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procede l'iter
del comune per
affidare
la manutenzione
dei "beni comuni"
ad un'unica
impresa
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Con
la determinazione n.187 del 27 aprile 2016 degli uffici comunali
, dentro la quale ci sono tutti i riferimenti alle altre determinazioni
e delibere.
L'Amministrazione Comunale con atto di indirizzo approvato con
deliberazione della Giunta n° 173 del 17.12.2015, ha espresso gli
indirizzi operativi per la gestione del patrimonio immobiliare pubblico
in regime di “global service” approvando il documento preliminare e
demandando altresì al responsabile di settore l'adozione degli atti
relativi alla gestione del Patrimonio Immobiliare Pubblico e questo è
un ulteriore passo per arrivare (prima del prossimo autunno o anno
nuovo 2017)
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Vito
Conti, presente in consiglio comunale da venticinque anni e
storico mediatore e collante tra i contrapposti interessi della
dc-pci-lega-forza italia e la sindaco Serra presente da 13 anni hanno
maturato l'idea di affidare il comune ad una sorta di super
amministratore di condominio, cosa che esiste già in molte aziende per
certi servizi molto particolari. Molti dei dipendenti dell'ufficio
tecnico del comune lo hanno visto (Conti) come componente della
commissione selezionatrice.
Fossero arrivati ieri in consiglio comunale e fossero alla prima
esperienza amministrativa dei beni comuni com'è per l'ass.Cavagna la
vicenda non farebbe notizia:scopa nuova
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assessori con 25 anni e 15 anni di presenza in consiglio comunale si
sono resi conto solo adesso che l'ufficio tecnico del comune non é o
non sarebbe in grado di gestire in modo ottimale la manutenzione dei
beni comuni.
meglio tardi che mai o .......?
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La
scarsa qualità della manutenzione dei beni comuni, che è sempre stata
al centro della polemica politica (non solo a Curno), deriva dalla
scarsa professionalità del personale, professionalità che anziché
essere sviluppata ed aggiornata nel tempo e via via integrata dalla
fusione dei comuni fino ad arrivare ad un comune di dimensioni
ottimali (25-40mila abitanti) tale che potesse disporre di una piramide
di governo capace di far fronte sia all'innovazione che alla normativa.
Invece i nostri uffici sono diventati via via dei perfetti
burocrati
attenti alla rigida applicazione delle norme perdendo via via la
capacità di valutare il contenuto della prestazione e del risultato
ottenuto.
Tutte le carte sono in regola ma p.e. la lastricatura di via Roma salta
in aria ogni mezz'ora. Il che para il posteriore dei burocrati ma fa
arrabbiare i cittadino che vola per terra in bici o in moto.
Adesso
si arriva alla situazione per cui la manutenzione dei beni verrà
affidata a una ditta esterna (con tutti i problemi connessi: vedi mafia
capitale al limite estremo), verrà affidata a una sorta di
amministratore di condominio e gli uffici comunali saranno solo dei
passacarte.
Cioè personale da pagare senza grandi risultati, ma non licenziabili quando
invece – ricostruendo la piramide di responsabilità con l'unione di più
comuni- dovevano/potevano diventare i protagonisti nel loro ruolo.
Insomma: politica e dipendenti pubblici si sono cullati a vicenda nel
tran tran tipico della mala gestione pubblica finchè i cittadini, alla
luce delle salatissime tariffe dei servizi comunali, hanno minacciato
di usare i forconi.
Unica consolazione e sicura disperazione: questo accade in ogni ordine e livello di governo.
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all'affidamento della manutenzione del patrimonio comune ad una sola azienda.
Contrari ovviamente gli uffici comunali a questa operazione come
asserisce l'ass. Vito Conti: si tratta di un'ipotesi progettuale molto
particolare e complessa. L'Ufficio non ha mai ritenuto di condividere
tale progetto e dunque di lavorarci con sufficiente impegno.
L'esigenza é stata quella di rivolgersi all'esterno avvalendosi di professionista che ha una
specifica esperienza in materia e
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che aiuterà l'amministrazione in questo
percorso. Le risorse esterne vengono attivate quando quelle interne non
bastano.
Il Sindaco aggiunge come il progetto del Global Service sia nato già
dal settembre 2014 ed i responsabili sono stati specificamente
coinvolti negli obiettivi da raggiungere per il 2015. Il percorso non è
stato raggiunto nella sua totalità dunque per arrivare con tempestività
all'obiettivo finale si è ritenuto di ricorrere ad una professionista
esterna.
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scopa meglio. (...)
Ma che una scelta del genere maturi in questo periodo-contesto
nazionale e con questi scafati amministratori, questo fa nascere molti
interrogativi perché la tendenza dei comuni ha mollare le braghe in
mano ai privati è evidente in mille cose: vedi il tentativo di
privatizzare il bene acqua oppure –a Curno- l'incertezza su di chi
siano le “canne del gas”. Nel senso che non si sa quanti metri siano
del comune e quanti siano del gestore del servizio. La scelta del global service è una sconfitta della politica ed è assai
pesante sia per gli eredi della dc ovunque sparsi. Come per gli eredi
del PCI, Conti in primis.
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Abbiamo prospettive differenti rispetto a quella della giunta Serra in tema di manutenzione dei beni comuni.
Non abbiamo ovviamente idea se i dirigenti dell'UUTT comunale siano
peggiorati dopo l'avvento della giunta Serra, ma siamo del tutto in
disaccordo che un sindaco PD si tenga come responsabile dei
Ufficio Lavori Pubblici un professionista che é anche sindaco in un
comune della provincia per di più associato al nostro comune per alcune
incombenze (sanità, scuola).
In queste situazioni, per non sapere ne leggere ne scrivere, siccome un
sindaco può avere uno stipendio come tale, il dipendente comunale che
diventa sindaco va in aspettativa finchè non termina il proprio mandato.
Secondariamente i dipendenti pubblici arrivano con un concorso assai
consociativo partiti-sindacati-dipendenti dove uno non vince con un
punteggio di tale grandezza che sbaraglia l'universo e quindi la
politica ha qualche responsabilità in merito. Vito Conti come mai in 25
anni non ha mai espresso un giudizio NETTO in tema?
Ma il problema non è tanto quello di affidabilità tra parti politiche
differenti e relativi sponsor alle spalle: finchè un comune resta
piccino piccino picciò sarà sempre in balia .
La via da percorrere era-è-sarà quella di raggruppare (il più
velocemente possibile) un certo numero di comuni per arrivare ad una
dimensione che renda possibile una maggiore professionalizzazione
del personale, una auto selezione e quindi una
struttura con più concorrenza al suo interno e meno sensibile ai suoi sponsor.
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struttura con più concorrenza al suo interno e meno sensibile ai suoi sponsor.
La giunta Serra arriva dopo tre anni di mandato alla decisione di
spogliare l'UUTT dell'incombenza della manutenzione del patrimonio
comunale, lasciandogli solo un ruolo burocratico amministrativo.
Dalla padella alla brace.
Io avrei impiegato questi tre anni -e fossi stato al posto di un Vito
Conti presente in consiglio da 25 anni e di una Serra presente da
tredici: quindi non degli sprovveduti della situazione dell'UUT
indigeno… l'avrei fatto dieci anni or sono … - per costruire un comune
unico assieme a Valbrembo, Mozzo, Treviolo e Lallio “parlando chiaro e
forte” anziché andare in tv a piagnere mestamente sull'allargamento del
centro islamico piuttosto che l'apertura delLa Miniera oppure dell'auto
elettrica. Altro che appuntarsi sul petto la medaglia di aver speso i
soldi per finire quella macchina mangiasoldi che sarà la nuova scuola
elementare: ne avevamo già due in discreto stato mentre abbiamo
tre opere non terminate * gridano vendetta al cospetto di dio (come si
dice…).
Quando tu hai un comune di 25-30mila abitanti puoi scegliere tra cinque
dirigenti o addirittura cercarne un altro.
Così chi deve capire di
fare finalmente le valigie, comincia perlomeno a prepararle.
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1945.
Ad Albino la stazione del treno sorgeva nei pressi della Fassi Gru.
Questa era ritenuta dagli inglesi una fabbrica di guerra e quindi
venne bombardata più volte ma fortunatamente non venne mai colpita.
In
compenso la vicina stazione venne distrutta così come il piazzale e un
giardino privato immediatamente adiacenti.
Il primo sindaco della
Liberazione decise di ricostruire –facendo lavorare i reduci
disoccupati- la stazioncina, la piazza e il giardino antistante perché
“dopo tanti anni di brutture finalmente la popolazione potesse
dedicarsi a lavorare
non per uccidere o fuggire
ma per qualcosa
di “bello e utile”.
(*: le tre opere non terminate sono l'edificio di completamento della
Piazza della Chiesa, il capannone dentro il CVI2 e la Biblioteca-Auditorium).
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Il
sindaco e gli assessori coi loro staff, passano; la struttura
burocratica rimane. Eppure nessuno vi fa cenno, come se, una volta
eletto un bravo sindaco –ammesso che se ne trovi- il comune fosse in
grado di soddisfare i tanti sogni e bisogni della cittadinanza.
La verità è che il buongoverno dell'ente locale dipende sicuramente
dalla qualità dei politici, ma dipende ancora di più dalla qualità
delle burocrazie preposte ai servizi della collettività.
Eppure di queste burocrazie, specialmente nella dirigenza comunale, si
sa poco o nulla. Al massimo i candidati sindaci – e neanche tutti –
fanno qualche cenno alla revisione della macchina amministrativa.
C'è qualcosa di più generico ed approssimativo?
Naturalmente, ancora prima che i candidati sindaci – che comunque
dovrebbero tranquillizzare gli elettori sulla loro capacità di guidare
la macchina complessa di una amministrazione- è lecito chiedere agli
amministratori uscenti: come funziona attualmente la macchina
amministrativa? Qual'è stata la valutazione (reale, NON formale) dei
dirigenti dei vari settori? Hanno riportato buoni risultati ? C'è
corrispondenza tra proporzione e valutazione, gratificazione ed
efficienza di questo o quel servizio?
Oppure lasciano alle spalle una mac-
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-china comunale in uno stile simile a quello di “mafia capitale” nel
peggiore dei casi oppure quello di “comunque ogni giorno viene l'ora di
andare a casa”?
E ancora: come procede la redistribuzione del personale, specie
dirigenziale, tra i vari settori? Se non si fa adesso un bilancio del
genere, che gioverebbe sia ai candidati-sindaco sia ai dipendenti
comunali (la maggior parte dei quali sono da ritenere competenti,
efficienti e volenterosi), quando lo si può fare?
Insomma l'idea che tutto, nel bene e nel male della gestione, dipenda
dalla sola figura del sindaco (magari perché mediaticamente più
simpatica) è un'idea fuorviante e, tutto sommato, sbagliata: perché un
sindaco con la bacchetta magica non esiste. Quando si parla poco
dell'apparato e della capacità dei politici di governarlo e
indirizzarlo efficacemente è un brutto segno. Sorge il sospetto che i
politici preferiscano sorvolare sul problema almeno per due ragioni. La
prima: il timore di alienarsi la simpatia e la collaborazione dei
funzionari, che è un rischio incombente e reale soprattutto dei
politici impreparati. La seconda: una seria valutazione della dirigenza
(e di tutto il personale) comporta pure, inevitabilmente, una
valutazione della qualità dell'indirizzo politico-gestionale. Ma è bene
non dimenticare che l'apparato è la spina dorsale dell'amministrazione
e assicura la continuità organizzativa delle funzioni e dei servizi
pubblici a beneficio dei cittadini e a garanzia dei loro diritti.
Perché, appunto, il sindaco passa, il burocrate resta!
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é crisi di crescita
o una crisi finale?
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Il 15 marzo i quotidiani annunciano:
Bergamo per la prima volta senza nuovi preti: «Non sono pronti». Lo stop del vescovo Francesco Beschi: studenti poco maturi.
L'11 maggio il vescovo annuncia che il rettore del seminario è destinato alla cura della parrocchia di Borgo Santa Caterina.
Il 15 maggio il Vescovo Francesco Beschi, in un pranzo martedì scorso
avrebbe rivolto un invito ai docenti del seminario: scrivetemi e
indicatemi un nome per il nuovo rettore.
Quella che era da sempre considerata la «sacrestia del Vaticano» è
deserta, la diocesi che ha dato alla Chiesa un Papa e 61 vescovi (22
dei quali tuttora in
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Foto Architetto Agazzi Bergamo
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Solo
un terzo degli attuali 789 sacerdoti nella Diocesi di Bergamo fa il
parroco. Ma solo un terzo di loro (285) è in un paese con l'incarico di
parroco o di amministratore parrocchiale. Intanto l'età media dei
sacerdoti in servizio si alza sempre più: quelli fra i venti e i
trent'anni sono 25, mentre sono 90 quelli fra i trenta e i quaranta,
170 fra i quaranta e i cinquanta, 132 fra i cinquanta e i sessanta, e
194 quelli fra i sessanta e i settantacinque, anno in cui si va in
pensione. Lasciando l'ennesimo posto vuoto.
Non ci vuole molto a collegare questo stato delle cose – la mancata
nomina di nuovi sacerdoti a fronte della situazione critica
attuale- con le decisione di mandare il rettore del seminario come
parroco di una importante parrocchia cittadina cui segue –fortissima!-
martedì 10 maggio quando il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco
Beschi, siede a tavola con i docenti del Seminario Vescovile.
Ringrazia il rettore monsignor Pasquale Pezzoli e annuncia di averlo
nominato parroco di Borgo Santa Caterina in città. Poi si rivolge a
tutti i presenti e chiede di aiutarlo a scegliere il nuovo rettore del
seminario diocesano.
Il pranzo si conclude, ma l'incontro segna una svolta per la Chiesa di
Bergamo. Che la scelta del nuovo rettore non sia facile è risaputo.
Soprattutto perché quest'anno, per la prima volta nella storia recente
della Chiesa di Bergamo, il vescovo non ha ordinato nessun sacerdote.
Negli ultimi anni, poi, la crisi delle vocazioni si è acuita e a questo
si aggiunge che sono diversi i sacerdoti che hanno lasciato la tonaca.
E così il Vescovo, adottando lo stile di Papa Francesco, chiede che la
sua scelta sia il più collegiale possibile. Ovviamente scatta immediato
il totonomina ma ora non resta che attendere la nomina del nuovo
rettore che sarà frutto di una mediazione e di un suggerimento che
viene dagli stessi docenti del seminario.
La chiesa di Bergamo, da quanto si arguisce dalla lettura dei media, è
stretta tra le difficoltà economiche e la povertà delle vocazioni
e riflette la crisi socioeconomica della provincia in cui ha sede.
L'ormai spopolato edificio del Colle di san Giovanni probabilmente
chiede o suggerisce che sia mollato come seminario e diventi uno
stabile universitario. Un pezzo di città che si restituisce all'intera
comunità, laica e religiosa, come un bene comune cui tutti nel tempo
hanno contribuito.
Nostra elaborazione
su testi dai giornali.
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servizio
in tutta Italia) quest'anno per la prima volta non ordinerà nemmeno un
sacerdote.
Ci si era andati vicini due volte: nel 1959 e nel 1989 il
prolungamento della durata dei corsi di Teologia aveva fatto slittare
di un anno le ordinazioni degli studenti, ma l'assenza era stata
compensata dai giovani che avevano studiato fuori provincia. Per il
maggio di quest'anno ne erano pronti cinque, ma è arrivato l'altolà
direttamente dal vescovo Francesco Beschi: i candidati non sono stati
ritenuti ancora maturi per essere mandati nelle comunità.
Per questo lo scorso anno era stato messo a punto un nuovo progetto
educativo di Teologia, creando percorsi di formazione personalizzati
basati sulla storia e le
caratteristiche dello studente, con esperienze pastorali nelle parrocchie |
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e momenti di
riflessione. Ma serve tempo, e bisognerà aspettare l'anno prossimo.
Lo stop suona come il rintocco della campana più scuro per le vocazioni
dei giovani bergamaschi. La società si secolarizza e le chiese si
svuotano: secondo una ricerca del sociologo Marco Marzano,
dell'Università di Bergamo, solo il 10-12% degli italiani va
regolarmente a messa. Anche fra gli immigrati cattolici che vivono a
Bergamo solo l'8-9% frequenta la chiesa. Così sempre meno ragazzi
scelgono di dedicare la propria vita al sacerdozio, con stipendi che
hanno un tetto massimo di mille euro al mese. Gli alunni del seminario
diocesano di Città Alta sono scesi negli ultimi otto anni scolastici
dai 205 del 2008-09 agli attuali 164. Nel numero degli iscritti il calo
è vistoso fra coloro che invece studiano per diventare preti: gli
iscritti a Teologia sono crollati nello stesso periodo da 73 a 40.
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contraddittori
segnali elettorali
dall'interno
del governo Renzi
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Si avvicinano le elezioni ed arriva puntuale un altro bonus elettorale, stavolta targato NCD, rivolto alle famiglie.
Chi pensava che la Lorenzin fosse una specie di bella addormentata nel
bosco viene smentito. Magari l'annuncio arriva troppo a ridosso
dell'esame ai nostri conti e bilanci da parte dell'Ue ma tanto vale.
Non si comprende poi com'è che la ministra della salute debba prendere
l'iniziativa di mettere mano ai bonus per le famiglie che figliano per
incrementare le nascite quando una regolazione spetterebbe semmai a un
Costa (famiglia) o un Poletti (politiche sociali).
Il fatto é che proprio in prima pagina LaRepubblica mette incolonnate
la notizia del (probabile) aumento del bonus bebe e quella che le tasse
comunali sono aumentate di uno due tre botti: fino al 300% in pochi
anni.
Poi ci sarà da vedere come la pensa il Renzi, soggetto che non gradisce
affatto che i suoi ministri lo sorpassino in curva a meno di un mese
dalle elezioni comunali.
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Via libera alla banca dati sui minori abbandonati
di Margherita De Bac
Sono sempre lì, ospiti fissi delle comunità, i trecento adolescenti e
bambini con handicap fisico o mentale. Li chiamano «i figli mancati»,
numero invariato da anni. Vivono in una specie di limbo. Dichiarati in
stato di abbandono e quindi adottabili dai tribunali minorili, non
trovano o rifiutano coppie disponibili a prenderli con sé nelle singole
realtà territoriali. E non c'è modo di proporli in abbinamento a
genitori che abitano altrove. Per favorire queste e altre
«sistemazioni» ci vorrebbe la banca dati nazionale creata con decreto
nel 2001. Fotograferebbe la situazione italiana: quanti ragazzi sono
nelle comunità, l'età, i fratelli, i tempi di attesa. Il ministro della
Giustizia Andrea Orlando ha dichiarato che la banca sarà attivata entro
il 30 settembre, con i 29 tribunali minorili in Rete. Ci sono voluti 15
anni per arrivare (speriamo) al termine di un percorso rallentato da
«difficoltà tecniche». Ora si procede a livello regionale, i giudici
lavorano separatamente. Ai 330 Orlando ha dedicato nella sua relazione:
«Per ciascuno esiste una storia di particolare delicatezza. Spesso
siamo di fronte a condizioni di salute difficili e legate a patologie
irreversibili. In certi casi sono adolescenti oltre i 15-16 anni tra i
quali non pochi stranieri non accompagnati, tutti dichiaratamente
refrattari». Ogni anno sono un migliaio i minori in uscita dalle
comunità a fronte di circa 10 mila famiglie che hanno fatto richiesta
ai tribunali. Le associazioni stimano siano 32-35 mila gli ospiti delle
comunità, la maggior parte con famiglie d'origine presenti, dunque non
adottabili. A livello internazionale, confermato il drastico calo. Nel
primo semestre 2015 i procedimenti definiti (cioè le idoneità ottenute
dai genitori) sono stati 3.189. Erano 8.540 nel 2012, 7.421 nel 2013 e
6.739 nel 2014. Un fenomeno generalizzato, negli Stati Uniti il dato è
meno 70%. I governi stranieri sono meno generosi nel cedere i loro
bambini e spingono per sistemarli in famiglie locali. Il Brasile è
passato da 543 minori partiti per l'estero nel 2006 ai 238 nel 2013. La
Cina da 14.434 a 2.931, l'India da 1.076 nel 2003 a 363 nel 2012. La
Federazione russa da 9.472 nel 2004 a 2.483 nel 2012.
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un figlio costa
da meno 9 mesi
a più 20/25 anni
e il bonus copre
solo
un momento
importante
ma troppo breve
per stimolare le famiglie
ad
avere un figlio “in più”. |
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L'idea di aumentare i bonus e ammettere che a livello locale ci sia mano libera agli aumenti é una canagliata.
Vero che gli aumenti delle tasse locali colpiscono tutti anche quelli
non più in età fertile, ma che le politiche per la famiglia si facciano
sempre e soltanto sull'onda della prossima tornata elettorale
motivandola con una ragione nota da almeno 10-15 anni, fa un po' pena.
Lasciamo al governo di risolvere la contraddizione tra la distribuzione
di ulteriori bonus economici alle famiglie che fanno figli (noi
non ci crediamo, però...)
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rispetto
ai pazzeschi aumenti dei costi dei
servizi locali, sarà un dato di fatto sicuro che questo ulteriore
bonus non contribuirà ad aumentare i numeri dei figli ma servirà
soltanto ad incrementare i consumi privati (destinati altrimenti che
alla filiazione).
Perché un figlio costa da meno 9 mesi a più 20/25 anni e il bonus
copre solo un momento importante ma troppo breve per stimolare le
famiglie ad avere un figlio “in più”.
Poi, per carità, meglio di più che di meno. Però a questi figli va poi
data un'occasione di lavoro solido e duraturo, non un voucher 2:1 o
4:1.
Probabilmente l'idea del mezzo secolo trascorso per cui un aumento dei
vari servizi scolastici fin dalla prima età potrebbe essere uno stimolo
alla filiazione non è più un obiettivo perseguibile visti i costi
stratosferici dei nido pubblici e privati in correlazione con la
crescita del debito pubblico.
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Cause economiche
sicuramente,
ma ci sono anche
modelli e
stili di vita
individuali
che badano in primis
alle soddisfazioni personali piuttosto
che al valore
della paternità
e della maternità. |
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Come
neppure l'idea di allungare i tempi alle madri e ai padri da dedicare
alla cura dei figli non è proseguibile perché oggi se perdi le
occasioni in azienda, finisci in testa al numero dei prossimi
licenziandi.
La scarsa filiazione è determinata da una tale mole di cause che è impossibile metterci mano isolatamente.
Cause economiche sicuramente, ma ci sono anche modelli e stili di vita
individuali che badano in primis alle soddisfazioni personali piuttosto
che al valore della paternità e maternità.
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Massimo
Recalcati
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Non
c'è forse racconto più sconvolgente di quello biblico del cosiddetto
“sacrificio di Isacco”. In esso sembra essere in gioco un rovesciamento
traumatico della paternità: la mano del padre non protegge la vita del
figlio, ma si arma per dargli la morte. Il testo biblico si impernia su
una richiesta paradossale e atroce che un Padre (Dio) muove ad un altro
padre (Abramo): che sacrifichi, in nome della fede, il suo figlio più
amato Isacco. «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco,
va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su un monte che ti
indicherò ». Kierkegaard si è soffermato sullo scandalo di questa scena
in pagine memorabili di Timore e tremore facendo di Abramo un
“cavaliere della fede”. Secondo il filosofo danese il conflitto che
attraversa Abramo è quello tra due Leggi inconciliabili; da una parte
la Legge etica degli uomini che sancisce il dovere del padre di
assumersi una responsabilità illimitata verso il proprio figlio e,
dall'altra, la Legge di Dio che impone, assurdamente, che i limiti
della Legge etica vengano oltrepassati, scardinati, trascesi dalla
Legge religiosa che impone l'obbedienza assoluta verso Dio. È l'aut aut
inaggirabile col quale Abramo si confronta: se rispetta la Legge etica
degli uomini si trova a
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figlio
da sacrificare. Perché? Nella lettura anti-sacrificale proposta da
André Wénin, Dio non esige il sacrificio umano di Isacco ma esige che i
suoi genitori lo sappiano perdere; che sappiano rinunciare alla sua
proprietà. In questo senso quando Abramo risponde alla richiesta
assurda del suo Dio offrendosi senza riserva (“Eccomi!”) ci rivela il
senso più profondo della paternità. “Eccomi!” significa esserci, amare
il proprio figlio sino al punto di rinunciare ad ogni diritto di
proprietà su di lui. Significa divaricare, come accade in ogni
paternità simbolica, la dimensione illimitata della responsabilità da
quella ristretta della proprietà.
Anche Sara occupa una posizione particolare verso Isacco. Per lei più
che per Abramo, che ha già avuto un altro figlio, Ismaele, da una sua
schiava, è davvero il suo unico e insperato figlio. Non ne ha potuti
avere prima a causa della sua sterilità e non ne potrà più avere dopo a
causa della sua tarda età. Isacco è il solo figlio. E Dio le chiede di
rinunciare alla sua vita. Ecco che si palesa qui la prova più grande:
perdere il proprio figlio, il più amato, lasciarlo andare,
sacrificarlo. Si tratta di slegare il figlio dai lacci che lo vincolano
alla sua famiglia e al desiderio dei suoi genitori. Il coltello di
Abramo non colpisce, infatti, la carne del figlio, ma, guidato dalla
mano dell'angelo, lo libera dai
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Nella Bibbia si racconta di Isacco, figlio amato e tanto desiderato che Dio chiede ai genitori ormai anziani di sacrificare.
Ma accettando quella richiesta estrema, rinunciando alla proprietà
sull’unigenito, potranno liberarlo dai lacci familiari e aiutarlo a
diventare adulto.
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disdire
la Legge religiosa di Dio; se invece segue la Legge religiosa di Dio si
mette in contrasto con la Legge etica degli uomini. Nessuna sintesi
dialettica tra le due Leggi è possibile. Resta solo l'angoscia – il
tremore – di fronte all'irrevocabilità della scelta. È questo il dramma
di Abramo che Kierkegaard segue: e se Abramo avesse sentito male o
avesse frainteso il comando di Dio? Avrà tentennato nei tre giorni di
viaggio trascorsi in compagnia del figlio per raggiungere il monte
Moria dove avrebbe dovuto compiersi il sacrificio umano? E quali
brividi attraversano il cuore di quel padre quando il figlio gli chiede
teneramente dov'è l'agnello che avrebbero dovuto sacrificare al loro
Dio senza percepire che è lui stesso ad essere la vittima designata?
Senza addentrarmi in una lettura teologica di questa scena vorrei
cogliere laicamente il suo focus nel sacrificio a cui Abramo e sua
moglie Sara sono chiamati da Dio. In gioco è la rinuncia di ogni
proprietà sul loro amatissimo figlio. Ma che figlio è Isacco? Il testo
biblico lo presenta come il figlio della promessa. Egli viene al mondo
grazie alla parola di Dio da due genitori ormai anziani, fuori tempo
biologico, incapaci di generare naturalmente. In questo senso Isacco è
un puro dono di Dio. È il figlio tanto sperato quanto inatteso; è,
quindi, il figlio più amato, l'unigenito immensamente desiderato. Ora,
non è privo di importanza che Dio comandi che sia proprio questo
figlio, il più amato, il
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lacci,
lo slega, permettendogli di divaricare la sua strada da quella dei
genitori. Abramo rinuncia al rispecchiamento narcisistico nel proprio
figlio, accetta la discontinuità tra le generazioni, sa abbandonare
Isacco nel deserto. Non è forse questo il gesto che più di ogni altro
riflette il dono di un padre e di una madre? Saper abbandonare, dopo
averli amati e cresciuti, i loro figli nel deserto dell'esistenza? Non
a caso Sara morirà all'indomani del ritorno di Abramo. E Isacco potrà
trovare moglie in Rebecca solo una volta disceso senza la compagnia del
padre dal monte Moria. In questo senso lo stesso Kierkegaard può
scrivere che «con la fede Abramo non rinunciò a Isacco ma con la fede
Abramo ottenne Isacco », ovvero rese possibile ad Isacco la sua
libertà, la sua vita singolare sciogliendola dai lacci che lo legavano
alla famiglia d'origine. È questo anche il dono ultimo di Sara:
accogliere il proprio tramonto, la propria fine, lasciare andare il
figlio. La vita umana infatti esige la separazione e l'abbandono; esige
di incontrare il mondo al di là della famiglia. La sospensione del
sacrificio rivela qui tutta la sua posta in gioco: sono Abramo e Sara
che devono perdere il loro amato figlio unigenito, che devono
sacrificarne la proprietà per consentire al figlio di diventare un uomo.
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71mila cyberbulli in Lombardia?
Ho qualche dubbio.
Anche perchè genitori e scuola andrebbero portati davanti al tribunale
dei minori.
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Quei ragazzi indifesi e le insidie digitali
Spegniamoglieli, di notte, i cellulari. Magari, andando a scuola più riposati, saranno meno aggressivi e depressi.
I dati sul cyberbullismo allarmano e la Lombardia punta a una legge
condivisa che contrasti il fenomeno. Colpisce gli adulti il
cyberbullismo tinto di sesso, ma è altrettanto grave quello che attacca
ogni tipo di «minoranza» che esca dallo standard vincente fissato da
quel particolare gruppo. L'illusoria vicinanza della rete sostituisce
la fatica del contatto personale. Ma è ciò che si cerca, nel bene e nel
male. Dieci anni fa li piazzavamo davanti ai cartoni.
Adesso nel passeggino gli passiamo in automatico lo smartphone,
sonaglio tecnologico. Appena camminano, fan da sè. La scuola spinge sul
digitale. Il mercato spinge sul digitale. Cos'altro devono usare per
esprimersi, se dalla nascita conoscono questo?
Anche per insultarsi, anche per ferire, anche per vendicarsi? Certo.
I loro fratelli e sorelle maggiori, quando simpatizzano con qualcuno, non escono
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dal confronto con la realtà fisica si espande senza confini.
E il genitore si stacca per un momento dal suo smart e sbigottito
constata che il bambino è diventato un energumeno. Ma subito controlla
in Google e tira un respiro di sollievo perché , siccome in rete si
trova di tutto, trova anche l'assicurazione che non è di sicuro colpa
di suo figlio.
Un così bravo ragazzino.
Tutto suo padre/madre.
Non stupisce che le vittime del bullismo a distanza siano in maggior
numero le femmine, tendenzialmente più individualiste, meno capaci di
proteggersi col gruppo e più affamate di relazioni personali.
Basta uno scostamento dal modello del branco per diventare il bersaglio ideale: isolato e disorientato.
Sparano i maschi, ma anche le altre femmine.
Nel desiderio di farsi accettare si compiono imprudenze che la rete fa
pagar care. E poi ci si odia fino all'anoressia, alla depressione, al
suicidio.
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Per
una migliore lettura della tabella della popolazione scolastica
lombarda tra zero e 18 anni aprite l'immagine in un'altra finestra
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a
due per conoscersi e saggiare il terreno, perché potrebbero essere
catturati e messi in rete, bollati prematuramente come coppia e messi
alla berlina.
Discrezione l'è morta, come la privacy. Aggiungi la sparizione
dell'allenamento alla fisicità che dà il gioco di gruppo giocato da
bambini: vero, libero. Dell'allenamento sociale dei litigi senza madri
o nonne al seguito. Dell'apprendimento delle regole di convivenza nei
rapporti fra pari; il venir meno dei doveri del fratello maggiore
perché non c'è una sorella minore. Ora, quando arrivano la tempesta
(ormonale) perfetta, lo smarrimento della preadolescenza, guai a scuola
o in famiglia, il canale di sfogo non può che essere cyber. E tanti
saluti alle sagge riflessioni sulla risonanza, la ridondanza, la
moltiplicazione del danno. L'istinto di distruzione non regolato
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Nel
desiderio di farsi accettare si compiono imprudenze che la rete fa
pagar care. E poi ci si odia fino all'anoressia, alla depressione, al
suicidio. E gli altri? Le paludi del conformismo cominciano presto:
piuttosto che diventare vittima, meglio stare con la maggioranza.
Una legge sul cyberbullismo serve come segnale agli adolescenti, ma è
in fondo un cerotto su una piaga sporca. Tranquillizza gli adulti che
non sanno come gestire la faccenda, ma non guarisce la ferita sociale
di una generazione che va riportata a poche cose autentiche, a poter
gustare relazioni umane e affettive proporzionate, a emozioni che
derivino da esperienze concrete.
Quindi?
L'uso della rete è ormai parte dell'educazione affettiva familiare.
Come in tutte le educazioni, non si assorbono le dichiarazioni, ma i
vissuti.
Susanna Pesenti
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