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INDICE
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185 -19 marzo 2016
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bienno47@gmail.com
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Due
interviste ad Enrico Letta nello spazio di una settimana. Prima è
toccato a Marco Cicala nell'inserto Venerdì di Repubblica dell'11
marzo. Poi a Monica Guerzoni sul Corriere del 18 marzo. Vedere il
testo ai link in fondo colonna. Si possono leggere in due modi diverse
queste coincidenze. Come potete leggere nei testi originali
l'intervista sul Corriere è abbastanza semplice e non svela cose
eclatanti. Quella di una settimana precedente, di Cicala, invece
sembra più mordente.
Prendiamo una parte interessante.
D.:Tra le cose che ha fatto da Premier qual è quella di cui va più fiero?
R.:«Mare nostrum, l'operazione per i migranti. Ormai ha ricevuto tanti
apprezzamenti, compreso quello dell'Alto Commissariato Onu. Ma scatenò
un sacco di attacchi e bugie. Dissero che funzionava da richiamo, che
attirava gli sbarchi. Invece, oltre a quello del mare, siamo arrivati
anche al controllo degli scafisti».
E le cose che si rimprovera di più dei mesi a Palazzo Chigi?
«Troppa ingenuità».
Enrico il sereno. Ma l'ingenuità non è per forza un difetto.
«In politica lo è».
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Altri errori?
«Troppa prudenza nelle riforme».
E sul versante dell'immagine?
«Certo, sono ancora percepito come un freddo. Ma penso di essere cambiato. Ora ho più voglia di rischio».
La politica è anche faccenda di passioni, personalità, epica.
«Assolutamente. L'epos conta. Come conta il carattere nazionale. A noi italiani c'ha rovinato Gianni Rivera».
Poveraccio, e perché?
«È il mio idolo. Quel gol in extremis a Città del Messico contro la
Germania è uno dei tre o quattro fatti epici dell'Italia repubblicana,
ma c'ha rovinato. Ci ha dato l'idea che alla fine noi ce la caviamo
sempre, quindi tanto vale non organizzarsi prima. Però oggi se non
unisci genialità e programmazione non ce la fai».
In fatto di comunicazione, lei
ha eccepito parecchio sullo storytelling politico, la narrazione più o
meno affabulata dell'operato di governo.
«Sì, ma qui non voglio ricascare in un banale battibecco con Renzi».
Mica c'è solo Renzi nel magico mondo degli storyteller.
«La narrazione deriva dalla necessità, oggi vitale,
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di comunicare bene quello che si fa.
Se fai le cose e non sai comunicarle, metà di
quanto stai facendo non serve. Però non bisogna cadere nell'eccesso
opposto secondo cui tutto è comunicazione. La sostanza resta decisiva.
Dico sempre che in politica ci vorrebbe un'Unità San Tommaso, un gruppo
d'intervento che metta la mano nella ferita del costato».
Tradotto in termini più profani?
«Luoghi indipendenti in grado di certificare che certe cose si stanno
facendo davvero, che stanno dando risultati oppure no. Comunque,
all'elettore, al cittadino bisogne rebbe avere il coraggio di dirgli:
pensavamo di fare questo e quello però non ci siamo riusciti, o non
ancora».
Stamattina ha fatto una lezione
su grandezza e limiti dell'Euro parlamento. Ma oggi l'Europa appassiona
gli studenti o li lascia freddini?
«Chi ha vent'anni è interessato, chi ne ha trenta, già meno».
Che deve inventarsi un prof per rendergliela un minimo sexy?
«Per esempio ricordare che senza l'Europa non ci sarebbero l'Erasmus o le compagnie low cost con cui loro si spostano. |
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E poi agli studenti ripeto sempre: pensate davvero che i problemi con cui ci scontriamo oggi possano ancora trovare soluzioni esclusivamente nazio nali?».
Ecco questo è Letta. Un brav'uomo. Nel secolo scorso.
Del resto il risultato elettorale del PD era stato buono alla Camera e
sconfitto al Senato. Bersani si era spento man mano lungo la campagna
elettorale, forse cullandosi sui sondaggi o sull'entusiasmo che trovava
nelle piazze e nelle sezioni del PD. Poi la tragicomica –più tragica
che comica- sceneggiata dell'incontro coi 5 Stelle fino all'incarico a
Letta per concludersi coll'emorragia cerebrale di Bersani nei primi
giorno del 2014. Lo spegnersi era già in corso nella campagna
elettorale.
Quando leggi oggi le parole di Letta o ascolti il Bersani che rinfaccia
a Renzi di “governare comodamente” coi voti presi dal PD guidato da lui
ci si rende conto che non erano all'altezza di essere presidenti del
consiglio.
Bravi uomini. Nel secolo scorso.
Gli uomini comunque passano mentre la “ditta” resta.
I LINK DELLE INTERVISTE:
REPUBBLICA
CORRIERE
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La
Russia ha deciso un ritiro tattico dalla Siria di gran parte degli
armamenti e aviazione schierata contro i ribelli interni del regime di
Assad. Ritiro tattico (costava tre milioni al giorno, quella missione
…) ma giovedi 17 marzo il capo dell'addestramento tattico-operativo
dell'aeronautica militare russa, Generale maggiore Oleg Makovezkij, ha
dichiarato ai giornalisti che l'operazione russa in Siria ha dimostrato
che sono capaci di organizzare gruppi di combattimento in qualsiasi
punto del pianeta.
"I sei mesi trascorsi in Siria hanno dimostrato in modo lampante che
l'aviazione militare russa è in grado di organizzare in tempi brevi
gruppi di combattimento in qualsiasi parte del mondo, di colpire in
modo affidabile qualsiasi nemico, di condurre operazioni militari
durature con la massima intensità, e di ritornare alle basi patrie
velocemente, con calma e sicurezza", ha affermato Makovezkij.
Telefonata di cortesia al presidente USA per informarlo ed avvertirlo.
Si tratta di un complesso militare ad Al-Sanobar e di un deposito per
l'equipaggiamento delle truppe a Istamo.
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Le due nuove basi si trovano vicino a Latakia-Tartus sul Mediterraneo tra la Turchia e il Libano.
Fin dall'inizio, l'entità dell'impegno russo in Siria è stata oggetto
di controversie: scesa in campo ufficialmente per partecipare alla
lotta al terrorismo dello Stato islamico, Mosca in realtà ha spianato
la strada da terra e soprattutto dal cielo alla controffensiva delle
forze governative del proprio alleato, Bashar Assad.
Se la lotta ai terroristi dell'Isis - su cui i russi si sono
concentrati in modo giudicato saltuario - non può certo dirsi conclusa,
Putin ritiene che la campagna aerea abbia «cambiato radicalmente la
situazione» sul terreno, consentendo il cessate il fuoco che potrebbe
aprire la strada a una soluzione negoziata del conflitto iniziato
cinque anni fa. L'auspicio è che l'avvio del ritiro russo contribuisca
ora a stimolare il processo di pace avviato dalle forze politiche, un
cammino su cui russi e americani si sono ritrovati finalmente a fianco.
In base a quanto affermato dal ministro Shoigu, in Siria le forze
armate russe «hanno distrutto più di 2.000 banditi usciti dalla Russia,
tra questi 17 comandanti».
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La
guerra ai jihadisti arrivati in Siria dal Caucaso per unirsi all'Isis è
stato uno degli obiettivi specificati chiaramente all'inizio
dell'intervento dal Cremlino, che teme il ritorno in patria di
combattenti pronti a rilanciare in patria una stagione di attentati
contro lo Stato.
Resta da chiarire il ruolo esatto che Putin si riserva di ritagliarsi
ancora in Siria. Le basi russe al porto di Tartus sul Mediterraneo e a
Latakia - la base aerea di Hmeimim - continueranno a lavorare «secondo
il precedente regime. Dovranno essere difese da terra, dal mare e dal
cielo». Il capo dello Stato russo ha aggiunto che una parte dei
militari che resteranno in Siria saranno impegnati nella verifica del
rispetto della tregua, entrata in vigore a fine febbraio. Putin ha poi
affidato al ministro Lavrov l'incarico di intensificare gli sforzi
della Federazione Russa nell'organizzazione del processo di pace, per
arrivare a una soluzione della questione siriana.
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Siria
e con queste basi che non verranno mai più smantellate quand'anche
cadesse Assad, la presenza russa nell'Occidente conterà assai più delle
cretine intromissioni dell'Occidente nei paesi a ridosso della Russia.
Rimarrà quasi sicuramente una situazione di tregua armata e leggermente
combattuta finché non sia compiuto l'iter per il cambio della
presidenza USA. Dai cui risultati (elettorali) non è detto che
una Clinton prosegua nel disimpegno USA dalle vicende troppo esterne
agli USA mentre il suo avversario potrebbe rimettere in moto
l'aggressività americana in tutto il pianeta.
Siria in stand by; Libia pure, la stessa soluzione dell'UE verso i
migranti coll'accordo criminale con la Turchia segnano un percorso
a breve medio periodo di relativa stabilità.
Finchè non ci sarà il nuovo presidente USA.
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Signora mia in che mani siamo!. Scherziamo ma siamo arrabbiati. Assai incazzati.
La notizia è nota, leggiamola sull' Huffington Post Italia. Salah Abdes
lam era nascosto a poco più di 4 km da uno dei luoghi più blindati
d'Europa, quel palazzo Justus Lipsius che ospitava il vertice europeo.
Per quattro mesi è stato il primo ricercato delle stragi di Parigi e la
polizia belga ha fallito in più di un'occasione prima di prenderlo. Una
cattura deci siva che apre le porte a domande inquietanti. "Lo abbiamo"
twitta alle sei della sera il ministro belga Theo Francken,Salah
Abdeslam è stato preso. Su 12 uomini che nel commando di Parigi ucci
sero 130 persone questo 26enne di origine marocchine nato e cresciuto a
Molenbeek era l'unico ancora in vita e ancora in fuga insieme a Mohamed
Abrini (complice logistico nelle stragi). E soprattutto era ancora lì,
a Molenbeek, dove era tornato la notte dopo il sangue e il terrore di
Parigi.
Era il "ricercato numero 1", quello che "non si era fatto saltare in
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Come è stato possibile che l'uomo braccato dall'Interpol e dai servizi di mezza Europa non si sia mosso da lì? Come ha fatto a sfuggirgli
anche nell'ultimo blitz di martedì, dove era uno dei due uomini in
fuga? Come faceva l'attentatore numero uno, cellula pulsante dell'Isis
pronta a colpire ancora, ad essere proprio lì da dove era partito, la
super sorvegliata Molen beek? E fatto ancor più inquietante Salah
Abdeslam è stato catturato oggi a pochi chilometri e una 20 di minuti
di distanza da dove, nella sede del consiglio europeo di Bruxelles,
erano riuniti tutti i più importanti capi di Stato d'Europa per
discutere sulle politiche di accoglienza dei migranti.
Chi l'ha coperto? Domande a cui i servizi belgi (e francesi), finita
l'euforia per la cattura, dovranno rispondere. Se Salah Abdeslam, come
ipotizzato, non si fosse mai mosso dal Belgio significherebbe che in
questi ultimi quattro mesi ha goduto di una rete di copertura da parte
di altre cellule dell'Isis. Rete che, in quel cuore pericoloso
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aria (a differenza del fratello, ndr)", l'attentatore del Bataclan, il fantasma che continuava a sfuggire alla polizia.
Scappato così tante volte: tre nella fuga da Parigi a Bruxelles, quando
fu fermato ma lasciato andare perché ancora gli agenti non avevano il
suo identikit. E poi ancora dopo essere stato lasciato nei pressi dello
stadio di Molenbeek dopo l'attentato. Lo hanno cercato in Siria, in
Marocco collaborando con i servizi segreti, in Austria Germania e
Ungheria dove c'erano tracce di suoi passaggi, e soprattutto, senza mai
trovarlo, in Belgio, nel cuore di quel quartiere-polveriera per la
pianificazione della jihad. Il 10 dicembre scorso trovarono le sue
impronte in un appartamento a Schaerbeek, in rue Henri Bergé. Ma
niente, non era lì. Le hanno trovate anche martedì scorso a Forest, nel
blitz dove la polizia ha ucciso l'algerino affiliato all'Isis Mohamed
Belkaid. Più tracce che portavano a una conferma: quattro mesi dopo la
strage del 13 novembre Salah era ancora a Bruxelles.
Il 19 marzo finalmente l'epilogo: la maxi operazione a Molenbeek dopo
le 16, gli spari, le granate, lui asserragliato finché un agente non è
riuscito a colpirlo ad una gamba e ferirlo, senza ucciderlo, in modo da
catturarlo vivo. Con lui è stato fermato anche Soufyane Kayal, complice
dell'algerino ucciso a Forest.
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d'Europa dove si progettano attentati, deve essere smantellata
con tutte le forze fino all'ultimo ipotetico o supposto terrorista
presente.
Ecco in che mani siamo.
Mani che ci dovrebbero difendere dal terrorismo interno e internazionale.
Mani non all'altezza del compito loro affidato.
Mani forse anche complici.
E dire che la Francia non è una signorinetta scontrosa che non
ammazzerebbe nemmeno una mosca molesta con la palettina: anzi! La
Francia non disdegna di mandare i suoi uomini ad assassinare “chi lo
merita”, anche peggio degli USA e forse un gradino sotto Putin.
Basta vedere cosa combinano Francia Inghilterra e USA in Libia dove ufficialmente non ci potrebbero nemmeno stare in ferie.
Ecco introdotto proprio l'argo mento Libia.
Questa “gente” che vorrebbe mettere gli scarponi in terra libica, sa
almeno quel che deve-vorrebbe fare oltre al casino che combinano
dappertutto?
Come può un cittadino fidarsi di governi ed organi di polizia (e mica
ci riferiamo al poliziotto di quartiere o al vigile urbano!) che in
quattro mesi non sono stati in grado nemmeno di catturare un terrorista
che dopo gli attentati si era rifugiato… a casa sua ?!?!.
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Ridotto all'osso ma proprio all'osso, il difficilissimo (da
interpretare e applicare) accordo tra l'Ue e la Turchia è invece molto
semplice e assai razzista. La Germania compera – coi soldi di tutti gli
stati europei- uno a uno, scegliendoli accuratamente, i profughi
siriani dalla Turchia. |
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Quest'anno oltre 153,000 persone, di cui un terzo bambini, hanno
attraversato il Mediterraneo e il 96% di loro proviene dai 10
principali paesi produttori di rifugiati. Già circa 450 sono i morti
annegati, molti dispersi (che significa morti). |
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nostro welfare: il nord Europa e l'Inghilterra).
Ma il quadro non si completa se non si vuole vedere come la Germania
faccia da guida contro, mentre vuole spendersi come nazione accogliente.
In buona sostanza scarica sulla Grecia (e sull'Italia) il problema |
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Sinteticamente
e spogliato di tutti gli infiocchettamenti letterari. Il 7 marzo 2016,
la Turchia ha convenuto di accettare il rapido rimpatrio di tutti i
migranti non bisognosi di protezione internazionale che hanno compiuto
la traversata dalla Turchia alla Grecia e di riaccogliere tutti i
migranti irregolari intercettati nelle acque turche (che la Grecia
dovrà rispedire da dove provengono). Per ogni siriano rimpatriato
in Turchia dalle isole greche un altro siriano sarà reinsediato dalla
Turchia all'UE tenendo conto dei criteri di vulnerabilità indicati
delle Nazioni Unite. La priorità sarà accordata ai migranti che
precedentemente non siano entrati o non abbiano tentato di entrare
nell'UE in modo irregolare. L'adempimento della tabella di marcia sulla
liberalizzazione dei visti sarà accelerata nei confronti tutti gli
Stati membri partecipanti con l'obiettivo di abolire l'obbligo del
visto per i cittadini turchi entro la fine di giugno 2016 al più tardi,
a condizione che tutti i parametri di riferimento siano stati
soddisfatti.
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Ieri
(18 marzo) 1734 profughi sono stati respinti dalla Grecia-Lesbo alla
Turchia. Dal 15 al 18 marzo in Italia sono arrivati dal nord Africa
3.130 persone.
Nel 2016 (dati del Viminale aggiornati a ieri) il numero delle persone
arrivate via mare ha toccato quota 12.623: ben il 36% in più rispetto
allo stesso periodo del 2015. Di questi, oltre 9.500 sono partiti dalla
Libia. In gran parte provengono da Nigeria (1.767), Gambia (1.463),
Senegal. Insomma flussi tradizionali dall'Africa, indipendenti dalla
chiusura della rotta balcanica.
Quindi il buonismo cattolico e la furbizia demografica spicciola della
Merkel – che vuole scegliere accuratamente chi fare entrare in
Germania: giovani, sani, ben scolarizzati, pronti a lavorare, non
troppo religiosi e ideologicizzati (no ai kurdi, per carità!) e degli
altri stati europei comunque esposti o mascherati attraverso le più
svariate motivazioni che vanno dal razzismo esplicito ( dalla Polonia
alla ex Jugoslavia Ungheria, …) alla difesa più gretta degli interessi
di bottega (i profughi non meritano il
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immediato della prima accoglienza e registrazione dei profughi e poi
affida e scambia con la Turchia, il paese più fascista e illiberale
della Nato, il ruolo di carceriere scambista. E la Turchia ha una
grande “esperienza” nel tenere e organizzare la prigionia delle
persone, sue e straniere.
Terribile poi l'onere imposto a un paese affamato come la Grecia, che
avrebbe bisogno di tutto meno che di essere sovraccaricato di questo
onere della prima accoglienza: anziché toglierglielo di dosso per darle
maggiori occasioni di crescita, giù un'altra botta.
Probabilmente l'Europa non è morta coi tentativi di liquidare Scenken.
Muore adesso con la Turchia a cui la Germania ed altri paesi
dell'Ue hanno affidato il compito di “totenkopfverbände” o più
politicamente corretto di “wachverbände”.
QUI IL TESTO
DELL'ACCORDO
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Una
delle armi vincenti di un politico “dovrebbe essere” la
trasparenza. Qui ci riferiamo al sapere da parte dei cittadini come la
pensano sindaco, vice sindaco consiglieri comunali, dirigenti di
partito, pretendenti alla carica sui vari aspetti della vita politica
che sono all'ordine del giorno nel Parlamento Italiano.
Per esempio cose ne pensano lor signori:
- sulla fecondazione assistita
- sull'utero in affitto
- sulla regolazione dei rapporti di
convivenza
tra coppie dello stesso sesso
- sull'immigrazione siriana
- sui kurdi
- sulla Turchia
- su Israele e la Palestina
- sulla Russia
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- sui paesi baltici
- sui paesi dell'ex Jugoslavia
- sulla Libia
- quali quotidiani leggono
abitualmente
- quali sono gli ultimi due
libri che hanno letto
- quanti corsi di informazione
hanno seguito
post elezione nell'assemblea
consigliare
- del Referendum del 17 aprile 2016
- sulla riforma costituzionale
- sulla riforma elettorale
- asilo pubblico oppure asilo
convenzionato?
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