179-27 febbraio 2016














    Libia.  Probabilmente ci siamo: a giorni anche l'Italia scenderà in armi contro non si sa bene chi in Libia. Per adesso autorizza la partenza dei droni armati USA da Sigonella. Pudicamente i droni italiani infatti svolgono solo attività d'intelligence e riconoscimento, raccolta di immagini e informazioni, e sono attivi al momento su due fronti. Il primo è in funzione anti-Isis con base nel Kuwait nell'ambito di una task force dell'aeronautica. Lì sono impiegati due droni italiani che volano sui cieli iracheni, ma non su quelli siriani. L'altro fronte è quello del Mediterraneo centrale, in supporto all'operazione Eunavfor Med, per evitare tragedie in mare derivanti dal traffico di esseri umani nel Mediterraneo centro-meridionale.
     Dicunt che i droni dovrebbero intervenire sempre per fornire copertura aerea in appoggio e protezione alle forze a terra. Al contrario, sono queste che individuano e

forniscono le coordinate esatte del bersaglio che il drone deve colpire e distruggere. Da Sigonella verranno lanciati attacchi di precisione, altro che funzione difensiva”.
     Stesso discorso vale per l'invio in primavera di 500 soldati con carri armati, artiglieria ed elicotteri “a protezione degli operai italiani” della Trevis Spa di Cesena che lavoreranno per mettere in sicurezza la pericolante diga di Mosul. “Dietro il pretesto della difesa del cantiere – spiega Gabriele Iacovino del Cesi, Centro Studi Internazionali – si nasconde la vera natura della spedizione militare italiana a Mosul richiesta dal Pentagono, che in quell'area strategica a pochi chilometri dalle roccaforti dell'Isis vuole un forte avamposto militare alleato, un trampolino di lancio in vista della grande offensiva per la riconquista di Mosul”.
    Le foglie di fico con cui il governo cerca di camuffare il reale livello di coinvolgimento dell'Italia alla guerra all'ISIS non

inganna militari ed esperti, ma nemmeno i terroristi dello Stato Islamico e i suoi fanatici sostenitori, con gravi potenziali conseguenze. “L'uso della base siciliana di Sigonella per i raid dei droni americani contro l'Isis in Libia espone l'Italia al rischio di sanguinose rappresaglie e attentati”, dice Gianandrea Gaiani, analista e direttore diAnalisidifesa.it, aggiungendo che “il governo italiano avrebbe preferito non dare pubblicità a questo accordo, annunciato dalla stampa americana, per evitare di pagare il prezzo che tutti i paesi hanno regolarmente pagato per il loro maggiore impegno nella guerra all'Isis: i francesi con il Bataclan, i russi con l'abbattimento del charter sul Sinai, i tedeschi con la strage di turisti a Istanbul, gli hezbollah libanesi con i kamikaze nei quartieri sciiti di Beirut”.
    Tra gli obiettivi più esposti a rappresaglie c'è il terminal petrolifero Eni di Mellitah, a soli 20 chilome-

-tri dalla cittadina costiera di Sabrata dove ieri 150 miliziani dell'Isis hanno sferrato un attacco in grande stile, respinto a fatica dalle forze locali. In caso di un analogo assalto al vicino impianto dell'Eni, se non bastasse l'intervento delle forze di protezione libiche (Petroleum Facilities Guard) e dei contractor privati, entrerebbero in scena gli incursori italiani del Comsubin e i marò del Reggimento San Marco imbarcati sulle navi della Marina Italiana impegnate nella missione “Mare Sicuro”, e magari anche i parà del 9° reggimento Col Moschin che, secondo fonti non confermate, sarebbero già a Sabrata.
    La questione è che Francia, Inghilterra ed USA stanno già facendo i loro giochi in Libia (e non si sa esattamente in cosa consistono) mentre noi italiani facciamo sempre la figura dei cacasotto che arrivano a messa finita. Magari alla comunione.
Così con l'Egitto abbiamo in piedi un casino per via

dell'assassinio di Regeni e dell'offshore Zhor 1X. Con la Libia abbiamo l'Eni quale maggiore produttore e importatore energetico da quel paese oltre che approdo dei disperati che vi sfuggono. Con la Turchia dobbiamo stare zitti perché è nella NATO. Ed abbiamo quel brav'uomo di Gentiloni come ministro degli esteri e quell'altro bel tomo di Minniti come sottosegretario di stato e quindi autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Con tutto questo poderoso schieramento di intelligenza, quei faccioni di americani hanno spiato (e spiano tuttora: perché non dovrebbero continuare?) tutto quel che c'è da spiare nel governo italiano e in Italia. Il bello o il tragico è che abbiamo politici e dirigenti ai vertici che parlottano al telefono come se niente fosse da non avere nemmeno quel briciolo di intelligenza e buonsenso che certi discorsi meglio farli muso a muso.



























Unioni Civili e tentativo di far cadere il governo. Finalmente un ramo del Parlamento è riuscito nell'impresa di approvare una legge sulle unioni civili tra persone del medesimo sesso. L'immagine dell'aula vuota durante la discussione è significativa: non fregava niente a (quasi) nessuno. Tutta politica politicante. Al di la dei contenuti sui quali si dilungano altri più autorevoli del sottoscritto, metto la mia attenzione su aspetti laterali ma significativi. Per esempio Bersani in una intervista “stradale” hadichiarato

che Renzi doveva incontrare i 5S, “come aveva fatto lui” in modo che fosse chiara la doppiezza dei penta stellati che si erano rimangiati un impegno via SMS di votare il “canguro” e quindi far passare il ddl Cirinnà (che comprendeva l'adozione del figliastro). Dell'incontro di Bersani coi 5S trasmesso in streaming ho sicuramente due pessimi ricordi. Il primo è la coglioneria della delegazione penta stellata (ed infatti  sono scomparsi dai media). Il secondo è la coglioneria di Bersani che va a proporre ai 5S di votare per la nascita del suo governo e poi si vedrà.

Bersani aveva cominciato a spegnersi già un paio di mesi prima delle elezioni mezze vinte-mezze perse e  tutto culminerà col malore di pochi mesi dopo la tornata elettorale e la sua sconfitta come candidato premier. Si deve dare atto dell'onestà di Bersani ma devo anche dire che l'idea di un incontro streaming del Renzi coi 5S è una carognata politica.
Perché di questa legge, la stragrande maggioranza dei parlamentari -deputati e senatori- non frega nulla a nessuno tranne pochisismi. Dietro i mesi persi ad aggiustare  virgole aggettivi

verbi sostantivi del ddl Cirinnà si nasconde la settantenne pratica dei parlamentari italiani di concludere mai nulla ma di riscuotere ogni mese lo stipendio. Dietro quest'idea di un incontro streaming Renzi-5S c'era il disegno di sputtanarlo esattamente come s'è sputtanato Bersani a suo tempo. Dietro c'era e c'è il tentativo di farlo cadere col voto segreto su una legge non nel programma di governo per indebolirlo, non essendoci riusciti con leggi ben più importanti (quelle che l'avrebbero davvero condotto alle dimissioni).
Tutto questo armamentario parlamentare per indebolire il premier del momento è stranoto da 70 anni ed emerge sempre puntuale quando, in un paese col paccone di debito pubblico com'è il nostro- non appena si vede cenno di “una ripresina”.
Quello che il Parlamento italiano non ha capito è che Renzi “non è” un parlamentare.




























Il Comune di Curno a guida arancione, colore ormai sbiadito in una sorta di “partito della nazione ante litteram” si appresta ad una gara per l'assegnazione   (un a cifretta sui 650mila euro) della manutenzione dei beni comunali ad un unico soggetto con la ferma intenzione di ridurre i costi e di avere una situazione migliore dell'attuale. Ovviamente la politica non  dice che c'è un problema di rapporti tra la giunta e i dirigenti degli uffici. Il tutto con la ciliegina sulla torta: il dirigente dell'ufficio dedicato alla manutenzione dei beni fa il sindaco con una maggioranza di centrodestra leghista in un comune che è associato al nostro in vari enti di livello superiore (scuola, sanità, ecc.).
Un sindaco (Serra) “trasparente” appena eletto “dovrebbe” fare un comunicato ai cittadini in cui invita quel dirigente a sospendersi visto il conflitto di interessi politici tra i due governi. Il fatto è che Serra viene da una scuola dove il “parlar chiaro” non vale verso l'alto ma solo verso il basso.

Vengono al pettine i nodi (sempre nascosti dalla politica) per cui i beni comunali si vendono come nuovi ma poi si dimenticano che invecchiano ben più rapidamente degli omologhi privati, in primis perché sono generalmente fatti peggio e manutenzionati alla pene di cane nella maggior parte dei casi.
Quando negli anni '70 il comune si avviò verso la “grandeur” di avere due  CVI (mega centri sportivi); dovette dotarsi delle scuole medie (che ebbero subito un primo incidente: lo scodella mento delle pignatte dei solai…)  e di qualcosa d'altro (i 25 minialloggi  regalati da una legge nazionale) anziché anziché creare un programma di “manutenzione programmata dei suoi bene” preferì affidarsi all'italico stellone che “tanto sono nuovi e al massimo si rompono le lampadine”. Il fatto è che 40 anni dopo questi beni sono tutti da rottamare perché costano l'iradidio di riparazione dei guasti, sono energeticamente costosissimi, non rispettano più la normativa vigente. Cose normali, del tutto

 prevedibili che non si sono mai volute prevedere.
Adesso i ruderi comunali mostrano tutte le  loro debolezze e nel frattempo la complessità delle normative mostra anche… la debolezza culturale e professionale degli impiegati comunali addetti all'impresa.
Su tutto grifeggia da sempre la corruzione negli appalti pubblici.
Una normale impresa –uscita dalle mani del volenteroso artigiano anni '50- affronta questi problemi diventando più grande.
I comuni potrebbero percorre la via dell'unificazione fino a creare istituzioni uniche per almeno 25-30mila abitanti in modo da unire e selezionare il personale in modo da dotarsi di una struttura di governo adeguata al momento.
Invece accade il contrario e non succede per caso…
Accade invece che si stanno formando delle imprese che forniscono i servizi di manutenzione chiavi in mano in cambio di una rata
mensile stabile. Imprese che mettono mano a tutto:

dalle lampadine dell'ufficio alle lampade nelle strade, dalla vecchia caldaia nelle scuole alla pompa di calore nell'ufficio; dal verde delle aiuole caga-cani al rattoppo delle buche nell'asfalto. E via manutenzionando.
Una idrovora nei conti del comune e quindi nei conti del cittadino che questi servizi li paga in parte  direttamente.
Poi vai sui siti dei comuni che già hanno adottato questo sistema e trovi che dell'azienda multi servizio che fa questi lavori… non sai chi siano i dirigenti soci prestatori di moneta.
Che “potrebbero” benissimo essere sia dei “politici” che dei “dipendenti comunali”. Controllati controllori.
Oppure delle associazioni “a delinquere” create apposta per eludere le  leggi sugli appalti: vedi il recente caso GEV con 7 dirigenti - proprietari finiti in carcere e una decina di altri dirigenti agli arresti domiciliari.
Poi non si riesce mai a capire fin dove certe scelte derivano da una ignoranza e
incompetenza fondative

fondative negli amministratori  combinata con la difesa corporativa  da parte dei dipendenti pubblici oppure da ragioni meno nobili (semmai sia “nobile” la difesa corporativa della propria autonomia in danno dei cittadini).
Comunque è inimmaginabile che i “partiti azionisti” sia della prossima lista arancione  che nelle liste di CDX-Lega ci sia il progetto e la ferrea volontà di unire 4-5-6 comuni per crearne uno di dimensioni adeguate in modo  da avere una struttura statuale in grado di fronteggiare le aziende private che aggrediranno gli enti pubblici mantenendo onestà trasparenza prezzi concorrenza nei livelli europei.
Tengono tutti famiglia.