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Nuovo
sito web (in occasione dei 30 anni di internet?) del Comune di Curno.
Un home page coi profili azzurrini, stile camicetta dei maschietti al
pranzo della prima comunione (siamo giusto in tempo…) in perfetto
stile democristiano «di sinistra». Però. In primo piano il noto
monumento ai caduti riciclato e la facciata del municipio cui noi
abbiamo corretto la scritta mettendo i... puntini sulle "i" perché i
dicci del tempo vollero risparmiare (un po') sul rame della scritta.
Non ci crederete ma è rame vero.
E' notoria il poco amore della sindaco Serra verso i nuovi media e il divieto assoluto ai suoi
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di partecipare a blog di pertinenza politica indigena.
Come è normale trovare delibere dove non si conosce ancora il sistema
di assemblare diversi PDF. Forse non sanno neppure che esiste in
abbonamento. Ghe mia i solc! Come è normale trovare delibere nel
pretorio dopo qualche tempo “spogliate” degli allegati.
Un sito del comune (forse)
dovrebbe perlomeno consentire un dialogo
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Il sito
del comune dovrebbe consentire un dialogo pubblico bidirezionale tra cittadini ed assessori (e sindaco) ed essere l’archivio
di tutti gli atti
pubblicati.
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pubblico bidirezionale tra cittadini ed assessori (e sindaco) ed essere
il magazzino di tutti gli atti pubblicati (almeno degli ultimi 5 anni).
Dio ce ne scampi, deve pensare la sindaco Serra sia del dialogo coi
cittadini che della pubblicità (eterna: diciamo almeno quinquennale)
degli atti. Cogli l'attimo (per gli atti) che poi scappano. Un
sito scontatamente autoritario, perchè sia chiaro che il
cittadino é un suddito che al comune si rivolge per avere amore pietà
misericordia un sorriso e non per far valere qualche suo diritto. Sito
inutile ed una spesa buttata per metà. Forse anche di più.
Per fare una cosa così modesta,
bastava dare 600€ al mese a un assessore volenteroso.
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La
Latrina di Nusquamia, sito di sponsorizzazione dell'ex sindaco del
buongoverno (detto da lui di se medesimo…) Angelo Gandolfi gestito dal
suo sodale Claudio Piga da Trezzo, da qualche tempo sta conducendo una
campagna apparentemente “contro” la Lega e il CDX per quella che
sarebbe una “montatura mediatica della cosiddetta Nuova moschea di
Curno” organizzata dalla Lega e del CDX (?) col supporto mediatico di
un grande giornalista del Bugiardino.
Tutto il bordello messo in piedi dalla Latrina di Nusquamia dura da
qualche mese ed apparentemente si manifesta come una difesa della
verità in vantaggio
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La
stessa lettera di Gandolfi al sindaco con la pretesa speranza che
venisse letta in consiglio chiede e pretende che siano dette cose
impensabili senza una regola. Chiede il Gandolfi: “penso perciò che i
cittadini si aspettino da lei rassicurazioni riguardo agli aspetti
quantitativi e qualitativi di questo trasferimento. Quantitativi: a
quanto ammonta il fattore di incremento di capienza del centro
culturale islamico? Qualitativi: in merito ai disagi per la
popolazione, in occasione delle festività islamiche. Sono precisamente
i fattori quantitativi e qualitativi che mettono in apprensione la
popolazione di
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dell'amministrazione Serra contro le falsità degli ex amici (di Piga& Gandolfi) nella Lega e CDX.
La realtà è molto più banale. Lega e CDX dopo avere appreso con qualche
mese di ritardo che l'attuale centro islamico presente a Curno dal
lontano 1997 avrebbe intenzione di spostarsi in un capannone più ampio,
mentre era pendente il giudizio della suprema corte sulla
costituzionalità della legge maroniana sulle moschee hanno
organizzato una
fallimentare raccolta firme
hanno organizzato una fallimentare
per chiedere un referendum
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Doppi e bugiardi
come al solito.
Fingono di difendere il paese con ragionamenti razzisti
usando un problema
che non esiste
contro un sindaco
che senza legge di riferimento
non può fare
nulla.
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Curno,
anche in relazione alla perdita di valore delle proprietà, come lei ben
dovrebbe sapere. In assenza di vincoli precisi e coercitivi e
rassicurazioni cogenti, pur lontano dalle posizioni fondamentaliste
della Nuova destra curnense, sarei costretto a pronunciarmi in senso
contrario a tale trasferimento”.
Se un sindaco si pronunciasse “prima” della nuova legge regionale e
della modifica al PGT sarebbe accusato di abuso d'ufficio, e non c'è
bisogno di spiegarlo.
Dall'intervento del Gandolfi emerge
una visione bottegaia e razzista
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curnese sulla “nuova moschea”. News
abbastanza enfatizzata dal Bugiardino il quale ha avuto la sfrontatezza
di non domandare il supremo parere della Latrina di Nusquamia, alias
Piga&Gandolfi.
Ovviamente la richiesta del centro islamico di spostarsi s'è fermata in
attesa delle “superiori deliberazioni” nazionali regionali e poi
comunali attraverso una integrazione del PGT con l'inserimento nello
stesso delle regole sui “luoghi di culto”.
Ma tutto il bordello messo in piedi dalla Latrina, mentre appare
formalmente diretto alla difesa di improbabili diritti di
informazione ai cittadini e di polemica strumentale contro i loro ex
amici nella Lega e nel CDX, in realtà mira a tenere sotto fuoco la
giunta Serra, la quale s'è mossa correttamente anche se varrebbe la
pena usasse più i mezzi istituzionali che le pagine del Bugiardino e di
BGTV.
Questo atteggiamento da accoltellatori è tipico della Latrina e ne è il
carattere fondamentale: ormai conosciuto anche dai sassi. |
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del problema: non voglio una moschea
perchè casa mia si svaluterebbe. Il che è una cazzata al cubo dal
momento che potrebbe saltar su un altro imbecille a chiedere che non si
facciano chiese cattoliche perché svaluterebbero la sua villetta a
schiera fieramente fascista.
Insomma nonostante l'intorcionarsi alla fine salta fuori la vera “vena”
culturale e politica della Latrina: teniamo sulla graticola la
Serra facendo polemica contro gli avversari su un tema del quale
questi contano zero.
Naturalmente le cime politiche che governano il PD curnese non
potevano esimersi dalla loro inutile sboronata con un volantino
di due pagine. Nel quale oltre la solita sequela di banalità perbeniste
non hanno il coraggio di dire con chiarezza le due cose certe e
dicibili. Che Gandolfi e la sua Latrina smettano di strumentalizzare un
problema che non esiste. Forse ci sarà tra tre anni. Forse. Che la
libertà di culto è un diritto costituzionale e ne un referendum
positivo ne una delibera di consiglio possono sopprimerlo. E' maggio.
Viene il caldo a la latrina puzza più che prima. |
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“Metti
che nel tuo salone s'improvvisi una sala parto e che alla fine tra urla
e sangue vada tutto bene”. E poi magari ti guardi dentro e ti chiedi
perchè non ti sei mai occupato di un italiano che se la passa male,
scoprendo quella natura egoistica che cova dentro la maggior parte di
noi. Se poi casualmente fai il giornalista e qualche contatto lo hai
cerchi di aiutarla anche per il “dopo” e cioè dal momento in cui i
riflettori si spegneranno. Consapevole che per un caso finito bene ce
ne sono cento, mille, diecimila che non si conosceranno mai. I drammi
dell'intera umanità non potrò mai risolverli, ma mia nonna mi
raccontava da piccolo che se salvi un bambino salvi il mondo.
Ora però, risolti i problemi di questa disgraziata, spero di risolvere
i miei. Quel giorno, mentre ricevevo decine di telefonate da giornali,
radio e tv, mi accorgevo che qualcosa dentro di me si era rotto. Forse
per la prima volta avevo netta la percezione della finzione nella quale
siamo immersi, dell'inutilità di vivere in quartiere elegante della
capitale se a 5 metri dal tuo portone c'è un mondo che vive nel
sottoscala dell'umanità.
Avevo visto due o tre volte quella donna che con la pancia sempre più
gonfia si trascinava con la figlia di un anno in uno scantinato. Quando
l'ambulanza del 118 quella mattina l'ha portata via insieme alla
neonata, mi sono ritrovato imbrattato di sangue come nella scena di un
delitto. Poi però in quello scantinato rimasto aperto sono entrato e ho
girato il video che ha
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fatto il giro delle tv. Sette, otto
metri quadrati, un giaciglio, vestiti e stracci ammassati in ogni
angolo, confezioni di latte in polvere di marca cinese, scatolette di
legumi consumate a metà, un fornello elettrico accanto alla tazza del
water e il ciuccio del biberon conficcato nel buco del lavandino sporco
come una porcilaia. Non un frigorifero, non un televisore. Una sorta di
grotta di Betlemme versione moderna, oggi fa scena dire 2.0 anche se in
questo caso sarebbe più giusto parlare di due sotto zero perchè non
c'era nemmeno uno scaldino e immagino che fino a marzo abbia fatto
molto freddo. L'unico contatto con il mondo esterno era un cellulare
che la donna stringeva tra le mani come un salvagente nel Mediterraneo
di un condominio ostile e che non ha mai lasciato nemmeno negli attimi
del travaglio. |
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E il marito? Quando l'ho chiamato sul cellulare lasciatomi dalla moglie
mentre la barella se la portava, la risposta è stata di quelle che ti
aprono un mondo. «Grazie, signore..grazie tante per.. aiuto... ma fino
a domenica no venire. Faccio badante a un anziano che non si muove dal
letto e se lascio muore».
Era giovedì, e così è stato. È arrivato al policlinico Gemelli domenica
a mezzogiorno, il tempo di registrare la figlia e alle 18 di nuovo in
servizio fino alla domenica successiva. Da una settimana la sorellina
di un anno è a casa mia. Gioca con mia moglie e i miei figli.
Pensavo di aver visto tutto nella vita e invece mi sbagliavo. Per 16
anni ho girato l'Italia e il mondo come inviato seguendo guerre,
terremoti, tzunami, catastrofi varie e quindi storie ancora più
drammatiche di questa.
Una collega ha fatto un'osservazione bellissima: che il
miglior reportage l'ho fatto senza
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muovermi da casa , un paradosso per un inviato. Il fatto è che inviato
non lo sono più. Mi considero un vecchio arnese che un tempo si
occupava di cronaca, interessato ormai ad altro, in particolare ai miei
due bambini. La vita cambia ed è giusto adeguarsi ai cambiamenti. Da
parte mia non resta che un'ultima missione da compiere, non più come
giornalista ma come cittadino. Castigare i responsabili che tenevano
segregata questa donna nel tugurio. E - nei limiti della legge- sarò
spietato. È anche lei una donna, anche lei una filippina che tempo fa
si è appropriata con uno stratagemma dell'appartamento dove un tempo
viveva di una coppia di anziani facoltosi. Ha sposato il vedovo 90enne
poco prima che morisse. A volte i cattivi sono anche gli stranieri, o
meglio quelli che si arricchiscono e trattano come schiavi chi è
rimasto nel girone di sotto. Niente di nuovo, funzionava cosi anche il
meccanismo dei kapò, bastava fare stare loro un tantino meglio. Poi mi
divertirò a raccontare tutto questo a quei condomini che chiamavano la
signora con la pancia che sporgeva come un davanzale a fare le pulizie
in caso loro, verosimilmente pagandola in nero. E non si chiedevano
nemmeno dove lasciasse la piccola che aveva con lei. Fatto questo giuro
che uscirò definitivamente da questa storia che mi ha travolto. Una
storia più grande di me che evidentemente quella mattina mi è venuta a
cercare per essere raccontata.
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Bisogna
avere il coraggio che hanno avuto i bambini napoletani di Caivano:
hanno guardato e raccontato senza paura le scene di prevaricazione
sessuale subite da loro e dalla loro amica morta. Il coraggio dunque di
vedersi in quelle scene, di avere coscienza di sé e degli adulti che
erano sopra i loro corpi. Gli uomini e le donne devono fare la stessa
cosa, guardare il desiderio maschile, la sessualità degli uomini con la
stessa aspra verità: la sessualità maschile, formata in millenni di
storia, contiene la sopraffazione, l'ambivalenza tra amore e possesso
violento, la seduzione dell'innocenza inconsapevole che rende quei
gesti carichi di un
erotismo che nei secoli non era visto
come malato. E le donne devono vedere la subalternità femminile che
ricopre tutto, giustifica tutto per salvaguardare i legami famigliari,
avere un uomo conservare la normalità agli occhi
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degli
altri, sacrificando gli stessi figli, retaggio anche qui di millenni di
storia. E deve averlo anche la Chiesa questo coraggio, non solo per
denunciare e punire gli abusi,
ma per mettere
in pratica
l'insegnamento rivoluzionario del vangelo:" non scandalizzate i
bambini". Deve analizare, capire profondamente perchè in un ambiente di
soli uomini, che hanno scelto la
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castità,
il corpo dei bambini, immagine di quella purezza tanto decantata, viene
usato e depredato. Quando abbiamo lanciato la campagna “Mai più
complici”, abbiamo detto che la violenza contro le donne è un fenomeno
antico che viene
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usato
oggi contro la nuova libertà delle donne,
abbiamo chiamato gli uomini a parlarne accanto a noi. Dobbiamo dire,
allo stesso modo, che l'uso dei corpi dei bambini a scopo sessuale,
nasconde una sessualità maschile arcaica, su cui non ci si è mai
interrogati veramente, e una subalternità femminile che le donne
non vogliono vedere.
Solo se allar-ghiamo
il nodo stretto delle relazioni fisiche impari che la storia tra i
sessi ci ha consegnato, solo se ci vediamo noi stessi in queste
relazioni, come hanno fatto i bambini napoletani, possiamo trasformare
il sorriso di Fortuna, esibito dalla madre, in una gioia privata e vera.
(Cristina Comencini)
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L’intervista alla preside dell’Istituto Viviani, a cento metri dal palazzo di Parco Verde a Caivano.
«Sono devastata e delusa. Di fronte a tanto degrado, che imporrebbe
scelte ferme e coraggiose a cominciare dall'istruzione, la politica si
piega alla logica del consenso o della burocrazia. E si decide di
smembrare questa scuola media». Eugenia Carfora è la preside “di
ferro”dell'istituto Viviani, cento metri dal palazzone degli abusi del
Parco Verde: scuola che a settembre sarà soppressa e divisa in 4
presìdi. È la dirigente che già 5 anni fa, nel docufilm del regista
Andrea Barzini “I giorni buoni” (le vite dei minori a rischio
raddrizzate dalla comunità di recupero Jonathan),
diceva a muso duro dei “suoi” ragazzi: «Prima della camorra, li uccide
l'inerzia delle famiglie, l'abbandono del rione. I maschi sempre in
strada, le femmine sul letto».
Preside Carfora, anche per lei questo orrore era quasi annunciato?
«Dove regna l'anarchia, l'ignoranza, dove tanti genitori non sono
genitori, e la promiscuità è tanta, perdersi diventa quasi normale. La
scuola deve combattere, se necessario. Io, al Parco Vede, andavo a
citofonare alle case per capire perché i figli non venissero in classe».
Ora che alunni e docenti della scuola saranno ripartiti tra vari istituti, sente tradita la sua battaglia?
«Sì, il dolore più grande me lo hanno dato quelli che hanno anteposto
gli equilibri politici e non i ragazzi. La continuità di formazione e
relazioni, il progetto didattico, saranno interrotti. Un consigliere Pd
disse che la soppressione era giusta, e Parco Verde doveva tornare
“alla normalità”. Cosa aggiungere?».
Lei ha scritto spesso direttamente alla Procura Minori. È vero che i servizi sociali erano “lenti”?
«Chi vuole salvare i ragazzi deve giocare sul tempo, riempire gli spazi
vuoti. Non bisogna aver paura di riportare quei ragazzi scomodi a
scuola, a costo di essere impopolare. La burocrazia affida agli “altri”
il compito di “salvarli”, o di fare di loro il “nulla”. Qui, chi
propone modelli formativi “non accomodanti” fa perdere consenso e va
abbattuto».
( Conchita Sannino).
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Deborah Dirani
Donna, prima. Giornalista, poi.
Non sto con Augias: i bambini non sono mai oggetti sessuali
Lasciare intuire, seppur velatamente, che la presunta sessualizzazione
delle bambineè all'origine degli abusi di un pedofilo depravato è
tentare di alleggerire l'abominevole colpa di cui si è macchiato. È lo
stesso principio secondo il quale una donna con la mini, che si ritrova
sbattuta a terra e violata da uno stupratore, se l'è andata a cercare.
Fortuna aveva i boccoli biondi e nella foto "dello scandalo" era in
posa, cercava di essere carina. Ammiccava all'obbiettivo, a chi vi era
dietro. Non strizzava l'occhio alla libidine di un adulto. Manco lo
sapeva, povera bambina, cosa fosse la libidine. E non lo sanno le
bambine di tutto il mondo che stressano le mamme per mettere il
lucidalabbra in discutibile accoppiata col pannolone. Non lo sanno le
bambine che, guardando dei cartoni dove le protagoniste hanno gonne
inguinali o tutine attillate, vogliono vestirsi allo stesso modo.
E non le hanno nemmeno le mamme che, lo ammetto, conciano le loro
figlie come bamboline improbabili. Che non lo fanno certo per favorire
le fantasie malate di qualcuno, per solleticargli la perversione di un
desiderio abietto. Lo fanno perché a loro piace così, indipendentemente
dalla classe sociale (quando la pezza è peggiore del buco...). Perché
il buon gusto nel vestire se stesse o le proprie figlie non si
acquisisce con lo studio disperato dell'enciclopedia britannica o con
un conto corrente a 9 zeri. È questione di sensibilità e modelli di
riferimento: io mia figlia non la vestirei mai con un sari rosa,
eccezione fatta per una festa di carnevale, a Nuova Delhi sarebbe
normale, qua no. Qua è normale vestire le bambine come piccole donne:
entrate in un negozio di abbigliamento e ditemi se non vi imbattere in
almeno tre tipologie diverse di leggins panterati, leopardati o
tigrati. Quindi, gentilmente, non accusate le mamme e le loro bambine
di trasformarsi con quotidiana malizia in oggetti del desiderio
sessuale. Una donna, a qualunque età, ha il sacrosanto diritto di
vestirsi come le pare senza farsi manco sfiorare dal dubbio che ci sia
un malato di mente che legge nella sua carne un invito ad abusarne.
Non ribaltiamo la realtà per piegarla a spiegazioni che mostrano come,
anche tra coloro che hanno titoli di laurea e sono baroni riconosciuti
della cultura, si nascondano sacche di classismo maschilista. Perché se
Corrado Augias non aveva mai visto prima la foto posata di una bimba
che gioca a fare la grande il problema è suo che vive in un mondo che
non esiste più e che, permettetemi di dirlo, non sono sicura fosse poi
tanto migliore di questo. Perché nel suo mondo, quello in cui i bambini
"vestivano alla marinara", il reato di stupro era contro la morale e
non contro la persona. Perché l'aborto era illegale e il divorzio non
contemplato. Le bambine più povere venivano mandate a lavorare e
nessuno insegnava loro che un uomo non è in nessun caso il loro padrone.
Se il prezzo della libertà di autodeterminazione che dobbiamo pagare è
vedere delle bimbe vestite di improbabili lustrini, mi sta più che
bene. Conosco ragazzine che arrivano a malapena al banco di prima
elementare che pretendono di acconciarsi come starlette da TV locale e
se ne vanno in giro con la stessa tranquillità delle loro coetanee in
calzettoni al polpaccio. Perché i bambini non sono oggetti sessuali.
Mai, in nessun caso.
Chiunque in una chioma bionda e un sorriso ammiccante (alla mamma che
scattava la foto) legga altro dalla normalità del mondo di oggi, forse,
dovrebbe iniziare a dubitare della propria capacità di intendere il
presente. E, infine, chiunque sia capace di accusare la mamma di
Fortuna (che di colpe di sicuro ne avrà, ma non certo questa) di
vestire sua figlia da Lolita per soddisfare la sua frustrazione di
donna che avrebbe voluto fare la velina sposata a un calciatore ed è
finita col fare la sciupata moglie di un galeotto dovrebbe ricordarsi
che sognare per la propria figlia un destino migliore di quello a che
si vive, non solo è lecito, ma anche doveroso. Che non tutte le mamme
vogliono le figlie laureate con lode e bacio accademico. E noi, che
siamo laureate e abbiamo avuto pure 'sto bacio, dovremmo smetterla di
sentenziare su cosa sia lecito desiderare per i figli non nostri.
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Paola Tavella
Giornalista, scrittrice
Dalla parte
di Corrado Augias
Sono sbalordita dalla polemica esplosa in rete contro Corrado Augias.
Mi è capitato di ascoltarlo la sera di martedì 3 in diretta e sono
stata subito d'accordo con lui. Ha detto qualcosa che molte volte noi
femministe abbiamo detto e scritto, e cioè che vestire e acconciare le
bambine come donne adulte è servitù allo sguardo maschile, fa parte
della cultura pedofila e le espone a gravi rischi.
Noi femministe abbiamo combattuto le inserzioni pubblicitarie in cui le
bambine sono costrette a atteggiarsi come donne sexy, emaciate,
imbronciate, truccate. Abbiamo denunciato l'orrore dei concorsi di
bellezza per bambine, che sembrano sfilate per pedofili, cataloghi di
Barbie in miniatura. E vi ricordate che gli italiani sono i primi nel
mondo per turismo sessuale, che vanno in Thailandia, in Brasile, in
Vietnam a farsi una minorenne dopo l'altra per pochi soldi? Allora
riconosciamo che Augias ha ragione. Anzi, ha detto qualcosa che viene
subito in mente guardando la foto di Fortuna, perché Fortuna, povero
amore, in quella foto ha l'atteggiamento di una soubrette.
Ma Fortuna, povero amore, aveva cinque anni. A cinque anni non si
assumono spontaneamente quegli atteggiamenti, a cinque anni si corre
con la coda di cavallo al vento, spettinate e forse anche un po'
impolverate. Invece sui manifesti, sui giornali in televisione non si
vedono altro che bambine in pose maliziose che imitano le ventenni, o
la cui innocenza, tenerezza, vulnerabilità viene sfruttata per
pubblicizzare qualunque prodotto. A una bambina usata così può far
piacere essere al centro dell'attenzione per un attimo, ma intorno a
lei e al suo corpo girano un sacco di soldi e molti interessi che non
la riguardano affatto.
Le bambine sono bambine, non merce. E io credo che le madri dovrebbero
essere le prime a proteggerle dall'esibizionismo, dalla moda di
scimmiottare le adulte. Invece ognuno di noi vede in giro madri che
vestono ne ho conosciute alcune che vestono le bambine come se stesse,
e viceversa: leggins aderentissimi, stivaletti, maglietta che lascia
scoperto il "pancino", o le spalle. Al mare vedo bambine in tanga, il
sederino nudo, e un reggiseno (inutile) microscopico, ma non sarebbe
meglio evitare, lasciarle andare in giro con i pantaloncini come i loro
fratelli? Questo discorso non riguarda affatto i proletari e i
sottoproletari di cui tutti vanno cianciando in queste ore disperate,
nel tentativo di allontanare da sé l'orrore accaduto a Fortuna Loffredo
e ad Antonio Giglio, che a tre anni era volato giù dal tetto prima di
lei.
Lo stupro, la pedofilia, le estreme conseguenze di una sessualità
violenta che è diffusissima, che fa morte, ferite, traumatizzate per
sempre e non viene mai messa in discussione, è di tutte le classi
sociali, di tutti i livelli culturali, di ogni latitudine, e i dati lo
dimostrano. Ricordo le prime riunioni femministe, negli anni Settanta,
quando ci si raccontava a vicenda la propria vita, e pochissime,
davvero pochissime, non erano state molestate e spesso abusate da zii,
nonni, amici di famiglia, preti, istruttori di ginnastica, insegnanti,
educatori delle colonie estive. Qualcuna aveva chiesto aiuto agli
adulti, se aveva fiducia in loro, raramente erano state credute e
ascoltate. Per queste ragioni l'osservazione di Augias mi è parsa
pertinente e sensibile, ed è stata detta con tristezza ed estrema
delicatezza. Non giustificava i pedofili, al contrario: accusava
un'intera società che mette le bambine e i bambini a disposizione della
sessualità maschile più perversa e delle donne che la servono e la
coltivano con zelo - purtroppo non sono poche, e non solo in questo
campo.
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Vanna Iori
Deputata Pd, Responsabile minori, docente universitaria
I segnali inascoltati
della piccola Fortuna
Ai bambini piace disegnare. Il disegno è lo specchio dei pensieri e
delle emozioni. Positive e negative. Fortuna, la bambina violentata e
uccisa nel Parco Verde di Caivano, nell'hinterland di Napoli, disegnava
finestre con le sbarre, come una prigione. Case con due porte, figure
femminili cancellate con tratto forte, come fossero una minaccia. I
bambini ci dicono. Attraverso il disegno, i giochi. Lanciano segnali
che vanno oltre le parole non dette. Eppure quei messaggi restano
spesso inascoltati o in quel limbo tra disattenzione e sottovalutazione
da parte degli adulti che è propedeutico all'emarginazione, alla
violenza, all'abuso. A volte anche alla morte, come nel caso di Fortuna
e di Antonio, il bambino di tre anni precipitato dallo stesso palazzone.
Oggi è la giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia,
tra le più grandi vergogne dell'essere umano: dedichiamo questa
giornata a Fortuna, simbolo dei tanti bambini e delle tante bambine che
in Italia e nel mondo non hanno avuto la fortuna di sopravvivere a
questi drammi o che, al contrario, devono convivere ogni giorno con
l'orco, nel silenzio. Abbandonati anche, in molti casi, dalle madri,
che diventano complici del padre carnefice perché incapaci di
denunciare. Ascoltare è la priorità. Dalla famiglia agli educatori,
dagli insegnanti alla parrocchia allo sport: l'ascolto è fondamentale
per prevenire e aiutare i bambini.
Quello degli abusi sui minori è un tema complesso, che coinvolge più
versanti. Dall'adescamento al contesto socioculturale in cui avviene la
violenza, dal ruolo educativo dei genitori a quello delle istituzioni e
delle associazioni, solo per citare alcuni ambiti. Il tema
dell'ascolto, tuttavia, è ancora poco esplorato. Molti abusi sommersi
non vengono mai denunciati. Perché riguardano adulti nei quali i
bambini ripongono fiducia, abbassando così le difese e trovandosi in
condizione di maggiore "fragilità" affettiva. E anche per questo
tacciono, per paura, o per vergogna di colpe non loro. Sentimenti che
non trovano parole per essere detti. Adulti frettolosi che non sanno
ascoltare. Che precipitano nell'angoscia momentanea al pensiero che
potrebbe accadere ai loro piccoli, ma subito pronti a riprendere la
vita di sempre, fondamentalmente convinti che gli orrori riguardino
altri. Perché se un figlio si isola o diventa improvvisamente taciturno
o rifiuta di andare in palestra o in parrocchia, se smette di fare i
compiti, se cambia i suoi disegni che diventano "strani", se con le
bambole racconta storie "inventate", se scoppia a piangere per nulla,
se riprende a fare pipì a letto, se la notte non dorme, è più facile
pensare che "gli passerà", piuttosto che accorgersi della sua "bestia
nel cuore".
Ma il deficit di ascolto prosegue spesso anche quando gli abusi vengono
a galla. Pochi, ancora, gli avvocati che hanno competenze specifiche
per l'ascolto del minore durante la delicatissima fase di assunzione di
dichiarazioni durante lo svolgimento delle indagini preliminari,
nonostante nella Carta di Noto del 1996, integrata dal Protocollo di
Venezia del 2007, si dettino i principi sulle corrette modalità di
ascolto del minore abusato tra cui la necessità di avvalersi di
professionisti specificamente formati, che devono utilizzare
metodologie e criteri ritenuti affidabili dalla comunità scientifica e
un setting adeguato, tale da garantire la serenità del minore.
Queste indicazioni nascono dall'esigenza che l'ascolto del minore
avvenga correttamente sempre in via anticipata, sia perchè le prime
dichiarazioni dei bambini sono considerate maggiormente attendibili,
sia per accelerare il processo di elaborazione di vissuti dolorosi e
per evitare di ripetere interrogatori riguardanti le loro esperienze
traumatiche.
Proprio per questo il codice di procedura penale consente che l'udienza
possa svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale. Per evitare che
il minore violentato venga a trovarsi di fronte all'autore del reato,
si prevede che il suo esame possa esser effettuato con "l'uso di un
vetro a specchio unitamente ad un impianto citofonico", e anche che
possano poi essere utilizzate tecniche non discorsive, quali il
disegno, l'utilizzo di bambole e giochi. Ma talvolta è troppo tardi, se
l'ascolto non è avvenuto correttamente nelle prime fasi, al giudice
dibattimentale e a quello dell'incidente probatorio non serve più
usufruire di queste particolari modalità di acquisizione. Le ferite si
sono già richiuse nel silenzio.
Un ascolto autentico è invece rispettoso dei tempi dei bambini per
rielaborare le ferite, sa cogliere il significato dei loro silenzi, ed
è il primo strumento che abbiamo per prevenire gli abusi o il loro
reiterarsi. La tragedia della piccola Fortuna ci lascia questo
interrogativo amaro: perché nessuno ha saputo ascoltarla? Spetta a noi
affinare i sensori dell'intelligenza del cuore e uscire
dall'indifferenza che ci rende complici.
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