PRIMAVERA ALLO SPALTO DI SANTA GRATA

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Da oltre vent'anni Eugenio Scalfari si confronta pubblicamente con l'Io. In saggi, romanzi, articoli, ha più volte indagato la via per conoscere l'Io e sottrarsi al suo dominio. Ma poiché quella via è possibile solo nei casi in cui l'individuo riesca a liberarsi della memoria con cui presume di controllare se stesso e il mondo, è evidente che Scalfari non riuscirà mai in quello sforzo titanico di cui ha esplorato la teoria.
A novantadue anni, infatti, mentre, come dice lui, lotta contro l'anagrafe, la sua memoria è prodigiosa. Benché ripeta che “come a tutti i vecchi a me capita di ricordare benissimo fatti lontani ma non quelli più vicini”, in tre ore e mezza di chiacchiere, divagando sulla ripubblicazione del suo primo romanzo (Il labirinto, Einaudi, pp. 241, euro 19) e tutto quello che si porta appresso, Scalfari mi sconcerta con racconti dettagliatissimi, dalle memorie più lontane a quelle più vicine.

Ricorda perfettamente l'espressione che vide stampata sul volto di Arrigo Benedetti seduti in un taxi fra Ivrea e Torino dopo un incontro con Adriano Olivetti mentre si lottava per la creazione dell'Espresso. E ricorda nei minimi dettagli le parole con cui Alberto Asor Rosa pochi mesi fa durante un colloquio telefonico gli ha consigliato di far ristampare questo libro con cui esplorò per la prima volta la forma romanzo. Passa dalla storia d'America a quella d'Italia, da Lincoln a Trump, dai miti greci a Nietzsche, e quando il telefono squilla risponde a sua moglie e le dice: “Scusa sono già le due? Mi spiace faccio tardi. Come sai, divago”.

La divagazione. La forma romanzo. Il labirinto uscì nel 98. Due anni prima aveva lasciato la direzione di Repubblica. Era il tempo che prima le mancava?
No. Già nel 94 avevo pubblicato Incontro con Io. Non un romanzo ma il primo capitolo di una scrittura a metà fra la saggistica parafilosofica e l'autobiografia. La realtà è che io avevo deciso di lasciare la direzione del giornale molto prima, ossia nel momento in cui avessi maturato la pensione. Sapevo bene chi volevo come successore. Così, a inizio 90, volai a Parigi e chiesi a Bernardo Valli di prendere le redini del giornale. Lui era recalcitrante. Voleva continuare a viaggiare. Gli chiesi di dormirci su. Il giorno dopo mi disse che capiva quanto ci tenessi e malvolentieri accettava.
Tornai a Roma felice. Ma nel frattempo era successo qualcosa di enorme. Era cominciata la “guerra di Segrate” con Berlusconi che si alleò con i Formenton per avere il controllo della Mondadori. Dovetti rimanere alla guida del giornale per la gioia di Bernardo. Rimandai al 94, quando avrei compiuto settant'anni. Ma nel dicembre del 93 Berlusconi entrava in politica. Se avessi lasciato mi avrebbero accusato di connivenza con l'uomo che stava per vincere le elezioni. Rimandai ancora. Ma lo dissi chiaro e tondo: anche se rinasce Gesù Bambino quando compio vent'anni di direzione mollo. E così fu.


E scrisse questo libro.
Di cui adesso, rileggendolo, ho colto tutta l'attualità. Nel libro non parlavo esplicitamente del mito greco ma se andiamo a ripercorrere la storia del labirinto costruito da Dedalo a Creta su commissione del re Minosse ci chiarisce molte cose. Il labirinto deve nascondere il Minotauro, figlio di Pasifae moglie di Minosse ingravidata da un toro. Ma quel che a noi importa viene dopo. È la storia di Arianna e del filo che aiuta Teseo a introdursi nel labirinto e più tardi di Teseo che tornando a Atene abbandona Arianna. La ragazza si sveglia sola e trova un giovane bellissimo. Teseo l'ha lasciata ma Dioniso la prende con sé e la trasforma in una costellazione. Il filo resta in terra. È lì per chiunque voglia, ogni volta, prenderlo e portarci fuori dal labirinto. Perché siamo perduti in un labirinto. Ora più che mai. Serve qualcuno che prenda il filo e voglia salvare città, paesi, continenti dalla merda.

È uno dei miti che sono fondamento della nostra civiltà occidentale.
L'Europa è il cuore di questa civiltà. Quando mi dicono che è l'America m'incazzo. Ma la conoscete la storia? Chi arrivò in America a sterminare le etnie indie? Da dove? Quante lingue si parlavano in America? Una nazione unica? Macché. Quando Lincoln a capo dei nordisti s'impegna nella guerra di secessione, i morti ammontano a seicentomila, quasi il doppio di tutti i morti americani di prima e seconda guerra mondiale insieme. E per cosa? Per l'abolizione della schiavitù e l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Figuriamoci. Un secolo dopo serve ancora Martin Luther King a combattere per i neri. E l'uguaglianza di tutti? Ci vuole Kennedy perché un cattolico diventi presidente. E una donna? Forse ci riuscirà Hillary.

“I fatti nudi e crudi non esistono proprio” scrive nel Labirinto “Esiste solo la fantasia di chi li racconta”. Detto da un grande giornalista fa un certo effetto.
Ma io l'ho sempre ripetuto. Esiste solo l'interpretazione dei fatti che cambia a seconda di ciascuno di noi. Guarda, ne ho parlato anche col Papa. Lui mi diceva: lei crede che la verità sia relativa, ma per chi ha fede la verità assoluta esiste. Gli ho risposto: Santità, ognuno di voi quella verità la interpreta a modo suo. Lei interpreta quella verità da rivoluzionario e quasi da profeta ma poi affronta le resistenze dei vescovi. E lui mi ha risposto: ha ragione, ma siamo tutti d'accordo sul fatto che c'è una verità assoluta. Il problema è di come la si applica ai fatti in corso.

Nel suo libro è molto presente Nietzsche.
Dio è morto? Ma se è morto significa che era vivo. Cito Carrére ora. Dio ce lo siamo inventato noi. E finché esisterà una sola persona che lo inventa, Dio continuerà a esistere. Molti lo inventano per assicurarsi un aldilà. Il Papa allora mi ha chiesto: lei non crede in qualcosa oltre questa vita? E gli ho spiegato che credo che esista il caos, un caos in cui tutte le forme si disfano e da cui ne escono perennemente di nuove – intendo organiche e non organiche. Lo mostra la contraddittorietà del mondo. Viviamo in un labirinto costante, caotico.



E il compito dell'individuo è conoscere. Il suo eroe è Odisseo.
L'Odisseo dell'Odissea, non quello dell'Iliade. L'uomo che attraverso l'incontro con cinque donne diventa maestro di saggezza. Atena, Circe, Calipso, Nausicaa e infine Penelope. Ma è Atena la più importante. Perché trasforma l'uomo furbo in quello raccontato da Dante: l'uomo che cerca virtù e conoscenza. Io e Calvino,compagni di banco, lo dicemmo così: l'adolescenza è l'incontro con Atena. Noi abbiamo incontrato Atena insieme.

Atena prevale anche su Eros?
Sì, prevale. Eros mi è molto caro. Non nella forma del Cupido che aiuta Afrodite, ma nella forma dell'Eros cosmogonico, quello che nasce prima degli dèi olimpici e che è “Signore dei desideri di uomini e dèi”. Tuttavia Atena per me prevale.

Nel suo libro la morte è il centro. Forse perché ai nostri tempi la si rimuove?
No. La morte è presente al bambino fin dal momento in cui inizia a far esperienza del pericolo, e più tardi in maniera chiara quando fa esperienza del lutto e vede morire una parte di sé che sprofonda con il morto che se la porta appresso. È necessaria la morte per capire la vita di un uomo. Come potremmo capire l'Innominato dei Promessi sposi senza la sua morte e la sua conversione? E Don Rodrigo che solo alla fine invoca Dio? François Villon, un poeta che amo molto, ripete spesso che l'individuo può distinguere tutto quel che è fuori di sé ma se stesso non lo conosce mai.

Dobbiamo rinunciare allora?
Per nulla. Vedi, quando eravamo ragazzi, con Calvino, in una sala da biliardo, dopo che uno dei nostri amici bestemmiò per un punto sbagliato, decidemmo di cercare Dio. L'ho raccontato spesso. Calvino disse che dovevamo chiamarlo Filippo perché non potevamo dire di essere in cerca di Dio. Dopo una ventina di giorni fummo d'accordo. Filippo noi non lo troviamo. Continuiamo il viaggio? Decidemmo che ognuno era libero di cercarlo da sé. Io scelsi che avrei continuato a cercarlo. Oggi penso che il vero Filippo è quello che sta dentro di noi.

Lo ha detto al Papa?
Non proprio. Non gli ho parlato di Calvino. Però ho visto che Crozza deve averlo sospettato. Perché quando imita il Papa che porta il frigorifero alla vecchina, a un certo punto, quando è costretto a tornarsene a casa di nuovo con il frigorifero in spalla, gli suona il telefono. Fa rispondere a un suo aiutante che gli dice: “Santità, c'è Scalfari”. Allora lui si nega e gli fa: “No, no, digli che non ci sono, santiddio, sennò mo quello riattacca con la storia di Calvino”.












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22 APRILE 2016 – Attenzione, perché ieri l'altro non è morto un musicista. E' morto il musicista. Il genio dei geni. Prince Rogers Nelson alias Prince, alias Tafkap, alias The Artist, alias Symbol, alias quello che sarebbe venuto dall'inesauribile vena musicale di questo piccolo (solo nella statura fisica, e nella magrezza anni '70) nero di Minneapolis.
Piccolo e magro, un concentrato di musica, cervello e sesso. Un sesso sfrenato sia nell'ispirazione artistica che nell'immaginario femminile, ma pure in quello maschile.
Un concentrato di sesso, di desiderio come solo Freddy Mercury era stato, anche lui, benché omosessuale per sempre impresso nell'immaginario collettivo femminile. Ma la differenza è sostanziale, con tutti i meriti (e anche i demeriti) che vanno attribuiti a Mercury, vera bestia da palcoscenico, muscoli in vista appena velati dalla canotta sudata. Prince era sesso puro tanto fisico quanto intellettuale. E la brama, la voglia sono la sua cifra artistica, la voglia di esplorare, conoscere, possedere. Che era quello che faceva con la musica. Enciclopedico nel suo immenso sapere musicale, senza mai essere didascalico. Ogni sua citazione di un altro artista è un capolavoro che l'ispirato dona non soltanto al pubblico ma anche e soprattutto all'ispirante, facendolo rivivere o donandogli un'altra pagina di composizione a cui non era arrivato. Tutto quel che veniva toccato dal Piccolo Principe si trasformava in capolavoro, mai ripetitivo, mai uguale a se stesso eppure con una cifra stilistica impossibile da non riconoscere.
Miles Davis, con cui Prince aveva avuto una proficua collaborazione, lo aveva definito “talento assoluto e musicista assoluto come Dule Ellington”, dando scandalo ( una cosa in cui Miles e Prince non avevano davvero rivali, il dare scandalo non per il piacere di provocare rabbia o rossore, bensì per la libertà assoluta di pensiero e d'espressione di cui godevano e pagavano, i due immensi talenti). Ci fu una reazione sdegnata, si racconta, di Wynton Marsalis. Appunto, un musicista dotato da madre natura e dalla sua applicazione certosina di una tecnica assai più che sopraffina, ma artista d'intelletto e ispirazione mediocri.
Prince non solo era rivoluzionario, e lo era tanto che era difficile stargli appresso. Non si limitava a distruggere il vecchio per trasformarlo, non si fermava mai su nulla. Non aveva un obiettivo se non la continua evoluzione: rivoluzionario ed evoluzionario, appunto.
Una volta-forse potrebbe sembrare che non c'entra niente, ma se mi seguite c'entra, c'entra- Enrico Berlinguer disse una bellissima frase, una frase in cui molti sperduti, molti agnostici seppur militanti della polirica, si ritrovarono, disse: “il PCI è un partito rivoluzionario e consercvatore”: Cristo ci voleva tanto? Era quella la formula che poteva attrarre gente come me e come tanti di voi, e in quella frase apparentemente banale ( ma importantissima) c'è anche Prince. Ovvero quella frase l'avrebbe potuta dire Prince rivolgendosi a se stesso. Non macinava il vecchio, né lo distruggeva, amorevolmente lo “conservava”: Che è un operazione rivoluzionaria. Rientrava di dritta o di sbieco, nel nuovo che sempre produceva, anche quando i limiti del rock, del blues del R&B sembravano ormai raggiunti: Come spingersi oltre? Prince conosceva sempre un oltre che superava l'oltre.






Lo conosceva, prima ancora d'intuirlo tanto alla grande discografia. Prince lo fece ritirare e lo mandò al macero. Perché il suo “non essere” in quell'album pienamente suo, non era un cappello pubblicitario era il cuore stesso dell'operazione artistica. Questo avveniva nel 1987. Probabilmente con soddisfazione di chi nelle majors non aveva, e non erano pochi, simpatia per il tappo smilzo che aveva ai suoi piedi le donne più belle del mondo, e soprattutto che non conosceva limiti alla libertà. Ma Price non morì, non venne messo all'angolo, non si ritirò ( o meglio lo fece talmente spesso che non c'è soluzione di continuità tra il suo esserci e il suo non essrci) a vita privata. Così, visto che il successo non aveva fine, nel 1993 venne pubblicato il CD dell'album nero. E nel '93 a sei anni di distanza dal mancato lancio, era avanti di altri sei anni rispetto a chiunque si peritasse nel far musica.
Scrisse un film di successo (con tour e album) Purple Rain, e un bellissimo flop, Graffiti Bridge. Stravolse gli anni '80 di molti di noi, producendo la fidanzata, piccola e tanta nei punti giusti, Apollonia e la fidanzata della fidanzata Vanity ( o almeno così si dice o almeno così piaceva immaginare). Si scrisse “Slave” ( schiavo) su una guancia, per protestare contro la prepotenza capitalista, ancora una volta, delle grandi compagnie discografiche. Ma soprattutto fece incessantemente musica: Musica di un livello artistico, che sarebbe sciocco confinare in qualsiasi genere, anche nel più nobile. Perché Prince è stato uno dei più grandi musicisti del nostro tempo. In assoluto, e in assoluto lo rimarrà nella storia.

A chi per caso non conoscesse (quasi impossibile non esser stati investiti almeno un poco dall'enorme massa della sua musica) a fondo Prince, o non lo avesse ( la passione per la musica porta a molti errori, ma ci si può riprendere) affrontato sino in fondo, a rimarcare quello che affermavo all'inizio di questo articolo scritto con l'emozione più che con il pensiero, consiglio di ascoltare, intanto, una sola canzone. The Ladder. C'era stata in tutta la storia della mia vita che collima con la storia della musica degli anni miei e di Prince ( aveva mezz'anno più di me), storia di emozioni fortissime (cit. Paolo Conte), una sola canzone che mi aveva accarezzato e strizzato a fondo l'anima come The Ladder: Atlantis di Donovan. Due mondi apparentemente lontanissimi. Ma il mondo di Prince li conteneva tutti gli altri mondi, e sapeva dar loro un posto e metterli d'accordo.
E uno così non può morire all'improvviso in un ascensore. Oppure, a pensarci bene, si. Un ascensore, la metafora dell'astronave che riporta a casa il marziano, come lo studio di registrazione è la metafora del concerto.
(We) just want your extra time and (forever) your kiss

Umberto Morroni/Bebo Moroni





















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Entro giugno arriverà la tracciabilità dei voucher. L'obiettivo è contrastare il boom dei ticket lavoro (10 euro lordi), cresciuti in maniera vertiginosa negli ultimi anni (+ 66 per cento solo nel 2015), dietro al quale si nascondono con tutta evidenza forme di economia sommersa. E certamente la nuova precarietà del lavoro, senza alcuna tutela e con retribuzioni vergognose. Una giungla dei lavori. Riguarda soprattutto i giovani (il 31 per cento), poi le donne (oltre il 50 per cento), ma anche fasce di lavoratori maturi. Quasi 1,4 milioni di individui, molti sfruttati.
Nelle scorse settimane il governo aveva annunciato un decreto. Il provvedimento, però, non è ancora pronto. C'è tempo fino al 25 giugno quando scadrà il termine entro il quale è possibile modificare il decreto attuativo del Jobs Act relativo alle tipologie contrattuali. I tecnici ci stanno lavorando e lo schema di intervento ricalca quello già adottato contro l'abuso del job on call.
Oggi chi intende utilizzare il voucher per retribuire una prestazione accessoria (la riforma Fornero del lavoro del 2012 l'ha esteso sostanzialmente a tutti i settori) deve comunicare il periodo presunto nel quale ritiene che impiegherà un determinato lavoratore. Solo a consuntivo è tenuto a comunicare i giorni esatti della prestazione lavorativa. In questo meccanismo, che si affida all'onestà del datore di lavoro, si annida la possibilità dell'elusione e degli abusi. Senza, infatti, un controllo degli ispettori dell'Inps, il datore di lavoro può formalmente comunicare di aver impiegato quel lavoratore, per esempio, un solo giorno mentre di fatto può averlo impiegato in nero per un periodo ben più lungo. Cosa che effettivamente sembra accadere. Tanto che c'è uno scarto crescente tra voucher acquistati e voucher effettivamente riscossi. Ma anche in questo scarto si nascondono probabilmente forme di elusione visto che chi ha acquistato il voucher ma dice di non averlo utilizzato può farselo rimborsare dall'Inps. Con la tracciabilità il datore di lavoro dovrà comunicare obbligatoriamente per via telematica i giorni e le ore nei quali impiega il lavoratore. Così è stato fatto anche per il lavoro intermittente con il risultato che in alcune province il numero delle ore di lavoro è improvvisamente cresciuto anche del 400 per cento.
Tracciabilità, dunque, per contrastare un fenomeno del tutto nuovo (almeno per dimensioni) nel mercato del lavoro italiano. I voucher sono diventati la forma estrema della precarizzazione del lavoro. Erano nati per le attività occasionali e accessorie. Ora sembrano prendere il posto delle vecchie collaborazioni. Si pensava che potesse essere utile per far affacciare nel mercato del lavoro figure professionali molto deboli e marginali: disoccupati di lunga durata, casalinghe, studenti, pensionati, disabili e così via. Si pensava a lavoretti del tutto occasionali più che a vere attività lavorative: giardinaggio, interventi di manutenzione e pulizia, baby sitter, manifestazioni sportive, culturali, caritatevoli. Escludendo il settore agricolo. Con la legge del governo Monti cade il vincolo della prestazione occasionale e il lavoro accessorio viene esteso, con alcuni limiti, anche al settore agricolo. Con il Jobs Act viene fissato a settemila euro il limite annuo del compenso e a duemila euro il compenso massimo che si può ricevere da ciascun committente.
Nel 2008 (l'anno del fallimento della Lehman Brothers) erano 24.437 le persone che erano state retribuite con almeno un voucher durante l'anno, nel 2015 sono diventate un milione e 392.906. Solo nel primo bimestre del 2016 sono stati venduti 19,6 milioni di voucher con un incremento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente del 45 per cento. Nel 2011 ciascun lavoratore percepiva in media 677,12 euro, nel 2015 l'importo è sceso a 633. Una discesa che porta all'abisso.















Tra il serio e non.

Una impresa artigiana specializzata nel verde verticale e nell'isolamento vuole assumere il personale stagionale per le manutenzioni ed altro.
Si presentano (anche) due giovani prossimi ai 40anni, maschio e femmina, si dichiarano  (non richiesti) conviventi e disoccupati ex fabbrica di elettrodomestici.
Entrano in ufficio portandosi appresso al guinzaglio un  animale bianco e piccolo a cui il principale non presta troppo attenzione.
Tra le varie domande reciproche non manca "perchè non avete accettato di fare i commessi al centro commerciale con cui c'era un accordo per il passaggio previa formazione?". Risposta: abbiamo preferito la superliquidazione per accellerare i pagamenti del mutuo della casa.
L'esperienza lavorativa della coppia é esclusivamente quella del lavoro su una catena. La ragazza (la donna) fa presente di non avere mai lavorato sotto il solleone e quindi...
L'animale che avevano con se è stato calmo durante tutto il colloquio e quando  si alzano per andarsene, il proprietario si accorge che l'animale non era un piccolo cane ma é un gatto. Anzi, un bel micione di qualche chilo.
Un micio portato in giro al guinzaglio. Mah.





Alla faccia dei buoni
Come si legge nello schema, l'80,1% dei voucher hanno compensato mediamente meno di 1000 € e il 64,8% al di sotto dei 500€. Questo ci dice qualcosa.
La prima é che comunque nel 2015 c'è stata più gente che ha lavorato alla luce del sole. Magari aveva lavorato anche l'anno prima 2014 del tutto in nero ma stavolta (qualcosa) é almeno emerso.
La seconda é che dietro questa situazione non si sa nulla del reale. Può essere che pochi ingenui abbiano pagato davvero i 10 euro lordi all'ora ed il lavoratore abbia riscosso solo 7,5 euro come  erano e sono tuttora possibili ogni sorta di furberia. Dal pagare 2x1 (due ore di lavoro per un voucher) al 3x1 al 5x1 al 12x1.
La terza é che con meno di 1000€ all'anno non si vive e quindi ... ogni soluzione é aperta all'umana inventiva.
Dalla fame nera al lavoro nero col voucher in ufficio nel caso che arrivi un ispettore o i carabinieri.
La terza é che qualcosa in questo Paese é ripartito, qualcosa si muove se -bene o male- rispetto aol 2013 i voucher sono più che raddoppiati e rispetto al 2014 sono cresciuti quasi del 40%.
La situazione non pare però così rosea.
Secondo i dati consegnati a marzo dal Ministero del Lavoro alla Commissione Lavoro della Camera ci sono stati (nel 2015) 1 miliardo e 300 milioni di contributi evasi; 2 milioni di lavoratori in nero e un sommerso del valore complessivo di 40 miliardi di euro. In questo contesto si situa l'uso, o meglio l'abuso, dei voucher, che coinvolgono 1 milione e mezzo di persone, per metà donne e per un terzo giovani.
Secondo i dati INPS nel 2015 esso ha raggiunto il numero di oltre 115 milioni, con un incremento del 66% sul 2014 del 182% sul 2013, con picchi nel Sud e nelle isole.
Solo nel primo bimestre del 2016 l'aumento rispetto all'anno precedente è stato del 45%. Non sappiamo ancora per quanti di questi buoni è stato chiesto il rimborso all'Inps perché manca un meccanismo di tracciabilità affidabile e certificato.
Adesso é prevista (regolamento da fare...) la tracciabilità di chi acquista e cede e riceve i voucher.
Vedremo tra un anno che hanno combinato.






































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Alle dichiarazioni di Piercamillo Davigo – la classe dirigente quando delinque fa più vittime di qualunque delinquente di strada – ha risposto, tra gli altri, Bruti Liberati: “Non esiste una magistratura buona contro un'Italia di cattivi”. Il tema della giustizia si fa rovente. L'argomento è antico, Platone gli dedica il primo (e buona parte del secondo) libro della “Repubblica”.
Il grande ateniese può aiutarci a capire il presente? Credo proprio di sì, più di quanto si possa immaginare. Lo scontro in atto, ormai da molti anni – dicono alcuni – è tra politica e magistratura. Sembra un'ovvietà. La frase contiene, invece, un primo errore. Il magistrato che indaga e processa un politico non commette ingerenza: fa il suo mestiere. E' un dato evidente, quanto l'altro: troppi politici odiano essere indagati e provano – con leggi, decreti, stroncature di carriere… – a neutralizzare/bloccare il normale corso della giustizia. Dicono: i giudici parlino con le sentenze (Renzi) ma fanno di tutto affinché non si arrivi a sentenza. Mentono.

Platone giustifica la menzogna (“la nobile menzogna”) se il governante la utilizza a fin di bene. Il bene della Polis, anzitutto: “E se a qualcuno sarà dato il diritto di mentire; questo spetta soltanto a chi ha il governo della città… quando lo esiga l'interesse dello Stato”. Prima di Machiavelli il tema del rapporto tra mezzi e fini è impostato da Platone. Dunque. Dunque, si tratterà di capire, anzitutto, se certi mezzi abbiano o meno come finalità il bene collettivo. Insomma: Renzi, quando difende i banchieri, fa l'utile dei risparmiatori? Quando difende i petrolieri, fa l'interesse della comunità e dell'ambiente? L'impressione, in verità, è che si schieri sempre coi ceti e le classi e le persone più potenti. Domanda: il Premier considera per caso la giustizia l'utile del più forte?Il tema – ben noto a Platone – è di stretta attualità sia per la posizione lucida e coerente assunta dal presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Davigo, sia per la reazione scomposta che la politica (esclusi i 5Stelle) ha avuto alle sue parole. Molti politici si considerano intoccabili – complice certa stampa -, una vera casta attenta ai propri interessi. E' la posizione del sofista nel dialogo con Socrate: dimmi, o Trasimaco, cos'è la giustizia? La giustizia è l'utile del più forte (Repubblica, I, 340 C- 341 C).





 
Nonnini (e non) esternatori

E' un momento in cui le esternazioni inutili non si contano, specie dei grandi e piccoli vecchi della prima e seconda repubblica. Anche il peto  meno evidente del notabile di turno viene amplificato dai gazzettieri nostrani per riempire le mitiche 52 pagine del quotidiano oppure i 20 secondi del TG lottizzato per legge. Persone rispettabili che hanno avuto nella storia patria una grande importanza ma che però, non saprei se per l'insistenza cretina di chi vuole interrogarli o per la fatuità propria dell'anziano non del tutto lucido, sarebbe meglio tacessero e facessero vita ritirata. Abbiamo sotto gli occhi e nelle orecchie le decine di interviste cui é stato sottoposto Dario Fo per la morte di Casaleggio.
Anche chi ha ancora parecchi sprazzi di lucidità, sarebbe assai più utile non venisse più intervistato a caso e che lui comprendesse di farsi intervistare in quel modo: vedi Napolitano per esempio.
Mi si risponderà che pure i giovani non brillano ed é vero. Però i giovani hanno tutto il tempo per riparare (tranne Gasparri e Giovanardi...) le cacchiate che raccontano, mentre nonno Napolitano forse...
Dopo un tira e molla durato vergognosamente parecchi mesi le varie correnti della magistratura hanno deciso di eleggere Davigo capo dell'ANM per un solo anno. Una situazione ideale per il 65enne lomellinese capace non solo di diritto ma anche di sagaci e concentrati pensieri che fanno arrabbiare anche i defunti.
Il fatto é che il PD non ha vinto del tutto le elezioni e  regge il governo assieme ad un NcD: questo lo dimenticano troppi sia nel PD che fuori.
I ritardi e le frenate dentro il governo  sulla giustizia sono all'ordine del giorno e sarebbe interessante ascoltare il Renzi se potesse parlare liberamente del "suo" ministro dell'interno, il calvo Alfano.
Perchè alcuni ministri sono stati  dimessi giustamente per motivi politici assai meno gravi dei casini combinati dal calvo siciliano.
Ha da passà la nuttata, insomma.






Troppi fatti vanno in questa direzione: dagli interventi in favore di chi evade; alla depenalizzazione dei reati, alle norme pro impunità: col denaro e buoni avvocati si arriva alla prescrizione (appunto: l'utile del più forte).
E allora: cosa accade davvero quando un uomo integro e capace, Davigo, difende i magistrati? “Dire che devono parlare solo con le sentenze equivale a dire che devono stare zitti”. Accade che le sue parole brucino come “il fuoco della verità sulla pelle putrida della menzogna”. E allora via al contrattacco. Legnini: Davigo “alimenta un conflitto di cui il Paese non ha bisogno”. Ma quale conflitto!? I magistrati devono parlare/dire le condizioni in cui versa la giustizia, difendere la collettività dagli abusi del potere – Montesquieu: “il potere limita il potere”; il Fatto Quotidiano lo ricorda da sette anni; MicroMega da trenta; possibile che Cantone e Legnini l'abbiano dimenticato? -, non si tratta di alimentare conflitti ma d'impedire che certi politici straripino/abusino senza rispetto per il bene pubblico. Bene di tutti, anche degli ultimi. In fondo, è la vecchia questione posta da Platone. Socrate capovolge la tesi di Tasimaco: il giusto governante è chi cerca (anche) l'utile del più debole (342 C – 343 A). Ovvero, del ceto popolare, quello che Renzi deride, schierandosi, contro il sindacato, con Marchionne.

Siamo in presenza del capolavoro politico della borghesia imprenditrice orientata a destra: si fa rappresentare dal leader della sinistra. Può meravigliare, dunque, se i cittadini vedono nei magistrati, come nel '92, la tutela del diritto e della giustizia? Si dice: è “barbarie giustizialista”. Si delegittima o si deride la magistratura (“brr che paura”). Spesso funziona. Platone racconta la tragica sorte del giusto e la fortuna dell'ingiusto (361 D – 362 D) e i motivi per cui la cultura dell'ingiustizia è dominante (365 A – 366 B). Sono pagine interessanti, vengono dal passato ma parlano di noi. Davigo, con splendido senso del proprio ruolo, ne è l'interprete migliore, smonta, oggi, i sofismi del potere: “I politici non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi.” Il malaffare è aumentato. Ergo: al magistrato il compito di perseguire i reati. Alla filosofia – direbbe Platone – quello di curare l'anima da vizi e corruzione. Insomma, l'etica pubblica. Ma questo è un altro discorso.

Angelo Cannatà | 24 aprile 2016











UN VOLO DI 16 MESI IN ATTESA
Bergamo, 12 marzo 2016, Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta nell’udienza del 3.2.2016, non ammette alcun mezzo istruttorio posto che la causa è matura per la decisione. Esaminato lo stato del ruolo assegnato a questo magistrato a far data dal 21.11.2015, ritenuto di dover provvedere a riorganizzare lo stesso allo scopo di consentire una trattazione e quindi decisione delle cause che risulti ossequiosa del principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, II comma della Costituzione e all’art.6, paragrafo 1 della Convenzione Europea dei Diritto dell’Uomo, oltre che dell’art. 2, comma 2 bis della legge 24.3.2001 n.89 (cd. Legge Pinto).
Visto il Programma di gestione redatto dalla Presidente della Terza Sezione Civile del Tribunale di Bergamo; ritenuto di dover calendarizzare le udienze di precisazione delle conclusioni dando precedenza alle cause iscritte nel ruolo generale del Tribunale di Bergamo negli anni 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014, visto l’art. 281 sexies c.p.c., fissa per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale della causa l’udienza del 28 giugno 2017, ore 9.00.



























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Un impianto storico che ha fatto il suo tempo
Per gli automobilisti diretti verso la Liguria lungo l'A7 Milano- Serravalle l'impianto di Busalla è sempre un incontro che non lascia indifferenti. Se non per la mole della raffineria — un intrico di tubi d'acciaio che pare appoggiarsi sul fianco dell'autostrada che scorre nella già angusta valle Scrivia — quantomeno per l'effluvio dei prodotti petroliferi che spesso riempie l'abitacolo delle vetture. Quella raffineria, collegata al porto petroli genovese dal suo oleodotto di Val Polcevera, è un impianto a suo modo «storico» perché trae le origini dal Secondo conflitto mondiale. Ma chi lavora e conosce il settore petrolifero sa abbastanza bene un paio di cose: che malgrado sia a norma (altrimenti non potrebbe lavorare, ma proprio da lunedì a causa dell'incidente scatterà una dolorosa cassa integrazione) al giorno d'oggi nessuno mai potrebbe autorizzare in quel luogo e in quelle condizioni la costruzione e la presenza di una raffineria. Malgrado l'apparenza, inoltre, quello stesso impianto è paradossalmente piccolo se paragonato alla taglia necessaria oggi per poter sopravvivere sul mercato mondiale.

In Medio Oriente ci sono impianti che arrivano a raffinare fino a 5-600 mila barili al giorno. La Saras dei Moratti, la più grande in Italia, è a circa 300 mila. A Busalla, secondo i dati dell'Unione petrolifera, si è intorno a 40 mila, forse meno.

E non è un mistero che ogni volta che si discuta della necessità di razionalizzare il sistema italiano della raffinazione, che ha troppa capacità inutilizzata, l'impianto Iplom occupi i primi posti nelle liste stilate dai vari think tank.

Chiuse da tempo Mantova, Roma, Cremona, riconvertite in «green» Porto Marghera e tra un po' anche Gela, a favorire l'attività di Busalla e quella delle altre raffinerie è oggi il basso prezzo della materia prima, il petrolio, sceso del 70% rispetto a un anno e mezzo fa. E molto probabilmente, più del margine di raffinazione diventato più favorevole, la sua particolare specializzazione: quella di produrre bitumi, cioè prodotti ricavati dalla parte meno nobile del barile ma che sono comunque indispensabili per gli asfalti e quindi per la costruzione delle strade. Paradosso nel paradosso di una situazione che come spesso accade mette l'una contro l'altra le ragioni dell'ambiente, dell'industria e del lavoro.
Stefano Agnoli
Corriere della Sera, 24 aprile 2016
Forse noi anziani –noi cresciuti dopo la Liberazione- abbiamo sbagliato parecchio. Magari in perfetta buona fede ma dobbiamo ammettere i nostri errori.
Leggete il trafiletto di fianco sul guasto alla conduttura di olio minerale alla raffineria di Busalla.
Poi per esempio pensate a Bagnoli, a Gioia Tauro, alla acciaieria e alla raffineria di Taranto, alla Tempa Rossa e al possibile deposito scorie nucleari nel basso bacino del Basento (che è sempre Basilicata). Pensate a Sesto san Giovanni  ed agli ex territori militari di Rogoredo
Pensate anche alla captazione delle acque in Basilicata ( spinta fino alla Campania) di cui non si parla mai e che ho vissuto molto bene agli inizi.
A distanza di tanti anni  possiamo dire che abbiamo inanellato una errore dietro l'altro “per dare sviluppo” che poi alla fine –oltre ad essere stato poco- lascia alle spalle problemi e costi insopportabili.

Mai possibile che nessuno di noi avesse qualche dubbio nel mettere in piedi una fabbrica (acciaieria e raffinerie di Taranto) di dimensioni fisiche maggiori della stessa città?
Il depreda mento delle acque della Basilicata e Campania deriva da li: fornire acqua a questi impianti iperassetati, mica alle campagne delle due regioni. Anzi: poca acqua a quelle.
Adesso uno dopo l'altro tutti questi problemi vengono in primo piano con la coda dei lavoratori che non sai  che farci fare domani se chiudono questi impianti e strutture criminogene.

Per rincorrere una occupazione di bassa qualità e di scarso futuro –pensiamo alla strage di posti lavoro della Fiat negli ultimi 15 anni- ci troviamo con delle bombe in casa.
Non facciamo dell'ecologismo di carta patinata.
Non è il senno di poi.
Una acciaieria di dimensioni maggiori di una città  non era immaginabile se non come semplice risposta alle esigenze di lavoro di una popolazione disposta a subire di tutto per di non morire di fame.

E adesso non c'è più niente da fare a Taranto come a Genova: va chiuso tutto e smantellato tutto perché non è ne una questione di costo delle materie prime ne del costo del lavoro ne una questione ambientale: sono pezzi di paese che vanno demoliti e rifatti  sopportandone tutti i relativi costi, compresi quelli che “muoiono di tumore” a Taranto come a Genova ma che di quegli stabilimenti hanno vissuto. Sono diventati adulti, hanno anche studiato, sposati, fatti la casa,  coi soldi di quelle paghe.
Quegli stabilimenti vanno chiusi non per le cause emergenti ma perché nell'ordine mondiale non c'è più futuro per loro.

Occorre avere il coraggio di ammettere che così come i vantaggi popolari dell'Ue sono stati pochissimi per gran parte della popolazione altrettanto è accaduto l'internazionalizzazione dell'economia e della finanza.
I poveri (perché disoccupati…) possono finalmente avere le mutande griffate a basso prezzo fabbricate dagli schiavi cinesi perché la Cina ha in pancia un bel pacco di debito pubblico italiano mentre con la Cina pochissime e qualificatissime imprese italiane se ne avvantaggiano scambiando le loro merci (anche) con l'acciaio che potrebbe venire anche da Taranto ma che a Taranto non si può più produrre.
A meno di calare le brache cogli indiani o i turchi o gli egiziani coi “banali” problemi che abbiamo di mezzo.
Magari è ora che ci rendiamo conto che  il sistema produttivo italiano s'è spaccato in diversi tronconi.
Quello non esposto alla concorrenza internazionale –i servizi in generale- che sfrutta alla grande la situazione (chi chiamerebbe un idraulico polacco o spagnolo oppure si rivolgerebbe a un ospedale altrove?) che saccheggia il consumatore ad ogni intervento quando addirittura, complice l'Europa, non si costruisce spazi senza concorrenza.
Poi ci sono quelli che sopravvivono coi buoni pasto 3x5 se non 2x5, vale a dire ti danno 2-3 buoni per 3 o 5 ore di lavoro saltuario ma definitivo.
Poi ci sono le imprese che esportano in perfetta concorrenza coi colleghi d'altrove ma loro sono garantiti dal fatto che ciascun paese ha in pancia una belle fetta di debito pubblico degli altri paesi: insomma sono gli unici ammessi al banchetto internazionale.

L'altro ieri il Boeri-INPS ci ha avvertito di una banalità di cui nessuno aveva tenuto conto: per ogni anno di allungamento della stagione lavorativa di un dipendente per merito della Riforma Monti-Fornero si perde un anno di lavoro di un giovane.
Ma va la!? Chi l'avrebbe mai pensato!?
E gli esodati? Chi l'avrebbe mai detto che nessuno li avrebbe mai più assunti!?
Ma va la!? Chi l'avrebbe mai detto!?
E la scoperta che il jobs-act è stato sfruttato il più possibile coi maggiori sconti e man mano che questi calano, diminuiscono le assunzioni?

Ma va la!? Chi l'avrebbe mai detto!?
Conclusione con una citazione ad cazzum: c'è molto disordine sotto il cielo: la situazione è eccellente.