Il
passaggio del PD da un modello «bersaniano» al modello «renziano» penso
sia irreversibile. La stragrande maggioranza degli italiani lo ha
scelto elettoralmente e c'è una consistente minoranza che ha deciso
l'astensione. Buono o cattivo che sia giudicato dai professionisti
della politica oppure dai soli iscritti oppure dagli elettori. La
mezza vittoria o la mezza sconfitta di Bersani ci ha consegnato prima
l'atroce esperienza dello streaming di Bersani coi 5S, poi la floscia e
inutile esperienza del governo Letta, palesemente inadatto. Infine i
piddini hanno deciso di liberarsi di una classe politica inconcludente
chiacchierona ballista mettendosi nella mani di Renzi e della attuale
maggioranza. Che di buona ha sicuramente (fino adesso) l'onestà.
Vecchi e nuovi iscritti ed elettori del PD prendano atto della situazione: o così oppure nuove elezioni.
Noi
semplici e ultimi iscritti non vogliamo nuove elezioni: ci ritroveremmo
poveri in canna per sempre. Abbiamo la certezza che quelli che mirano
alle elezioni anticipate per tirare a campare, stavolta tireranno le
cuoia. Non ci importerebbe il loro destino non fosse che al posto di
Renzi ci troveremmo una troika nordeuropea.
E tirerà le cuoia pure il Paese con o senza jobs act o riforma costituzionale o elettorale o pinco pallino che sarà.
Indubbiamente
la classe politica che ha accompagnato l'ascesa di Renzi non è stata
granche all'altezza del governo del partito. Orfini e Guerini ci fanno
venire i brividi . Roma Napoli Genova e decine di altri comuni persi
per un micidiale mix di cattiveria interpersonale – Dalema docet- tra
vecchi e nuovi ex comunisti e democristiani e destrorsi pronti solo ad
accoltellarsi senza pari.
Ci hanno rotto: adesso li vogliamo davvero picchiare.
Detto
questo siamo altrettanto sicuri che il futuro prossimo e remoto
dell'Italia non sarà granché migliore di adesso. Vediamo tutti
che le sole aziende che assumono lavorano si muovono sono quelle a più
alto contenuto tecnologico capaci coi
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Il
Primo Ministro turco è arrivato a Bruxelles tutt'altro che con il
cappello in mano, anzi, con richieste esigenti e palesemente
ricattatorie. Ha detto che solo la Turchia può controllare il flusso di
migranti, ma che lo farà solo in cambio di soldi, tanti soldi — altri 3
miliardi di euro in aggiunta ai 3 miliardi già stanziati, di cui ha
sollecitato il pronto versamento.
È a questo punto del tutto evidente che non si tratta per l'Europa di
aiutare la Turchia — come sarebbe giusto — a garantire migliori
condizioni per i due milioni e mezzo di migranti, in maggioranza
siriani, che già si trovano sul suo territorio, ma piuttosto di
retribuire il custode degli accessi all'Europa per un'azione di blocco
dei flussi.
Ovviamente la Merkel sostiene la richiesta turca dal momento che a
seguito della sua sparata generosa di accogliere un milione di
rifugiati, ha difatto scatenato un'accelerazione delle fughe che –prima
di arrivare in Germania- debbono attraversare una decina di
stati, tutti molto più piccoli e malmessi della Germania, che
questa “invasione” ne la vogliono ne riuscirebbero ad organizzarla.
Oltre al fatto –legittimo- che queste persone non necessariamente
vogliono andare tutte in Germania ma vogliono andare
laddove hanno amicizie parentele relazioni e magari soltanto dove
troveranno un miglior welfare che in patria o in Turchia.
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Il
problema è che Erdogan, che dispone del più numeroso e potente esercito
nella NATO, ha fatto della Turchia uno stato dove i diritti democratici
non hanno cittadinanza. La mattanza dei dimostranti nelle piazze è un
fatto quotidiano.
La mattanza dei kurdi e degli aderenti ai partiti filo curdi è una costante travestita malamente da lotta al terrorismo.
Proprio mentre stava a Bruxelles a ricattare l'Europa, in patria
Erdogan – previa mattanza in piazza- cacciava tutta la redazione del
quotidiano Zaman, l'unico non filogovernativo, insediando militarmente
una redazione tutta filogovernativa. Molto semplicemente Erdogan e
Merkel si sono intesi che la Turchia parerà coi 6 miliardi
europei la Merkel dal previsto tracollo elettorale prossimo trattenendo
in patria –cogli “ottimi” metodi di cui s'è dimostrato capace…- i
profughi siriani. Resta sul tappeto la richiesta turca della
liberalizzazione dei visti dei turchi verso l'Ue e l'attestato di
“paese sicuro”.
La Merkel si è dichiarata inorridita dei bombardamenti russi in Siria
(soprattutto perché non colpiscono i kurdi, nemici storici di
Erdogan…?) ma non s'è granché scaldata – anzi ha fatto finta di non
sapere e vedere- il caso Zaman e s'è mostrata infastidita della
richiesta renziana in merito.
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La morte
di questi ultimi tre italiani dimostra ancora una volta che noi
italiani non sappiamo stare al mondo. Mostra il nostro pacifismo
tronista e puramente tattico. Del resto basta vedere e ascoltare il
ministro degli esteri Gentiloni oppure la Mogherini per rendersi conto
che –ci fossero o meno- non cambierebbe la vita dell'Ue, della NATO e
col resto del mondo (leggasi: India…).
L'unica cosa che importa al resto del mondo è che finanziamo lautamente
le missioni all'estero per l'ONU o la NATO e poi zitti e mosca.
Un paese che ha tutti gli interessi economici come l'Italia nel
Mediterraneo dovrebbe essere presente in pianta stabile con un esercito
di osservatori e invece non sanno nemmeno dove stiano gli
italiani che ci vanno per lavoro e studio.
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Invece
non ci lasciano nemmeno portare a casa i nostri morti per farci
l'autopsia (assieme a loro) e ce li restituiscono ulteriormente
martoriati. Peggio degli animali.
Vero
che non abbiamo subito gli attentati di una Spagna Francia Inghilterra
però la questione può essere letta che siccome… non contiamo nulla
quindi ci lasciano stare.
Poi siamo un paese de lavorare poco, fare il minimo, non disturbare troppo per non essere troppo disturbati.
Adesso
un'azienda italiana ha vinto l'appalto per il consolidamento
della diga irachena di Mosul e quindi invieremo 500 militari a
proteggere il cantiere e gli operai che vi lavoreranno. Bravi solo come
badanti.
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Vuoi
che la Lega e tutti i relitti (nel senso di esponenti, non gli
elettori) del centrodestra curnese mozzese, dopo lo sberlone subito con
l'annullamento della legge regionale sulle moschee, non reagissero con
una… raccolta di firme per un referendum contro il progetto
dell'attuale comunità islamica di spostarsi dal sito attualmente
affittato ad una struttura più adeguata?. Una insperata occasione per
mettere in imbarazzo la giunta Serra e sperare di lucrare qualche
vantaggio elettorale.
Già nel primo quinquennio (1994-1999) di amministrazione leghista a
Curno, sindaco Bianchi e vicesindaco Pedretti, era ovviamente scoppiato
il caso, mediato da un fermo e ferreo accordo che il prefetto aveva
concluso tra tutti i partiti con la presenza di di parlamentari
indigeni. Fu il primo motivo di rottura di Pedretti con Bianchi.
Pedretti ritentò l'operazione per far chiudere il centro non appena
diventato vicesindaco nella spumeggiante giunta Gandolfi, operazione
stoppata dal rifiuto di grane dei funzionari comunali che costò a
Pedretti la carica di assessore e vicesindaco.
Dopo Pedretti, toccò al consiglio comunale mandare a casa pure il sindaco.
Quale che sia il sindaco, la minoranza non ha probabilmente tenuto
presente è che nella vicenda la “politica” non potrà nemmeno metterci
becco e dovrà stare attenta perché – essendo tutti semplici cittadini-
la controparte potrebbe portarli in tribunale per un aggettivo
fuoriposto.
Questo perché in assenza di una norma nazionale e regionale in tema (di
moschea), se lo spostamento dell'attuale centro non comporta una
convenzione in quanto modifica o attua uno strumento di piano, la
pratica va affrontata nei brevi termini previsti, istruita e risolta
come mero fatto burocratico degli uffici comunali SENZA che la politica
ci possa mettere naso e bocca.
E se ci mettesse becco, potrebbero scorrere ruscelli di euro come danno.
La sindaco Serra ha rintronato per un quarto d'ora la riunione
del 7 marzo di Vivere Curno 2° per dire che in paese ci ben bel
l'8,9% (o il 9,8%) di non Ue. Tra cui un canadese (arrivato in
canoa con un orso on board e pure un salmone…?). Presenza di cui
nessuno ha mai sollevato problemi tranne le scimmiottature leghiste.
Epperò la Serra con questo suo insistere sul tema non Ue manifesta una
evidente incapacità a trattare il tema (tema: NON problema) perché lo
pone troppo politichese. Vedi la lettera a L'Eco dove ha
dimenticato di ricordare che proprio il sindaco e i vice leghisti
furono quelli dovettero flettersi al buonsenso ed alle ragioni dei…
nigher. |
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Stando
alle dichiarazioni della sindaco Serra e delle due assessore Gamba e
Rizzo il centro di raccolta di materiali in buono stato dismesso dalle
famiglie curnesi e mozzesi (“La Miniera”) l'operazione sarebbe stata
sostanzialmente finanziata dalla Regione mentre in realtà non è
esattamente così dal momento che –viste le delibere- ci sono state e ci
saranno spese comunali per fare l'operazione e per condurla avanti.
Perché hanno deciso che la gestione è-sarà affidata a una onlus
che impiegherà personale disabile.
L'operazione La Miniera costerà al comune non meno di 60.000€ per
l'avvio ed arriverà a quasi centomila entro i primi 5 anni.
Salvo più accurata verifica in aumento c'è da mettersi le mani
nei capelli visto che lo sbandierato contributo regionale (46.518 €) si
deve calcolare in aggiunta ai 60mila comunali MA anche i soldi
regionali sono denari delle tasse dei cittadini.
Centomila euro bruciati a maggior gloria della giunta Serra:
letteralmente una follia sotto tutti gli aspetti in condizioni di crisi
come stiamo.
L'operazione ha avuto due presentazioni cinematografiche. Nella prima
sono apparse le due assessore Gamba e Rizzo a illustrare il motivo
dell'iniziativa. La seconda è stata una brevissima comparsa della
sindaco serra in un tiggi di BGTV.
Evidente il tentativo del terzetto –Gamba Rizzo Serra- di mettere il
cappello sull'iniziativa sbolognandola come ecologica e sociale.
Invece si nota l'evidente silenzio dell'ass. Cavagna, che come
responsabile dei beni comunali, avrebbe o dovrebbe avere parole in
proposito. Silenzio eloquente.
Altrettanto eloquente il fatto che prima le due assessore e poi la
sindaco si siano fatte premura di presentare in TV l'operazione. Fatto
che si può facilmente leggere come episodio di una corsa alla prossima
carica di sindaco.
La Miniera è la perfetta immagine della società dello spreco, degli
oggetti usa&getta e vale zero l'affermazione che si
tratterebbe di risparmiare per un giro o due un oggetto dal finire
distrutto.
Magari educare ed educarsi ad una vita “più parca” piuttosto che
arrivare a presentare LaMiniera in TV con indosso un giubbino imbottito
di poliestere creduto piuma d'oca e fabbricato in Cina. Roba da chiodi. |
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Primi tre titoli del Corriere on Line di sabato 12 marzo
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loro
prodotti di fare concorrenza alle omologhe di Germania, Francia, USA e
UK. Il resto del panorama industriale italiano dal punto di vista degli
occupati sta peggio dei cinesi o dei turchi perché quelli possono
essere trattati coi manganelli. Questo tessuto industriale e
commerciale (italiano) è ormai del tutto inutile perché i catorci che
riescono a produrre sono identici a quelli prodotti in Turchia Polonia
Cina con la differenza che da noi costano 2-3-4 anche 10 volte più che
altrove.
Questi prodotti italiani non ce li potremmo nemmeno permettere con le
tasche vuote che ci troviamo. Ieri ho cambiato la poltrona da studio ed
era marchiata Treviso. Poi osserva osserva osserva bene e scopro
che le parti metalliche sono cinesi. Hanno travestito un cinese
da veneto: dove volete andare?!.
Ieri le massaie francesi o inglesi o i tedesche si sbrodolavano dalla
gioia di avere in casa una ignis o una candy mentre oggi italiane
francesi inglese americane polacche e russe hanno in casa una samsung o
una hawei. Altro che popoli uniti nella lotta: qui siamo uniti
nella samsung o nell'ifone o nell'hawei. Nel mondo dei consumi di massa
importa zero della produzione industriale italiana, pure per le auto.
Per comunicare non c'è bisogno di nessuna azienda italiana ed europea.
Sui PC o sui Mac tutto quello che c'è di hard e di soft viene da
altrove l'Italia e l'Ue.
Oddio non siamo del tutto scomparsi. E' che non possiamo pensare al
futuro facendo solo affidamento alla buona volontà di qualche genietto
indigeno. Siamo quasi 70 milioni da mantenere.
Quindi mettiamo via per sempre che possano tornare i tempi delle
stentate crescite del due o tre per cento. Pensiamo piuttosto a
come organizzarci per sopravvivere nei prossimi 50 anni di povertà e
pura sopravvivenza.
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Dunque
nelle primarie napoletane hanno votato poco più di 30mila
cittadini attribuendo 13.419 voti, pari al 43,7% dei votanti alla
Valente e 12.967 voti (42,2%)% a nonno Bassolino.
Nipote e nonno. Meno male non di sangue.
Allieva e maestro.
Terzo Marco Sarracino con 3.266 (10,6%); quarto Antonio Marfella con 1.044 voti, pari al 3,4%.
Una differenza di 452 voti su un blocco di oltre 26 mila doveva
immediatamente far scattare in entrambi i concorrenti una dichiarazione
secca: lavoreremo insieme.
La Valente candidata sindaco e il nonno vice.
Lo scarto di voti che le ha dato la vittoria su Antonio Bassolino è
così esiguo da porre seri dubbi sulla validità del risultato? Non
importa, dice Matteo Orfini. Fa niente, gli fa eco Lorenzo Guerini. E
in due non fanno un grammo di pudore.
Perché poi il problema delle primarie piddine di Napoli (come già
accaduto a Genova per le regionali…) non sono i pochi euro scambiati
tra fans ed elettori per versare l'obolo previsto per i votanti. Sarà
al massimo ricordato (come scrive Merlo) come il broglio pulito,
il broglio più onesto della storia d'Italia, il broglio che non riesce
ad essere un imbroglio nella città del pacco, del doppio pacco e del
contropaccotto. Intanto con un euro non si corrompe
nessuno.
L' enfasi posta e la confusione generata, anche dai media, non aiutano
certamente a capire se l'accaduto è espressione di un comportamento
superficiale e trasandato (limitato a qualche singolo caso) o se invece
è la conseguenza di un disegno criminoso, preparato con sottile
attenzione. Appare evidente che nel primo caso, il risultato delle urne
sarebbe stato poco influenzato dalla condotta improbabile e maldestra
di “personaggetti” che, hanno spinto qualche sparuto elettore a votare
la Valente. Ben diversa sarebbe la seconda ipotesi, ove una
organizzazione vera e propria avrebbe avuto il compito di spingersi,
ultra legem, per modificare il responso delle urne. Non lasciandosi
travolgere dall'una o dall'altra congettura, il dubbio deve essere
risolto non solo a vantaggio dei candidati, ma soprattutto per il
rispetto di quanti, credendo nelle primarie, si sono recati alle urne.
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per
l'esperienza di governo del centrosinistra, che anzi è bersaglio
costante della sua polemica».
Ma
il fatto è grave perché per la Valente si sono riversati i voti
cosentiniani, di cuffariani, oltre che di poveracci che non ne
conoscevano neppure il nome prima che li si portasse ai seggi
mettendogli un euro in mano, ma quel che importa è che abbia vinto, non
importa come, perché era la candidata gradita a Matteo Renzi.
Il problema è quindi che il candidato sindaco di Napoli è stato molto
probabilmente scelto dalla malapolitica napoletana piuttosto che dai
piddini e pochi altri raccattati a casaccio.
Solo chi è in malafede può negare la gravità di quanto è accaduto, ma
per affermare che il risultato delle Primarie tenutesi a Napoli debba
comunque ritenersi fuori discussione non basta la malafede: occorre una
robusta faccia tosta per negare l'evidenza e un fiero disprezzo per le
più elementari regole democratiche. Lo scarto di voti che le ha dato la
vittoria su Antonio Bassolino è così esiguo da porre seri dubbi sulla
validità del risultato? Non importa, dice Matteo Orfini. Fa niente, gli
fa eco Lorenzo Guerini. E in due non fanno un grammo di pudore.
Orfini e Guerini avevano e dovevano mettere delle regole alle primarie,
perché adesso siamo alla follia che se un candidato prende 100 e il
secondo ne prende 99, vince il primo e ciao stai bene. Mentre in
politica il ciao stai bene in questi casi spacca tutto. Spacca anche i
più volenterosi. Perché poi dietro la mancanza di regole c'è il trucco:
nessuno vuole una regola chiara per tenersi le mani libere.
Orfini dopo la puttanata romana , genovese adesso si ripete a Napoli.
Orfini e Guerini sono semplicemente degli ottusi scherani del capo e
del tutto incapaci di gestire un partito. Paradossalmente c'è una
minoranza c.d di sinistra (con l'appoggio di un D'Alema) che vuol far
perdere le amministrative al PD per battere un Renzi che non riesce a
battere con la politica nazionale e nel contempo ci sono gli ottusi
scherani di Renzi che credendogli di fare un favore, lavorano nella
medesima direzione della c.d. sinistra piddina.
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Quanta gioventù !
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Sabato 12.03.16 a Napoli
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Massimo D'Alema, allora ci siamo? Bray candidato a Roma, Bassolino a Napoli, tutti contro Renzi, con lei regista?
«Sono sbarcato all'alba a Fiumicino dall'Iran, dove Vodafone non
prende. Non avevo né telefono né Internet. Non so nulla di quello che è
successo in questi giorni. So solo che il Pd versa in una condizione
gravissima, e la classe dirigente reagisce insultando e calunniando con
metodi staliniani».
Lei a Roma sostiene Bray, sì o no?
« Massimo Bray è un mio carissimo amico, ma è un uomo libero e
indipendente. È anche una delle persone più testarde che ho conosciuto
in vita mia. Non sente nessuno; decide, e va rispettato nella sua
decisione. E non è neppure iscritto al Pd. Basta consultare la Rete per
vedere quanti cittadini e associazioni si stanno rivolgendo a lui;
anche se io non figuro, non faccio parte di questa comunità».
Quindi lei vota Giachetti?
«Non so ancora chi siano i candidati. Li valuterò liberamente da
cittadino romano. Non so cosa farà Bray. Certo non ho il minimo dubbio
che la sua candidatura sarebbe quella di maggior prestigio per la
Capitale; mentre qui pare tutto un giochino interno al Pd. Sono molto
attaccato a questa città, che dopo le vicende drammatiche che ha
vissuto merita un sindaco di alto livello, a prescindere
dall'appartenenza di partito».
Giachetti non lo è?
«Giachetti si è fotografato su Internet mentre traina un risciò su cui
è seduto Renzi. Ma questa non può essere l'immagine del sindaco di
Roma, neanche per scherzo. Il quadro è estremamente preoccupante. C'è
una crisi della democrazia. Una caduta di partecipazione e tensione
politica, di fronte alla quale i partiti, compreso il Pd, non riescono
a schierare personalità all'altezza».
Siamo alla scissione che lei paventò un anno fa sul «Corriere»?
«Sta crescendo un enorme malessere alla sinistra del Pd che si traduce
in astensionismo, disaffezione, nuove liste, nuovi gruppi. Si tratta di
un problema politico e non di un complotto di D'Alema, che è impegnato
in altre attività di carattere culturale e internazionale».
Lei è uno dei fondatori del Pd. Ci sarà o no la scissione?
«Anche Prodi lo è, e anche lui mi pare sempre più distaccato. Il Pd è
finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali.
Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non è passato per
l'anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento così
difficile. Io cosa dovrei fare? Cospargermi il capo di cenere e
presentarmi al Nazareno in ginocchio a chiedere udienza a Guerini?».
A Napoli bisogna annullare le primarie?
«I dati sono impressionanti. 'Nelle aree di voto dopinione, Bassolino è
nettamente avanti. In altre zone è sotto di tremila voti: a proposito
di capibastone e di truppe cammellate, come le chiamano i nostri
cosiddetti leader. Bassolino denuncia un mercimonio. Produce video che
lo provano. E il presidente del partito, con il vicesegretario,
rispondono che il ricorso è respinto perché in ritardo? Ma qui siamo
oltre l'arroganza. Siamo alla stupidità».
Il presidente del partito, Matteo Orfini, è una sua creatura.
«Nella vita si può evolvere in tanti sensi. Del resto, loro dicono che
sono bollito; anch'io avrò avuto una mia evoluzione. Ma come non capire
che una risposta così sconcertante getta discredito sul partito, sulla
politica?».
Basta primarie allora?
«Non ho detto questo. Ma così hanno perso ogni credibilità. Sono
manipolate da gruppetti di potere. Sono diventate un gioco per
falsificare e gonfiare dati. Bisogna scrivere nuove regole. E intanto
rispettare quelle che già ci sono».
A Milano la sinistra Pd aveva pensato a Gherardo Colombo.
«'Nessuno potrebbe sospettarmi di essere lispiratore di Gherardo
Colombo: l'ultima volta che ci siamo incrociati, scrisse che con la
Bicamerale volevo realizzare il programma della P2. Il punto vero è che
il Pd non ce la fa più a tenere insieme il campo di forze del
centrosinistra. E dubito che riuscirà a compensare le masse di voti
perse a sinistra alleandosi con il mondo berlusconiano: non solo
Alfano,Verdini, Bondi, ma anche Mediaset e uomini di Cl. A destra viene
riconosciuto a Renzi il merito di aver distrutto quel che restava della
cultura comunista e del cattolicesimo democratico. Ma così ha reciso
una parte fondamentale delle radici del Pd. Ha soffocato lo spirito
dell'Ulivo: del resto Renzi non ha mai nascosto il suo disprezzo
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Il premier replica che mai lei e Bersani avete avuto una parola in sostegno del governo.
«Non è vero. Potrei elencare una serie di mie dichiarazioni a favore del governo, a cominciare dagli 80 euro».
Allora Renzi non governa così male.
«L'Italia cresce dello 0,7%. Questo dato modesto viene presentato come
frutto di grandi riforme. In realtà, la ripresa sia pur faticosa
investe tutta l'Europa; e la ripresa italiana è metà di quella europea,
forse un po' meno. La Germania cresce dell'1,7, con la disoccupazione
al 6. Altro che “siamo più forti dei tedeschi, l'Italia ha ripreso a
correre, non ce n'è più per nessuno”. Sarebbe carino evitare la
propaganda e dire la verità al Paese. Il nostro gap viene da lontano,
non è certo colpa di Renzi. Ma lo si affronta con un vero progetto
riformista di innovazione. Non vedo questo né nel Jobs act né nella
cancellazione dell'Imu».
Sta dicendo che Renzi somiglia più a Berlusconi che all'Ulivo?
«Oggettivamente è così. La cultura di questo nuovo Pd è totalmente
estranea a quella originaria. Anche la sua riforma elettorale si ispira
a quella di Berlusconi, non alla riforma uninominale maggioritaria
voluta dalle forze dell'Ulivo. È una legge plebiscitaria: non si elegge
il Parlamento; si vota il capo».
Nascerà un partito alla sinistra del Pd?
«Molti elettori ci stanno abbandonando. Compresi quelli che ci avevano
votato alle Europee, nella speranza che Renzi avrebbe rinnovato la
vecchia politica: ora vedono un gruppo di persone che ha preso il
controllo del Paese, alleandosi con la vecchia classe politica della
destra. Non so quanto resteranno in stato di abbandono. Nessuno può
escludere che, alla fine, qualcuno riesca a trasformare questo
malessere in un nuovo partito».
Perché invece non combattere una battaglia interna al partito?
«L'attuale gruppo dirigente considera il partito un peso. Gli iscritti
sono poco più di 300 mila; il Pds ne aveva 670 mila. Si tende a
trasformare il Pd nel partito del capo. Tutti quelli che non si
allineano vengono brutalmente spinti fuori. Guardo con simpatia alla
battaglia della minoranza, ma non mi pare che, purtroppo, riesca a
incidere sulle decisioni fondamentali».
Renzi obietta che è stato il segretario a convocare più direzioni.
«La direzione è una cassa di risonanza. È un luogo dove lui fa dei
discorsi e viene applaudito. Poi si vota a maggioranza cose che
dovrebbero vincolare tutti. Ma la politica è ascolto, scambio,
mediazione».
Separare l'incarico di segretario da quello di premier aiuterebbe a tenere tutti insieme?
«Ma loro non vogliono tenere insieme il centrosinistra. Vogliono
sbarazzarsene. Mi fanno ridere quelli che lanciano l'allarme sul
partito della Nazione; il partito della Nazione è già fatto, è già
accaduto. Lo schema mi pare evidente: approfittare della crisi di
Berlusconi per prenderne il posto. Ma è un'illusione. Il problema non è
Verdini, che è uomo intelligente e molto meno estremista di alcuni suoi
partner del Pd. Verdini ha capito che se Renzi rompe con la sinistra va
dritto verso la sconfitta, magari in un ballottaggio con i Cinque
Stelle. Per questo, capendo di politica, è preoccupato».
Sta dicendo che Renzi sarà sconfitto?
«Secondo me, una volta lacerato il centrosinistra, non viene il partito
della Nazione; viene il populista Grillo. O viene la destra. Perché il
ceto politico berlusconiano che oggi si riunisce attorno a Renzi non
gli porterà i voti di Berlusconi. La destra è confusa, ma esiste, e una
volta riorganizzata voterà per i suoi candidati. Renzi sposterà voti
marginali, non paragonabili a quelli che perde. Di questo bisogna
discutere, anziché insultare la gente. La vera sfida è come si
ricostruisce il centrosinistra. Ed è, oggi, una battaglia che non si
conduce più, oramai, soltanto all'interno del Pd».
Lei come voterà al referendum di ottobre?
«Al momento opportuno presenterò in modo motivato le mie opinioni. Non
mi sento vincolato se non dalla mia coscienza: si vota sulla
Costituzione della Repubblica. La rivista Italianieuropei sta
preparando un numero sui 70 anni della Costituzione. Ho appena ricevuto
il contributo di Giorgio Napolitano. Si intitola: “Elogio di una classe
dirigente”. Ma si riferisce a quella del 1946; non a questa».
10 marzo 2016
Aldo Cazzullo,
IL CORRIRE DELLA SERA
11 mazo 2016
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