178 - 25 febbraio 2016









































La nuova legge sulle convivenze tra coppie di identico sesso e la possibilità di adottare il figlio di una persona anche dall'altra coi benefici relativi alle coppie di sesso differente verrà approvata (…forse) senza la seconda parte (la c.d. stepchild adoption) perché esattamente non è dato sapere. Bisognerebbe votare a viso aperto e poi leggere il nome di chi ha votato si no  ni. Gli italiani hanno eletto un Parlamento di cagasotto che non hanno il coraggio di mostrarsi per non perdere i voti dei cattolici, anche se poi  fanno tutti i pelandroni. Brutalmente. Del resto di brutta gente che non ha il coraggio di esporsi non ne troviamo solo in Parlamento ma anche nei vari parlamentini locali: mi sarei atteso che migliaia di consiglio comunali (e provinciali e regionali…) si esprimessero palesemente pro o contro  la necessità di votare quella legge e invece se la stanno filando



via tutti tutti schisci schisci lungo il muro. L'effetto finale di questa infirgandaggine –che meriterebbe di farli cacciare tutti per sempre dalla scena politica- è che la magistratura dovrà continuare a farsi carico di risolvere i problemi che la politica non ha avuto il coraggio di affrontare. Da vent'anni la politica accusa i giudici di interventismo e di andare oltre la legge ma è sempre la politica che si rifugia dietro ai giudici.
Bruti Liberati, procuratore a Milano le risponde che «da sempre i giudici, di fronte all'evoluzione dei rapporti sociali, sono chiamati a individuare la regola di diritto da applicare a situazioni che la legge, fino a quel momento, non aveva previsto. È normale che il legislatore non intervenga subito, ma attenda prudentemente l'evoluzione delle decisioni dei giudici".


Liana Milella che lo intervista:non ritiene che per le adozioni i giudici abbiano già indicato la strada?
Liberati: «Quando vi è un sufficiente assestamento dei nuovi indirizzi, il che non vuol dire per forza unanimità di opinione, il legislatore deve intervenire con una norma che affronta la questione. È, appunto, il caso della stepchild. Una serie di decisioni di giudici hanno ritenuto che l'istituto della “adozione in casi particolari”, già previsto dall'articolo 44 della legge 184 dell'83, possa essere applicato per l'adozione da parte del convivente, anche quando si tratti di persona dello stesso sesso».
Fine della discussione. Hanno calato le braghe un'altra volta. Tutti a casa e alla svelta.





























































































La legge sulle unioni civili sembra ormai avviata verso una conclusione che la amputa di un suo punto assai significativo e annuncia una soluzione politica.
Una soluzione che ben potrebbe essere considerata paradossale, se i modi fantasiosi dell'attuale politica non l'avessero spinta verso funambolismi che la destituiscono di vera credibilità. Si rafforza, infatti, l'attuale maggioranza di governo proprio sul terreno più “divisivo” tra Pd e Ncd. Ma non sarebbe questo l'unico paradosso, o l'unica contraddizione, di una fase così confusa e politicamente così mal gestita. E allora è il caso di fare una prima valutazione di quel che è già avvenuto, di quanto si è già perduto e di quanto si può ancora perdere.
La discussione sulle unioni civili era cominciata sottolineando che finalmente era alle porte una legge da troppo tempo attesa, che avrebbe consentito all'Italia di recuperare un livello di civiltà dal quale si era allontanata e che, in questo modo, l'avrebbe riportata in Europa. Ma, avendo perduto troppi pezzi, la legge approvata finirà con l'essere considerata come una nuova testimonianza di una arretratezza di fondo che, anche quando si fanno sforzi significativi, non si riesce davvero a superare.
Che cosa vuol dire Europa in una materia davvero fondamentale, non per una forzatura ideologica, ma perché riguarda i fondamenti stessi del vivere? Vuol dire costruzione di un sistema sempre più diffuso e condiviso di principi e regole, che è stato poi affidato ad un documento comune, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che dal 2009 ha lo stesso valore giuridico dei trattati e che, quindi, dovrebbe essere costante punto di riferimento nelle discussioni legislative dei singoli Stati membri. Proprio per il tema affrontato in questi giorni al Senato, l'innovazione della Carta è stata massima. L'articolo 21 ha vietato ogni discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale. L'articolo 9 ha cancellato il requisito della diversità di sesso per il matrimonio e per ogni forma di organizzazione familiare, e i giudici europei seguono ormai questo criterio. Eguaglianza, parità dei diritti, libertà nelle scelte. Principi essenziali, che avrebbero dovuto guidare i dibattiti parlamentari e che lì, invece, sono comparsi in maniera sempre più pallida. Sono stati spesso sopraffatti da un coacervo di confusi riferimenti morali, strumentalizzazioni politiche, controversi riferimenti scientifici. Si finisce così con l'avere la sensazione che l'Italia — al riparo da un “Grexit” per ragioni economiche e da un “Brexit” per ragioni politiche — abbia scelto la strada di un “exit” dall'Europa tutto culturale.
Già possiamo misurare gli effetti sociali di questo modo di procedere



Sono tornati nella discussione pubblica, con una rinnovata e violenta legittimazione derivante da toni del dibattito parlamentare, argomenti omofobi, discriminatori, aggressivi, incuranti dell'umanità stessa delle persone. Si è minacciato il ricorso ad un referendum popolare contro la norma che avesse ammesso l'adozione del figlio del partner. Forse vale la pena di ricordare che, nel 1974, quando ci si avviava verso l'eliminazione delle discriminazioni contro i figli nati fuori del matrimonio (i “figli della colpa”, gli “illegittimi”), i professori Sergio Cotta e Gabrio Lombardi, che già avevano promosso il referendum contro la legge sul divorzio, ne minacciarono uno contro una riforma che fosse andata in quella direzione (intenzione caduta dopo che l'abrogazione del divorzio fu respinta dal voto popolare). E proprio intorno alla norma sull'adozione si è concentrato oggi un fuoco di sbarramento che colpisce, insieme, i diritti delle coppie e quelli dei bambini. Proprio dei bambini, strumentalmente indicati come oggetto di una necessaria tutela e che, invece, rischiano d'essere ricacciati in una condizione di discriminazione, creando una nuova categoria di “illegittimi”. Più che un intento discriminatorio, ormai uno spirito persecutorio. Si può in concreto indebolire o cancellare la tutela di cui essi già godono fin dal 1983 attraverso un saggio intervento e una valutazione dei giudici, che hanno applicato le norme sull'adozione in casi particolari in nome dell'interesse “supremo” del minore. Una conquista civile dalla quale non si dovrebbe uscire, richiamata dall'Avvocatura dello Stato davanti alla Corte costituzionale, che ieri ha deciso un caso relativo all'adozione da parte di due donne sposate negli Stati Uniti delle reciproche figlie. Dallo scarno comunicato della Corte non si può dedurre con certezza se le sue indicazioni puntuali consentiranno di continuare a ricorrere alle diverse soluzioni già utilizzate dai giudici.
La prudenza e il rigore dovrebbero sempre guidare il legislatore. Ma più ci si inoltra negli intricati meandri in cui si è cacciato il Senato nella tenace sua volontà riduzionistica delle unioni civili, più si coglie l'approssimazione e l'incapacità di comprendere la rilevanza dei diritti in questione. L'esecrazione per l'utero in affitto, improvvisamente evocata contro l'adozione del figlio del partner nelle coppie omosessuali mentre è pratica al 93% di quelle eterosessuali, porta a declamare la sua qualificazione come “reato universale” con condanna del genitore e divieto di riconoscimento del figlio. Ma si ignora che la questione è stata risolta il 26 giugno 2014 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha condannato la Francia a trascrivere l'atto di nascita dei figli nati all'estero da una madre


surrogata, anche se in Francia, come in Italia, questa pratica è vietata. E la Cassazione francese ha dato seguito a quella decisione. Ma la nostra aggrovigliata discussione ignora a tal punto l'Europa da aver subito dimenticato che il Parlamento non ha scelto liberamente di legiferare in questa materia, ma è stato obbligato a farlo da una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2015, che ha condannato lo Stato italiano a riconoscere alle coppie di persone dello stesso sesso uno statuto giuridico adeguato.
Un “obbligo positivo”, al quale si tenta di sottrarsi con mille sotterfugi, cominciando con il trascurare che quella sentenza è fondata sull'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che riconosce il diritto alla “vita privata e familiare”. A questo non basta fare un riferimento generico. Poiché la sentenza dice che “le coppie dello stesso sesso hanno una situazione sostanzialmente simile a quelle delle coppie di sesso diverso”, e qui la discrezionalità del legislatore è ridotta, il riferimento alla vita familiare deve essere inteso nella sua pienezza organizzativa. Altrimenti si fa una operazione culturalmente regressiva, un altro atto implicito di uscita dall'Europa.
È in corso una grottesca operazione di ripulitura di ogni accenno che possa far pensare al matrimonio. Persino l'idea della fedeltà nelle coppie di persone dello stesso sesso deve essere allontanata, quasi che l'affetto e il “diritto d'amore” possano scomparire per effetto di arzigogoli verbali. In realtà si sta preparando una linea interpretativa rigidissima della nozione di famiglia per bloccare ogni ulteriore sviluppo in materia. È urgente invece un riflessione culturale sul sistema costituzionale, quella che nel 1975 aprì la strada alla riforma del diritto di famiglia.
Tutto questo, e molto altro che si potrebbe aggiungere, ci dice con quale spirito si dovrà accogliere la legge ora annunciata. Nessuno predica il tanto peggio tanto meglio. Ma nessuno potrà negare che un testo scarnificato, impoverito, mortificato porterà al suo interno il segno di una sconfitta politica e culturale. Condannando l'Italia, la Corte europea aveva parlato di un tradimento della fiducia e delle attese delle persone omosessuali. Tradimento che oggi riguarda tutti i cittadini ai quali spetta di vivere in un paese coerentemente inserito nel contesto culturale europeo. E invece si annunciano nuove distanze nuovi conflitti, rinvii a testi futuri, giochi d'inganni.
































































































































































































































































Settimana dolorosa. Se ne sono andati Umberto Eco ed Ida Magli. Due caratteri opposti: cordialissimo Eco decisamente scorbutica la Magli. Per quanto importanti in due intellettuali pubblici, i caratteri contano meno. Faccio mie parole altri. Come si diventa Umberto Eco? Umberto Eco si diventa lavorando sodo, senza sosta, senza paura, ogni giorno, senza cercare il riposo, il compromesso pacificante, senza inseguire altro che non sia il proprio piacere per ciò che si ama ma senza mai recedere dall'onestà intellettuale di rettificarlo, un'onestà che porta a spaziare senza curarsi dei settori, delle categorie, dei generi e di tutti quegli alvei ristoratori che l'uomo si costruisce per credere di potersi dare pace. Si diventa Umberto Eco avendo il coraggio intellettuale di essere completamente liberi, inseguendo la propria curiosità ovunque ci porti per il solo gusto che ci dà il soddisfarla (l'unico modo maturo di rimanere bambini) e con la

tenacia di sostenerla sempre con un impegno proporzionale allo sforzo imposto dalla sua smisuratezza. L'onestà intellettuale non è impossibile, così come non lo è sfinirsi di lavoro, ma porre il proprio lavoro sempre e solo al servizio della propria onestà senza mai farsi partigiani di un idolo che ci gratifica, beh, questo è per pochi ed è per pochi perché richiede un coraggio socialmente sprezzante che espone alla vertigine dell'incomprensione di tutti coloro che, a un certo punto, hanno trovato più agevole arrendersi.
Poi Ida Magli, compagna di molte battaglie intellettuali e di piazza trenta anni or sono.  Una intellettuale che nessuno è riuscito a tirare per la giacchetta né a destra né a sinistra. «Europeista delusa dall'Europa, femminista delusa dalle donne, ammiratrice di Gesù delusa dai suoi discepoli .  Non era mai dove si pensava potesse essere, ma ha avuto un ruolo internazionalmente riconosciuto per



























l'originalità e la diversità del suo sguardo. È stata una delle prime a lavorare sull'etnologia in Europa, ma soprattutto a combinare l'antropologia e la storia. E a diffondere le sue analisi sul mondo dell'arte e della letteratura». Ha lavorato molto sull'identità e sulle dissonanze, ha riportato al centro dell'analisi l'uomo dei consumi, l'homo sapiens primigenio e, dunque, modernissimo.  Con Ida Magli è nata l'Europa etnocentrica. Peccato che nessuno abbia raccolto la sua eredità accademica, era una intellettuale che non accettava mediazioni. Con lei il dialogo era spesso un duello. Da  alcuni leggo  dei suoi articoli su giornali improponibili e scopro che non è la stessa persona che ho conosciuto io 30 anni fa. Dice cose senza senso, razziste, xenofobe, illogiche, deliranti. Classe 1925 Ida Magli ha gettato alle ortiche tutto il percorso e il lavoro compiuto in precedenza. O forse non ci arrivo io a capirne gli ultimi tratti percorsi.








































































































Episodi di cronaca. Un giovane torinese di 22, gaio esibizionista con amante più grande di lui, è stato incriminato dell'ammazzamento di una sua insegnante nubile 49enne. Molte altre vittime per un ventenne. L'ossessione per la ricchezza del truffatore dai mille volti, porta sulla scena dell'omicidio della professoressa di francese di Castellamonte altre figure femminili. Fidanzate giovanili, amanti occasionali, avventure passeggere. Adescate per denaro. «Cerca nel tuo panorama sociale qualcuno da cui poter prendere soldi» gli consigliava il suo amico di sesso e di cuore nonché complice nell'omicidio. Mai suggerimento fu più ascoltato dal ragazzo. L'hanno derubata lui, l'amante e la madre di 187mila euro facendole credere un futuro radioso in Costa Azzurra. Soldi introvabili.
Poi per una coincidenza temporale “una”, sua compagna per qualche mese, salendo sul palco del Teatro Ariston diventava per tutti la maestrina di Sanremo 2015. Proprio mentre nei boschi del Canavese si cercava il corpo della “seconda”. Che poi é la maestrina della scuola elementare più piccola d'Italia: lei e due alunni soltanto. Lei nega di essere vittima della fame di soldi del fantasioso criminale gaio, ma gli investigatori hanno acceso un riflettore sulla loro storia passata, perché vi hanno ritrovato alcuni tratti simili al raggiro subito dalla professoressa . Ancora da chiarire il ruolo della madre protettiva esottomessa che ha fornito al ragazzo il falso alibi.







Con lei hanno convissuto la maestrina con due allievi  nella casa piemosntese, messa in vendita l'anno scorso, poco dopo il raggiro alla professoressa. Anche la prima, come la seconda, era sembrata una preda ideale: un matrimonio fragile e la prospettiva di una consistente eredità da media borghesia di provincia. Poi, però, qualcosa nel piano non aveva funzionato, e i familiari della maestra avevano protetto la donna dalle mire della coppia diabolica.
A conclusione una domanda banale. Cosa pensano i genitori di quei ragazzi che erano affidati a queste due insegnanti ? E i loro dirigenti? E lo Stato con la esse maiuscola?

Sempre nelle settimane scorse nella nostra provincia sono finite agli arresti domiciliari una ventina di persone per una lunga vicenda di prostituzione minorile. Minori  che di minore pare abbiano solo l'età, la crapa ma non l'intraprendenza.
I quattro minorenni che hanno avuto rapporti sessuali a pagamento stabilivano i contatti attraverso social e chat hanno comunicato gli investigatori.
“La nostra intenzione era quella di guadagnare soldi con i gay” hanno confessato i ragazzini. Questa l'iniziale volontà del gruppo di ragazzini coinvolti. “La loro idea originaria – si legge nell'ordinanza di custodia cautelare – era quella di incontrare i soggetti, di chiedere il pagamento anticipato della prestazione sessualeper poi scappare-

Se il cliente non accettava la condizione del pagamento anticipato l'incontro saltava. Ai propri interlocutori non mentivano mai sulla loro reale età, del resto direttamente percepibile al momento degli incontri”, scrive il gip.
Tranne pochi, gran parte degli adulti coinvolti erano persone che per il loro ruolo lavorativo o professionale o educativo avevano grande visibilità.

L'episodio bergamasco  e quello piemontese  mi portano a due riflessioni. Vero che la storia quotidiana è piena zeppa di anziani che fornicano con minori come altrettanto vero –pensiamo a dei recenti episodi di prostituzione femminile a Roma e Napoli- che a certi  c.d. minorenni non c'è bisogno di insegnare nulla.
Mi pongo due domande (e prendetele per il verso giusto sennò m'incazzo!).  Il “metro di misura” che ancora oggi adottiamo  in questi episodi tra maggiorenni e minorenni è “quello giusto” oppure ormai ne va preparato uno del tutto differente? Come si “misura” la violenza del maggiorenne rispetto alla “furbizia” del minorenne spietatamente allevato dalla tv?
La seconda domanda. La solitudine nella nostra società. Come si può immaginare che due insegnanti, un prete, un allenatore di calcio siano così “privi” della normale capacità di conquistare una persona con un sorriso senza arrendersi all'animalità che comunque c'abbiamo tutti?


















































































































































Un mattina dell'anno scorso comincia un cantiere in un complesso industriale nei pressi di casa, complesso che sapevo abbandonato (ma non derelitto)  sicuramente da prima del 2008. Dopo qualche tempo, pongo l'attenzione sul fatto che ogni 2-3 giorni cambia il rumore della pachera utilizzata. Noto che viene sostituita appunto abbastanza spesso. I primi lavori consistono in uno sbancamento  superficiale dello spazio esterno ovest per una profondità di mezzo metro: un cortile ghiaioso. I lavori proseguono da sud verso ovest e poi a nord e il materiale viene allontanato dal cancello nord sulla pubblica via.
Fatto questo primo scavo compare una pachera ben più massiccia e lo scavo sprofonda parecchio: un autocarro ha il tetto della cabina a filo del terreno quando lo caricano all'interno. Stessa progressione: sud, ovest, nord. Gli autocarri se ne vanno  verso una strada ex statale e verso un strada comunale in direzione est e poi sud. Immagino che essendo in ristrutturazione questo stabilimento – formato da 5 differenti copri di fabbrica di notevole fattura (non i soliti prefabbricati)- nel profondo scavo metteranno le condotte per le pompe di calore acqua-aria. Invece lo scavo viene riempito di altro materiale inerte.
Poi la paherona si sposta sul lato est del complesso ed all'interno e ci lavora per alcuni messi: col martello pneumatico montato demoliscono pavimentazioni ed altri manufatti interni allo stabilimento.
La faccenda mi incuriosisce perché la progressione dei lavori mi risulta incomprensibile e in un incontro casuale con la dirigente dell'UUT comunale chiedo cosa stia succedendo “sottolineando” la stranezza procedurale dei lavori. Mi viene risposto che trattasi di normali ristrutturazione di  opificio inusato.
Piano piano tutte le pavimentazioni esterne e interne dei fabbricati sono demolite seguendo  il principio che il materiale  rimosso non attraversi la zona precedentemente lavorata e tutti




zona precedentemente lavorata e tutti gli spazi esterni su tutti i lati dei 5 fabbricati vengono tutti demoliti rimossi, rifatti.
Va detto che essendo  tutte pavimentazioni di calcestruzzo, dall'entità durata e casino si comprendeva perfettamente che non erano “banali pavimentazioni” ma erano pavimenti armati , assai soldi ed anche ben conservati ad una vista.
Chiedo nuovamente luce al sindaco e nell'incontro questi interpella dal suo ufficio il dirigente dell'UUTT che non può intervenire perché occupato in una seduta della commissione paesaggistica. Il sindaco mi ripete verbalmente quello che gli comunica il dirigente: trattasi di normale manutenzione di opificio per una nuovo riuso.
Vado su internet e trovo che lo stabilimento ospitava un'azienda di produzione vernici, passata dal primo fondatore proprietario alla moglie e figlie e poi al suo direttore che aveva spostato altrove i diritti di produzione.
Interpello gli anziani del paese chiedendo loro cosa si producesse in quello stabilimento e mi viene detto: era un'azienda chimica che produceva vernici; sostanzialmente  era partner con l'azienda chimica che stava dall'altra parte della ferrovia e della statale, azienda ormai chiusa e sul cui terreno ée sorto un grande centro commerciale . La notizia mi viene ulteriormente confermata da altri anziani e qualcuno  aggiunge con nera ironia che “anche qualcuno di qua che ci lavorava è morto di cancro alla prostata”.
Ignorante della correlazione produzione di vernici>cancro alla prostata mi faccio obbligo di chiedere lumi quando effettuerò la visita di controllo a questo organo. Non ci sarà bisogno di chiedere lumi perché sarà lo stesso specialista che nel corso della visita mi chiederà se ho lavorato in una industria di produzione vernici o una carrozzeria auto nei tempi passati.
Passano ancora delle settimane  chiedo nuovamente delucidazioni

all'UUTT ed ho un incontro del dirigente (un geometra che sta in comune da almeno 25 anni) e la responsabile dell'edilizia privata (che sta in comune da almeno dieci anni).
Nell'incontro  vengo rassicurato della correttezza dei lavori in esecuzione e “del tutto casualmente” vale a dire senza essere esplicitamente richiesto, il dirigente dell'ufficio dichiara di “non sapere nemmeno che attività  industriale si svolgesse in quello stabilimento” .
Questo mi fa capire che l'UUTT è perfettamente a conoscenza di tutta la situazione. Non si può credere che i due dirigenti dell'UUTT non sapessero dell'attività industriale ivi  attuata, della sua cessazione e del successivo abbandono del fabbricato senza alcuna opera di bonifica.

A questo punto chiedo un incontro col sindaco motivando la richiesta esplicitamente: “lavori di bonifica nello stabilimento di via ics numero tot.”. Tanto perché sia chiaro che l'uovo è ormai rotto.
L'incontro mi viene fissato, poi spostato una prima volta, una seconda volta e dopo 45 giorni arriva il fatidico giorno.
Nel frattempo con un appalto deciso dal solo UUTT del comune –trattandosi di opera al di sotto dei 100mila euro- vengono asfaltate le strade pubbliche su sui sono transitati i mezzi che hanno asportato il materiale delle pavimentazioni, del sottosuolo e dei manufatti interni demoliti. Asfaltatura che va perfettamente dal cancello dello stabilimento ai confini comunali delle due strade.
Il sindaco nell'incontro mi precisa che i lavori eseguiti e in esecuzione sono regolari, sotto il controllo dell'ASL e dell'ARPA. Poi chiama l'UUTT e chiede del dirigente e mentre ascolta recita quelle che dovrebbero essere le parole che gli dice il dirigente dell'ufficio: lavori di bonifica regolari sotto il controllo dell'ASL e dell'ARPA, lavori finiti e certificati dai due enti. Fine della telefonata del sindaco. Mi alzo e lo saluto.