Il
mondo del lavoro cambia e le truffe si adeguano: al lungo elenco di
finte aziende, finti lavoratori e compensazioni truffaldine ora si
aggiunge l'indebito utilizzo degli sgravi contributivi riconosciuti
alle aziende che assumono dipendenti a tempo indeterminato. Secondo
l'Inps, solo per il 2015, fra loro ce ne sono centomila che non
avrebbero avuto diritto alle esenzioni introdotte con la legge di
Stabilità perché privi dei requisiti richiesti. Grazie a loro le
aziende hanno risparmiato, e sottratto alla contribuzione, 100 milioni
di euro e altri 500 ne risparmierebbero nei prossimi anni. Seicento
milioni che l'istituto guidato da Tito Boeri vuole ora recuperare
attraverso la «vigilanza documentale », ovvero controlli da fare ex
ante incrociando i dati provenienti da varie amministrazioni.
Una metodologia, questa, con la quale l'Inps intende potenziare le sue
attività preventive e parare i colpi del blocco del turn over:
«Perdiamo cento dipendenti al mese - ha detto Boeri - servono
investimenti per aumentare la presenza sul territorio e servono nuove
competenze» (l'età media dell'Inps supera i 55 anni). È infatti sulla
“intelligence” che l'istituto punta per recuperare contributi evasi e
collaborare così alla riduzione del debito pubblico. Gli spazi di
recupero ci sono e non riguardano solo le esenzioni non corrette. Dai
dati presentati da Boeri e Gabriella Di Michele, direttore delle
Entrate dell'istituto, emerge una mappa di finzioni e truffe: 700
imprese fittizie e 30 mila finti lavoratori che indebitamente
percepivano sostegni al reddito portati alla luce solo nel biennio
2014-15. Altre 500, secondo le stime Inps, potrebbero essere stanate
entro il 2016. «Abbiamo investito sulla vigilanza documentale ha
spiegato il presidente Inps - incrociamo i dati delle nostre banche
dati con quelli dell'Agenzia delle entrate e del ministero del Lavoro,
vogliamo intervenire ex ante, prima che si verifichino comportamenti
omissivi. Vogliamo fare un'operazione di deterrenza».
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Un
progetto non conforme e falsi registri di contabilità realizzati per
ottenere dall'Anas denaro per lavori mai realizzati. È quanto emerso
dall'indagine della Guardia di Finanza, diretta dalla Procura della
Repubblica di Vibo Valentia, che ha portato al sequestro di un tratto
dell'Autostrada A3, tra Mileto e Rosarno.
Nell'occhio del ciclone la ditta bergamasca Cavalleri. In particolare i
falsi documenti riguardano lo smaltimento di rifiuti provenienti dalla
demolizione di sovrastrutture stradali. Nel provvedimento di sequestro
del tratto autostradale viene evidenziato che la falsa documentazione
relativa ai rifiuti da smaltire è stata infatti realizzata dall'impresa
bergamasca «Cavalieri Infrastrutture», di Dalmine. Sono 21 gli
indagati, tra cui tre residenti in provincia di Bergamo: Gregorio
Cavalleri, Vincenzo Musarra e Carla Rota.
I rifiuti erano diretti «per lo smaltimento alla società Ecosistem, un
conferimento di tale tipologia in realtà mai effettuato per un
quantitativo pari a 2.919.610 chili, relativo alle mensilità di ottobre
- dicembre 2012 al fine di ottenere un incremento della indennità di
discarica per materiali inquinanti».
I falsi documenti hanno indotto in «errore l'Anas, ente pubblico
deputato a corrispondere la predetta indennità e procuravano un
ingiusto profitto alla società Cavalleri Infrastrutture, rappresentato
dalla liquidazione a titolo di indennità di discarica per 403 mila
euro».
Nella notte i sigilli sono stati posti al viadotto sul fiume Mesina, un tratto lungo circa 8 Km dell'A3,
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compreso fra gli svincoli di Mileto e Rosarno, in entrambe le direzioni.
Per adesso, il provvedimento non pregiudicherà la circolazione, perché
la procura ha disposto il sequestro con facoltà d'uso dell'opera. Su
quel tratto di strada infatti, tecnici e consulenti sono ancora al
lavoro per valutare l'eventuale pericolosità dell'opera, mentre è
totalmente interdetto a mezzi e operai il cantiere sottostante, più una
strada interpoderale ad esso asservita e un tratto della strada
provinciale 58.
Il problema - stando a quello fin qui emerso - è che l'opera realizzata
dalla ditta Cavalleri infrastrutture sarebbe non solo totalmente
difforme rispetto al progetto originale, ma anche eseguita in totale
spregio del rischio idrogeologico. I piloni che sostengono il viadotto
sono infatti nei pressi del fiume Mesina, corso d'acqua irrequieto che
attraversa la zona e ha già più volte esondato, allagando la vicina
provinciale e le aree circostanti.
Sul registro degli indagati sono finite ventuno persone, accusate a
vario titolo di reati di disastro doloso, falso ideologico e materiale
in relazione alla concessione di lavori in sub appalto senza la
prescritta autorizzazione da parte della Stazione appaltante e truffa
aggravata ai danni di ente pubblico in relazione all'indebita
percezione di pagamenti per smaltimento di rifiuti di lavorazione,
attestato mediante falsa documentazione.
Fra gli indagati ci sono i progettisti e i vertici dell'azienda.
L'inchiesta, tra l'altro, nasce da una costola di una più ampia
indagine sulla ditta Cavalleri infrastrutture, impegnata anche nella
costruzione della trasversale delle Serre, strada di collegamento fra
l'entroterra montano vibonese e le due coste della Calabria, che da
circa quarant'anni attende di essere completata.
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Dalle
prime ore dell'alba, 280 finanzieri del Comando Provinciale di Brescia
stanno eseguendo un centinaio di perquisizioni nelle province di
Bergamo, Brescia, Lodi, Milano e Varese, disposte dalla Procura della
Repubblica di Brescia e scaturenti da complesse indagini di polizia
giudiziaria nel settore delle frodi fiscali.
Le investigazioni, condotte dai finanzieri della Compagnia della
Guardia di Finanza di Chiari, sono tuttora in corso, ma è già stata
accertata l'operatività di una vera e propria organizzazione, radicata
nell'Ovest bresciano, dedita alla fraudolenta gestione di numerose
aziende, per lo più del settore edile. Al centro dell'organizzazione è
risultato essere uno studio commercialistico lombardo “specializzato”
nel fornire “particolari” consulenze aziendali, in favore di
spregiudicati imprenditori, finalizzate a frodare l'Erario tramite
illecite compensazioni d'imposta, ovvero attraverso la falsa
costituzione in bilancio di crediti nei confronti dello Stato
(essenzialmente crediti IVA) da utilizzare in compensazione di debiti
(specialmente contributi previdenziali) che, quindi, di fatto non erano
versati. In sostanza, un modo illecito per azzerare il cuneo fiscale,
con conseguente rilevante danno per le casse dello Stato e grave
distorsione del mercato. L'indagine ha messo in luce un vero e proprio
“sistema”: i componenti dello studio commercialistico, pienamente
consapevoli che la maggior parte delle società in questione erano
intestate a meri prestanome, intrattenevano regolari rapporti con i
veri amministratori delle imprese incriminate. Non solo, spesso i
prestanome erano procacciati dallo stesso studio commercialistico, che
curava anche tutte le pratiche concernenti le fittizie domiciliazioni
delle sedi societarie dei propri clienti, così da metterle al riparo da
possibili interventi da parte degli Organi ispettivi.Lo studio
assicurava anche ordinaria consulenza a “normali” società ma, in via
prioritaria, forniva assistenza alle imprese che intendevano portare a
termine frodi fiscali e previdenziali, in particolare creando appunto,
nella contabilità delle aziende, le fittizie “provviste” di crediti IVA
da compensare con debiti tributari e previdenziali.
In questa fase investigativa sono già stati deferiti all'Autorità
giudiziaria 69 soggetti per le ipotesi di reato di truffa aggravata,
impiego di denaro o di beni di provenienza illecita, dichiarazione
infedele, omessa dichiarazione ed indebite compensazioni per una frode
che, per quanto fino ad oggi già accertato, ammonta a circa 70 milioni
di euro.
Le perquisizioni in corso sono finalizzate ad acquisire gli elementi
necessari ad individuare ulteriori soggetti coinvolti nella frode.
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