NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE * NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE *NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE * NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE *NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE * NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE *NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE * NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE *NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE * NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE *NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE * NUMERO MILLE DI A GUARDARE ALLE COLLINE *






Di cosa parliamo in questa pagina.

Spacca marroni o schiaccia noccioline?
Castelvetrano di Trapani.
Navigando in rete ci è capitato di trovare un link verso una pubblicazione del maggio 2009 con due articoli che meritano un commento. Trattasi di un giornaletto di sei pagine formato A4 stampati con l'eleganza delle carteglorie ad opera del vecchio sindaco del comune sgarruppato di Castelvetrano per confutare quanto pubblicato o detto dalla nuova maggioranza di centrosinistra al momento (maggio 2009) al governo del comune. Dicesi vecchio sindaco in quanto  era il sindaco della precedente giunta fascio leghista decaduto per via delle dimissioni in massa dei consiglieri di maggioranza e minoranza poche settimane prima della fine del mandato. Il vecchio sindaco era un distinto signore  che aveva fatto il classico e al tempo viaggiava politicamente supportato da uno spin doctor che pure aveva fatto il classico e poi architettura al Politecnico di Milano. (...)


Nessuno vuole le elezioni anticipate, né Di Maio, né Zingaretti, né Mattarella, e nemmeno Salvini, nonostante il suo enorme consenso. Ecco perché nonostante le baruffe e la legge di bilancio, Lega e Cinque Stelle rimarranno al loro posto
Perdete ogni speranza, rosiconi. Nel Transatlantico spira una brutta aria: anche nei giorni più bui per l’economia italiana con lo spread che supera i 290 punti base per poi chiudere la giornata a 284, non c’è un solo deputato, tantomeno un senatore, che fa il tifo per il ritorno alle urne. A Montecitorio e a palazzo Madama si fanno mille scongiuri. «La legislatura deve andare avanti, e andrà avanti».
È vero, si dovrà aspettare il responso delle Europee. Solo a quel punto sarà più chiaro lo scenario. Ma comunque vada sarà un successo per l’esercito dei mille parlamentari che non hanno alcuna intenzione di tornare a scarpinare in giro per l’Italia, né tantomeno intendono investire almeno 50mila euro per l’ennesima campagna elettorale. (...)























Spacca marroni o schiaccia noccioline?
Castelvetrano di Trapani.
Navigando in rete ci è capitato di trovare un link verso una pubblicazione del maggio 2009 con due articoli che meritano un commento. Trattasi di un giornaletto di sei pagine formato A4 stampati con l'eleganza delle carteglorie ad opera del vecchio sindaco del comune sgarruppato di Castelvetrano per confutare quanto pubblicato o detto dalla nuova maggioranza di centrosinistra al momento (maggio 2009) al governo del comune. Dicesi vecchio sindaco in quanto  era il sindaco della precedente giunta fascio leghista decaduto per via delle dimissioni in massa dei consiglieri di maggioranza e minoranza poche settimane prima della fine del mandato. Il vecchio sindaco era un distinto signore  che aveva fatto il classico e al tempo viaggiava politicamente supportato da uno spin doctor che pure aveva fatto il classico e poi architettura al Politecnico di Milano.
Uno degli articoli del giornaletto di propaganda del vecchio sindaco racconta che quando  divenne sindaco, lui e il suo spin doctor si trovarono di fronte a una contratto stipulato dalla precedente maggioranza di centrosinistra con una società “Coa significa Comuni Online Associati, ed è un'azienda informa­tica «la cui missione è proget­tare, sviluppare e gestire i sistemi informativi e di comunicazione te­lematica per i Comuni soci». At­tualmente «presiede e organizza le attività di sviluppo ed implementa­zione del progetto Siscotel per la Comunità Montana Valle del Belice e per il progetto Siscotel del­l'Aggregazione dei Comuni di C., C., Castelvetrano, V., V.».
Al Comune di Castelvetrano quel contratto nel periodo feb­braio 2004-novembre 2008 era costato 246.645,60 euro. Vale a dire 4.567euro al mese. Facendo un rapido calcolo della spesa affrontata dai cinque comuni (in base alla popolazione) chi  fece il programma incassava non meno di 45mila euro al mese. Seguono interrogativi. Domanda successiva: ma allora il Comune di Castelvetrano percepisce de­gli utili dalla Coa, visto che la Coa è stata costituita per iniziativa, tra gli altri, anche del Comune di Castelvetrano? Non ci risultano. Altra domanda: se la Coa è un'azienda fornitrice del Comune, che cosa ha fornito in quattro anni e mezzo di attività per un importo di 246.645,60 euro?
Il vecchio sindaco, anche sulla scorta di una perizia del suo spin doctor abilissimo in internet in quanto perfettamente a conoscenza della trasformata integrale di Fourier, confessa che “spulciando le fatture - non abbiamo capito quasi niente, dunque non siamo in grado di formulare nessun giudizio”  e che “a questo punto non gli è rimasto che gettare la spugna. Non ci capiamo niente, qui in Municipio non c'è nessuno che sia stato in grado di darci ragguagli”. Quindi il contratto col fornitore di questo servizio fantasma viene rescisso.
A questo punto pensavo di leggere che il vecchio sindaco –in quanto ufficiale di governo- avesse raccolto tutto il fascicolo  delle delibere e dei pagamenti e fosse andato  a depositarle in mano alla legge: vedete un po' voi, perché secondo noi questi qui hanno fatto spendere un sacco di soldi (246.645,60 euro) al Comune senza ottenere alcun reale servizio. Invece non accade questo.
L'intonazione e il metodo del ragionamento dell'articolo è del tipo: “guardate voi del centrosinistra che ho in mano le prove che.. e quindi state attenti a non spaccare troppo i marroni”. Un messaggio mafioso, insomma. Del resto siamo nello sgarruppato Comune di Castelvetrano.

Il secondo articolo riguarda la costruzione di una nuova scuola elementare che era stata decisa e si era iniziato a costruire ai tempi dalla maggioranza di centrosinistra che aveva governato prima dell'attuale  maggioranza fascio leghista con a capo sempre il sindaco che aveva fatto il classico assistito da uno spin doctor che pure aveva fatto il classico e poi il Politecnico di Milano.
I lavori del­la scuola erano cominciati quando l'attuale opposizione era alla guida dell'Amministrazione di Curno: a quel tempo le casse del Co­mune erano forzieri colmi di denaro proveniente dagli oneri di urbanizzazione mo­netizzati dalla precedente ammini­strazione. L'amministra­zione di centrosinistra  si compiacque di utilizzare quei fondi per rendere Curno «più bella e più superba che pria» ed in particolare due ex professoresse –la sindaca e l'altra assessora nella giunta di centrosinistra- della locale scuola media, vollero un progetto fantastico  che ne tramandasse le qualità negli anni a venire ragion per cui la nuova scuola  doveva essere dotata anche di una vasca da idromassaggio. Orbene lor signori debbono sapere che a Castelvetrano  in un locale pubblico  l'acqua non c'era ai tempi del Regno d'Italia, non c'era  nemmeno ai tempi dei Borboni, l'ultima volta che ci fu erano i tempi della dominazione turca, abilissimi nel catturare conservare e distribuire la poca acqua siciliana.
Ai tempi il costo di costruzione di un edificio di tale qualità costava 700-900 euro al mq e la scuola venne appaltata a 1400 €/mq. Con l'arrivo della giunta fascio leghista arrivò anche un occhiuto agrimensore che di edilizia sapeva il fatto suo meglio del sindaco che pure aveva fatto il classico e (l'agrimensore) forte di una perizia di un ingegnere pure lui del Politecnico  riuscì a far fermare i lavori perché nella progettazione della scuola erano state violate le norme sull'edili­zia scolastica del Decreto ministe­riale del 18 dicembre 1975: nor­me che parlano chiaro, per esempio, ri­guardo all'ariosità degli spazi, al­l'illuminazione delle aule scolasti­che sui due lati e al fattore di luce diurna. La questione finì sub judice, come si dice, cioè il giudice dovette pronunziarsi in merito e nel maggio 2009 non s'era ancora pronunciato.
La minoranza consigliare di centrosinistra sosteneva che i lavori della scuola potevano benissimo continuare mentre il sindaco in carica della maggioranza fascio leghista sosteneva che fino a definitiva pronuncia della magistratura non si poteva muover mattone e tale era la sua certezza che decise anche di rinunciare al mutuo del finanziamento in corso.
Nel  contempo si scatena anche una diatriba che lo spin doctor del sindaco  in carica descrive così: “ giusto per sgombrare il terreno da ogni equivoco, chiariamo subito che se qualcuno di noi considerasse la scuola di via XXX la “loro” scuola, la scuola dei progressisti, sarebbe un emerito cretino. La scuola è dei curnensi, è evidente. E se cause di forza maggiore fanno sì che la scuola non sia completata, noi non possiamo che rammaricarcene. Ma anche i progressisti fanno male a considerare la scuola “cosa nostra”.
Il fatto è che lo spin doctor del sindaco in carica, che non dimentichiamo ha fatto anche lui il classico e poi il Politecnico, non ha capito (o fa finta di non capire: in queste cose quando c'è di mezzo il sindaco si fa sempre avanti – chissà perché- il suo spin doctor) che davvero il centrosinistra ritiene quella scuola come “una cosa loro” dal momento che se il prezzo medio di un'opera simile viaggiava sul mercato al di sotto del mille euro al mq ed era andata in appalto una volta e mezzo il prezzo di mercato, qualcuno avrebbe lucrato il grasso in sovrabbondanza che colava. Che era “cosa loro” e non dei “castelvatranesi”.
A Castelvetrano fatti del genere accadono regolarmente con l'avvento della seconda repubblica. Sono accaduti con la biblioteca, è accaduto con la scuola elementare ed alla fine  le faccende si sono (quasi) aggiustate con l'avvento della terza repubblica (o la coda della seconda?) quando è stato raggiunto una sorta di accordo ragion per cui una giunta di centrosinistra può anche  fare un appalto di suo ma la ditta che vince  dev'essere una ditta leghista.   Del tutto o in parte o in gran parte.
Saltando un lunga serie di passaggi alla fine i lavori  di costruzione della scuola saranno terminati, la scuola sarà anche presentata con una gloriosa manifestazione in anteprima ai castelvetranesi i quali non mancheranno di scattare le foto di dentro di fuori d'intorno.
Il lettore adesso si domanderà com'è finita la storia che aveva bloccato i lavori perché nella progettazione della scuola erano state violate le norme sull'edili­zia scolastica del Decreto ministe­riale del 18 dicembre 1975: nor­me che parlano chiaro ri­guardo all'ariosità degli spazi, al­l'illuminazione delle aule scolasti­che sui due lati e al fattore di luce diurna.
Qui viene in aiuto google maps. Quando la scuola viene presentata in anteprima al castelvetranesi non ci sono i lucernari sul tetto. Adesso ci sono.
La seconda parte della storia (la più importante) è che l'operazione di togliere di mezzo i progettisti che avevano fatto l'errore di progettazione non è riuscita mentre è riuscita quella di cambiare l'impresa. Nella vita bisogna accontentarsi.
Nessuno vuole le elezioni anticipate, né Di Maio, né Zingaretti, né Mattarella, e nemmeno Salvini, nonostante il suo enorme consenso. Ecco perché nonostante le baruffe e la legge di bilancio, Lega e Cinque Stelle rimarranno al loro posto

Perdete ogni speranza, rosiconi. Nel Transatlantico spira una brutta aria: anche nei giorni più bui per l’economia italiana con lo spread che supera i 290 punti base per poi chiudere la giornata a 284, non c’è un solo deputato, tantomeno un senatore, che fa il tifo per il ritorno alle urne. A Montecitorio e a palazzo Madama si fanno mille scongiuri. «La legislatura deve andare avanti, e andrà avanti».
È vero, si dovrà aspettare il responso delle Europee. Solo a quel punto sarà più chiaro lo scenario. Ma comunque vada sarà un successo per l’esercito dei mille parlamentari che non hanno alcuna intenzione di tornare a scarpinare in giro per l’Italia, né tantomeno intendono investire almeno 50mila euro per l’ennesima campagna elettorale.
E allora, perdete ogni speranza, rosiconi. Dopo il 26 maggio non succederà nulla per svariate ragioni. Oggi i cinquestelle, ad esempio, duellano e litigano con l’alleato di governo Matteo Salvini. Ma le truppe di Di Maio sanno benissimo che se si tornasse al voto la delegazione parlamentare sarebbe quantomeno ridimensionata, se non addirittura dimezzata. Eppoi, ca va sans dire, per il vicepremier Di Maio si tratta dell’ultima chances. Da qui ad allora facile pensare che il patto di potere con il leader del Carroccio supererà qualsiasi ostacolo e anche i litigi degli ultimi giorni.
Un discorso analogo si può estendere al Pd di Nicola Zingaretti. Quest’ultimo sta provando a far risalire la china a un partito travolto dall’esperienza renziana. Ma ad oggi non ha né la forza né i numeri per tornare a palazzi Chigi. Ecco perché dalle parti del Nazareno se ufficialmente invocano le urne, sotto traccia sperano che la legislatura continui perché, sussurrano, «non siamo ancora pronti».
Soprattutto i democrat non vogliono commettere l’errore del 2011 quando decisero di sostenere il governo Monti che poi portò alla «non vittoria» di Pier Luigi Bersani del febbraio del 2013.
Sulla stessa lunghezza il partito di Silvio Berlusconi. Forza Italia è stata cannibalizzata dallo strapotere mediatico di Salvini e dall’exploit di Giorgia Meloni che zitta zitta le sta risucchiando dirigenti locali e nazionali. E dopo le elezioni europee gli azzurri potrebbero uscire ancor più indeboliti. Non a caso i parlamentari di Forza Italia sarebbero disposti a votare tutto, un esecutivo di centrosinistra, un esecutivo tecnico, e forse anche un Conte-bis declinato diversamente.
Eppoi c’è Sergio Mattarella. L’inquilino del Colle di rito democristiano invoca la stabilità
dell’esecutivo e dei mercati, raddrizza il tiro quando i due contraenti sbagliano bersaglio e colpiscono L’Europa. Tuttavia la sua moral suasion ha un unico obiettivo: Mattarella si augura che sia questo il Parlamento a eleggere il suo successore. Nuove urne, infatti, potrebbe cambiare gli equilibri e “sovranizzare” ancor più Camera e Senato.

D’altro canto, il profilo cui guarda Mattarella porta dritto a Mario Draghi, il presidente della Bce che gode di una stima trasversale e che potrebbe anche svolgere il ruolo di Salvatore della Patria nel caso in cui deflagri il sistema economico e finanziario dell’Italia.
Infine, c’è Matteo Salvini. Forse l’unico al quale converrebbe incassare e puntare dritto a palazzo Chigi. Da mesi Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e deus ex machina del Carroccio, starebbe cercando di convincere Salvini a rompere il giocattolo del governo del cambiamento e a tornare nei ranghi del centrodestra. Anche il recente caso Siri cui poi è seguita la mega inchiesta della Procura di Milano, che ha lambito il governatore lombardo Attilio Fontana, avrebbero indotto Giorgetti a dire «basta, così non si può andare avanti». Eppure Salvini è uomo di parola. Si definisce un leale. Dopo il 26 maggio deporrà le armi e proverà a rinnovare il contratto di governo. Che in fondo è un patto generazionale. Anche perché il Capitano non è così desideroso di lasciare il Viminale per traslocare a palazzo Chigi. «Sarebbero solo più rogne», avrebbe confidato ai suoi. E allora, perdete ogni speranza, cari rosiconi. L’esecutivo gialloverde continuerà a dominare la scena. E chissà ancora per quanto tempo.