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NUMERO 206 - PAG.2 : I FLUSSI DI VOTI SECONDO L'ETA'
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ROMA : LA NUVOLA DI FUKSAS - QUASI COME LA BIBLIOTECA DI CURNO
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A
Roma, tre anni fa, Ignazio Marino prese 512 mila voti, al primo turno.
Di questi - secondo l'analisi dei flussi fatta da Swg - il 35 per cento
è passato a Virginia Raggi.
Sala a Milano ha lasciato per strada un terzo dei voti che nel 2011
andarono a Pisapia, finiti quasi tutti al M5S e all'astensione.
Sempre a Roma, nella fascia di elettori tra i 18 e i 24 anni Virginia
Raggi ha avuto un consenso bulgaro (45 per cento al lordo degli
astensionisti, quindi maggioranza assoluta tra chi è andato a votare);
Giachetti, per contro è al 9 per cento tra gli under 25 e ha la sua
area di consenso più alta tra gli over 64 (il 18 per cento, sempre al
lordo del non voto), fascia d'età in cui batte tutti.
Nella capitale a questo giro gli astensionisti sono stati il 42 per
cento; ma nella fascia d'età tra i 18 e i 24 anni, questo dato si
dimezza (21 per cento). L'astensionismo quindi non è un dato ontologico
e irreversibile: i giovani votano più degli altri se c'è un proposta
che li interessa. Qualcosa di simile, del resto, sta accadendo con
Bernie Sanders negli Stati Uniti ed è già accaduto con Podemos in
Spagna.
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In
vista dei ballottaggi che si svolgeranno nelle principali città, si
delinea una convergenza fra i principali soggetti politici
anti-renziani. Questa, almeno, sembra la principale logica che ispira
le scelte della Lega e del M5S. Remare contro i candidati del PdR.
Votare per l'avversario del Capo e del partito di governo, chiunque
esso sia. Di qualunque partito. In questo modo, ha osservato Ezio
Mauro, nei giorni scorsi, M5S e Lega, gli antagonisti più determinati
di Renzi, si apprestano a celebrare le “nozze del caos”. Che
stabiliscono un rapporto stretto fra gli opposti populismi. A Roma e a
Torino, in particolare, l'indicazione di Salvini a sostegno di Virginia
Raggi e Chiara Appendino è netta. Ed esplicita. Così come a Milano Lega
e M5S si sono espressi, entrambi, per Parisi e, soprattutto, contro
Sala. Il candidato di Renzi. Cioè: il comune nemico. Il “tripolarismo
imperfetto”, di cui avevo parlato nei giorni scorsi, commentando i
risultati del primo turno, in questa occasione, si ricompone e si
bipolarizza. Spinto, in questa direzione, dalle regole del gioco
elettorale. Ma anche dai reali orientamenti degli elettorati. Infatti,
se guardiamo le indagini condotte da Demos (ma non solo) negli scorsi
mesi, le affinità elettive fra gli elettori di questi partiti, peraltro
molto diversi, appaiono evidenti. Palesi. In particolare, quasi 3
elettori della Lega su 10 si dicono (molto o abbastanza) vicini al M5S.
Un legame, dunque, più stretto che con ogni altro partito. In
particolare, rispetto al Pd (16%). Si tratta, peraltro, di una
relazione reciproca, visto che fra gli elettori del M5S viene espressa
una preferenza particolarmente intensa per la Lega, oltre che per i
FdI. Vale la pena di osservare che questa attrazione Lega-stellata era
già emersa in passato. In occasione delle elezioni politiche del 2013.
Allora, nei comuni a forte radicamento leghista, si erano verificati
rilevanti flussi elettorali a favore del M5S. “Restituiti”, in gran
parte, l'anno seguente, in occasione delle elezioni europee. Cosa
spinge gli elettori dei due partiti gli uni verso gli altri,
appassionatamente? Anzitutto, la comune insofferenza verso le
istituzioni dello Stato e verso i partiti. In quanto tali. Si tratta,
cioè, di attori politici dell'antipolitica. Poi, i comuni bersagli
polemici. Per prima, l'immigrazione. Quindi, l'Unione Europea. In altri
termini, le due facce della globalizzazione. La perdita di sovranità
politica ed economica a favore di entità sovranazionali, perlopiù
controllate da burocrati. E condizionate dagli interessi dei mercati e
dell'economia globale. In secondo luogo, le migrazioni che provengono
dal Sud del mondo. E aumentano il nostro senso di vulnerabilità. E di
spaesamento. Lega e M5S, per quanto abbiano una sociologia e una
geografia diverse, condividono questi sentimenti. E ciò spiega le
tendenze al reciproco soccorso, in occasione dei prossimi ballottaggi.
Dalle indagini condotte nelle scorse settimane da Demos, in
particolare, a Roma oltre metà degli elettori di Giorgia Meloni,
sostenuta dalla Lega di Salvini, sembra orientata a favore di Virginia
Raggi. Mentre un altro terzo potrebbe astenersi. Pressoché identici i
movimenti possibili – e probabili – a Torino. Dove, nel ballottaggio,
oltre metà della base elettorale del “leghista” Morano sembra
intenzionata a votare per la candidata dei 5 Stelle. Un terzo ad
astenersi. A Bologna, dove, a sfidare il sindaco in carica, Merola, del
PD, sarà la leghista Lucia Borgonzoni, invece, queste tendenze appaiono
meno marcate, ma, comunque, coerenti.
Circa il 40% degli elettori di Bugani, del M5S, propendono, infatti,
per la candidata della Lega.
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che questa alleanza garantiva. E questo si paga, in termini di
reputazione. Chi ha rotto subito (come de Magistris) non subisce questo
destino, anzi strappa voti al M5S.
Altre cause hanno invece a che fare con il presente: a tutt'oggi, con
poche eccezioni, nell'area della sinistra radicale si parlano
linguaggi, si implementano pratiche e si venerano simbologie che
somigliano più agli Anni Settanta che a Podemos o a Occupy Wall Street.
Questo è, questo accade.
E se accade, i miei amici del Pd possono pure passare le prossime due
settimane come i due ultimi mesi, cioè a spiegarci che Raggi "è di
destra" perché ha lavorato da Previti o perché abita a Roma Nord: resta
che i voti di sinistra passano dal Pd al M5s,
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A
proposito di Podemos e Sanders: tutti questi dati (spostamento da
Marino a Raggi e successo del M5S tra gli under 25) possono essere
messi in relazione con gli esiti pessimi delle varie candidature della
cosiddetta sinistra radicale, a Roma e non solo.
Nella capitale Stefano Fassina ha preso, con le sue due liste, il 4,5
per cento, contro l'8,4 ottenuto due anni fa da Sel (6,2) più le liste
di sinistra in appoggio a Sandro Medici (2,2). Anche alle europee, due
anni fa, la lista Tsipras in città ottenne il 6,2. Quest'anno, ripeto,
quest'area ha preso il 4,5. A cui se volete potete aggiungere lo 0,7
preso dal minuscolo Partito comunista di Mustillo, ma non cambia molto.
Sempre nicchia è, e in restringimento.
A Torino domenica scorsa Giorgio Airaudo ha preso il 3,7 per cento,
mentre nel 2011 Sel e Rifondazione assommati facevano il 6,5. Stessa
percentuale, 6,5, presa nel capoluogo piemontese dalla lista
Tsipras due anni fa.
Uguale il risultato del buon Basilio Rizzo a Milano, 3,6 per cento. Nel
capoluogo lombardo, nel 2011, Sel più Rifondazione fecero un totale del
7,2 per cento, quindi il doppio; due anni fa la lista Tsipras prese il
6,5. Di nuovo: sempre più nicchia e sempre più ristretta.
È andato un po' meglio a Bologna il candidato sindaco della sinistra
radicale Federico Martelloni, con il suo 7 per cento. Tuttavia nella
stessa città Sel prese, nel 2011, il 10,2. E due anni fa la lista
Tsipras l'8,9.
Tra le maggiori città resta fuori da questo discorso solo Napoli, dove
De Magistris incarna quello che nel resto d'Italia è il M5S. |
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E
infatti secondo Swg ha incamerato il 20 per cento dei voti del Pd e il
40 per cento dei voti del M5S rispetto alle regionali di pochi mesi fa.
Questi dati, messi tutti insieme, ci raccontano un interessante paradosso.
E cioè che il Pd perde quando vira al centro o addirittura a destra; ma
i voti che il Pd perde spostandosi verso il centrodestra non vanno
quasi mai alla sua sinistra, bensì ai Cinque Stelle.
In altre parole: il vecchio teorema secondo il quale "il Pd vince
guardando al centro" è una sciocchezza - o quanto meno non vale più. I
voti di sinistra se ne vanno senza che se ne aggiungano altrettanti di
centro e di destra.
Tuttavia, è infondata anche la conseguenza in apparenza più intuitiva:
cioè che essendo di sinistra, quei consensi persi dal Pd vadano alle
forze che stanno alla sinistra del Pd. Vanno, invece, o al M5S o (in
misura minore) all'astensione.
Questo fenomeno è particolarmente evidente nella fascia sotto i 25-30
anni. Mentre in Inghilterra i giovani delusi dal blairismo votano
Corbyn, mentre negli Stati Uniti i ragazzi di Occupy Wall Street
scelgono Sanders, mentre in Spagna il movimento degli Indignados ha
generato Podemos, da noi il voto contro la ex sinistra diventata di
centro va al M5S.
Perché questo accade, beh, è tema che meriterebbe ben più di un altro post.
Alcune motivazioni sono storiche: per anni in Italia la cosiddetta
sinistra radicale è rimasta ambiguamente limitrofa al Pd e alle
poltrone
(Nostra elaborazione su un testo di C.Giglioli)
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essendo il Pd diventato di centro ed essendo la sinistra radicale quella che è.
E i voti passati dal Pd al M5S sono 180 mila, qui a Roma.
E costituiscono uno dei motivi (non l'unico, ma non l'ultimo) per cui
fra due settimane avremo un sindaco del M5S e non più del Pd.
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Gli
altri si dividono, in egual misura,
fra Merola e l'astensione.Così, nelle città al voto, sta prendendo
forma un'opposizione
lega-stellata, che, in alcune zone, si allarga ad altri soggetti
politici, di destra più estrema. Questa sorta di “terradi mezzo”
canalizza e coagula sentimenti inquieti e risentimenti
anti-istituzionali. Antieuropei, antigovernativi. Che riflettono e
amplificano l'insicurezza. Si tratta di alleanze e intese ispirate e
dettate dagli specifici contesti e confronti in cui avvengono. Elezioni
amministrative, che presentano confini locali e territoriali definiti.
Eppure è difficile non immaginare – e prevedere – che si tratti di
esperienze e di esperimenti che potrebbero riprodursi e proiettarsi
altrove. Su scala più ampia. Soprattutto, in ambito nazionale. Dove
l'opposizione populista lega-stellata minaccia di divenire la
principale opposizione a Renzi e al suo PdR.
Ilvio Diamanti
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Dell'analisi fatta da Giglioli sullo spostamento dei consensi
elettorali all'interno delle varie fasce d'età colpiscono aspetti che
non sono poi molto positivi per quelli cui si riferiscono:
1 - A Roma, nella fascia di elettori tra i 18 e i 24 anni Virginia
Raggi ha avuto un consenso bulgaro (45 per cento al lordo degli
astensionisti, quindi maggioranza assoluta tra chi è andato a votare)
2- Nella capitale a questo giro gli astensionisti sono stati il 42 per
cento; ma nella fascia d'età tra i 18 e i 24 anni, questo dato si
dimezza (21 per cento).
3 - Resta fuori da questo discorso solo Napoli, dove De Magistris
incarna quello che nel resto d'Italia è il M5S. E infatti secondo Swg
ha incamerato il 20 per cento dei voti del Pd e il 40 per cento dei
voti del M5S rispetto alle regionali di pochi mesi fa.
4 - L'astensionismo quindi non è un dato ontologico e irreversibile: i
giovani votano più degli altri se c'è un proposta che li interessa.
Indubbiamente i 5S hanno una proposta che interessa concretamente i
giovani: è il reddito di cittadinanza. Mica per nulla la Raggi a Roma
ha spopolato proprio tra i 18-35enni. Che è come dar ragione a Salvini. |
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