Tre opere pubbliche della Giunta Serra suscitano molte perplessità sia per l'enormità della spesa impegnata che per la consistenza e gli obiettivi che si è proposta la giunta stessa. Ci riferiamo alLa Miniera, alla ristrutturazione-ampliamento degli immobili CVI1, alla nuova scuola elementare.
Si tratta del centro di raccolta e ri-distribuzione degli oggetti scartati da famiglie e imprese alloggiato nel magazzino comunale (in affitto) di via Aldo Moro dal nome esoterico di “La Miniera”. L'operazione nasce nell'intendimento della Giunta Serra di ridurre il materiale da mandare in discarica e soprattutto di consentire una seconda vita a dei materiali che possono essere riutilizzati ancora per qualche anno da altre persone. Un paese che invecchia con gli anziani alloggiati in case ormai più ampie del necessario e con una dotazione di suppellettili old made di cui vogliono disfarsi. Che poi la normativa regionale imponga di pesare ogni oggetto che arriva in  magazzino per dimostrare l'ammontare finale del recupero è la solita trovata demagogica ai cui dati nessuno crederà mai ma tanto vale.
Buoni come gli scontrini delle spese dei nostri politici.
Leggiamo i costi: con deliberazione della giunta comunale n. 45 del 08.04.2015 veniva approvato il progetto preliminare dei lavori di realizzazione del centro di riutilizzo sito in via A. Moro n. 6 per un importo complessivo dell'intervento pari a € 102.000,00 di cui a base d'appalto € 68.000,00 e per somme a disposizione € 34.000,00.
Il progetto complessivo definitivo-esecutivo approvato dei lavori di realizzazione del Centro di Riutilizzo è  pari a €126.960,43 (di cui €103.170,43 ritenuti ammissibili a bando ed € 23.790,00 relativi ad altre spese gestionali) costituito dai seguenti elaborati (…). Le somme sono così distribuite.

L'ammontare dei costi dell'intervento pari a complessivi €  517.435,40 . Il Comune si impegna  a reperire le risorse necessarie a coprire la quota non finanziata da Regione Lombardia, e quindi a carico del Comune di Curno, nell'ambito del Bilancio di Previsione 2016 per un importo pari a €  267.435, 40 . Il contributo stanziato da Regione Lombardia per il bando “Contributi regionali a fondo perduto in conto capitale per la realizzazione e la riqualificazione di impianti sportivi di proprietà pubblica” ai sensi della L.R. 8 ottobre 2014, n.26, copre fino all'50% della spesa del progetto validato fino ad un massimo di € 250.000.
Non è stato ancora pubblicato il dettaglio del progetto ed esiste in delibera solo una paginetta col quadro economico del progetto definitivo.
Chissà se in giunta qualcuno ha mai comprato casa negli ultimi tempi in modo da sapere che hanno approvato un intervento prossimo ai 3.500 mq, che se distribuito su due piani fanno  una barchessa di 80x20 oppure anche 90x20 metri visto che il terreno e gli oneri nel caso non si pagano…
Anche in questo caso la Giunta Serra si aspetta una regalia dalla Regione di 250.000 €, ma anche questi sono soldi delle nostre tasse.
Oltre a questo, un'opera del genere, costerà ogni anno di sola manutenzione ordinaria ed energetica di una cifra tra i 30 e i 50.000€ nei suoi prossimi 15-20 anni di vita.

La terza opera in via di costruzione finzione è la nuova scuola elementare di via IV Novembre, del tutto finanziata con denari  nostrani. In realtà ne verrà terminata solo una parte (le aule) mentre per la parte sud  (parte palestra) aspetta e spera.
Non metto in discussione la storia di quest'opera che si intreccia con quella della vicina biblioteca e auditorium per non ricordare la perenne vergogna





Emerge con nettezza l'aggressività violenta di una società di vecchi, di una società che non vuole la concorrenza, di una società parassitaria, di una società che vive di debito pubblico: la società italiana che ha condotto il Paese ad avere 2.300 miliardi di debito pubblico  con in banca 3.000 miliardi di provviste private.
E questa società è anche quella che s'è inventata La Miniera camuffandola da centro di riuso (inutile e costoso); è una società che sta realizzando una scuola elementare che costerà non meno di mille euro al giorno di sola manutenzione ordinaria ed energetica; è una società che ha detto di non volere una scuola materna “di proprietà comunale” riappropriandosi del furto subito con la trasformazione della S.G.B. in  società privata ma che vuole un ospizio comunale; è una società che spenderà quasi 600 mila euro per il CVI 1; è una società che vuole gratis un centro sportivo identico a quelli privati scaricando il costo dei propri vizi sul paese; è una società di vecchi ignoranti che non vuole una biblioteca e un auditorium “laici e fuori dalle grinfie dei politici”; è una società che elegge delle maggioranze  che in 50 anni non sono riuscite nemmeno a realizzare un metro quadro di parco pubblico; ma è una società di vecchi bacucchi e aterosclerotici che progettano la pista ciclabile dal paese …. all'ospedale (e al cimitero…?) ; é una società che ama l'ambientalismo da carta patinata geo-and-geo , le trasmissioni pomeridiane alla tv mentre coltiva ipertensione e l'iperglicemia; è una società dove il “trasporto amico” finanziato in parte anche dal comune porta  a fare la spesa anche le signore in pelliccia di visone; una società che ogni cinque anni  cambia oltre un terzo della sua popolazione facendo fuggire soprattutto quelli che lavorano; una società che spende cifre considerevoli per il piano del diritto allo studio che in grandissima parte sono spese inutili o clientelari senza mai motivare se la spesa è meramente quantitativa o qualitativa.

I partiti in consiglio comunale immaginano che presto o tardi si torni ai bei tempi in cui il comune spendeva e spandeva allegramente consumando territorio (quindi incassando oneri) e facendo debiti (i soldi della Regione sono sostanzialmente “debito pubblico” non risoerse vere) cullandosi –adesso ancora di più-  nei bassi tassi di interessi  pagati. 7.500 persone non potranno mai più mantenere i costi di manutenzione ed energetiche delle scuole (pubbliche e private); non potranno mai più spendere 700mila euro l'anno di nonnezza; non potranno mai più pagare il riscaldamento e l'illuminazione domestica di edifici e impianti e macchine in classe energetica…Z; non potranno più pagare le tasse locali su abitazioni iperdimensionate e sottoutilizzate del 20-30-50% rispetto alle effettive esigenze.












Un importo complessivo di € 102.000,00 di cui a base d'appalto € 68.000,00 e per somme a disposizione € 34.000,00. La sindaco Serra è stata autorizzata a presentare la domanda alla regione per ottenere un finanziamento (senza restituzione) di € 50.000. E' stata firmata una lettera di intenti tra il Comune di Curno e la Coop. Biplano di Urgnano perché  metta a disposizione soggetti portatori di handicap, previa preparazione, per la gestione del servizio. Verrà ricompensata con 8.000 € + IVA ogni anno; ne costerà 8.500€ per i primi sei mesi e soli 3.000 € +IVA nei secondi sei mesi del primo anno.
Sperando di non aver mandato in fumo il cervello del lettore con la lettura di questa sequela di cifre occorre conoscere ancora due cifre e un'altra info. Nel 2014 i Curnesi hanno pagato 667.606 € per la raccolta e smaltimento dei rifiuti e adesso vanno a spendere 100.000 € per La Miniera (perché anche i 50.000 € passati dalla Regione sono “nostre” tasse già pagate…). L'ulteriore info è che le aziende maggiori (p.e. il Centro Commerciale o la Brembo o la Slunga possono smaltire di propria iniziativa i propri rifiuti). Ciascuno quindi faccia le riflessioni che giudica più appropriate visto che “se tutto va bene” escluse le spese di gestione su 120mila euro complessivi ne arriveranno 50mila dalla Regione.

Veniano alla ristrutturazione del CVI1. Con delibera N. 30  del 17-03-2016  è stato approvato il progetto definitivo per la riqualificazione del CVI1 con la realizzazione di un nuovo blocco spogliatoi per l'atletica leggera e il deposito attrezzature.


dei vari Gatti Morelli Pelizzoli Serra Conti Bellezza e tutte le democristianerie e comunisterie accolite. Che si intreccia con la chiusura del cinema estiva, con la chiusura del bar al CVI1, con la trasformazione in mensa di parte del predetto bar, coll'uso del terreno acquistato dal comune per farci la scuola elementare stessa (dopo una ferocissima polemica del sestetto di cui sopra contro la biblioteca e auditorium) per concludere coi maxi ritardi nella riapertura del bar del CVI1 (che supera i due anni) e la mancata rilocalizzazione del mercato sulla via IV Novembre per darci più spazio e sfruttare i due parcheggi). Non ci vuole molto a comprendere chi abbia avuto interesse a condurre in porto questi processi: chei chi pela la poia sensa fala cridà. Chi non vuole la biblioteca che per la legge esistente non sarà mai “in mano” ai politici? Chi non vuole il cinema estivo che fa concorrenza a qualche altra manifestazione prossima (peraltro iniziata assai più tardivamente della nostra)? Chi non vuole un bel bar con tanto di giardino all'aperto che d'estate gli fa concorrenza? Chi non vuole spostare il mercato  dal posto attuale che farebbe perdere un bell'incasso ai bar del centro? Chi non vuole che il sito attorno alla palazzina dell'ASL, del CVI1, della scuola (e del cimitero…) diventino il “cuore pulsante” del paese contro il mortorio dell'attuale centro storico? Chi vuole trasformare le scuole dell'obbligo in un sistema per sbaraccare di dosso alle famiglie e a spese della comunità per tutta la giornata i figlioli?




Se poi si va ad osservare le minoranze consiliari si vede che le stesse seguono la stessa linea della maggioranza (infatti non hanno mai posto il problema) perché assumere una posizione più seria e severa significa alienarsi le varie clientele. Indubbiamente la maggioranza è ben
Più dignitosa delle minoranze consiliari (basta assistere a un
consiglio comunale o leggere certi blog e volantini) però a nostro piccolo avviso l'Italia non ha più bisogno di questa classe politica.
Andavano bene 20, 30, 40, cento anni or sono. Forse nemmeno allora perché non sarebbero andati nemmeno con Garibaldi a liberare la Terronia ma sarebbero piuttosto andati a far la spesa col cavallo del comune e in pelliccia di visone (anche allora…).






































Le opere che contestiamo letteralmente come spesa inutile, diseducativa e ulteriore creatrice di debito pubblico, derivano da leggi in base alle quali la Regione Lombardia concederà (a fondo perduto) una grossa somma  che si aggira sul 40-45% della spesa finale. La giunta Serra  ragiona: perché dovremmo perdere queste somme (che andrebbero a vantaggio di altri comuni) se possiamo metterci il resto? Una prima certezza c'è: i soldi che arrivano dalla Regione non sono euro stampati a ufa ma sono debito pubblico. Sono debito pubblico che li usino i Curnesi o quelli di Onore (comune a caso).
C'è una seconda certezza. Il debolissimo e banalissimo “Manifesto dei Valori” fondanti la  lista Serra.
A parte l'enfasi della scrittura non dice assolutamente nulla tranne confermare l'ovvio. Alzi la mano chi non lo sottoscriverebbe (leghisti e fasci eslcusi…).
Conferma l'interminabile e dannoso consociativismo, scritto con termini rimessi a nuovo, che fu proprio della DC col PCI e gli altri partiti. Quel consociativismo che ha sbancato lo Stato accumulando 2200 miliardi di debiti ma mettendo in tasca alle famiglie quasi 4000 miliardi di ricchezza finanziaria oltre quella immobiliare. Che è poi quello che garantisce 200 miliardi di PIL sommerso; garantisce 25 miliardi di evasione contributiva; garantisce 80 miliardi  (almeno) di evasione fiscale. Col bel risultato di avere il 43% di disoccupazione globale, il 38% di quella giovanile e il 48% di quella femminile (maschi e femmine tra i 14 e i 24 anni). Il fatto che questi elementi non siano nemmeno sfiorati nel Manifesto dei valori indica con che testa l'hanno steso.
Perché alla fine il messaggio contenuto nel Manifesto dei Valori è molto semplice: che tutto prosegua come prima purché non ci si calpesti troppo i piedi. Un paese in cui è bello da viverci perché nessuno protesta perché tutti ricevono  un po' di regali.
Al massimo scocciano i negri che mettono mano alle cose negli scaffali



del supermercato: perché una forma delicata e democratica di razzismo è ovviamente tollerata.
Ma in quel Manifesto mancano soprattutto i “valori”, cioè problemi e relative soluzioni bene individuati. I problemi e le soluzioni praticamente affrontate sono di una banalità sconcertante e li troviamo proprio nel centro di riuso come nel mega ampliamento del CVI o nella folle spesa per la scuola elementare. Dove stanno i “valori” quando si mette in piedi una struttura (le elementari) che costerà almeno 1000 euro al giorno  per il normale mantenimento-funzionamento?
Perché la Serra non mostra ai Curnesi le bollette elettriche del municipio  con le sue belle pompe di calore estate inverno unitamente al costo burocratico e manutentivo?
Spendere e spandere a ufa non è diseducativo? Non è seminare disvalori?
Perché la Serra non mostra le bollette  energetiche e burocratiche e manutentive del CVI 2?  Oppure non spiega la maxi idea  dei pannelli solari sul tetto della palestra per produrre energia da vendere all'enel ? !.
Perché poi alla fine i “valori” della Serra non si vedono. 
Non si vede un parco pubblico.
Non si è visto ne quando stava nella giunta Morelli ed erano STRAcolmi di soldi come non si vede adesso (tranne la micro-disneyland di via Marconi).
Non si vedono nelle sue assemblee dove ci sono i suoi cani da guardia che azzannano appena uno dissente.
Non si vedono quando  la maggioranza fa scena muta davanti a temi come la riforma costituzionale, quella elettorale o la regolamentazione delle relazioni tra coppie dello stesso sesso.
Le buone relazioni nascono dalla conoscenza reciproca delle rispettive idee e scelte, non dai furbi silenzi.
Un conto è la POLITICA altro conto è la banalità del quotidiano.
Non è politica comperare una  costosa auto ibrida per appuntarsi una medaglia sui media locali e far finta di nulla circa il fatto che il comune di Curno ha due blocchi

semaforici che scaricano sul paese qualche tonnellata di veleni per il rallentamento e il fermo del traffico. Oltre al costo per i tempi perduti.
Non è politico ridurre di pochi punti percentuali le volumetrie del PGT quando se lo stesso fosse completato potremmo aumentare del 30% la popolazione e finiremmo per fallire e morire gassati.
Quella riduzione non è una scelta politica ambientalista ma è solo un ulteriore premio alla rendita fondiaria specie in un momento di crisi.
Curno è un paese ingessato dove la politica è sempre lo stesso spettacolo in replica, con l'aggiunta di qualche petardo bagnato con l'avvento della destra fascio cattolica.
Quando scrivo che Curno è l'unico paese lungofiume che tra Ponte san Pietro e le sue foci nell'Adda è del tutto privo di un percorso pedociclabile non è uno sfizio soggettivo ma indica che se esistesse un percorso su entrambe le sponde (sarebbero 40-50km di percorso) diventerebbe un fattore di sviluppo in gran parte guidato dai privati.
Nossignori!.
Si stimava che la Giunta Serra diventasse un positivo laboratorio per la formazione preparazione di una classe dirigente giovane e invece si verifica che più che una “giunta” trattasi di una “caserma” dove nessuno apre bocca (ovviamente per ordine della sindaco), dove si moltiplicano per partenogenesi gli incarichi a delle onlus sconosciute col rischio di trovarci un domani nella situazione romana senza neppure accorgercene. E solo per raccattare un po' di voti  oltre Curno.



















Due atteggiamenti rappresentano in questo momento l'Europa: la codardia del governo Hollande, che di nascosto da il premio “'La Legione dOnore” ad un principe dell'Arabia Saudita (Stato sponsor del terrorismo islamico) per la “lotta contro il terrorismo” e le lacrime della Lady Pesc Mongherini a testimonianza della debolezza e del panico che pervade il continente.
Gli attentati di Bruxelles hanno riproposto l'ennesima e terrificante orgia mediatica piena di retorica e vuote analisi, che salvo rari casi, non vanno a sfiorare il punto della situazione: chi sono i massimi responsabili dell'attuale disastro. Si continua invece ad invocare “Più Europa”, come se bastasse uno Stato unificato e maggiore coordinamento ad impedire gli attentati terroristici. Rimedi che non hanno impedito, nonostante l'immenso apparato di sicurezza, gli attentati a Boston e San Bernardino negli Stati Uniti.
L'unico modo per fermare il Jihadismo è andare a sistemare la questione alla fonte. Non solo stabilizzando il Medio-oriente, ma anche chiarendo una volta per tutta i nostri rapporti con gli Stati sponsor dei gruppi jihadisti: Arabia Saudita, Qatar, Pakistan, Kuwait, Turchia, ecc. Essi sono i responsabili delle diffusione del radicalismo islamico e della sua ideologia estremista. Ideologia che sta penetrando anche in Africa centrale aumentando i gruppi terroristici e i conflitti.
Purtroppo questo chiarimento è impedito dalle nostre classi dirigenti che hanno stretto affari per centinaia di miliardi di dollari e euro con questi Stati.

Nessuno ha voglia di rimettere in gioco la questione economica, tanto meno le nostre élites, le quali chiuse nei palazzi d'oro sanno benissimo di non rischiare troppo. Infatti in 15 anni di “Guerra al Terrore” nessuno di loro è mai morto. Sia da una parte che dall'altra sono sempre i semplici civili a pagare il prezzo dei giochi di potere.
Così il dibattito si sposta sempre su becere discussioni, su populismi da dilettanti e soluzioni all'acqua di rose, aumentando la diffusione di un'islamofobia contro-producente. Fra l'altro va ricordato agli islamofobici europei che fino ad ora gli unici che hanno combattuto il Califfato faccia a faccia sono tutti islamici: curdi, alawiti siriani, hezbollah libanesi, sciiti/sunniti iracheni. Con giusto il supporto di qualche squadra speciale russa e americana, oltre che i raid aerei. Non pare che –aerei a parte- ci siano militari francesi ed inglesi nel M.O. a combattere il califfato. Mentre ci sono perlomeno un migliaio di cittadini francesi e inglesi che ingrossano le file della jhad. Di soldati europei non se ne sono visti, nonostante la minaccia terroristica stia infierendo proprio da noi. E gli stessi bombardamenti dei francesi e degli inglesi non si sono praticamente visti (gli inglesi in 3 mesi di campagna hanno fatto 7 morti fra i soldati del Califfato…). Altro che i proclami guerrieri degli inetti Hollande & company; qua siamo di fronte ad un'Europa che non sa quello che vuole fare e che non sa nemmeno più come combattere.
O meglio: ha da passà la nuttata.

Il consigliere di minoranza Angelo Gandolfi con le sue interpellanze e con le sue battute in consiglio comunale fa intendere di avere l'ombelico in comune con qualche ufficio comunale. Non si comprende se l'atteggiamento è frutto di becera ignoranza delle regole della trasparenza e del rispetto istituzionale oppure si tratta di messaggi alla maggioranza (o magari solo a qualcuno della maggioranza col qale  spesso duetta amorevolmente reciproci riconoscimenti ) del tipo “tu sai che io so che …”.
Indubbiamente appartiene alla lobbies dei bottegaia nostrani e certe sue battute appaiono provenire da un notissimo comunista indigeno, bene apprezzato dal suo sodale.
Chi non lo conosce (il Gandolfi) , lo prenderebbe per un monsignore piuttosto giovane. Non un pretino qualsiasi, ma già un monsignore  per via della splendida splendente calvizie che lo fa apparire più vecchio del vero. Suona l'organo in chiesa, ha una cultura enciclopedica e –proprio come i preti- nessuno sa che professione o mestiere faccia. Lui dirà che basterebbe chiederlo: ma queste domande le fanno i carabinieri alle signorine poco di buono che custodiscono i lampioni sulla pubblica via. E lui non appartiene alla categoria: non sarebbe conveniente. Veste abiti di buona fattura –appunto come i monsignori-, viaggia con un'auto francese, ha sposato una cantante lirica dell'estremo Oriente di cui non si conoscono incisioni e si presenta pubblicamente come “il sindaco (EX) del buongoverno”.


La sua presenza in consiglio comunale come consigliere di opposizione è del tutto ininfluente (vista anche la frantumazione del centrodestra) anche perché non ha uno straccio di idea di governo, però dal suo modo di interloquire, di porre le domande, il relativo contenuto, le interrogazioni fanno pensare che abbia informazioni dirette da qualche ufficio comunale –ragioneria e ufficio tecnico?- e non fa nemmeno nulla per dissimularlo.
Con una faccia tosta diretta, in consiglio comunale interroga la maggioranza su fatti privati relativi ad operatori come se –anziché un consiglio comunale- si trattasse di una rimpatriata tra amici alla frasca. Il bello è che tranne le donne della maggioranza (ferocemente arrabbiate per il maschilismo, la misoginia, la banalità degli sfottò  del suo sodale) nessuno gli fa notare certi particolari che lasciano di stucco i cittadini che assistono ai consigli.
Per esempio all'ultimo consiglio s'è permesso di chiedere quanto avesse venduto un certo immobiliarista di un intervento a ridosso di Bergamo e quel bel tomo di assessore Conti s'è permesso di rispondere una percentuale. Alla faccia del diritto alla privatezza.
Peraltro anche nel blog del suo sodale sono comparse informazioni anagrafiche di un cittadino di Curno che non potevano essere rese note pubblicamente nemmeno da sindaco: quindi qualcuno le ha comunicate al tipo.













Privazioni: “Consumo un pasto al giorno, ormai ho uno stomachino”. Soprannomi: “Sa come chiamavano Visconti? Il mostro della Via Salaria”.
Concessioni: “Niente caffè e niente frutta, bevo solo un liquorino”.
Mezzogiorno è alle spalle e nel ristorante a pochi metri da Piazza Navona Paolo Poli lo chiamano maestro: “La gente mi vuol bene perché mi vede poco”.

Torme di turisti gli passano accanto senza far caso al papillon che stringe il collo ai suoi 86 anni: “Ho fatto un mestiere in cui travestendomi, dimenticavo la mia modesta esistenza borghese, ho lavorato sempre per conto mio, ho visto un'epoca bella e sono arrivato a un'età ragguardevole, cosa dovrei augurarmi ancora?”.
Da ieri, a 4 decenni dall'ultima volta: “Il programma era Babau '70, i democristiani non volevano uno sketch, i socialisti eccepivano su un altro e di veto in veto la trasmissione venne mandata in onda solo nel 1976″ Poli è tornato in televisione. Su Rai 3, per otto settimane, con voluta citazione dell'amico Palazzeschi nel titolo: “E lasciatemi divertire” l'attore che diffida dei propri simili: “Sono terribili, non li frequento, ma faccio un'eccezione per il mio compagno di avventura Pino Strabioli che non ha i tipici difetti della categoria e non passa le giornate a parlar male degli altri” e non ama il narcisismo: “Quando ero giovane e bella le foto non me le han fatte, escludo di mettermi in posa adesso” metterà in vetrina un viaggio tra vizi e virtù, peccati capitali e innocenti deviazioni biografiche. Moravia, Fellini,Maria Callas, Ave Ninchi, Sandra Mondaini, Laura Betti: “Laura diceva che Roma era una città di campagna”.
Aveva ragione?
A Pasqua si andava fuori porta a vedere i ciclamini. Eravamo poveri e si mangiava poco, ma quel poco ci bastava. Quanta fame ci ha tolto Mario Soldati.
Soldati sfamava lei e Betti?
Ci venne incontro in Via Condotti: “Povere piccoline, cosa fate in giro da sole?”, “siamo due orfanelle affamate”, “venite a casa mia”. Ci fece salire. Tirò fuori la pasta ed esplorò il frigorifero. Non c'era niente. Neanche un pomodoro. Mangiammo spaghetti al Whisky. Buonissimi. Mario, un grande artista, era innamorato pazzo di Alida Valli.
Una volta si nascose in un tappeto mentre Valli e Dino Risi ascoltavano un disco di Sinatra. Lo tradì la tosse: “Non so come sono finito qui dentro”.
Per descrivere la fantasia di Soldati basterebbero i suoi film. Piccolo mondo antico, Eugenia Grandet. Cose alte. Argute. Valli me la ricordo bene. Abitava qui dietro. La vedevo uscire vecchia, vecchia. Molto presto di mattina. Con la miseria di una pensione avara andava a comprare un po' di pane.
È avara anche la sua?
Avarissima. Non c'è una lira, ma chi se ne frega. Tra una marchetta e l'altra qualcosa arriverà.
Poli non fa marchette.
Le facciamo tutti. Bisogna sopravvivere. Negli ultimi due anni ho recitato senza incassare un cazzo. Ho contattato un avvocato e provato a far valere le mie ragioni.
Risultato?
Alcuni comuni del sud mi hanno proposto di pagarmi un quarto di quanto avevano pattuito. Altri sono spariti.
In aprile aveva annunciato il ritiro dalle scene.
Era un paradosso. È diventato titolo sensazionalistico. E si è infine trasformato in epitaffio. Di quei soldi non piglierò mai nulla. Per chi ti deve pagare, uno che si ritira è già bell'e morto. Ma non importa. Ho visto Giorgio Albertazzi partecipare a un talent. Mi ha fatto pena.
Lei a un talent show non parteciperebbe?
Esiste un limite. Comunque sono abituato a vivere in povertà. Ho visto una Guerra Mondiale. Ho vissuto nella miseria successiva al conflitto. Mi sta bene anche la miseria, purché mi permetta di rimanere signore. Un po' di vino lo vuole?
Si è sentito signore a duettare con Strabioli in “E lasciatemi diver tire”?
È stato un piacere, anche se i tempi, è ovvio, sono cambiati. Domina la fretta. Quando mi sembrava di aver fatto delle papere, chiedevo di ripetere la scena e mi sussurravano rassicu ranti: “Ma no, non c'è problema, va benissimo”.
Paolo Poli si sente cattivo?
Piango, rido e parlo come tutti, non son mica un mostro. Dite che ho detto male di qualcuno? Che cattive, che maligne, che stupide che siete.





Buona la prima.
Sul set me lo diceva anche Alessandro Blasetti: “Buona la prima, ma la fica è meglio. Fammene un'altra”. Con lui girai un filmettino. Quando nelle pause raccontava la storia del comunista che si fa una sega e succhia il proprio sperma così mangia, beve e non spende, mi mandava via. Sapeva che ero comunista, ma ignorava che avessi l'orecchio lungo.
Storia tremenda.
Che le devo dire? Le maestranze ridevano senza ritegno. C'era un po' di cameratismo. Blasetti diceva cose tremende, ma era antropologicamente interessante. Durante il regime si era potuto permettere qualsiasi libertà perché Mussolini lo adorava e gli lasciava fare quel che voleva.
Lei per il cinema ha lavorato poco.
Ero negata. Ma al cinema andavo sempre. Entrare in sala era una grande gioia. Quando alla cineteca di Bologna restaurarono “La bellezza del diavolo” di René Clair mi fiondai come mi fiondavo da ragazzo. Alla sede del fascio, dove non chiedevano il documento d'identità, avevo visto Clara Calamai con le poppe al vento e il culo stracciato proprio in un film di Blasetti.
Dopo il seno di Vittoria Carpi in “La corona di ferro”, Blasetti mostrò quello di Calamai ne “La cena delle beffe”.
Il film era un polpettone insostenibile, ma in America era piaciuto ai fratelli Barrymore.
Il cinema era un'occasione utile agli amori di contrabbando?
Ero bello, ero giovane, non avevo bisogno di espedienti. Però una volta in un cinemetto dei preti ho visto un signore con la chiusura lampo al contrario. Ce l'aveva sul buco del culo e in piedi, senza scomporsi, lo prendeva da dietro. Stratagemma geniale.
In certe epoche l'omo sessualità era costretta al buio di una sala?
I miei amici finocchi si sposavano tutti. La famigliola ordinata. Le foto. I passeggini. L'utilitaria. Il televisore al centro del salone. Poi li incontravi in stazione in strani orari e in vesti più colorate. Vicino ai cessi. A Firenze il più famoso lo chiamavano latrin lover. Eravamo sei fratelli l'unico che ha trombato senza fare i figlioli sono io. Non me ne pento. Si morde e si fugge.
Lei da Firenze si trasferì a Roma.
Per fortuna. Laura Betti la incontrai presto. Sa la prima cosa che mi disse? “Sei una scema, una stupida e una cretina”. Mi parlava al femminile. Mi diede un frou frou che non so dirle.
Le piaceva?
Eravamo belle, giovani e magre. Una volta con Laura tirammo avanti per una settimana a Whisky e noccioline. Si andava dagli americani. Lei parlava in inglese e io in francese. Cercavamo di piacere in tutti i modi. Cantammo anche insieme. Avevo una parrucca bionda. Biondo Kessler perché tutto ciò che era biondo nell'immaginario rimandava solo alle gemelle.
Una parrucca bionda.
Buona per una donna di facili costumi come per un finocchio. Tingersi non era una nostra esclusiva prerogativa, anche se alla tintura io e Laura aggiungevamo una puntina di verde. Con il nostro preparato Milva esagerò. Uscì in scena a Bologna con la testa tutta verde. “Oh, rimani così per 3 o 4 giorni, cretina – le dissi – non ti andar subito a ricuocere di rosso”. Strehler le faceva tutte rosse. Tipo Rhonda Fleming. Maiale dalle dubbie capacità recitative, ma capaci di far sentire male gli uomini. Le rosse salivano sul palco e ai maschi diventava duro.


L'intervista di Malcom Pagani é del 21 giugno 2015 ed é stata ripubblicata su Il Fatto Quotidiano il 26 marzo 2016






I ruoli definiti in certi spazi si confondevano. Al fondo Pasolini, Laura Betti dominava la sce na apostrofando al femminile anche Emanuele Trevi: “Tu non esisti, zoccolet ta”.
Trevi con Laura è stato schiava, io ero alla pari. A sua volta Laura era schiava di Pier Paolo. Ammirava Moravia per la sua cultura e lo chiamava “il ceppo”. L'altro ramo dell'albero era Pasolini. PPP era straordinario, ma non mi poteva soffrire. Dicevo sempre banalità e non sfioravo il genio di Moravia. Alberto non aveva studiato, ma sapeva tutte le lingue. Gli ebrei erano fenomeni di determinazione. Ho conosciuto Don Milani, non ha idea di che persona straordinaria fosse. Gente che le scarpe, scendendo dalla montagna, le indossava solo per entrare in città.
Chissà cosa avrebbe detto Don Milani della sua Santa Rita da Cascia interrotta dalla celere nella seconda metà dei 60 a Milano.
Erano i poliziotti di Scelba. Tutti piccoli. Meridionali. Poveri. Che a Valle Giulia fossero loro i disgraziati, ebbe il coraggio di dirlo solo Pasolini.
Gli anni a Milano furono importanti?
Tra il '60 e il '70 sono stato quasi sempre lì. Il mio vero amico vero era Missoni. Ottavio detto Tao e sua moglie Rosita. Si andava nelle bettole: “Ti ricordi quel verso?”. Si iniziava a cantare. Sembravamo fascisti.
E fascisti non eravate.
Ma in quell'epoca eravamo cresciuti. Mussolini non mi piaceva, ma nel '35 la propaganda del regime la ascoltavo alla radio. Il sabato, a dito, si seguiva l'opera: “Mira o Norma à tuoi ginocchi”. Io chiedevo “Babbo, perché vuole ammazzare i suoi bambini?” e lui: “Perché li ha fatti con il nemico”. Di Romani e Galli non sapevo nulla. Vogliamo Nizza e la Corsica, si gridava. E loro, i cattivi francesi in coro: “Giamè, giamè, giamè”. “Jamais, Jamais, Jamais”. Il francese lo imparai poi con Victor Hugo. Les misérables. Il disegno in copertina. La figurina nera. Lessi come tutti, in un'edizione miserella, anche Pinocchio.
Lei sostiene che senza il peccato di Eva sarebbe stato noiosissi mo anche l'Eden.
Ma certo. Senza peccato si muore di sbadigli e non accade niente. È cominciata così la storia. Prenda Pinocchio. Il peccato è foriero di ogni disgrazia, ma Collodi che era un genio, ha messo in ogni capitolo, in ogni puntata, uno spavento, un cattivone, un consiglio morale e una roba da ridere. Ci volevano tutti gli elementi. E lui lo sapeva. Come lo sapeva Comencini. Nel suo Pinocchio per la tv, per elevare il quadro, basta la presenza della volpe Ciccio Ingrassia. In quello di Benigni invece, nello stesso ruolo si ricorre all'accento milanese e alla comicità dei Fichi d'India. Lo scopo è far ridere. Il risultato diverso.
Benigni lei lo ha conosciuto bene.
È diventata tutta correttina. Forse è l'influenza della moglie. Lei ha un Papa in famiglia. Benigni è bravo, è artista, riesce a parlare dei Dieci Comandamenti e va a Sanremo a dire: “Vergine madre, figlia del tuo figlio”. Io mi romperei i coglioni. Il più retorico tra i pezzi danteschi, tutto pieno di ossimori o ossimori che dir si voglia. Una cosa che si recitava, per obbligo, ai tempi della scuola.
Benigni non le piace?
Era innamorato di mia sorella che non gliel'ha mai data. Lei aveva intorno bei giovanotti, sapeva scegliere. Amo Lucia. L'unica parente con cui sia in stretto contatto. È come fosse mia figlia. Una figlia di dodici anni.
Lei ha sempre detto che mantenere l'identità è fondamentale. Benigni non ci è riuscito?
Ma nasce in un campo. Nasce povero. Allora scopre all'improvviso il buffet e il controbuffet. La forchetta. Le buone maniere. La società. E perde l'equilibrio. Accadde anche a Mussolini con Angelica Balabanoff. A lavarsi i piedi e a suggerirgli il giusto contegno a tavola provvide lei. Per il resto che dire della Benigna? Uno che prende in braccio Berlinguer e tocca i coglioni a Pippo Baudo senza preavviso una maestrina di scuola media. E guardi che a quel topino di Berlinguer io volevo bene.
Anche Berlinguer ha avuto il suo ricordo cinematografico.
Lasci stare. Del cinema italiano di oggi non ho una gran considerazione. Youth, è vero, non è per niente male. Ha due grandi attori e le telefonate, alla nostra età, somigliano tutte ai discorsi che si fanno Caine e Keitel: “Oggi quanto hai pisciato? Due gocce?”. Per il resto non ho apprezzato per niente “La grande bellezza” e anche Garrone, adorato ne “L'imbalsamatore“, ha trasformato Basile fino a renderlo irriconoscibile. Sette re, 14 principesse e niente del divertimento che provai leggendo “Lo cunto de li cunti“. Si fa fatica a digerirlo. Sono abituato ad altre emozioni. Mia zia e mi madre mi portavano in sala. Quando Greta Garbo disse “dammi una sigaretta” una si pisciò addosso e l'altra si sentì male.
Alla sua analisi manca Nanni Moretti.
“Mia madre” non mi è piaciuto granché. È montato male. Non ci si affeziona ai personaggi. Invece di vedere una grande attrice come la Lazzarini, Moretti ci costringe a osservare il film della regista imbecille. Meglio l'effetto notte di Truffaut. Ed è un peccato. Moretti è mio nipote.

Perché è suo nipote?
Ero amico della madre, Agata Apicella. Agata veniva in questa piazza e mangiava all'altro ristorante. Preferiva la concorrenza. La chiamavo e lei faceva la frettolosa: “Ora non ti posso parlare, ho qui la signorina Silvia Nono”. Era strano chiamarla signorina. Con Nono, Moretti aveva fatto anche un bambino. Nanni comunque non c'era mai. Sfuggiva. Aveva paura. Tra lui e Monicelli preferivo Mario. Appena mi metteranno in clinica attaccato ai tubi, mi butterò dalla finestra anche io.
Con Monicelli eravate amici?
Si andava a mangiare insieme. Mario non metteva il sale, guardava alla bottiglia di minerale come fosse droga, ma stava bene. Trombava. Aveva ancora due belle gotine rosse. Negli ultimi anni a lui e alla mia adorata Palazzeschi, si erano avvicinati i preti. Insegnavano loro a morire secondo religione. Non c'è nulla da fare. A una certa età ci acchiappan tutti. C'è la preparation.
I suoi amici sono tutti vecchi.
Quando va bene. Non ho mai convissuto a lungo e quindi affetti a cui badare non ne ho. Ho avuto per qualche tempo un rappresentante di fiori olandesi che non c'era mai e quindi andava benissimo. Facevo la birichina in giro con Filippo Crivelli, che ora si trascina con le mazze. Mi viene a vedere in teatro, dorme per tutto lo spettacolo e poi mi dice “Bravo Paolo, molto bello”. È tutto un claudicare di bastoni, un tintinnar di dentiere. Proprio qui venivo a mangiare con Natalia Ginzburg e Bassani. Prima di sedersi, Giorgio estraeva il ferro dalla bocca e lo poggiava incurante sul tavolo. Poi certo, subentra anche la noia. L'altra sera ho mangiato con Vittorio Sermonti. Ci siamo fatti entrambi due coglioni così, però che cultura. Che parlare. Ai nostri tempi si studiava davvero. Il San Tommaso, la Divina Commedia, tutto Aristotele. Almeno.
In “E lasciatemi divertire” passano anche Carmelo Bene e De Sica.
De Sica aveva come cognato Checco Rissone, il fratello della moglie, detto caccola. Era alto 20 centimetri, ma come tutti i nani aveva la terza gamba. Carmelo Bene l'ho visto spesso. Da giovane era bravissimo, straordinario. Con il tempo si ammalò. Non stava più ritto in scena perché prima dello spettacolo beveva una bottiglia di Whisky. L'ultimo Pinocchio era bruttino. Lui biascicava.
Del grande autodidatta, Alberto Sordi, che ricordo ha?
Odiosa persona. Omofobo. Dava la mano molle e guardava dall'altra parte. Bravo con Fellini, ma aveva già più di trent'anni perché Sordi, è utile dirlo, giovane non è mai stato. Trombava Andreina Pagnani che lui chiamava, non a caso, la vecchia. Lo conobbi a casa di Monica Vitti. C'era un compleanno. Io ero povero, ma mi sforzai e acquistai una testa di bambola della Lenci. Lui portò I maestri del colore comprato in edicola.
I soldi li ha chi se li sa tenere.
Un tempo quando incassavo bene, reimpiegavo il denaro nella mia attività. La prima volta che incassai 10 milioni nel '60 con il Carosello Campari comprai 13 proiettori e un tappeto per coprire le assi del palco. All'epoca si passava dal Regio di Parma alla sala Umberto dove Petrolini recitava dietro a un fondale con un finto Colosseo disegnato da Mario Pompei, uno strepitoso scenografo che come nuora aveva Paola Pallottino. La donna che scrisse 4/3/43, la prima canzone di successo dell'orribile pelato.
L'orribile pelato sarebbe Lucio Dalla?
In senso estetico. Ottimo cantante, ma per lasciare qualcosa al suo ragazzo, avrebbe dovuto scrivere tutto nero su bianco prima di andarsene. Non si può prevedere di campare. Io a nipoti e pronipoti, quel che dovevo lasciare, l'ho bell'e lasciato a suo tempo. Ho sempre avuto senso di responsabilità. Mio padre mi lasciava scegliere il nome dei miei fratelli. Sapeva di avere in casa una piccola artista e già mi diceva: “Di che colore dipingiamo la facciata?” “Rosa”. Avevo un villino in periferia con la facciata rosa e le stanze celesti. Rosa e celeste. I colori della madonna.
Rimaniamo in tema. Bergoglio la affascina?
Chi se ne frega di Bergoglio. Se io sono Biancaneve, il Papa deve essere una strega. Altrimenti a che serve? Un grande Papa era Luciani. Lo avevo conosciuto bene a Venezia. “Dio non ha sesso” diceva. Pensi quanto era intelligente. Han fatto presto infatti a toglierselo dai piedi.
Ha mai avuto paura di qualcosa, Poli?
Fino ai 22 anni, del sesso. Ho avuto tutto quello che ho voluto, uomini e donne. Ma fino ad allora, legavo il sesso a un'impressione orrenda. A spavento e violenza. Durante la guerra, i tedeschi avevano trombato la mia mamma in tre. Volevo sapere. Capire. “Eh Paolo, via. Ci si lava e bell' e finito tutto”. La mia mamma era montessoriana, non aveva paura di nulla. Da piccolo mi dava rudimenti in tema: “Paolo, quando nascono, i bambini sul sesso hanno tre cicciolini. Il maschio ha il pisello e due fagioli. La ragazza ha le labbra della vulva e il buco nel mezzo, il clitoride, dove la donna sente il solletico”.
Quanto l'hanno segnata i ricordi della guerra?
Mi ricordo la liberazione. C'era voglia di calore. Le donne si calavano dalle finestre che sotto ci fossero repubblicani o repubblichini. Io ero tappato in casa. “Non andar più a prendere cioccolato e sigarette dagli americani – mi dicevano – ché altrimenti le tue sorelle non si sposano più”. Chi era andata con i tedeschi veniva rasata, ma chi aveva ceduto agli americani rimaneva comunque maiala. Avevamo i buchi sulle pareti e un'ora di riscaldamento al giorno. Avevamo poco. Ma ero bella e piacevo lo stesso. Le altre non so.