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183 - 12 marzo 2016

bienno47@gmail.com


















Il passaggio del PD da un modello «bersaniano» al modello «renziano» penso sia irreversibile. La stragrande maggioranza degli italiani lo ha scelto elettoralmente e c'è una consistente minoranza che ha deciso l'astensione. Buono o cattivo che sia giudicato dai professionisti della politica  oppure dai soli iscritti oppure dagli elettori. La mezza vittoria o la mezza sconfitta di Bersani ci ha consegnato prima l'atroce esperienza dello streaming di Bersani coi 5S, poi la floscia e inutile esperienza del governo Letta, palesemente inadatto. Infine i piddini hanno deciso di liberarsi di una classe politica inconcludente chiacchierona ballista mettendosi nella mani di Renzi e della attuale maggioranza. Che di buona ha sicuramente (fino adesso) l'onestà.

Vecchi e nuovi iscritti ed elettori del PD prendano atto della situazione: o così oppure nuove elezioni.
Noi semplici e ultimi iscritti non vogliamo nuove elezioni: ci ritroveremmo poveri in canna per sempre. Abbiamo la certezza che quelli che mirano alle elezioni anticipate per tirare a campare, stavolta tireranno le cuoia. Non ci importerebbe il loro destino non fosse che al posto di Renzi ci troveremmo una troika nordeuropea.
E tirerà le cuoia pure il Paese con o senza jobs act o riforma costituzionale o elettorale o pinco pallino che sarà.
Indubbiamente la classe politica che ha accompagnato l'ascesa di Renzi non è stata granche all'altezza del governo del partito. Orfini e Guerini ci fanno venire i brividi . Roma Napoli Genova e decine di altri comuni persi per un micidiale mix di cattiveria interpersonale – Dalema docet- tra vecchi e nuovi ex comunisti e democristiani e destrorsi pronti solo ad accoltellarsi senza pari.
Ci hanno rotto: adesso li vogliamo davvero picchiare.
Detto questo siamo altrettanto sicuri che il futuro prossimo e remoto dell'Italia non sarà  granché migliore di adesso. Vediamo tutti che le sole aziende che assumono lavorano si muovono sono quelle a più alto contenuto tecnologico capaci coi





Il Primo Ministro turco è arrivato a Bruxelles tutt'altro che con il cappello in mano, anzi, con richieste esigenti e palesemente ricattatorie. Ha detto che solo la Turchia può controllare il flusso di migranti, ma che lo farà solo in cambio di soldi, tanti soldi — altri 3 miliardi di euro in aggiunta ai 3 miliardi già stanziati, di cui ha sollecitato il pronto versamento.

È a questo punto del tutto evidente che non si tratta per l'Europa di aiutare la Turchia — come sarebbe giusto — a garantire migliori condizioni per i due milioni e mezzo di migranti, in maggioranza siriani, che già si trovano sul suo territorio, ma piuttosto di retribuire il custode degli accessi all'Europa per un'azione di blocco dei flussi.

Ovviamente la Merkel sostiene la richiesta turca dal momento che a seguito della sua sparata generosa di accogliere un milione di rifugiati, ha difatto scatenato un'accelerazione delle fughe che –prima di arrivare in Germania- debbono attraversare una decina di stati,  tutti molto più piccoli e malmessi della Germania, che questa “invasione” ne la vogliono ne riuscirebbero ad organizzarla. Oltre al fatto –legittimo- che queste persone non necessariamente vogliono  andare tutte in Germania ma  vogliono andare laddove hanno amicizie parentele relazioni e magari soltanto dove troveranno un miglior welfare che in patria o in Turchia.

Il problema è che Erdogan, che dispone del più numeroso e potente esercito nella NATO, ha fatto della Turchia uno stato dove i diritti democratici non hanno cittadinanza. La mattanza dei dimostranti nelle piazze è un fatto quotidiano.
La mattanza dei kurdi e degli aderenti ai partiti filo curdi è una costante travestita malamente da lotta al terrorismo.

Proprio mentre stava a Bruxelles a ricattare l'Europa, in patria Erdogan – previa mattanza in piazza- cacciava tutta la redazione del quotidiano Zaman, l'unico non filogovernativo, insediando militarmente una redazione tutta filogovernativa. Molto semplicemente Erdogan e Merkel si sono intesi che la Turchia  parerà coi 6 miliardi europei la Merkel dal previsto tracollo elettorale prossimo trattenendo in patria –cogli “ottimi” metodi di cui s'è dimostrato capace…- i profughi siriani. Resta sul tappeto la richiesta turca della liberalizzazione dei visti dei turchi verso l'Ue e l'attestato di “paese sicuro”.

La Merkel si è dichiarata inorridita dei bombardamenti russi in Siria (soprattutto perché non colpiscono i kurdi, nemici storici di Erdogan…?) ma non s'è granché scaldata – anzi ha fatto finta di non sapere e vedere- il caso Zaman e s'è mostrata infastidita della richiesta renziana in merito.









La morte di questi ultimi tre italiani dimostra ancora una volta che noi italiani non sappiamo stare al mondo. Mostra il nostro pacifismo tronista e puramente tattico. Del resto basta vedere e ascoltare il ministro degli esteri Gentiloni oppure la Mogherini per rendersi conto che –ci fossero o meno- non cambierebbe la vita dell'Ue, della NATO e col resto del mondo (leggasi: India…).
L'unica cosa che importa al resto del mondo è che finanziamo lautamente le missioni all'estero per l'ONU o la NATO e poi zitti e mosca.
Un paese che ha tutti gli interessi economici come l'Italia nel Mediterraneo dovrebbe essere presente in pianta stabile con un esercito di osservatori  e invece non sanno nemmeno dove stiano gli italiani che ci vanno per lavoro e studio.

Invece non ci lasciano nemmeno portare a casa i nostri morti per farci l'autopsia (assieme a loro) e ce li restituiscono ulteriormente martoriati. Peggio degli animali.
Vero che non abbiamo subito gli attentati di una Spagna Francia Inghilterra però la questione può essere letta che siccome… non contiamo nulla quindi ci lasciano stare.
Poi siamo un paese de lavorare poco, fare il minimo, non disturbare troppo per non essere troppo disturbati.
Adesso un'azienda italiana  ha vinto l'appalto per il consolidamento della diga irachena di Mosul e quindi invieremo 500 militari a proteggere il cantiere e gli operai che vi lavoreranno. Bravi solo come badanti.












Vuoi che la Lega e tutti i relitti (nel senso di esponenti, non gli elettori) del centrodestra curnese mozzese, dopo lo sberlone subito con l'annullamento della legge regionale sulle moschee, non reagissero con una… raccolta di firme per un referendum contro il progetto dell'attuale comunità islamica di spostarsi dal sito attualmente affittato ad una struttura più adeguata?. Una insperata occasione per mettere in imbarazzo la giunta Serra e sperare di lucrare qualche vantaggio elettorale.

Già nel primo quinquennio (1994-1999) di amministrazione leghista a Curno, sindaco Bianchi e vicesindaco Pedretti, era ovviamente scoppiato il caso, mediato da un fermo e ferreo accordo che il prefetto aveva concluso tra tutti i partiti con la presenza di di parlamentari indigeni. Fu il primo motivo di rottura di Pedretti con Bianchi. Pedretti ritentò l'operazione per far chiudere il centro non appena diventato vicesindaco nella spumeggiante giunta Gandolfi, operazione stoppata dal rifiuto di grane dei funzionari comunali che costò a Pedretti la carica di assessore e vicesindaco.

Dopo Pedretti, toccò al consiglio comunale mandare a casa pure il sindaco.
Quale che sia il sindaco, la minoranza non ha probabilmente tenuto presente è che nella vicenda la “politica” non potrà nemmeno metterci becco e dovrà stare attenta perché – essendo tutti semplici cittadini- la controparte potrebbe portarli in tribunale per un aggettivo fuoriposto.
Questo perché in assenza di una norma nazionale e regionale in tema (di moschea), se lo spostamento dell'attuale centro non comporta una convenzione in quanto modifica o attua uno strumento di piano, la pratica va affrontata nei brevi termini previsti, istruita e risolta come mero fatto burocratico degli uffici comunali SENZA che la politica ci possa mettere naso e bocca.

E se ci mettesse becco, potrebbero scorrere ruscelli di euro come danno.
La sindaco Serra  ha rintronato per un quarto d'ora la riunione del 7 marzo di Vivere Curno 2° per dire che in paese ci ben bel l'8,9%  (o il 9,8%) di non Ue. Tra cui un canadese (arrivato in canoa con un orso on board e pure un salmone…?). Presenza di cui nessuno ha mai sollevato problemi tranne le scimmiottature leghiste.
Epperò la Serra con questo suo insistere sul tema non Ue manifesta una evidente incapacità a trattare il tema (tema: NON problema) perché lo pone troppo politichese. Vedi la lettera a L'Eco dove  ha dimenticato di ricordare che proprio il sindaco e i vice leghisti furono quelli dovettero flettersi al buonsenso ed alle ragioni dei… nigher.

Stando alle dichiarazioni della sindaco Serra e delle due assessore Gamba e Rizzo il centro di raccolta di materiali in buono stato dismesso dalle famiglie curnesi e mozzesi (“La Miniera”) l'operazione sarebbe stata sostanzialmente finanziata dalla Regione mentre in realtà non è esattamente così dal momento che –viste le delibere- ci sono state e ci saranno spese comunali per fare l'operazione e per condurla avanti. Perché hanno deciso che la gestione  è-sarà affidata a una onlus che impiegherà personale disabile.

L'operazione La Miniera costerà al comune non meno di 60.000€ per l'avvio ed arriverà a quasi centomila  entro i primi 5 anni. Salvo  più accurata verifica in aumento c'è da mettersi le mani nei capelli visto che lo sbandierato contributo regionale (46.518 €) si deve calcolare in aggiunta ai 60mila comunali  MA anche i soldi regionali sono denari delle tasse dei cittadini.

Centomila euro bruciati a maggior gloria della giunta Serra: letteralmente una follia sotto tutti gli aspetti in condizioni di crisi come stiamo.
L'operazione ha avuto due presentazioni cinematografiche. Nella prima sono apparse le due assessore Gamba e Rizzo a illustrare il motivo dell'iniziativa. La seconda è stata una brevissima comparsa della sindaco serra in un tiggi di BGTV.

Evidente il tentativo del terzetto –Gamba Rizzo Serra- di mettere il cappello sull'iniziativa  sbolognandola come ecologica e sociale. Invece si nota l'evidente silenzio dell'ass. Cavagna, che come responsabile dei beni comunali, avrebbe o dovrebbe avere parole in proposito. Silenzio eloquente.

Altrettanto eloquente il fatto che prima le due assessore e poi la sindaco si siano fatte premura di presentare in TV l'operazione. Fatto che si può facilmente leggere come episodio di una corsa alla prossima carica di sindaco.

La Miniera è la perfetta immagine della società dello spreco, degli oggetti usa&getta  e vale zero l'affermazione che si tratterebbe di risparmiare per un giro o due un oggetto dal finire distrutto.
Magari educare ed educarsi ad una vita “più parca” piuttosto che arrivare a presentare LaMiniera in TV con indosso un giubbino imbottito di poliestere creduto piuma d'oca e fabbricato in Cina. Roba da chiodi.










Primi tre titoli del Corriere on Line di sabato 12 marzo













loro prodotti di fare concorrenza alle omologhe di Germania, Francia, USA e UK. Il resto del panorama industriale italiano dal punto di vista degli occupati sta peggio dei cinesi o dei turchi perché quelli possono essere trattati coi manganelli. Questo tessuto industriale e commerciale (italiano) è ormai del tutto inutile perché i catorci che riescono a produrre sono identici a quelli prodotti in Turchia Polonia Cina con la differenza che da noi costano 2-3-4 anche 10 volte più che altrove.
Questi prodotti italiani non ce li potremmo nemmeno permettere con le tasche vuote che ci troviamo. Ieri ho cambiato la poltrona da studio ed era marchiata Treviso. Poi osserva osserva osserva bene e scopro che  le parti metalliche sono cinesi. Hanno travestito un cinese da veneto: dove volete andare?!.
Ieri le massaie francesi o inglesi o i tedesche si sbrodolavano dalla gioia di avere in casa una ignis o una candy mentre oggi  italiane francesi inglese americane polacche e russe hanno in casa una samsung o una hawei.  Altro che popoli uniti nella lotta: qui siamo uniti nella samsung o nell'ifone o nell'hawei. Nel mondo dei consumi di massa importa zero della produzione industriale italiana, pure per le auto. Per comunicare non c'è bisogno di nessuna azienda italiana ed europea. Sui PC o sui Mac tutto quello che c'è di hard e di soft viene da altrove l'Italia e l'Ue.
Oddio non siamo del tutto scomparsi. E' che non possiamo pensare al futuro facendo solo affidamento alla buona volontà di qualche genietto indigeno. Siamo quasi 70 milioni da mantenere.
Quindi mettiamo via per sempre che possano tornare i tempi delle stentate crescite del due o tre per cento. Pensiamo piuttosto  a come organizzarci per sopravvivere nei prossimi 50 anni di povertà e pura sopravvivenza.













Dunque nelle primarie napoletane hanno votato  poco più di 30mila cittadini attribuendo  13.419 voti, pari al 43,7% dei votanti alla Valente  e 12.967 voti (42,2%)% a nonno Bassolino.
Nipote e nonno. Meno male non di sangue.
Allieva e maestro.
Terzo Marco Sarracino con 3.266 (10,6%); quarto Antonio Marfella con 1.044 voti, pari al 3,4%.
Una differenza di 452 voti su un blocco di oltre 26 mila doveva immediatamente far scattare in entrambi i concorrenti una dichiarazione secca: lavoreremo insieme.
La Valente candidata sindaco e il nonno vice.

Lo scarto di voti che le ha dato la vittoria su Antonio Bassolino è così esiguo da porre seri dubbi sulla validità del risultato? Non importa, dice Matteo Orfini. Fa niente, gli fa eco Lorenzo Guerini. E in due non fanno un grammo di pudore.
Perché poi il problema delle primarie piddine di Napoli (come già accaduto a Genova per le regionali…) non sono i pochi euro scambiati tra fans ed elettori per versare l'obolo previsto per i votanti. Sarà al massimo  ricordato (come scrive Merlo) come il broglio pulito, il broglio più onesto della storia d'Italia, il broglio che non riesce ad essere un imbroglio nella città del pacco, del doppio pacco e del contropaccotto. Intanto con un euro non si corrompe
nessuno.

L' enfasi posta e la confusione generata, anche dai media, non aiutano certamente a capire se l'accaduto è espressione di un comportamento superficiale e trasandato (limitato a qualche singolo caso) o se invece è la conseguenza di un disegno criminoso, preparato con sottile attenzione. Appare evidente che nel primo caso, il risultato delle urne sarebbe stato poco influenzato dalla condotta improbabile e maldestra di “personaggetti” che, hanno spinto qualche sparuto elettore a votare la Valente. Ben diversa sarebbe la seconda ipotesi, ove una organizzazione vera e propria avrebbe avuto il compito di spingersi, ultra legem, per modificare il responso delle urne. Non lasciandosi travolgere dall'una o dall'altra congettura, il dubbio deve essere risolto non solo a vantaggio dei candidati, ma soprattutto per il rispetto di quanti, credendo nelle primarie, si sono recati alle urne.

per l'esperienza di governo del centrosinistra, che anzi è bersaglio costante della sua polemica».

Ma il fatto è grave perché per la Valente si sono riversati i voti cosentiniani, di cuffariani, oltre che di poveracci che non ne conoscevano neppure il nome prima che li si portasse ai seggi mettendogli un euro in mano, ma quel che importa è che abbia vinto, non importa come, perché era la candidata gradita a Matteo Renzi.

Il problema è quindi che il candidato sindaco di Napoli è stato molto probabilmente scelto dalla malapolitica napoletana piuttosto che dai piddini e pochi altri raccattati a casaccio.

Solo chi è in malafede può negare la gravità di quanto è accaduto, ma per affermare che il risultato delle Primarie tenutesi a Napoli debba comunque ritenersi fuori discussione non basta la malafede: occorre una robusta faccia tosta per negare l'evidenza e un fiero disprezzo per le più elementari regole democratiche. Lo scarto di voti che le ha dato la vittoria su Antonio Bassolino è così esiguo da porre seri dubbi sulla validità del risultato? Non importa, dice Matteo Orfini. Fa niente, gli fa eco Lorenzo Guerini. E in due non fanno un grammo di pudore.

Orfini e Guerini avevano e dovevano mettere delle regole alle primarie, perché adesso siamo alla follia che se un candidato prende 100 e il secondo ne prende 99, vince il primo e ciao stai bene. Mentre in politica il ciao stai bene in questi casi spacca tutto. Spacca anche i più volenterosi. Perché poi dietro la mancanza di regole c'è il trucco: nessuno vuole una regola chiara per tenersi le mani libere.

Orfini dopo la puttanata romana , genovese adesso si ripete a Napoli. Orfini e Guerini sono semplicemente degli ottusi scherani del capo e del tutto incapaci di gestire un partito. Paradossalmente c'è una minoranza c.d di sinistra (con l'appoggio di un D'Alema) che vuol far perdere le amministrative al PD per battere un Renzi che non riesce a battere con la politica nazionale e nel contempo ci sono gli ottusi scherani di Renzi che credendogli di fare un favore, lavorano nella medesima direzione della c.d. sinistra piddina.

Quanta gioventù !

Sabato 12.03.16 a Napoli







Massimo D'Alema, allora ci siamo? Bray candidato a Roma, Bassolino a Napoli, tutti contro Renzi, con lei regista?
«Sono sbarcato all'alba a Fiumicino dall'Iran, dove Vodafone non prende. Non avevo né telefono né Internet. Non so nulla di quello che è successo in questi giorni. So solo che il Pd versa in una condizione gravissima, e la classe dirigente reagisce insultando e calunniando con metodi staliniani».

Lei a Roma sostiene Bray, sì o no?
« Massimo Bray è un mio carissimo amico, ma è un uomo libero e indipendente. È anche una delle persone più testarde che ho conosciuto in vita mia. Non sente nessuno; decide, e va rispettato nella sua decisione. E non è neppure iscritto al Pd. Basta consultare la Rete per vedere quanti cittadini e associazioni si stanno rivolgendo a lui; anche se io non figuro, non faccio parte di questa comunità».

Quindi lei vota Giachetti?
«Non so ancora chi siano i candidati. Li valuterò liberamente da cittadino romano. Non so cosa farà Bray. Certo non ho il minimo dubbio che la sua candidatura sarebbe quella di maggior prestigio per la Capitale; mentre qui pare tutto un giochino interno al Pd. Sono molto attaccato a questa città, che dopo le vicende drammatiche che ha vissuto merita un sindaco di alto livello, a prescindere dall'appartenenza di partito».

Giachetti non lo è?
«Giachetti si è fotografato su Internet mentre traina un risciò su cui è seduto Renzi. Ma questa non può essere l'immagine del sindaco di Roma, neanche per scherzo. Il quadro è estremamente preoccupante. C'è una crisi della democrazia. Una caduta di partecipazione e tensione politica, di fronte alla quale i partiti, compreso il Pd, non riescono a schierare personalità all'altezza».

Siamo alla scissione che lei paventò un anno fa sul «Corriere»?
«Sta crescendo un enorme malessere alla sinistra del Pd che si traduce in astensionismo, disaffezione, nuove liste, nuovi gruppi. Si tratta di un problema politico e non di un complotto di D'Alema, che è impegnato in altre attività di carattere culturale e internazionale».

Lei è uno dei fondatori del Pd. Ci sarà o no la scissione?
«Anche Prodi lo è, e anche lui mi pare sempre più distaccato. Il Pd è finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non è passato per l'anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento così difficile. Io cosa dovrei fare? Cospargermi il capo di cenere e presentarmi al Nazareno in ginocchio a chiedere udienza a Guerini?».

A Napoli bisogna annullare le primarie?
«I dati sono impressionanti. 'Nelle aree di voto dopinione, Bassolino è nettamente avanti. In altre zone è sotto di tremila voti: a proposito di capibastone e di truppe cammellate, come le chiamano i nostri cosiddetti leader. Bassolino denuncia un mercimonio. Produce video che lo provano. E il presidente del partito, con il vicesegretario, rispondono che il ricorso è respinto perché in ritardo? Ma qui siamo oltre l'arroganza. Siamo alla stupidità».

Il presidente del partito, Matteo Orfini, è una sua creatura.
«Nella vita si può evolvere in tanti sensi. Del resto, loro dicono che sono bollito; anch'io avrò avuto una mia evoluzione. Ma come non capire che una risposta così sconcertante getta discredito sul partito, sulla politica?».

Basta primarie allora?
«Non ho detto questo. Ma così hanno perso ogni credibilità. Sono manipolate da gruppetti di potere. Sono diventate un gioco per falsificare e gonfiare dati. Bisogna scrivere nuove regole. E intanto rispettare quelle che già ci sono».

A Milano la sinistra Pd aveva pensato a Gherardo Colombo.
«'Nessuno potrebbe sospettarmi di essere lispiratore di Gherardo Colombo: l'ultima volta che ci siamo incrociati, scrisse che con la Bicamerale volevo realizzare il programma della P2. Il punto vero è che il Pd non ce la fa più a tenere insieme il campo di forze del centrosinistra. E dubito che riuscirà a compensare le masse di voti perse a sinistra alleandosi con il mondo berlusconiano: non solo Alfano,Verdini, Bondi, ma anche Mediaset e uomini di Cl. A destra viene riconosciuto a Renzi il merito di aver distrutto quel che restava della cultura comunista e del cattolicesimo democratico. Ma così ha reciso una parte fondamentale delle radici del Pd. Ha soffocato lo spirito dell'Ulivo: del resto Renzi non ha mai nascosto il suo disprezzo

Il premier replica che mai lei e Bersani avete avuto una parola in sostegno del governo.
«Non è vero. Potrei elencare una serie di mie dichiarazioni a favore del governo, a cominciare dagli 80 euro».

Allora Renzi non governa così male.
«L'Italia cresce dello 0,7%. Questo dato modesto viene presentato come frutto di grandi riforme. In realtà, la ripresa sia pur faticosa investe tutta l'Europa; e la ripresa italiana è metà di quella europea, forse un po' meno. La Germania cresce dell'1,7, con la disoccupazione al 6. Altro che “siamo più forti dei tedeschi, l'Italia ha ripreso a correre, non ce n'è più per nessuno”. Sarebbe carino evitare la propaganda e dire la verità al Paese. Il nostro gap viene da lontano, non è certo colpa di Renzi. Ma lo si affronta con un vero progetto riformista di innovazione. Non vedo questo né nel Jobs act né nella cancellazione dell'Imu».

Sta dicendo che Renzi somiglia più a Berlusconi che all'Ulivo?
«Oggettivamente è così. La cultura di questo nuovo Pd è totalmente estranea a quella originaria. Anche la sua riforma elettorale si ispira a quella di Berlusconi, non alla riforma uninominale maggioritaria voluta dalle forze dell'Ulivo. È una legge plebiscitaria: non si elegge il Parlamento; si vota il capo».

Nascerà un partito alla sinistra del Pd?
«Molti elettori ci stanno abbandonando. Compresi quelli che ci avevano votato alle Europee, nella speranza che Renzi avrebbe rinnovato la vecchia politica: ora vedono un gruppo di persone che ha preso il controllo del Paese, alleandosi con la vecchia classe politica della destra. Non so quanto resteranno in stato di abbandono. Nessuno può escludere che, alla fine, qualcuno riesca a trasformare questo malessere in un nuovo partito».

Perché invece non combattere una battaglia interna al partito?
«L'attuale gruppo dirigente considera il partito un peso. Gli iscritti sono poco più di 300 mila; il Pds ne aveva 670 mila. Si tende a trasformare il Pd nel partito del capo. Tutti quelli che non si allineano vengono brutalmente spinti fuori. Guardo con simpatia alla battaglia della minoranza, ma non mi pare che, purtroppo, riesca a incidere sulle decisioni fondamentali».

Renzi obietta che è stato il segretario a convocare più direzioni.
«La direzione è una cassa di risonanza. È un luogo dove lui fa dei discorsi e viene applaudito. Poi si vota a maggioranza cose che dovrebbero vincolare tutti. Ma la politica è ascolto, scambio, mediazione».

Separare l'incarico di segretario da quello di premier aiuterebbe a tenere tutti insieme?
«Ma loro non vogliono tenere insieme il centrosinistra. Vogliono sbarazzarsene. Mi fanno ridere quelli che lanciano l'allarme sul partito della Nazione; il partito della Nazione è già fatto, è già accaduto. Lo schema mi pare evidente: approfittare della crisi di Berlusconi per prenderne il posto. Ma è un'illusione. Il problema non è Verdini, che è uomo intelligente e molto meno estremista di alcuni suoi partner del Pd. Verdini ha capito che se Renzi rompe con la sinistra va dritto verso la sconfitta, magari in un ballottaggio con i Cinque Stelle. Per questo, capendo di politica, è preoccupato».

Sta dicendo che Renzi sarà sconfitto?
«Secondo me, una volta lacerato il centrosinistra, non viene il partito della Nazione; viene il populista Grillo. O viene la destra. Perché il ceto politico berlusconiano che oggi si riunisce attorno a Renzi non gli porterà i voti di Berlusconi. La destra è confusa, ma esiste, e una volta riorganizzata voterà per i suoi candidati. Renzi sposterà voti marginali, non paragonabili a quelli che perde. Di questo bisogna discutere, anziché insultare la gente. La vera sfida è come si ricostruisce il centrosinistra. Ed è, oggi, una battaglia che non si conduce più, oramai, soltanto all'interno del Pd».

Lei come voterà al referendum di ottobre?
«Al momento opportuno presenterò in modo motivato le mie opinioni. Non mi sento vincolato se non dalla mia coscienza: si vota sulla Costituzione della Repubblica. La rivista Italianieuropei sta preparando un numero sui 70 anni della Costituzione. Ho appena ricevuto il contributo di Giorgio Napolitano. Si intitola: “Elogio di una classe dirigente”. Ma si riferisce a quella del 1946; non a questa».

10 marzo 2016
Aldo Cazzullo,
IL CORRIRE DELLA SERA
11 mazo 2016