mattone e tale era la sua
certezza che decise anche di rinunciare al mutuo del finanziamento in
corso.
Nel contempo si scatena anche una diatriba che lo spin doctor del
sindaco in carica descrive così: “ giusto per sgombrare il
terreno da ogni equivoco, chiariamo subito che se qualcuno di noi
considerasse la scuola di via XXX la “loro” scuola, la scuola dei
progressisti, sarebbe un emerito cretino. La scuola è dei curnensi, è
evidente. E se cause di forza maggiore fanno sì che la scuola non sia
completata, noi non possiamo che rammaricarcene. Ma anche i
progressisti fanno male a considerare la scuola “cosa nostra”.
Il fatto è che lo spin doctor del sindaco in carica, che non
dimentichiamo ha fatto anche lui il classico e poi il Politecnico, non
ha capito (o fa finta di non capire: in queste cose quando c'è di mezzo
il sindaco si fa sempre avanti – chissà perché- il suo spin doctor) che
davvero il centrosinistra ritiene quella scuola come “una cosa loro”
dal momento che se il prezzo medio di un'opera simile viaggiava sul
mercato al di sotto del mille euro al mq ed era andata in appalto una
volta e mezzo il prezzo di mercato, qualcuno avrebbe lucrato il grasso
in sovrabbondanza che colava. Che era “cosa loro” e non dei
“castelvatranesi”.
A Castelvetrano fatti del genere accadono regolarmente con l'avvento
della seconda repubblica. Sono accaduti con la biblioteca, è accaduto
con la scuola elementare ed alla fine le faccende si sono (quasi)
aggiustate con l'avvento della terza repubblica (o la coda della
seconda?) quando è stato raggiunto una sorta di accordo ragion per cui
una giunta di centrosinistra può anche fare un appalto di suo ma
la ditta che vince dev'essere una ditta leghista. Del
tutto o in parte o in gran parte.
Saltando un lunga serie di passaggi alla fine i lavori di
costruzione della scuola saranno terminati, la scuola sarà anche
presentata con una gloriosa manifestazione in anteprima ai
castelvetranesi i quali non mancheranno di scattare le foto di dentro
di fuori d'intorno.
Il lettore adesso si domanderà com'è finita la storia che aveva
bloccato i lavori perché nella progettazione della scuola erano state
violate le norme sull'edilizia scolastica del Decreto ministeriale
del 18 dicembre 1975: norme che parlano chiaro riguardo all'ariosità
degli spazi, all'illuminazione delle aule scolastiche sui due lati e
al fattore di luce diurna.
Qui viene in aiuto google maps. Quando la scuola viene presentata in
anteprima al castelvetranesi non ci sono i lucernari sul tetto. Adesso
ci sono.
La seconda parte della storia (la più importante) è che l'operazione di
togliere di mezzo i progettisti che avevano fatto l'errore di
progettazione non è riuscita mentre è riuscita quella di cambiare
l'impresa. Nella vita bisogna accontentarsi.
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Nessuno
vuole le elezioni anticipate, né Di Maio, né Zingaretti, né Mattarella,
e nemmeno Salvini, nonostante il suo enorme consenso. Ecco perché
nonostante le baruffe e la legge di bilancio, Lega e Cinque Stelle
rimarranno al loro posto
Perdete ogni speranza, rosiconi. Nel Transatlantico spira una brutta
aria: anche nei giorni più bui per l’economia italiana con lo spread
che supera i 290 punti base per poi chiudere la giornata a 284, non c’è
un solo deputato, tantomeno un senatore, che fa il tifo per il ritorno
alle urne. A Montecitorio e a palazzo Madama si fanno mille scongiuri.
«La legislatura deve andare avanti, e andrà avanti».
È vero, si dovrà aspettare il responso delle Europee. Solo a quel punto
sarà più chiaro lo scenario. Ma comunque vada sarà un successo per
l’esercito dei mille parlamentari che non hanno alcuna intenzione di
tornare a scarpinare in giro per l’Italia, né tantomeno intendono
investire almeno 50mila euro per l’ennesima campagna elettorale.
E allora, perdete ogni speranza, rosiconi. Dopo il 26 maggio non
succederà nulla per svariate ragioni. Oggi i cinquestelle, ad esempio,
duellano e litigano con l’alleato di governo Matteo Salvini. Ma le
truppe di Di Maio sanno benissimo che se si tornasse al voto la
delegazione parlamentare sarebbe quantomeno ridimensionata, se non
addirittura dimezzata. Eppoi, ca va sans dire, per il vicepremier Di
Maio si tratta dell’ultima chances. Da qui ad allora facile pensare che
il patto di potere con il leader del Carroccio supererà qualsiasi
ostacolo e anche i litigi degli ultimi giorni.
Un discorso analogo si può estendere al Pd di Nicola Zingaretti.
Quest’ultimo sta provando a far risalire la china a un partito travolto
dall’esperienza renziana. Ma ad oggi non ha né la forza né i numeri per
tornare a palazzi Chigi. Ecco perché dalle parti del Nazareno se
ufficialmente invocano le urne, sotto traccia sperano che la
legislatura continui perché, sussurrano, «non siamo ancora pronti».
Soprattutto i democrat non vogliono commettere l’errore del 2011 quando
decisero di sostenere il governo Monti che poi portò alla «non
vittoria» di Pier Luigi Bersani del febbraio del 2013.
Sulla stessa lunghezza il partito di Silvio Berlusconi. Forza Italia è
stata cannibalizzata dallo strapotere mediatico di Salvini e
dall’exploit di Giorgia Meloni che zitta zitta le sta risucchiando
dirigenti locali e nazionali. E dopo le elezioni europee gli azzurri
potrebbero uscire ancor più indeboliti. Non a caso i parlamentari di
Forza Italia sarebbero disposti a votare tutto, un esecutivo di
centrosinistra, un esecutivo tecnico, e forse anche un Conte-bis
declinato diversamente.
Eppoi c’è Sergio Mattarella. L’inquilino del Colle di rito democristiano invoca la stabilità
dell’esecutivo e dei mercati, raddrizza il tiro quando i due contraenti
sbagliano bersaglio e colpiscono L’Europa. Tuttavia la sua moral
suasion ha un unico obiettivo: Mattarella si augura che sia questo il
Parlamento a eleggere il suo successore. Nuove urne, infatti, potrebbe
cambiare gli equilibri e “sovranizzare” ancor più Camera e Senato.
D’altro canto, il profilo cui guarda Mattarella porta dritto a Mario
Draghi, il presidente della Bce che gode di una stima trasversale e che
potrebbe anche svolgere il ruolo di Salvatore della Patria nel caso in
cui deflagri il sistema economico e finanziario dell’Italia.
Infine, c’è Matteo Salvini. Forse l’unico al quale converrebbe
incassare e puntare dritto a palazzo Chigi. Da mesi Giancarlo
Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e deus ex
machina del Carroccio, starebbe cercando di convincere Salvini a
rompere il giocattolo del governo del cambiamento e a tornare nei
ranghi del centrodestra. Anche il recente caso Siri cui poi è seguita
la mega inchiesta della Procura di Milano, che ha lambito il
governatore lombardo Attilio Fontana, avrebbero indotto Giorgetti a
dire «basta, così non si può andare avanti». Eppure Salvini è uomo di
parola. Si definisce un leale. Dopo il 26 maggio deporrà le armi e
proverà a rinnovare il contratto di governo. Che in fondo è un patto
generazionale. Anche perché il Capitano non è così desideroso di
lasciare il Viminale per traslocare a palazzo Chigi. «Sarebbero solo
più rogne», avrebbe confidato ai suoi. E allora, perdete ogni speranza,
cari rosiconi. L’esecutivo gialloverde continuerà a dominare la scena.
E chissà ancora per quanto tempo.
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