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Nei primi tre mesi di quest'anno ci sono state, nel settore privato, un milione e 188 mila assunzioni. Rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso c'è una diminuzione del 12,9%. Ma se si abbassa la lente di ingrandimento sui soli contratti a tempo indeterminato, quelli del Jobs act senza articolo 18, il calo è ancora più marcato: -33,4%. I dati arrivati dall'Inps confermano come la riduzione degli sconti sui contributi pagati dalle imprese abbia portato a un rallentamento del mercato del lavoro. I contratti firmati l'anno scorso prevedevano uno sconto massimo di 8.060 euro l'anno per tre anni. Quelli firmati quest'anno, dopo le modifiche arrivate con l'ultima Legge di Stabilità, uno sconto massimo di 3.250 euro l'anno per due anni. Non c'è confronto. E un incentivo più debole produce per forza di cose effetti più deboli. Il saldo, cioè la differenza fra assunzioni e cessazioni, resta positivo anche nel primo trimestre dell'anno: +51.097 contratti stabili. Ma con un crollo del 77% rispetto al dato dell'anno scorso.
Quelli che continuano a correre sono i voucher, i buoni lavoro da 10 euro l'ora, pensati all'inizio per far emergere il lavoro nero in agricoltura e poi estesi a tutti i settori. Sempre nei primi tre mesi dell'anno sono cresciuti del 45,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Un po' meno del boom registrato in tutto il 2015, oltre il 75%. Ma resta questo il tipo di contratto che sta trainando il mercato del lavoro italiano. Lo stesso governo ha ammesso che, dietro l'esplosione dei voucher, ci potrebbero essere qualche abuso, cioè il trucco di usare lo stesso buono da un'ora per più ore di lavoro. Per questo è in arrivo un decreto correttivo, di cui si parla da settimane, che ne prevede la tracciabilità: l'obbligo per il datore di lavoro di comunicare all'Inps via sms o e mail, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore. E su questo punto c'è
una importante novità. Nelle intenzioni del governo, l'obbligo di sms o email non dovrebbe riguardare solo le imprese in senso stretto. Ma anche le famiglie che pagano con i voucher la tata, la colf o la baby sitter, che non è assunta in pianta stabile ma lavora in casa solo ogni tanto. I centristi della maggioranza, Ncd, chiedono di stralciare questo pezzo del decreto, che potrebbe essere visto come una seccatura in più per le famiglie. Ma al momento la linea del governo è di comprendere anche loro nell'obbligo di sms o e mail, per limitare il più possibile gli abusi. Il datore di lavoro, impresa o famiglia, che non comunica all'Inps i dati prima di utilizzare il voucher, rischia una sanzione da 400 a 2.400 euro, per ogni lavoratore coinvolto.
Nello stesso decreto, che potrebbe essere discusso al prossimo consiglio dei ministri, dovrebbe entrare anche la norma che consente di trasformare i contratti di solidarietà da difensivi a espansivi. Cosa vuol dire? La solidarietà, cioè la riduzione dell'orario di lavoro e dello stipendio per le persone già in organico, potrebbe essere usata non solo per evitare licenziamenti ma anche per assumere nuove persone. La trasformazione dovrebbe essere possibile per i contratti di solidarietà in corso da almeno un anno e firmati entro il 31 dicembre 2015.
Lorenzo Salvia
La Repubblica
19 maggio 2016









APRITE LE IMMAGINI A GRANDEZZA NATURALE IN UN'ALTRA SCHEDA.




La prima cosa che balza all'occhio è la quantità di voucher che non sono stati riscossi probabilmente perché chi li ha acquistati (in anticipo) li tiene come riserva (meglio che tenere gli euro su un conto corrente…): 27 milioni per un importo di 270.000.000 milioni che cittadini e imprese hanno anticipato all'INPS-Stato per parecchi mesi.
La secpond acosa che appare è che la retribuzione media è stata di 633 € nel 2015 ma se si va a guardare l'ammontare ci si rende conto che “oltre” i 1000€ (all'anno) ci sarebbero solo il 35,2%.
A me pare che al posto dell'incremento delle assunzioni (nel 2015 rispetto al 2014) perché i contratti firmati nel 2015 prevedevano uno sconto massimo di 8.060 euro l'anno per tre anni mentre quelli firmati quest'anno (2016), lo sconto massimo sarà di 3.250 euro l'anno per due anni l'attenzione vada posto sul raddoppio dei voucher dai 69 milioni del 2014 ai 115 milioni del 2015. 46 milioni di ore “in teoria” corrispondono a 1,1 milione di settimane lavorative.
E poiché viene continuamente ripetuto che dietro i vouchers si cela gran parte del lavoro in nero, poiché le 4  regioni del nord sommano oltre il 60% dei voucher, vuol dire che non si tratta ne di bracciantato ne di badanti ne di lavavetri ma di qualcosa d'altro di ben più “sostanzioso”.
C'è insomma una parte dell'Italia che riesce ad andare avanti ed una parte che è ferma a raccogliere pomodori e stendere ombrelloni.
Questo boom dei voucher al nord segnala però l'obiettiva fragilità del sistema produttivo rispetto al resto d'Europa, nel senso che non esiste un “forte ed esteso” sistema del tutto all'altezza dei concorrenti tedeschi inglesi francesi.
Si torna sempre al solito nodo. Le nostre industrie sono sottocapitalizzate, hanno una dirigenza vecchia e poco professionale, puntano ancora troppo sui consumi delle famiglie e il boom delle vendite auto non fa ben sperare. Invece di tenere i soldi in banca a tasso zero cambiano l'auto: sai che progresso!.
Comunque bene o male si lavora di più. Adesso vediamo –con le nuove regole- se e come si intreccia il lavoro nero coi voucher ma penso che  siano ancora lo strumento per tenersi le mani libere in quanto gli industriali non vedono la fine della crisi.
Cioè  una gran parte della classe dirigente non sa dove sbattere.

































Les réfugiés qui sont arrivés en Europe l'année dernière auront un impact positif sur l'économie tel que le continent devra investir près de deux fois plus d'argent pour les loger d'ici cinq ans, estime une étude récente.
En Europe, nombreux sont ceux qui s'inquie-


Philippe Legrain reconnaît qu'il est vrai que les réfugiés feront augmenter la dette publique de 69 milliards euros entre 2015 et 2020, mais dans le même temps, ils feront, selon lui, doubler le PIB jusqu'à 126,6 milliards euros.
Les réfugiés créeront également plus d'emplois, assure l'étude. «Par exemple,



-tent de l'impact économique de l'accueil d'un grand nombre de réfugiés, mais selon Philippe Legrain, ancien conseiller économique du président de la Commission européenne, il y aura plus d'avantages que d'inconvénients.
«Investir un euro dans l'accueil des réfugiés peut générer environ deux euros de retombées économiques d'ici cinq ans», indique l'étude internationale de l'ONG Tent Foundation qui a été créé pour venir en aide aux réfugiés et aux déplacés.

millions de personnes d'ici 2030, ce qui représente tout de même un sixième de la population du Vieux Continent.
L'une des choses qui, selon Philippe Legrain, risque de faire obstacle au progrès, c'est la lenteur de l'accueil et de l'assimilation des réfugiés au sein de la main d'des réfugiés qui deviennent des travailleurs dans la construction créent des emplois pour des locaux qui sont superviseurs ou vendent des fournitures pour la construction», lit-on dans le rapport.









Un autre problème auquel l'Europe fait face actuellement, c'est la diminution de sa population active pour cause de vieillissement général de la population. Selon le rapport, cette portion de la population va diminuer de 8,7 œuvre. Mais il précise toutefois que ces avantages pour l'Europe ne se matérialiseront qu'à la condition que l'UE prenne des mesures urgentes.
L'une des stratégies possible serait de permettre aux migrants de travailler pendant le traitement de leurs demandes d'asile.


«La principale incompréhension, c'est que les réfugiés sont un fardeau. Cette idée fausse est partagée même par les gens qui favorisent leur accueil, qui pensent que c'est coûteux mais que c'est quand même la bonne chose à faire. Mais c'est faux. Bien sûr, la première motivation pour laisser entrer des réfugiés, c'est qu'ils fuient la mort mais quand ils arrivent, ils peuvent contribuer à l'économie», a confié Philippe Legrain au Guardian.
Des réfugiés ne créeront pas seulement plus d'emplois, mais ils feront aussi augmenter la demande pour les produits et les services tout en contribuant aux rentrées fiscales des Etats sur le long terme. Dans le même temps, ils ne provoqueront pas de chômage pour les autochtones et il est peu probable qu'ils entraînent une baisse des salaires, mentionne cette étude.

Une autre serait d'accélérer le processus de certification académique pour les diplômes obtenus dans leur pays d'origine.
Cela serait particulièrement utile lorsqu'un un secteur économique particulier connaît une pénurie de main-d'œuvre.
Finalement, selon le rapport, travailler dans ces directions permettra de faire baisser la dépendance des réfugiés aux fonds publics par une augmentation de leurs contributions. De plus, un accès rapide au marché du travail les aidera aussi à s'adapter plus rapidement à une nouvelle vie tout en réduisant leurs chances de se voir marginalisés au sein d'une société de l'accueil.


http://www.philippelegrain.com



Alberto Melloni
La Repubblica
19.05.2016













i vescovi dovranno

mostrare di sapere

andare oltre

rimpianti e furberie,

di sapere vedere

in modo sinodale

le questioni di fondo













Quella che sta per chiudersi è l'ultima assemblea Cei dell'era Bagnasco, nominato il 7 marzo 2012 da Benedetto XVI. Una conclusione drammatica, nella quale il presidente della conferenza episcopale ha dimostrato che la chiesa italiana è ancora malata degli stessi mali che l'hanno fatta apparire, nei giorni del conclave, la causa del disordine sistemico che aveva scosso il papato romano.
Bagnasco ereditò la Cei nel 2007 in un momento preciso. Cioè dopo che Ruini aveva adombrato la possibilità di un richiamo canonico ai parlamentari cattolici per far cadere i Dico del governo Prodi. Bertone colse la gravità di un atto che metteva in discussione il principio che le istituzioni democratiche e i principi costituzionali sono la sola garanzia in cui tutti devono riconoscersi. Rivendicò perciò alla Segreteria di Stato i rapporti col governo (pur continuando a fidarsi di una destra in polvere di cui Berlusconi era il solo collante). E affidò a Bagnasco una transizione che non è mai iniziata. In quel momento, nel 2007, iniziò la guerra a colpi di dossier, calunnie e rivelazioni. Poi c'è stata l' elezione di Francesco. Il nuovo Papa ha lasciato che Bagnasco terminasse il suo mandato come presidente, ma ha cambiato il segretario generale. Crociata è stato mandato a Latina con una nomina che sa di immeritato esilio, e ha scelto come “commissario” Galantino, ripristinando l'assetto dei tempi di Paolo VI.
Eppure la Cei è rimasta immobile, rimane immobile. Francesco nomina vescovi inattesi, dà e nega le porpore con chirurgica precisione? Niente. Francesco fa un discorso a Firenze, in novembre, che bolla come una eresia (pelagiana) il politicare politicante di molti anni? Niente. Francesco chiede di entrare in stato sinodale? Niente.











Francesco fa un discorso sul prete scalzo che sembra il ritratto del missionario che vorrebbe nominare presidente della Cei del dopo-Bagnasco? Niente.
In questi niente si inserisce il discorso di Bagnasco. Esso va iscritto nelle tensioni irrisolte con la Segreteria di Stato, che aveva chiesto di riservare la parola “matrimonio” a quello eterosessuale. Si polarizza rispetto alla mossa preventiva con cui la Civiltà Cattolica ha enunciato un “sì ma” alle riforme costituzionali, esigentissimo tanto per Renzi che per i suoi oppositori. Va letto sullo sfondo della distanza mantenuta da Galantino e dal Papa rispetto al “family day”. Costituisce un tentativo autolesionista di negare allo sforzo parlamentare di Alfano e Lorenzin la dignità politica che si sono guadagnati al governo, per dare fiducia agli estremisti di centro.
E di fatto apre la ricerca del nuovo presidente della Cei. Quello per intenderci che se farà due mandati, arriverà all'Italia del 2027: quella dopo-Renzi, del dopo- Mattarella, del dopo-Europa, del dopo- Francesco. L'uomo che dovrà ridestare la chiesa italiana e il suo episcopato dal torpore brontolone in cui resta assorto.
Da qui al 7 marzo 2017 i vescovi dovranno cercarlo: e mostrare davanti alla chiesa, al conclave e al Paese di saper andare oltre rimpianti e furberie, di saper vedere in modo sinodale le questioni di fondo: il ministero di un cattolicesimo che ormai si affida al clero prodotto dai movimenti e da questi “premarcati”; la penitenza in una chiesa che ha accettato anche il discorso sulla misericordia pur di offrire soluzioni low-cost alla fatica del cammino della vita; la carità fatta con le proprie mani e non con i fondi pubblici; la costruzione di culture e saperi in una chiesa dove l'iper-devozionalismo si salda con un cristianesimo ridotto ad antidolorifico o a condimento del potere.
Fra un anno la Cei avrà un nuovo presidente: la decantazione dell'era Bagnasco finisce con frasi goffe (nemmeno Pio XII domandò mai l'obiezione a celebrare i matrimoni civili che la chiesa considerava turbe concubinato); ma apre per i vescovi un tempo per parlare, pensare, pregare, e poi ancora pensare. Sarà un tempo breve e duro.



La nostra perplessità deriva in primis proprio da come la giovinetta sia salita -volontariamente o rapita- sul mezzo. Dice la PM: «cosa sia successo lì non lo sappiamo, ma Bossetti non era in un posto così distante da non essere lì nel momento in cui la bambina passava». Cominciamo col dire che il camioncino del Bossetti era del tutto aperto: chiunque stesse sul cassone o in cabina era visibile dalla gente – viva o svenuta che fosse- e poteva eventualmente fuggire. Anche perché dal luogo del rapimento al luogo del delitto (come indicato dalla PM) all'ora del rapimento  il Bossetti doveva attraversare precedenze, stop, semafori e una decina di km nel bel mezzo della fine lavoro di  molti.
Poco credibile che l'abbia scazzottata fino allo svenimento perché che se ne faceva di una mezza morta per i suoi “intendimenti”?.
A nostro avviso la ragazzina o è salita di sua spontanea volontà sul mezzo del Bossetti e quindi si apre uno squarcio del tutto inedito sulla vicenda (che smentisce l'immagine finora proposta della ragazzina tutta casa scuola chiesa e palestra) oppure è stata rapita da almeno due persone e con un mezzo chiuso.
Propendiamo “abbastanza” per il rapimento ad opera di almeno due persone con un furgone chiuso nel quale uno tratteneva con forza la ragazzina rapita. Diciamo “abbastanza” perché restava sempre il pericolo che durante il viaggio Brembate-Chignolo il mezzo poteva essere fermato dalle forze dell'ordine o da un semplice vigile con conseguenze immaginabili.
Quanto al DNA rinvenuto sugli indumenti della ragazzina dopo tre mesi di permanenza dentro la brughiera e sotto le intemperie invernali, non sapendo se  provenga dal sangue o dal seme dell'accusato restiamo perplessi di nuovo. Perché può essere verosimile che il criminale abbia usato i guanti sporchi di sangue rubati al Bossetti e che, stante la stagione piovosa, parte del sangue si fosse liquefatto e passato sul corpo manipolato dall'assassino.
Ma la terza cosa che ci lascia ancora più perplessi è quel percorso intrapreso dall'esame del DNA dei frequentanti la discoteca di Chignolo che ha fatto risalire all'indietro all'indietro all'indietro all'indietro fino al Bossetti. Qui siamo nel novero: “ma che fortuna !”. E se a Chignolo non ci fosse stata una discoteca, il Bossetti l'avrebbe fatta franca?. Qui siamo nel novero: “ma che sfortuna per il Bossetti !”.
Fino al finale del fermo “casuale” del Bossetti per strada per recuperare un campione del DNA o all'arresto sul cantiere fino al processo senza telecamere.
No, non ci siamo.
Troppo poco per un ergastolo.
E se al terzo grado di giudizio venisse cancellato tutto, chi ripagherebbe  le tre famiglie distrutte?